Paul Robeson: differenze tra le versioni
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Durante la [[Guerra fredda]], la sua fiera opposizione al razzismo e il suo impegno nella lotta per i diritti dei neri gli procurarono l'atteggiamento ostile del Governo degli Stati Uniti. Le sue idee politicamente orientate a sinistra e le numerose amicizie nate durante i concerti tenuti in [[Unione Sovietica]]<ref name="BE"/> portarono le autorità statunitensi a sequestrargli il passaporto nel 1950, cosicché Robeson non poté ritirare il [[Premio Lenin per la pace|Premio Stalin per la pace]] assegnatogli dall'Unione Sovietica nel 1952, ricevendolo solo sei anni più tardi, nel 1958<ref name="DA"/>. Il grande regista [[Sergej Michajlovič Ėjzenštejn]] lo avrebbe voluto come protagonista del film ''The Black Napoleon'', un progetto che però non venne mai realizzato<ref name="BE"/>. Robeson suscitò scandalo perché si rifiutò di aiutare gli americani imprigionati in Urss e non volle riconoscere la realtà del Gulag<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Tim Tzouliadis|titolo=I dimenticati. Storia degli americani che credettero in Stalin}}</ref>
Riavuto il passaporto, Robeson e la moglie compirono viaggi con varie tappe per il mondo. La ''tournée'' proseguì ancora nel 1963, quando la coppia rimise piede negli Stati Uniti, ma nel 1966 Eslanda morì per un tumore. Per Robeson iniziò un periodo di indebolimento psicofisico che lo condusse a passare la maggior parte del tempo ricoverato in ospedale e a vivere gli ultimi anni in totale isolamento e povertà
Dopo due attacchi cardiaci, Paul Robeson morì il 23 gennaio 1976, all'età di 78 anni.
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