Utente:Sguglielmi8/Sandbox: differenze tra le versioni

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Tuttavia, fu soprattutto la filosofia di Bentham ad influenzare notevolmente il pensiero del partito radicale. Le sue teorie cercano di adeguare il sistema legislativo inglese ai nuovi rapporti sociali delineatisi nel corso della rivoluzione industriale. Egli, d’altra parte, mostrava avversione verso qualsiasi tipo di privilegio accordato dalla legge ai ceti o verso interessi particolari, da lui stesso chiamati sinister interests. Di qui ritenne opportuno rifondare la legislazione dello stato secondo tre principi etici fondamentali: l’utilità, il benessere e la libertà individuali. In particolare, vedeva nell’utilità il criterio dell’azione morale, il benessere come il fine ultimo di ogni azione e la libertà il mezzo per perseguire tale fine. In questo modo, pervenne alla giustificazione dell'altruismo partendo da presupposti egoistici: «la maggiore felicità del maggior numero di individui». A Bentham risale la teoria, infatti, del calcolo sull’utilità immediata e futura delle proprie azioni e della conseguente estensione del piacere così che i piaceri ricercati dal singolo possano promuovere la felicità generale. La funzione della sua filosofia è dunque duplice: da un lato critica, dall'altro orientativa per la condotta individuale: cerca di fornire gli strumenti adeguati per aiutare gli uomini a scegliere secondo la loro natura. <br>
 
Punto di partenza della riflessione di Bentham è il problema della felicità umana. La felicità equivale al piacere, che può essere solo duraturo o passeggero e non nobile o immorale. Di qui ognuno è libero di perseguire ciò che più gli dà piacere, sotto la guida dell'etica che tenta di dirigere l’individuo verso un piacere duraturo e puro. Tuttavia, l'individuo deve tener conto anche delle ricadute che le sue azioni potranno avere su sé stesso e sugli altri, senza però al contempo rinunciare alla propria felicità egoista. Ecco che grazie ad una tale distinzione quantitativa dei piaceri è possibile, attraverso il calcolo morale, fare una selezione dei propri comportamenti in modo da diffondere la maggior quantità di piacere per sé stessi e per gli altri: quel "maggior bene per il maggior numero". La limitazione dell'egoismo viene compensata dai benefici che l'individuo può aspettarsi in futuro dagli altri da lui beneficati. Pertanto, ognuno deve istituire un vero e proprio calcolo dei piaceri di una possibile azione, tenendo presenti i requisiti del piacere preferibile: intensità, durata, certezza, prossimità, fecondità (tendenza a produrre altri piaceri), purezza (ossia non mescolanza col dolore), estensione (il numero di individui che vengono a godere di quel piacere). È questa l'"aritmetica morale" con cui Bentham credeva di trasformare l'etica e la legislazione tradizionali. In tutto questo, dunque, Bentham ripone una grande fiducia nei mezzi della ragione umana, poiché capace di dare ordine alla vita degli uomini. Inoltre, egli è convinto dell’adeguatezza del suo metodo poiché esso si fonda sul principio cui per natura tutte le creature viventi si ispirano nelle loro scelte individuali. Si tratta del calcolo morale, o meglio del cosiddetto principio di utilità, in grado di discriminare tra azioni giuste e sbagliate, ovvero utili o inutili o dannose. Lo scopo di tale principio è pertanto la costruzione della felicità con gli strumenti della ragione e della legge.<br>
 
In politica tale pensiero tendeva ad identificarsi con una riforma parlamentare, che promuovesse una legislazione e un'amministrazione efficienti e trasparenti. Bentham e i suoi seguaci attribuirono così la massima importanza alla pubblicità degli atti di governo e alla diffusione dell'istruzione, da cui sarebbe derivato un progressivo aumento dell'interesse per la cosa pubblica e quindi un più efficace controllo dei governati sui governanti. Ne consegue che la dottrina utilitaristica di Bentham veniva incontro soprattutto alle aspirazioni dei ceti emergenti, e cioè ai massimi artefici e beneficiari del nuovo assetto industriale e commerciale dell'Inghilterra. <br>