Utente:ArchImage74/Sandbox: differenze tra le versioni

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===Storia===
Intorno al 1890 i miglioramenti della tecnica e le dimensioni più ridotte delle fotocamere favorirono il diffondersi di nuove professioni legate alla fotografia: il fotogiornalismo, la streetphography e la fotografia di scena teatrale.
In questi anni fotografare in teatro voleva dire porredare alla centropropria dell’attenzionetestimonianza lastorica che poteva risultare utile per eventuali riallestimenti.

La figura della prima attrice <ref name=":1">{{cita libro| nome=Giada | cognome=Cipollone | titolo=Ritrattistica d'attore e fotografia di scena in Italia 1905-1943. Immagini d'attrice dal Fondo Turconi. Ediz. illustrata | anno=2020 | editore=Scalpendi | città=Roma | ISBN=9788832203301}}</ref>, resaera dalposta mezzoal fotograficocentro dell'attenzione, come una vera icona di bellezza e intraprendenza.
Sempre in questo periodo veniva girato ”Roundhay Garden Scene” il primo film muto. Da allora la fotografia di scena ha avuto un percorso parallelo con il cinema e con il teatro.
 
Nella società dei primi anni del Novecento il fotografo di scena era visto come un semplice operaio che svolgeva un lavoro di routine, specialmente in ambito teatrale. Per questo un certo numero di fotografi passarono alla realtà cinematografica considerata come la novità ed il futuro tecnologico. Questa scelta comportava tempi di lavoro più serrati, perché le prove e le scene girate si svolgevano il solito giorno.
Inoltre le rigide regole stilistiche ed i limiti tecnici dell’epoca costringevano i fotografi a scattare dalla solita angolazione della macchina da presa, riproducendo una copia delle più emblematiche scene del film. Le immagini erano documentariste e prive di qualsiasi creatività,. inoltre aA volte era proprio il regista a dare indicazioni al fotografo. Questo era un chiaro segnale di una non ancora riconosciuta professionalità. Spesso gli attori venivano anche richiamati sulla scena per riprodurre le pose del film. Questo tipo di fotografie vennero chiamate “posati” e sarebbero servite per manifesti e locandine. Negli anni ’50 questa tendenza diminuì, perché comparirono sui set cinematografici nuove figure di fotografi provenienti dalle agenzie di cronaca. Erano abituati a cogliere l’attimo, perciò non avrebbero avuto più bisogno dei “posati”. Fotografavano a ritmi incalzanti, vendendo i loro servizi ai giornali. Fornivano quotidianamente il lavoro svolto al regista che decideva le immagini giuste da trasformare in locandine per la promozione del film. Le pubblicità dei film verso il grande pubblico attraverso la comunicazione visiva fu un’ottima strategia soprattutto dove era presente il fenomeno dell'analfabetismo.
 
Le pubblicità delle scene principali erano presenti in larga scala. La comunicazione visiva verso il grande pubblico fu un’ottima strategia soprattutto dove era presente l'analfabetismo. A differenza il lavoro del fotografo di scena teatrale era più una testimonianza storica che poteva risultare utile per eventuali riallestimenti di rappresentazioni.
 
Intorno agli anni ’60 la fotografia di scena aumenta il proprio valore sociale grazie anche all’introduzione del fotoromanzo (con nuove tecniche di stampa delle fotografie), del cineromanzo (con le foto di scena che scorrendo in successione raccontavano la pellicola) e anche grazie alle copertine dei libri. Questo utilizzo delle fotografie determinò un aumento significativo del loro valore, non erano più semplici scatti documentaristici, ma vere opere di creatività supportate da nuove tecnologie. La conseguenza fu un aumento della domanda di immagini da parte del cinema e del teatro.