Maria Concetta Cacciola: differenze tra le versioni

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=== Ritorno a Rosarno ===
Tornata a Genova, nei giorni seguenti i genitori non si arrendono, e ad esercitare pressioni insopportabili per farla tornare a Rosarno, facendo leva sull'amore e sulla lontananza dei figli. Inoltre, chiedono che ritratti tutto davanti a due avvocati che loro stessi contatteranno, in cambio non solo potrà riabbracciare i suoi bambini, promettono pure che la perdoneranno. Tuttavia Maria sa bene che la 'Ndrangheta non perdona mai. In una telefonata del 6 agosto, confida alla sua cara amica Emanuela di vivere schiacciata tra la paura di ritornare e il timore di non vedere più i suoi figli. La minaccia più ignobile che le veniva intimata dalla famiglia, infatti, era proprio questa: "''Torna o non vedrai più i tuoi figli"''. Dalla conversazione telefonica con la sua amica, intercettata dalla polizia e finita agli atti del Processo Onta, risulta che abbia detto: "''So cosa sta succedendo. Torno, mi fanno ritrattare e poi mi uccidono, ho paura di tornare, ma devo farlo per i miei figli''". Maria cede e torna a Rosarno tra l'8 e il 9 agosto 2011.
 
Il 12 agosto accetta di vedere i due avvocati del clan, Gregorio Cacciola, cugino del padre, e Vittorio Pisani che la costringono a firmare una ritrattazione e a la registrano su un'audiocassetta. Ben presto, si pente di questo gesto e cerca di scappare di nuovo, per chiedere aiuto. La polizia deve venire per lei e i suoi figli ma, tra la paura e il fatto che uno dei bambini sia malato, rimanda. Due giorni dopo il suo ultimo contatto con la polizia, il 20 agosto 2011, viene trovata morente in bagno dopo aver ingerito dell'[[acido cloridrico]] che le bruciava la bocca <ref>{{Cita web|url=https://www.wordnews.it/maria-concetta-cacciola-la-giovane-madre-suicidata-con-lacido-muriatico|titolo=Maria Concetta Cacciola, la giovane madre «suicidata» con l'acido muriatico|autore=Paolo de Chiara|sito=Wordnews.it|lingua=it}}</ref>. Tre giorni dopo, mentre i funerali non sono ancora stati nemmeno celebrati, i suoi genitori presentano denuncia alla Procura di [[Palmi]]. Descrivono la figlia come squilibrata, depressa e accusano le autorità di averla spinta al [[suicidio]]. Portano la lettera e l'audiocassetta in cui dichiara di aver parlato con la giustizia solo per vendicarsi del padre e del fratello <ref>{{Cita web|url=https://www.micromega.net/la-mafia-le-donne-e-le-disparita-di-genere-nel-mezzogiorno/|titolo=La mafia, le donne e le disparità di genere nel Mezzogiorno|sito=www.micromega.net|lingua=it|accesso=21 gennaio 2022}}</ref>. Ci fu una campagna stampa durante la quale magistrati e inquirenti sono accusati di aver approfittato delle precarie condizioni di salute mentale della giovane. Durante il Processo Onta, a seguito della deposizione dell'avvocato Vittorio Pisani, risulterà che tale campagna è stata orchestrata dall'avvocato Gregorio Cacciola con l'obiettivo di delegittimare il modo in cui vengono trattati i testimoni di giustizia e di scoraggiare così future collaborazioni <ref name=":6">{{Cita web|url=http://www.liberainformazione.org/2018/01/27/giustizia-per-maria-concetta-ultimo-atto/|titolo=Giustizia per Maria Concetta: ultimo atto|autore=Antonia Nicola Pessuto|sito=Liberainformazione|lingua=it-IT}}</ref> .
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Roberto Di Bella, presidente del tribunale dei minori di [[Reggio Calabria]], si impegna a sostenere donne e bambini che vogliono sfuggire alla 'Ndrangheta. Dal 2011 al 2016 ha sottratto alla custodia delle loro famiglie mafiose più di 40 bambini che hanno subito abusi. Di Bella ha dichiarato che sempre più donne e bambini chiedono aiuto. In effetti, le statistiche del Ministero della Giustizia mostrano che il numero di donne della 'Ndrangheta che hanno collaborato con la giustizia è raddoppiato tra il 2005 e il 2016. Tuttavia per Lirio Abbate non si tratta di una tendenza di fondo, ha dichiarato: « Ci sono esempi di collaborazioni, sì, ma si tratta di casi isolati, che sono stati seguiti solo in misura minore. La grande maggioranza delle donne è ancora invischiata in una cultura primordiale, non perché vi siano costrette, ma perché per loro è normale. Queste donne semplicemente non se ne rendono conto. La maggior parte di queste loro non escono dalla Calabria. Dopo il liceo, non possono andare all'università perché potrebbero essere mandate fuori dalla loro regione natale. Vivono in una bolla mafiosa, per loro è normale, è una sorta di "Truman Show" versione calabrese»<ref name=":5">{{Cita libro|titolo=Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il paese dalla n'drangheta|editore=Biblioteca Univ. Rizzoli|lingua=it|ISBN=9788817063593}}</ref> .
 
Con la storia di Maria Concetta Cacciola, la giustizia italiana prese coscienza dell'importanza della tutela dei figli affinché non diventino strumenti di ricatto e indeboliscano ulteriormente la madre. Se i figli rimangono nella famiglia mafiosa, le madri prima o poi finiscono per ricongiungersi e poi è la fine <ref name=":4">{{Cita web|url=http://www.slate.fr/story/88043/femmes-mafieux-repentis-ndrangheta|titolo='Ndrangheta: quand la lutte contre la mafia passe par les femmes|cognome=Margherita|nome=Nasi|sito=Slate.fr|lingua=fr-FR}}</ref> .
 
== Bibliografia ==