Povertà: differenze tra le versioni

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Sistemazioni varie faticose in fieri
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Il lemma viene considerato con accezione negativa, mentre gli vengono riconosciuti connotati positivi col significato di ''povertà volontaria'', quella cioè predicata da diverse religioni come distacco dai beni terreni (ad esempio il [[voto di povertà]]), da filosofie e anche da alcune teorie laiche [[egualitarismo|egualitarie]].
La povertà diventa [[pauperismo]] o miseria o indigenza quando riguarda [[massa (filosofia)|masse]] che non riescono più ad assicurarsi i minimi mezzi di sussistenza: è questo un fenomeno collegato a una particolare congiuntura economica che porti al di sotto del minimo [[reddito]] di sussistenza una gran parte della [[popolazione]].
 
== Povertà e miseria ==
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Nelle popolazioni indigene il lavoro stesso può essere uno svago o uno scambio, mentre nella società dei Bianchi ogni cosa è isolata dalle altre. Dionito de Souza, del Consiglio Indigeno di [[Roraima]] (Brasile)<ref name="ref_A"/></blockquote>
 
Con l'avvento della prima [[Rivoluzione industriale]] la povertà in linea generale tendeva a essere di grado più elevato nelle aree [[campagna|rurali]] che in quelle [[città|urbane]] dove si trovavano maggiori opportunità e fonti di [[reddito]]: inoltre nelle zone rurali, la povertà si accompagnava a un isolamento sociale maggiore di quello che la povertà di per sé determina. In genere però la povertà urbana può causare maggiori problemi rispetto a quella rurale:, sispecie vedanoin ad esempio i problemiambiti [[salute|sanitari]] che caratterizzano le [[baraccopoli]] o gli ''slums'' nei [[Sud del mondo|paesi in via di sviluppo]].<ref>{{Cita web |url=http://www.raiscuola.rai.it/articoli/la-rivoluzione-industriale-tra-progresso-e-povert%C3%A0/41567/default.aspx |titolo=Rai scuola.it |accesso=11 marzo 2020 |dataarchivio=14 agosto 2020 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200814113938/http://www.raiscuola.rai.it/articoli/la-rivoluzione-industriale-tra-progresso-e-povert%C3%A0/41567/default.aspx |urlmorto=sì }}</ref> In base a nuove e diverse ricerche della [[Banca Mondiale]] che ha analizzato i dati provenienti da 90 Paesi a basso e medio reddito oggi la soglia di povertà nelle aree urbane è il 30% più elevata di quella delle aree rurali<ref>Baharoglu{{cita D.,libro|autore=A Kessidescura C., (2004) ''Urban Poverty'' indi J.Klugman (a cura di), |titolo=''A Sourcebook for Poverty Reduction Strategies, ''|città=Washington, DC, |anno=2004|editore=The World Bank, |pp. =123-159. Baker J.L. (2008), ''Urban Poverty: A Global View, Urban'' Paper n. 5, Washington, DC, TheWorld Bank Baker J.L., Schuler N., (2004) ''Analyzing Urban Poverty: A summary of Methods and Approaches, Policy Research'', Working Paper n.1, Washington, DC, The World Bank|lingua=en}}</ref>
 
La durata della povertà è un elemento molto importante per quanto riguarda la posizione condizione sociale ed economica delle persone, che non viene intaccata in casi di durata breve della situazione d'[[indigenza]].
 
Le [[famiglia|famiglie]] povere sono di norma quelle più numerose, con un numero elevato di figli e di persone conviventi che tuttavia possono sostituire i servizi pubblici per l'assistenza dei genitori anziani. Una funzione analoga di assistenza e di mutuo soccorso viene svolta dalla cosiddetta [[famiglia allargata]].
 
Il [[lavoro minorile]] è una fonte di [[reddito]] spesso essenziale per le famiglie povere, ma frequentemente causa un difetto dell'[[istruzione]], determinando una sorta di circolo vizioso della povertà.
 
La posizione della donna riguardo alla situazione di povertà è spesso svantaggiata rispetto a quella dell'uomo, in termini sia di [[cultura]] e partecipazione alla vita sociale sia di carichi di lavoro e, talvolta, di disponibilità di cibo e altri beni essenziali.<ref>''Rapporto sulla povertà e le disuguaglianze nel mondo globale''{{cita apubblicazione|autore=A cura di Nicola Acocella, Giuseppe Ciccarone, [[Maurizio Franzini]], Luciano Marcello Milone, Felice Roberto Pizzuti e Mario Tiberi.|titolo=''Rapporto Editosulla apovertà curae dellale disuguaglianze nel mondo globale'' |editore=Fondazione Premio Napoli'' (|anno=2004) |p. =219}}</ref>
 
Quando la povertà assume connotazioni estreme di assenza di beni materiali primari si parla di '''miseria''', termine che può assumere oltre a quello economico e sociale, come quello di povertà, anche un significato immateriale indicante sia un'estrema infelicità sia una condizione spirituale di grettezza e meschinità morale.<ref name="ref_A" />.
 
Il più delle volte nei vari significati i due termini vengono comunemente indicati come equivalenti, essendo la differenza genericamente indicata in un'accentuazione delle caratteristiche negative della miseria rispetto a quelle della povertà.<ref>Per questo motivo in questa voce, che mira a delineare soprattutto l'aspetto [[storia|storico]] e [[società (sociologia)|sociale]] del tema in oggetto, più che quello specificatamente [[economia|economico]], non si farà una distinzione tra povertà e miseria trattandoli ambedue, sia pure arbitrariamente, ma per semplicità di esposizione, come termini genericamente equivalenti.</ref>
 
La [[soglia di povertà]] è un parametro statistico (che ha la valenza di criterio [[norma (diritto)|normativo]]) che cerca di stabilire quantitativamente una determinata situazione d'indigenza, per la quale chi vive in condizioni tali da non raggiungere il minimo [[reddito di base]] per la sopravvivenza (che secondo la [[Banca Mondiale]] viene indicato nell'avere due [[dollaro|dollari]] per persona al giorno) può essere indicato in condizioni di povertà.<ref>Quasi mezzo miliardo di persone sonoè usciteuscito dalla povertà tra il 2005 e il 2010, una cifra storicamente mai raggiunta prima in un lasso di tempo così breve. Questo fenomeno si è verificato per «"la forte crescita nei paesi in via di sviluppo dall'inizio del nuovo Millennio»". Lo afferma un rapporto pubblicato da [http://www.medeu.it/notizia.php?tid=1823 Laurence Chandy e Geoffrey Getz del Brookings Institute] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131218124508/http://www.medeu.it/notizia.php?tid=1823 |data=18 dicembre 2013 }}, istituto indipendente di ricerca con base a Washington D.C. I due ricercatori giungono a questa conclusione grazie a un aggiornamento delle stime sulla povertà globale. La loro ricerca li porta anche a concludere che l'obbiettivo del Millennio definito dall'Onu di dimezzare il numero di poveri entro il 2015 è stato raggiunto nel 2007. Di conseguenza, affermano i due autori, entro il 2015 il numero dei poveri sarà stato dimezzato ancora una volta, per raggiungere il 10% della popolazione mondiale, ovvero 600 milioni di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno.</ref> Non esistono invece indicatori certi dello stato di miseria, che del resto ha un aspetto molto più evidente dello stato di povertà, che può (entro certi limiti) essere mascherato<ref>Significativa l'espressione usata per indicare nel [[Medioevo]] quei benestanti che a causa di specifici problemi decadevano dal loro status sociale divenendo "''pauper verecundus''" (povero vergognoso).</ref> come quando si parla ad esempio di "una dignitosa povertà" mentre una "dignitosa miseria" è un'espressione improponibile.
 
== Povertà ed emarginazione ==
{{citazione|La vita è una cella un po' fuori dell'ordinario, più uno è povero più si restringono i metri quadrati a sua disposizione.<ref>|[[Vasco Pratolini]], ''Cronache di poveri amanti'', Vallecchi editore</ref>}}
La povertà costituisce la principale causa, ma non l'unica, di [[esclusione sociale]] o [[emarginazione]]: la peculiarità è che l'estromissione dall'accesso a beni e servizi essenziali deriva (quasi sempre "''de facto"'', in rari casi anche "''de iure"'') dalla scarsità di mezzi economici.
 
Ciò vale a distinguerla da altre situazioni in cui la privazione ha origini diverse, come ad esempio i casi di [[discriminazione]] su base [[etnia|etnica]], [[religione|religiosa]], [[sesso (biologia)|sessuale]] (pur esistendo situazioni in cui tali condizioni si sovrappongono e aggravano fra loro). Si parla di povertà anche in termini "relativi", cioè in riferimento a situazioni di rilevante disparità di [[reddito]] e [[potere d'acquisto]] fra singoli e gruppi sociali nella stessa comunità [[nazione|nazionale]] o locale.
 
== StoriaPanorama sinteticastorico della povertà nel mondo occidentale ==
 
=== La povertà nel mondo antico romano ===
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La situazione dei poveri nel mondo antico [[roma]]no divenne particolarmente grave in coincidenza con la crisi dell'[[Impero romano|Impero]]. Fino ad allora le stesse [[Classe (sociale)|classi sociali]] più ricche avevano provveduto ad attenuare le condizioni dei poveri allo scopo di evitare sommovimenti sociali: periodiche elargizioni di beni, soprattutto alimentari, riuscivano così a conservare l'ordine sociale.
 
Già in epoca [[Repubblica Romana|repubblicana]] la [[plebe]] era riuscita a ottenere la difesa dei suoi diritti mediante la creazione di un'apposita [[magistratura (storia romana)|magistratura]] a lei riservata, quella dei [[tribuno della plebe|tribuni della plebe]] che avrebbe dovuto proteggere coloro che come unica fonte di [[reddito]] avevano la loro prole, i [[proletario|proletari]].<br />
Nell'età imperiale gli elementi più disagiati della popolazione, assumendo il ruolo di ''clientes'', sostenitori di una casata [[aristocrazia|gentilizia]], riuscivano ad avere i beni essenziali per la sopravvivenza in cambio del loro appoggio politico.
 
Le classi elevate consideravano con un certo disprezzo queste torme di poveri che con le loro ''sportulae'' (ceste) si presentavano periodicamente a ricevere quanto pretendevano. Si trattava di un ceto cittadino [[parassita]]rio che il sistema economico romano basato sulla produzione [[schiavi]]stica permetteva di sostenere. Quando però Roma, per la stessa estensione dei confini imperiali, sarà costretta a rinunciare alle guerre di conquista ed espansione e quindi ad acquisire nuovi schiavi, allora comincerà a emergere il problema della povertà e dei rimedi da mettere in atto per la sua soluzione.
 
Nell'età di [[Diocleziano]] il regime [[fisco|fiscale]] colpì pesantemente le campagne, in modo particolare i coloni che cominciarono ad abbandonarle per fuggire dall'oppressione delle tasse. Il mondo contadino comincia a essere afflitto pesantemente da miseria e malattie. "Il lamento inusitato " ([[Gregorio di Nissa]], ''Sermo de pauperibus amandis'', II) di bande di poveri si ode nelle campagne abbandonate, negli ''agri deserti''. La miseria coesiste spesso con le [[malattia|malattie]], in particolare la [[lebbra]] considerata una conseguenza di colpe morali. La guarigione comporterà quindi l'intervento del ''santo'' che liberi dai demoni della malattia l'ammalato e li ricacci nei loro ''covi''.<ref>in{{cita libro|autore=A. H. M. Jones, |titolo=''Il Tardo Impero Romano'', trad.itvol. III|editore=Il Saggiatore, |città=Milano, |anno=1974, vol.III, "Agri deserti", |pp.&nbsp;1256–58.=1256-1258}}</ref>
 
L'oppressione fiscale fu la causa del [[brigantaggio]] di contadini poveri e di rivolte, come quelle delle ''Bagaudae'' in [[Gallia]] e [[Spagna]], per ribellarsi allo [[Stato]] e alla [[Chiesa cattolica]] che li perseguitava per la loro adesione all'[[donatismo|eresia donatista]].
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In questo periodo nasce la figura del ''patronus'', un capo militare che in cambio del sostentamento dato ai soldati protegge i villaggi contadini dall'esattore delle tasse.
 
==== Il vescovo, buon ''patronus'' ====
[[File:AmbroseOfMilan.jpg|thumb|left|Sant'Ambrogio, mosaico nella [[Basilica di Sant'Ambrogio|chiesa di Sant'Ambrogio]], Milano]]
{{vedi anche|Quarta pauperum}}
La figura del ''patronus'' si estende dalla campagna alle città dove viene impersonata dal [[vescovo]] che proteggeva i contadini poveri che in occasione di carestie affluivano nelle città a mendicare il pane.
A [[Milano]], adper esempio, è [[Sant'Ambrogio|Ambrogio]] che difende i poveri della città che gli aristocratici vorrebbero espellere: «''

<blockquote>[...] se tanti coltivatori sono ridotti alla fame e tanti coloni muoiono, il nostro approvvigionamento di grano sarà gravemente rovinato: noi vogliamo escludere proprio coloro che normalmente ci forniscono il nostro pane quotidiano''». (''De Officiis Ministrorum'', III).</blockquote>
 
Ambrogio rappresenta il buon ''patronus'' difensore dei ''pauperes Christi'' ai quali egli stesso devolse gran parte del proprio patrimonio imitato da molti nobili di famiglia senatoria, convertitisi al [[Cristianesimo]].
 
Questa [[carità]] degli uomini di Chiesa, come ha osservato A. Giardina, indeboliva il potere delle classi dominanti che riempivano le ''sportulae'' dei ''clientes'':
 
Questa [[carità]] degli uomini di Chiesa, come ha osservato A.Giardina, indeboliva il potere delle classi dominanti che riempivano le sportulae dei clientes: «''<blockquote>Il dono pagano era destinato alla città, al popolo inteso come insieme dei cittadini, i donatori cristiani indirizzavano invece la loro carità ai poveri, intesi come categoria sociale e morale, non civica''». (A. Giardina, ''Melania la santa, in Roma al femminile'', a cura di A. Fraschetti, Laterza, 1994, p.&nbsp; 249.)</blockquote>
 
Nel ''[[De Nabuthae historia]]'', Ambrogio sostiene che è vero che la ricchezza in sé può essere causa di perdizione, ma il ricco può guadagnarsi la pietà di Dio:
Ambrogio rappresenta il buon patronus difensore dei ''pauperes Christi'' ai quali egli stesso devolse gran parte del proprio patrimonio imitato da molti nobili di famiglia senatoria, convertitisi al [[Cristianesimo]].
 
Nel<blockquote> ''[[De Nabuthae historia...]]'', Ambrogio sostiene che è vero che la ricchezza in sé può essere causa di perdizione, ma il ricco può guadagnarsi la pietà di Dio: «''tu dici: demolirò i miei granai; il Signore ti risponde: cerca piuttosto che quanto è contenuto nel granaio è destinato ai poveri, fa in modo che codesti tuoi magazzini riescano utili agli indigenti. Ma tu insisti: ne farò di più grandi e lì raccoglierò tutto quello che i campi hanno prodotto per me. E il Signore risponde: spezza il pane che è tuo all'affamato. Tu dici: porterò via ai poveri la loro casa. Il Signore invece ti chiede: conduci a casa tua i poveri che non hanno un tetto"»'' (X,44).</blockquote>
Questa [[carità]] degli uomini di Chiesa, come ha osservato A.Giardina, indeboliva il potere delle classi dominanti che riempivano le sportulae dei clientes: «''Il dono pagano era destinato alla città, al popolo inteso come insieme dei cittadini, i donatori cristiani indirizzavano invece la loro carità ai poveri, intesi come categoria sociale e morale, non civica''» (A.Giardina, ''Melania la santa, in Roma al femminile'', a cura di A.Fraschetti, Laterza, 1994, p.&nbsp;249.)
 
Ambrogio rifiuta la convinzione generalizzata del suo tempo che vedeva nel povero un maledetto dalla divinità. I poveri vanno distinti in meritevoli e non meritevoli:
Nel ''[[De Nabuthae historia]]'', Ambrogio sostiene che è vero che la ricchezza in sé può essere causa di perdizione, ma il ricco può guadagnarsi la pietà di Dio: «''tu dici: demolirò i miei granai; il Signore ti risponde: cerca piuttosto che quanto è contenuto nel granaio è destinato ai poveri, fa in modo che codesti tuoi magazzini riescano utili agli indigenti. Ma tu insisti: ne farò di più grandi e lì raccoglierò tutto quello che i campi hanno prodotto per me. E il Signore risponde: spezza il pane che è tuo all'affamato. Tu dici: porterò via ai poveri la loro casa. Il Signore invece ti chiede: conduci a casa tua i poveri che non hanno un tetto"»'' (X,44).
 
Ambrogio<blockquote> rifiuta la convinzione generalizzata del suo tempo che vedeva nel povero un maledetto dalla divinità[...] I poveri vanno distinti in meritevoli e non meritevoli: «ma forse dirai anche tu quello che avete l'abitudine di dire in queste occasioni: ''non"Non abbiamo diritto di fare regali a colui che Dio ha tanto maledetto da volere che vivesse in miseria''" invece, non è vero che i poveri sono maledetti; al contrario è detto beati i poveri perché‚ di essi è il regno dei cieli. Non a proposito del povero ma a proposito del ricco la Scrittura dice che '"Chi accaparra il grano per alzarne il prezzo verrà maledetto'". E poi non stare a indagare i meriti delle singole persone. La misericordia è abituata a non giudicare il merito della gente, ma a venire incontro alle necessità altrui; ad aiutare il povero, non a soppesare la pura giustizia. Sta scritto '"Felice colui che pensa al bisognoso e al povero'"; chi ne ha compassione, chi si sente partecipe della medesima natura con lui, chi comprende che il ricco e il povero sono ugualmente creature del Signore, chi sa di santificare i propri raccolti, se ne riserva una porzione per i poveri. Insomma dato che hai per fare del bene, non rimandare dicendo: 'darò"Darò domani'": potresti anche perdere la possibilità di donare. È pericolosa qualsiasi dilazione nel salvare gli altri; può accadere che, mentre tu continui a rinviare, quello muoia. Preoccupati piuttosto di arrivare prima che muoia; può accadere infatti che quando arriva il domani, l'avarizia ti trattenga e le promesse siano annullate». (De Nab., VIII, 40).</blockquote>
 
=== La povertà nel Medioevo ===
Nel [[Medioevo]] il [[patrimonio]] della [[Chiesa cattolica|Chiesa]], enormemente accresciuto per le donazioni dei re [[franchi]], era espressamente definito come proprietà dei poveri che si doveva amministrare con la cura del ''pater familias'', imponendo a tutti di non pesare su di essolui qualora non ci fossero stati i requisiti della povertà, e difendendolo anche con minacce di sanzioni come la [[scomunica]]. Solo chi non poteva sostenersi con il proprio lavoro aveva il diritto di ricorrere alle proprietà ecclesiastiche. Anche il [[clero]] si doveva sostenere con il proprio lavoro: «"Il chierico provveda al vitto e al vestito con un lavoro artigianale o contadino...anche il chierico erudito nella Parola di Dio»" (IV [[concilio]] di [[Cartagine]] del [[398]]). Chi attenta al patrimonio dei poveri è da considerarsi ''necator pauperum'', assassino dei poveri come affermano molti concili della [[Gallia]] nei [[secolo VI|secoli VI]]-[[secolo XI|XI]] che stabiliscono anche che nessuno, neppure i [[vescovo|vescovi]] possono alienare né vendere nessun bene che sia stato dato alla Chiesa perché con questi beni vivono i poveri (canone IV del concilio di Adge dell'anno [[506]]), altrimenti saranno considerati anch'essi ''necatores pauperum'' e subiranno la [[scomunica]].
 
==== Povertà e malattia ====
[[File:Leper-bell.gif|thumb|Lebbroso, ''pauper cum Lazaro'', che suona la campana per avvertire della sua presenza (pagina di un manoscritto del XIV secolo)]]
Nel [[XII secolo]] la condizione di povero incomincia a essere distinta tra coloro che avessero scelto la povertà come un mezzo per arrivare a Dio, i ''pauperes cum Petro'', com'erano i [[frate|frati]] mendicanti di [[San Francesco]], e quelli che erano poveri per necessità: i ''pauperes cum Lazaro'', dei quali si dovevano occupare la Chiesa e i buoni cristiani. I [[teologia|teologi]] discutono inoltre se si dovessero beneficiare solo i veri poveri escludendo i falsi poveri o tutti indistintamente. Sostenevano gli studiosi di teologia che se il povero riceveva l{'}}''hospitalitas'', in questo caso non si facevano distinzioni, poiché questa era una sorta di assistenza sociale per tutti i bisognosi, se invece il povero era oggetto della ''liberalitas'', quindi della beneficenza, in questo caso bisognava operare una distinzione tra i veri e i falsi poveri.
 
Un segno per identificare il vero povero dal falso è la [[malattia]]: al concetto di ''pauper'' si associa quello di ''infirmus'' e il termine di ''pauper infirmus'' indica il povero che a causa delle gravi carenze alimentari è affetto da malattie come la [[peste]], il [[vaiolo]] e la [[lebbra]]. (<ref>V. Paglia, oppp. cit., pp.&nbsp;191–192)191-192.</ref> Il povero quindi coincide con il malato che deve essere accolto e aiutato.
[[File:Spanzotti SanDomenico TO.jpg|left|thumb|[[San Domenico di Guzman]] fa la carità ai "buoni poveri" ([[Torino]], [[Chiesa di San Domenico (Torino)|Chiesa di San Domenico]])]]
La distinzione tra la condizione di povero e malato incomincia a definirsi nel periodo che va dal [[XIII secolo|XIII]] al [[XIV secolo]], quando la diffusione della lebbra divenne endemica in coincidenza con l'aumento della popolazione e degli scambi [[commercio|commerciali]] e con il fenomeno delle [[crociata|crociate]] che avevano messo l'occidente in stretto contatto con il vicino Oriente, la terra del ''morbus phoenicius'' (malattia fenicia), la [[lebbra]].<ref>'{{cita libro|autore=A cura di J. Allen Grieco-L. Sandri|titolo=''Ospedali e città. L'Italia del centro Nord, XII-XVI secolo'', a cura di J. Allen Grieco, L. Sandri, |città=Firenze |anno=1997.}}</ref>
 
Incominciano a diffondersi i lebbrosari che raccolgono le persone destinate alla morte fisica e a quella civile. Ubicati nei sobborghi o fuori dalle città i lebbrosari incominciano a diventare luoghi di separazione tra i sani e i malati: che la Chiesa considerava nel duplice aspetto della conseguenza del [[peccato originale]]: il peccatore che soffre nella carne e la figura del Cristo che con la sofferenza redime. Il lebbroso era quindi il maledetto ma anche l'amato da Dio.<ref>{{cita (in libro|autore=J. C.Schmitt, Schmitt|titolo=''La storia dei marginali'', in |editore=La nuova storia, a|altri=A cura di J.[[Jaques Le Goff, ]]|città=Milano |anno=2002, |p.&nbsp;=271). }}</ref>
Il lebbrosario viene organizzato quindi come un [[monastero]] (''hospitale purgatorii'') spesso intitolato a San Lazzaro: [[Lazzaro di Betania|quello]] che Gesù aveva resuscitato, come raccontava l'[[Giovanni evangelista|evangelista Giovanni]], o il [[Lazzaro (mendicante)|Lazzaro]] di cui i cani leccano le piaghe, com'è detto nel [[Luca evangelista|vangelo di San Luca]] (in F. Bèriac, ''La paura della lebbra, in Per una storia delle malattie'', op. cit., Bari 1986, p.&nbsp;173)
 
==== Povertà e ribellione ====