Massimo d'Azeglio: differenze tra le versioni

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Presidente del Consiglio: Corretto "reticenze" (che vuol dire "tendenze a non parlare") nel più appropriato "resistenze".
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Divenne Primo Ministro del Regno di Sardegna dal [[1849]] al [[1852]], costituendo quindi il cosiddetto [[Governo d'Azeglio I]], in uno dei momenti più drammatici della storia del Paese, al termine della [[Prima guerra d'Indipendenza]]. Nei primi mesi si adoperò per concludere la pace con l'Austria, lavorando assieme al Re ai celebri [[Proclama di Moncalieri|proclami di Moncalieri]], la cui ratifica definitiva avvenne con quello del 20 novembre. [[Vittorio Emanuele Taparelli d'Azeglio|Emanuele d'Azeglio]], nipote dello statista, ricordò in seguito che «[D'Azeglio aveva] consigliato al Re d'atterrare i Titani; egli lo considerava come il fatto più importante» della sua vita politica, «ed il più segnalato servizio che aveva reso alla Dinastia ed al Paese».<ref>N. Bianchi, cit., p. 71</ref>
[[File:Camillo Benso Cavour di Ciseri.jpg|thumb|upright|Il [[conte di Cavour]]]]
L'anno successivo d'Azeglio si dimostrò favorevole alle famose [[leggi Siccardi]], che abolirono i privilegi del clero e attirarono sul Gabinetto le pronte risposte della Chiesa, incarnatesi con particolare veemenza negli articoli del sacerdote sanremese [[Giacomo Margotti]] e nell'intransigenza dell'[[arcidiocesi di Torino|arcivescovo di Torino]] [[Luigi Fransoni]], che arrivò a negare, in punto di morte, i sacramenti al ministro dell'Agricoltura [[Pietro De Rossi di Santarosa|Santarosa]], che aveva votato le leggi lesive dei diritti della Chiesa. In sostituzione del Santarosa, d'Azeglio fece il nome di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]], a cui era legato da amicizia dai tempi in cui il conte aveva fondato ''[[Il Risorgimento (Torino)|Il Risorgimento]]''. Nonostante le reticenzeresistenze di Vittorio Emanuele, Camillo Benso fu nominato ministro con un decreto dell'11 novembre.<ref>M. de Rubris, cit., p. 68</ref>
 
La vita politica, però, non piaceva a d'Azeglio, il quale rimpiangeva i tempi della giovinezza, delle conversazioni nei salotti e, soprattutto, del libero esercizio della pittura. Il carteggio con Teresa Targioni, nel suo stile confidenziale, è ancora una volta rivelatore degli stati d'animo del presidente del Consiglio.<ref>M. de Rubris, cit., pp. 71 e ss.</ref>