Roberto Farinacci: differenze tra le versioni

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farinacci ed il processo di Chieti
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Ciò avvenne per vari motivi: perché l'intransigentismo fascista riscuoteva scarso consenso nel paese (scarsissimo nell'esercito); perché si trattava di una componente poco coesa, che Mussolini riuscì sempre a dividere, cooptando nel regime individui e gruppi; perché gli "intransigenti" erano dotati perlopiù di scarso carattere, avevano idee politicamente piuttosto confuse e, al dunque, posti di fronte al rischio di perdere quel poco di potere che il regime comunque assicurava loro (soprattutto a livello locale), si tiravano indietro<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929'', Einaudi, Torino 1968, pagg. 67-8.</ref>. Tutto ciò permise al Duce, dopo il 1925, di estromettere Farinacci dalla segreteria del partito e di procedere inoltre, negli anni successivi, ad una graduale epurazione, emarginando ed espellendo dal partito i più vivaci fra i quadri e gli iscritti "intransigenti"<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929'', Einaudi, Torino 1968, pagg. 68-9.</ref>.
}}
Nel frattempo il suo giornale ''Cremona Oggi'' cambiò nome diventando ''Il Regime Fascista'', l'unico giornale fascista insieme a ''[[Il Popolo d'Italia]]'', e spesso in dissenso, a raggiungere la tiratura nazionale<ref name="autogenerato19" /><ref name="autogenerato40" />. Ebbe inoltre la direzione della [[Cassa di Risparmio Lombarda]]; in un affare di concessioni pubbliche riguardante le terme di [[Salsomaggiore Terme|Salsomaggiore]] favorì una cordata di suoi amici, ottenendone in cambio sostanziosi emolumenti<ref name="autogenerato19" />.Sul giornale ''Il Regime Fascista'' Farinacci e il suo clan criticavano Turati raccogliendo una serie di testimonianze scritte di uomini e donne prezzolati, che denunciavano presunti vizi e stravaganze sessuali dell'ormai ex segretario numero uno de ''[[La Stampa]]''.<ref>Mario Guarino, ''I Soldi dei Vinti'', Luigi Pellegrini Editore, pag. 143.</ref>.
 
La strategia di Mussolini dopo la marcia su Roma prevedeva, fra l'altro, l'eliminazione di ogni margine di autonomia politica del Partito Nazionale Fascista, vale a dire che Mussolini intendeva sottoporre totalmente alle sue direttive il PNF<ref>[[Emilio Gentile]], ''Fascismo. Storia e interpretazione'', Laterza, Roma-Bari 2011 (sesta edizione), pag. 18.</ref>. Su questo punto si ebbe, durante la segreteria di Farinacci, il principale motivo di contrasto fra lui e Mussolini; Farinacci avrebbe voluto, infatti, porre la figura del segretario del partito sullo stesso livello d'importanza politica del capo del governo, mantenendo il partito autonomo rispetto al governo e alimentando così una situazione di dualismo di potere tra Farinacci e Mussolini, situazione che era ovviamente inammissibile per quest'ultimo<ref>Emilio Gentile, ''Fascismo. Storia e interpretazione'', Laterza, Roma-Bari 2011 (sesta edizione), pag. 19.</ref>.
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{{Citazione|Non ammetto squadre di nessuna specie e non ammetto che si revochi in dubbio esistenza ordine giorno Gran Consiglio che non fu votato perché i miei ordini non si votano, si accettano e si eseguiscono senza chiacchiere aut riserve perché [[Gran Consiglio del Fascismo|Gran Consiglio]] non è parlamentino e nel Gran Consiglio non si è mai - dico mai - proceduto a votazioni di sorta. [...] Mio ordine è preciso tutte le formazioni squadristiche a cominciare dai corsari neri del troppo loquace Castelli saranno sciolte a qualunque costo dico a qualunque costo. È gran tempo di fare la separazione necessaria: i fascisti coi fascisti; i delinquenti coi delinquenti; i profittatori coi profittatori e soprattutto bisogna praticare intransigenza morale dico morale.|Benito Mussolini<ref>Il testo del telegramma di Mussolini è riportato in: Renzo De Felice, ''Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929'', Einaudi, Torino 1968, pag. 65.</ref>}}
 
Farinacci già aveva assunto la difesa del famigerato [[Amerigo Dumini]]<ref>[[Piero Gobetti]], ''Matteotti - Roberto Farinacci in difesa di Dumini'', preface by Ruggero Jacobbi, Libreria dell'800, Roma, 1944.</ref>, al quale scrisse che assumendo "la carica di segretario del partito mi impegnai di [[Giacomo Matteotti|smatteottizzare]] l'Italia e di tenere in mano il partito fino a processo finito"<ref>[[Archivio di Stato di Roma]], [http://ricerca.archiviodistatoroma.beniculturali.it/dm_0/asRomaxDamsHist9111/allegati//IT/ASROMA/AS9111/0003340/IT.ASROMA.AS9111.0003340.0001.pdf Corte d'assise speciale, Procedimento penale contro Amerigo Dumini e altri per l'omicidio dell'on. Giacomo Matteotti (secondo processo), volume 84, num. 76-59 (lettera di Farinacci a Dumini), f. 72].</ref>.
Nel marzo 1926, dopo l'arresto degli assassini di Matteotti, nonostante Mussolini non volesse che al processo di [[Chieti]] venisse dato ampio risalto<ref name=autogenerato40 />, Farinacci assunse la difesa del famigerato [[Amerigo Dumini]]<ref>[[Piero Gobetti]], ''Matteotti - Roberto Farinacci in difesa di Dumini'', preface by Ruggero Jacobbi, Libreria dell'800, Roma, 1944.</ref>. Il ras di Cremona, volendo rendere "politico"<ref>"Roberto Farinacci, il Robespierre del fascismo, l’antiduce amico dei nazisti. Farinacci perseguita Mussolini su due fronti: i ''report'' dettagliati sulle malversazioni della cricca meneghina e il misterioso contenuto della borsa di Matteotti, che costituisce la terza e ultima parte di Tangentopoli Nera. Gli autori ricostruiscono le peripezie di Amerigo Dumini, l’assassino che trafugò le carte del deputato socialista, e il suo legame con Farinacci, che lo difese nel processo farsa messo in scena dal regime. Le carte giacciono ancora, insabbiate, negli archivi inglesi e americani: ''Fascismo ladrone: la guerra dei gerarchi per le mazzette'', [[Il Fatto Quotidiano]], 18 ottobre 2016.</ref>. il caso giudiziario, dichiarò: "''Il processo non si farà al regime, si farà alle opposizioni''"<ref name=autogenerato32>{{cita|Guido Gerosa|p. 54}}.</ref>. Gli assassini di Matteotti furono condannati a pene lievi ma già il 30 marzo 1926 - prima che si arrivasse alla sentenza - Farinacci era stato costretto a rassegnare le dimissioni<ref name=autogenerato32 />.
Nel marzo 1926, al [[Delitto_Matteotti#I_processi_farsa_durante_il_regime|processo di Chieti agli assassini di Matteotti]], nonostante Mussolini non volesse che al processo di [[Chieti]] venisse dato ampio risalto<ref name=autogenerato40 />, il ras di Cremona operò per rendere "politico" il caso giudiziario, dichiarando: "''Il processo non si farà al regime, si farà alle opposizioni''"<ref name=autogenerato32>{{cita|Guido Gerosa|p. 54}}.</ref>. Gli assassini di Matteotti, in effetti, furono condannati a pene lievi ma già il 30 marzo 1926 - prima che si arrivasse alla sentenza - Farinacci era stato costretto a rassegnare le dimissioni<ref name=autogenerato32 />.
 
=== Il ritorno a Cremona ===
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[[File:Farinacci a cremona colonia fluviale.gif|miniatura|Farinacci in visita all'omonima colonia fluviale (oggi Parco al Po "Colonie Padane")]]
 
Gli articoli sul giornale gli alienarono le simpatie degli altri gerarchi e provocarono non poche tensioni<ref name=autogenerato34 />. Le sue posizioni anticlericali<ref name=autogenerato32 /> crearono anche alcuni intoppi nel lavoro diplomatico che il regime andava intessendo con la [[Chiesa cattolica]] per l'elaborazione del [[Concordato]] che sarebbe stato poi sottoscritto nel [[1929]]. Il suo giornale fu successivamente di tanto in tanto oggetto di [[censura|censure]], sequestri, ammonimenti. E forse anche per gli attacchi ad [[Arnaldo Mussolini]], fratello del Duce, del quale insinuò senza prove che avesse ottenuto finanziamenti occulti per ''Il Popolo d'Italia''<ref>Farinacci perseguita Mussolini su due fronti: i ''report'' dettagliati sulle malversazioni della cricca meneghina e la ''Tangentopoli Nera'': ''Fascismo ladrone: la guerra dei gerarchi per le mazzette'', [[Il Fatto Quotidiano]], 18 ottobre 2016.</ref>.
 
==== Lo scandalo Belloni ====
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=== Il ritorno in politica ===
[[File:Rappresentanza PNF capodanno 1935.jpg|miniatura|sinistra|Rappresentanza [[Partito Nazionale Fascista|PNF]] capodanno 1935, Farinacci sulla destra]]
Sul giornale ''Il Regime Fascista'' Farinacci e il suo clan criticavano [[Augusto Turati]] raccogliendo una serie di testimonianze scritte di uomini e donne prezzolati, che denunciavano presunti vizi e stravaganze sessuali dell'ormai ex segretario, numero uno de ''[[La Stampa]]''.<ref>Mario Guarino, ''I Soldi dei Vinti'', Luigi Pellegrini Editore, pag. 143.</ref>.
 
Con la nomina a segretario nazionale del PNF di [[Achille Starace]] Farinacci terminò la propria opposizione a Mussolini dedicandosi esclusivamente all'attività forense e allo sport come la [[scherma]] e le [[Mille Miglia]]<ref name=autogenerato32 />. Con la [[battaglia del grano]] Cremona fu una delle province italiane ad ottenere i migliori risultati<ref name=autogenerato32 />. Curiosamente in questo periodo Farinacci si caratterizzò per la propria opposizione al [[Nazionalsocialismo]] di [[Adolf Hitler]] che di lì a poco assunse in Germania il potere<ref name=autogenerato32 />. Nel gennaio [[1935]] Mussolini decise di riportare Farinacci nella politica e lo reintegrò nel [[Gran consiglio del fascismo|Gran Consiglio del Fascismo]]<ref name=autogenerato32 />. Le scelte culturali di Roberto Farinacci, a partire dal 1934 s'indirizzano alla valorizzazione, dalle colonne del quotidiano da lui diretto, del razzismo e del cosiddetto ''tradizionalismo integrale'' del quale si era fatto banditore, dopo la pubblicazione del suo ''Rivolta contro il mondo moderno'' (1934), Julius Evola: è a lui -il quale aveva espresso la propria chiara presa di posizione in favore della politica razzista del Nazionalsocialismo, sin dal 1933- che Farinacci affida, su ''Regime Fascista'', la cura della pagina, a cadenza quindicinale, ''Diorama Filosofico'', ove, nel corso di circa un decennio, compariranno firme di spicco del panorama intellettuale italiano e straniero, tra le quali quelle di René Guénon, Lidio Cipriani, Giulio Cogni, Gonzague de Reynold e Paul Valéry.