Processo di Bobigny: differenze tra le versioni
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Oltre al processo di Bobigny, a concorrere al raggiungimento della ''Loi Veil'' del 1975, contribuirono iniziative sostenute dai collettivi femministi. Tra queste vi fu quello che accadde nell'aprile del 1971, quando nella rivista di sinistra ''[[Le Nouvel Observateur]]'' venne pubblicato il [[Manifesto delle 343]], il quale provocò una cesura profonda rispetto a quanto avvenne prima.
Infatti, per mezzo di questo manifesto, le 343 donne firmatarie dichiararono pubblicamente di aver abortito su uno dei periodici francesi più venduti (tiratura 350.000 copie a settimana), rifiutando in modo deciso l'anonimato con cui questa pratica, in quanto venne vista come uno stigma sociale, normalmente avveniva. Il manifesto delle 343 ebbe tra le firmatarie più conosciute: l’autrice [[Simone de Beauvoir|Simone De Beauvoir]], l’avvocata franco-tunisina [[Gisèle Halimi]] che difenderà Marie Claire Chevalier nel processo di Bobigny, la regista [[Agnès Varda]], l’attrice [[Jeanne Moreau]], la cantante [[Brigitte Fontaine]]. Con questo manifesto si cominciò a mettere in discussione ciò che si riteneva essere il destino di ogni donna: la maternità. Fu un momento cruciale non solo per la depenalizzazione dell’aborto, ma anche per l’emancipazione femminile. L’obiettivo del documento fu quello di rivendicare con forza l’aborto libero e gratuito<ref>{{Cita web|url=https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html|titolo=Il testo del manifesto e la lista delle firmatarie|sito=nouvelobs.com|accesso=2 gennaio 2025|urlarchivio=https://web.archive.org}}</ref>.
== L'imputata Marie-Claire Chevalier ==
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