Roberto Farinacci: differenze tra le versioni

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La battaglia interventista nel cremonese, sostenuta unicamente da una parte dei socialisti riformisti, ebbe scarsa eco e il 24 novembre 1914 un comizio [[interventismo di sinistra|interventista]] fu disperso dai neutralisti guidati dai cattolici e dagli stessi socialisti<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 16}}.</ref>. Analogo risultato si ebbe il 14 maggio [[1915]], quando un corteo interventista venne nuovamente disperso dai socialisti<ref name=autogenerato8>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 17}}.</ref>. Dal settimanale ''La Squilla'' Farinacci accusò di "connubio" i socialisti e i cattolici di [[Guido Miglioli]]<ref name=autogenerato8 />: quest'ultimo, che all'epoca guidava le leghe bianche della provincia, divenne in breve tempo uno dei suoi principali avversari<ref name=autogenerato16 /><ref name=autogenerato7 /><ref name=autogenerato31>{{cita|Franzinelli|p. 214}}.</ref> e nel [[1919]] aderì poi [[Partito Popolare Italiano (1919)|Partito Popolare Italiano]].
 
Il 6 dicembre 1915 Farinacci fu iniziato alla [[massoneria]] nella [[loggia]] ''Quinto Curzio'' di Cremona, aderente all'obbedienza del [[Grande Oriente d'Italia]] di [[Palazzo Giustiniani (Roma)|Palazzo Giustiniani]] (matricola n. 48.057)<ref>Rosario F. Esposito, ''La Massoneria e l'Italia. Dal 1800 ai nostri giorni'', Roma, Edizioni Paoline, 1976, p. 386</ref><ref>[[Aldo Alessandro Mola]], ''Storia della Massoneria in Italia dal 1717 al 2018'', Firenze-Milano, Bompiani-Giunti, 2018, p. 486.</ref><ref>{{cita libro|autore= Luca Irwin Fragale| titolo= La Massoneria nel Parlamento. Primo novecento e Fascismo| anno= 2021| editore= Morlacchi Editore|ppp=441}}</ref>, dopo che l'accettazione della sua domanda aveva portato ad una piccola scissione interna<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 10:"dopo non pochi contrasti all'interno della "Quinto Curzio", che portarono anche ad una piccola scissione"}}.</ref>. Venne poi espulso per indegnità, anche in virtù di una presunta ed inaccettabile relazione omosessuale con [[Giorgio Rea]], un ricco nobile pugliese piuttosto noto negli ambienti satirici napoletani, poiché dedito al travestimento ed incline ad assumere i panni della versione femminile dei principali uomini politici del tempo, a volte attirandosi molte critiche, tra cui quella storica di [[Francesco Saverio Nitti]].<ref>Giovanni Cacini. ''I gerarchi fascisti'', Bologna, Newton, p. 85</ref>. Poco dopo aderì all'obbedienza della [[Gran Loggia d'Italia degli Alam|Gran Loggia di Piazza del Gesù]]<ref>[[Peter Tompkins]], ''Dalle carte segrete del Duce'', Milano, Marco Tropea, 2001, pa
. 51.</ref><ref>{{cita libro|autore= Luca Irwin Fragale| titolo= La Massoneria nel Parlamento. Primo novecento e Fascismo| anno= 2021| editore= Morlacchi Editore|ppp=442}}</ref>, dalla quale fu espulso nel 1916 per indegnità, "in seguito ad un poco elegante tentativo di esonero dal servizio di leva"<ref>{{cita libro|autore= Luca Irwin Fragale| titolo= La Massoneria nel Parlamento. Primo novecento e Fascismo| anno= 2021| editore= Morlacchi Editore|ppp=443}}</ref>.
 
Allo scoppio della guerra fu esonerato dal servizio militare poiché le ferrovie non intendevano sguarnire il personale e anche le sue continue richieste di partire volontario per il fronte furono respinte<ref name=autogenerato7 /><ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 18:..aveva cercato sin dall'inizio di arruolarsi, ma ne venne impedito dal decreto ministeriale che vietava agli impiegati dello Stato (in quanto già in congedo illimitato) il volontario arruolamento}}.</ref><ref name="autogenerato152">{{cita|Giordano Bruno Guerri|p. 112}}.</ref><ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 41:Farinacci presentò la domanda di volontario, questa domanda non fu accettata perché come ferroviere egli venne ritenuto indispensabile al servizio che svolgeva}}.</ref>. Le difficoltà ad arruolarsi gli attirarono l'ilarità degli avversari politici come il ''[[Becco giallo]]'', che in una vignetta satirica lo salutò come il "pluridecorato di guerra". Solo nel [[1916]] riuscì a farsi assegnare come volontario<ref name=autogenerato31 /><ref>{{cita|Silvio Bertoldi|pp. 41-42: Riuscì ad andare al fronte, venne smobilitato nel 1917 per rimandarlo ai suoi treni}}.</ref><ref>Roberto Festorazzi, ''Farinacci. L'antiduce'', Roma, Il Minotauro, 2004</ref> al fronte, nel [[Arma delle trasmissioni|3º Reggimento Genio Telegrafisti]]<ref name=autogenerato6>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 18}}.</ref> dove restò un anno, venendo decorato con una [[Croce al merito di guerra|croce di guerra]] e ottenendo la promozione sul campo a [[caporale]]<ref name=autogenerato7 /><ref name=autogenerato6 />. Nel marzo [[1917]], a causa di una legge che richiamava in servizio il personale delle Ferrovie, tornò a fare il capostazione a Cremona.<ref name=autogenerato7 /><ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 18: Le ferrovie, non potendo rischiare problemi alle linee, richiamarono l'anno successivo i dipendenti, sì che anche Farinacci lasciò il reparto e tornò al lavoro a Malagnino di Cremona}}.</ref>
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[[File:Roberto Farinacci con Mussolini a convegno agrario.jpg|miniatura|Roberto Farinacci con [[Benito Mussolini|Mussolini]] a un convegno agrario a [[Cremona]]]]
 
Vicino a [[Benito Mussolini|Mussolini]], come esponente dell'"''Unione socialista italiana''"<ref>{{cita|Giordano Bruno Guerri|p. 68}}.</ref>, nel marzo [[1919]] prese parte alla [[fondazione dei Fasci italiani di combattimento]]<ref name=autogenerato16 /><ref name=autogenerato31 /><ref>{{cita|Guido Gerosa|pp. 48–4948-49}}.</ref> e l'11 aprile [[1919]], con un gruppo di [[arditi]], fondò il [[Fasci italiani di combattimento|Fascio di Combattimento]] di [[Cremona]]<ref name="autogenerato372">{{cita|Guido Gerosa|p. 49}}.</ref>.
 
Il 5 gennaio [[1920]], il vecchio battagliero foglio socialista ''La Squilla'', di cui nel frattempo Farinacci era divenuto direttore, cambiò nome in ''La Voce del Popolo Sovrano'' e cambiò area di riferimento rivolgendosi alle "forze della nazione equilibrate e sane"<ref name="autogenerato372"/> e il neocostituito [[Sindacalismo fascista|sindacato fascista]] dei ferrovieri di Cremona, controllato da Farinacci, ottenne alte adesioni tanto che già nel gennaio [[1920]] fu in grado di far fallire i primi scioperi nella provincia<ref name="autogenerato372"/>. Il 5 settembre [[1920]] al teatro Politeama Verdi di Cremona Mussolini indisse il congresso regionale dei Fasci di combattimento come segno di apprezzamento per l'attività svolta da Farinacci<ref>{{cita|Guido Gerosa|p. 49: Gerosa riporta correttamente i fatti ma erroneamente indica come data il 5 dicembre}}.</ref><ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|pp. 88–8988-89}}.</ref>.
 
Alla manifestazione partecipò lo stesso Mussolini che giunse in città dopo un viaggio avventuroso dovendo eludere i picchetti degli scioperanti<ref name="autogenerato372"/>. Sempre il 5 settembre a Cremona, vi fu una manifestazione pro-Russia con tremila socialisti<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 39: Già domenica 5 settembre, durante il comizio socialista pro-Russia (erano presenti in città almeno 3mila manifestanti, e Lazzari aveva tenuto il comizio di chiusura, esortando "il proletariato a tenersi pronto per l'imminente cozzo finale")...}}</ref> e una contromanifestazione con 800 fascisti<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 39: secondo la Prefettutura alla manifestazione fascista presero parte circa 800 persone}}.</ref> che giunsero allo scontro. La sera del giorno seguente in piazza Roma, si verificò uno scontro armato dove si registrarono due morti, il fascista Vittorio Podestà e il reduce Luciano Priori (cinque i feriti). Secondo la Questura l'aggressione "''era da imputare agli affiliati del Psi''"<ref name=autogenerato14>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 39}}.</ref> e Farinacci avrebbe dovuto essere il bersaglio<ref name=autogenerato14 />. Farinacci e Sigfrido Priori, fratello dell'ucciso furono trattenuti in stato di arresto per alcuni giorni<ref>[[Giorgio Alberto Chiurco]], Storia della rivoluzione fascista 1919.1920, volume II Anno 1920, Vallecchi Editore, Firenze, 1929, pag 115</ref> e ad essi si aggiunsero altri socialisti i giorni seguenti<ref name=autogenerato14 />. Ai funerali di Podestà e Priori parteciparono circa 10.000 persone<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 40}}.</ref>.
 
=== La breve stagione parlamentare ===
Alle [[Elezioni politiche in Italia del 1921|elezioni politiche italiane del 1921]] fu eletto alla [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera dei deputati]] nei [[Blocchi Nazionali]] insieme ad altri trentaquattro fascisti<ref name="autogenerato372"/>. La stampa satirica lo definì "Onorevole tettoia", perché nel 1917 venne esonerato dal Regio Esercito e rimandato al suo posto di lavoro (come gli altri ferrovieri), che lascerà nel 1921. Intanto riprese gli studi: riuscì a conseguire in breve tempo la licenza liceale grazie a sessioni di esami apposite per reduci di guerra<ref name="autogenerato152"/><ref name="autogenerato372"/> e si iscrisse alla [[Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia|facoltà di giurisprudenza di Modena]]<ref name="autogenerato152" />. Accantonata, per opportunità politica, la tesi di laurea che aveva scritto<ref>{{cita|Franzinelli|pp. 214–215214-215}}.</ref>, si laureò in [[giurisprudenza]] il 28 dicembre [[1923]] con una tesi titolata "''Le obbligazioni naturali dal punto di vista della filosofia del diritto e del diritto civile''", acquistata da un altro studente<ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 42: "Presentò la tesi all'Università di Modena, discutendo "Le obbligazioni naturali dal punto di vista della filosofia del diritto e del diritto civile". Si scoprì nel 1930 che aveva comprato tale lavoro da un tale Stefano Marenghi, di Cremona, il quale se ne era servito a sua volta per laurearsi a Torino nel 1921"}}.</ref>.
 
Alla prima seduta della Camera il 13 giugno Farinacci prese parte all'aggressione contro il deputato comunista [[Francesco Misiano]], particolarmente inviso ai fascisti per aver [[diserzione|disertato]] la chiamata alle armi ed essere fuggito all'estero. Farinacci gli strappò la pistola che portava sotto la giacca e la consegnò a [[Giovanni Giolitti]], il quale però argomentò: "''Non posso prenderla, non ho il porto d'armi''"<ref name="autogenerato372"/>.
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Per esempio a [[Rivarolo del Re ed Uniti|Rivarolo]] l'8 aprile 1921 membri delle leghe rosse distrussero i vigneti (tagliandone le [[Vitis vinifera|viti]]) dei proprietari simpatizzanti del movimento fascista; la notte stessa le squadre d'azione occuparono la sede della cooperativa rossa, la incendiarono, sequestrarono un impiegato della cooperativa e (utilizzando le liste degli iscritti colà rinvenute) lo costrinsero a guidarli nelle abitazioni dei dirigenti; poi devastarono tali abitazioni e percossero tutte le persone che vi trovarono<ref name=autogenerato24 />. Lo stesso Farinacci riconobbe che la denuncia delle violenze squadriste da parte socialista era giustificata: "''Certo, gli eccessi dei fascisti furono molti e molto dolorosi; e noi possiamo accettare per vera anche la fosca amplificazione che delle spedizioni punitive fu fatta dai capi del partito socialista ufficiale''"<ref>{{cita|Franzinelli|p. 77}}.</ref>.
 
Gli agguerriti leghisti bianchi di Miglioli che avevano il proprio feudo a [[Soresina]] il 10 marzo [[1922]] stipularono un'intesa con i ben più tiepidi massimalisti socialisti della provincia<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|pp. 404–405404-405}}.</ref> con l'obiettivo di "''difendere e riconquistare i diritti dei lavoratori organizzati''"<ref name=autogenerato2>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 405}}.</ref>. Una delle prime azioni della nuova intesa fu quella di celebrare la festività del 1º maggio. Farinacci, conosciuto a questo punto anche come il ''[[Ras (titolo)|ras]]'' di [[Cremona]] ne impedì lo svolgimento in diverse località e a Cremona pretese di poter parlare dal palco organizzato dalle due leghe unite così le forze dell'ordine per evitare disordini preferirono spostare la manifestazione al 7 maggio<ref name=autogenerato9>{{cita|Guido Gerosa|p. 50}}.</ref>. La celebrazione riuscì soltanto a [[Soresina]] e a Crema, in quest'ultima località il corteo si snodò fin davanti alla chiesa nello sventolio di [[Bandiera rossa|bandiere rosse]] associate a quelle bianche<ref name=autogenerato2 />. La fusione tra le due leghe rimase un fatto isolato e fu vista però con molto disagio dal [[Partito Popolare Italiano (1919)|Partito Popolare]] e dal [[Partito Socialista Italiano]]<ref name=autogenerato12>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 406}}.</ref>.
 
Farinacci nello scontro con le leghe fu facilitato anche dalle imposte fiscali che molte amministrazioni socialiste introducevano in modo spesso vessatorio nei confronti del contado<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 406:Nel contado il piano fascista fu facilitato dal modo spesso arbitrario e intenzionalmente persecutorio, con il quale molte amministrazioni comunali applicavano le imposte}}.</ref>. Contro queste, nella primavera 1922, indisse uno sciopero che secondo le relazioni di Pubblica Sicurezza ottenne un certo successo<ref name=autogenerato12 />. Le squadre d'azione, che nel 1922 si erano nel frattempo alleate con gli agrari, dato anche l'alto numero di adesioni, erano avvantaggiate nel favorire i propri tesserati. Infatti, fortemente indebolite le altre organizzazioni sindacali, solo i sindacati fascisti erano in grado di garantire la pace sociale<ref name=autogenerato12 />. Nel frattempo al maggio 1922 il numero dei Fasci era salito a 107, mentre i tesserati erano oltre trentunomila<ref name=autogenerato12 />.
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Non avendo ottenuto risposta, il 6 luglio [[1922]] le squadre d'azione, composte da circa un migliaio di squadristi<ref name=autogenerato26 />, occuparono la città: le forze dell'ordine, che pur avevano ordine di reprimere i moti altresì avevano esplicito divieto di ricorrere alle armi da fuoco e furono impossibilitate a reagire<ref name=autogenerato26 />. La camera del lavoro fu facilmente occupata, così come il [[Municipio (edificio)|Municipio]] e alcune abitazioni private come quella di [[Guido Miglioli]] che fu distrutta<ref name=autogenerato26 />. Farinacci si autoproclamò sindaco<ref name="autogenerato152"/> facendo issare sul balcone il gagliardetto fascista<ref name=autogenerato9 />. L'occupazione della città durò fino al 18 luglio quando gli squadristi, dietro un espresso ordine di Mussolini, si ritirarono<ref name=autogenerato36>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 408}}.</ref>. L'amministrazione comunale fu commissariata dal prefetto<ref name=autogenerato31 /><ref name=autogenerato36 />. Nel giro di una settimana tutti gli amministratori pubblici della provincia di Cremona, sia socialisti, sia popolari decisero di dimettersi<ref name=autogenerato36 /><ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 85: ""In seguito ai fatti di Cremona, la federazione del Psi decise le dimissioni di massa di tutte le amministrazioni socialiste ancora in carica (35, ma pure le amministrazioni popolari avrebbero fatto altrettanto), paralizzando di fatto la vita politica locale}}.</ref>. Questa scelta dei socialisti e dei popolari nella [[provincia di Cremona]] fece guadagnare consensi al fascismo e fece poi fallire lo [[sciopero legalitario]] proclamato alcuni mesi dopo<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 85: In tale situazione lo sciopero generale legalitario indetto dall'Alleanza del Lavoro non trovò possibilità alcuna di riuscita, anzi il solo annuncio servì ancor più a guadagnare al fascismo settori sociali che non ritenevano più i partiti costituzionali idonei a garantire la governabilità del paese}}.</ref>.
 
Sempre alla guida delle squadre d'azione<ref name="autogenerato152"/>, il 3 e il 4 agosto [[1922]] le squadre di Farinacci presero parte a Milano all'occupazione di [[Palazzo Marino]] da cui fu cacciata l'amministrazione socialista e poi alla [[Fatti di Parma|fallita azione a Parma]]<ref name=autogenerato9 />. Intanto il [[patto di pacificazione]] a Roma, sottoscritto da fascisti e socialisti ai primi di agosto fu contestato da Farinacci che lo definì "''un oltraggio alla memoria dei nostri morti''" e dal quel momento assunse la leadership dello squadrismo più intransigente<ref name="autogenerato152"/><ref name=autogenerato9 /> e dal vecchio settimanale fondò un nuovo quotidiano ''"Cremona nuova"''<ref name="autogenerato152"/>. Gli assalti contro le cooperative rosse, nonostante che Mussolini ricercasse più moderazione, continuarono<ref>{{cita|Giordano Bruno Guerri|pp. 112–113112-113}}.</ref> e le stesse forze dell'ordine in data 16 settembre lo avessero ufficialmente diffidato dal contestare i deputati Garibotti e Miglioli<ref>Giorgio Alberto Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista 1919-1922 Volume IV Anno 1922 parte I pag 327</ref>.
 
Il 3 ottobre [[1922]] Farinacci, con le proprie squadre si spostò a Trento dove assunse il comando di tutti gli squadristi che erano confluiti laggiù per pretendere le dimissioni del commissario civile [[Luigi Credaro]] che era accusato di scarso impegno nella difesa della minoranza italiana in [[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]]<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 456}}.</ref>. Credaro, anche su consiglio delle autorità militari, si dimise il 5 ottobre<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|pp. 456–457456-457}}.</ref>. Il 17 ottobre [[1922]] il governo italiano soppresse la figura del commissario civile e al suo posto fu nominato un prefetto con giurisdizione anche sull'Alto Adige<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 458}}.</ref>
 
==== La presa di Cremona ====
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==== L'antisemitismo di Farinacci ====
Durante la [[guerra civile spagnola|guerra di Spagna]], dove aveva avuto un confronto diretto con i tedeschi e l'ideologia [[nazionalsocialismo|nazionalsocialista]], aderì in parte alle teorie razziste tanto che rientrato in [[Italia]] entrò in contatto con [[Giovanni Preziosi]] e la sua rivista ''La vita italiana''<ref name=autogenerato3 /> con la quale a breve, con l'articolo "Matrimonio d'amore", formalizzò un'unione con ''Il Regime Fascista''<ref>{{cita|Romano Canosa|p. 144}}.</ref>. Farinacci rilevò come le battaglie sostenute dai due fogli fossero sempre state le stesse e nelle sue intenzioni il giornale di Preziosi si sarebbe trasformato in una rivista esclusivamente politica di approfondimento destinata ad un ristretto numero di lettori<ref>{{cita|Romano Canosa|pp. 144–145144-145}}.</ref>. Posizioni antisemite si erano già rilevate su ''Il Regime Fascista'' a partire dal 1934, per la prima volta su un importante quotidiano nazionale<ref>{{cita|Romano Canosa|p. 150}}.</ref>. L'arresto avvenuto l'11 marzo [[1934]] di alcuni ebrei italiani che dalla [[Svizzera]] stavano rientrando in Italia con "stampati e libelli antifascisti" provocò, a partire dal 30 marzo<ref>{{cita|Romano Canosa|p. 151}}.</ref>, una dura campagna stampa che presentò tutti gli ebrei come elementi "non nazionali"<ref>Gallina Fanny Levin, «L’antisémitisme dans la presse italienne à l’époque du fascisme. Étude comparée du Popolo d’Italia, du Corriere della Sera et de L’Italia», Revue d’Histoire de la Shoah, 2016/1 (N° 204), pp. 85-103 e nota 11.</ref>.
 
L'evento creò una frattura fra gli stessi cittadini ebrei italiani dei quali alcuni, come il presidente della comunità milanese, presero posizione contro gli arrestati ribadendo la propria fedeltà all'Italia<ref>{{cita|Romano Canosa|pp. 152–153152-153}}.</ref>. Negli anni successivi in Italia la polemica antiebraica si attenuò<ref>{{cita|Romano Canosa|p. 157}}.</ref> per ritornare sporadicamente come il 12 settembre [[1936]] quando un corsivista anonimo del quotidiano di Farinacci fece proprie le teorie antisemite di [[Joseph Goebbels]] esposte al congresso nazista di [[Norimberga]] in cui indicava trecento esponenti dell'[[Unione Sovietica]] come di origine ebraica<ref>{{cita|Romano Canosa|p. 158}}.</ref>. Nel [[1938]] su ''Il Regime Fascista'' ricominciò una intensa campagna antisemita e Farinacci stesso prese posizione contro la situazione politica di [[Trieste]], città in cui i cittadini di religione ebraica erano numerosi e spesso ricoprivano incarichi di potere<ref>{{cita|Romano Canosa|pp. 196–197196-197}}.</ref>.
 
''[[Il Piccolo]]'' di Trieste, diretto da [[Rino Alessi]], prese le difese degli ebrei sostenendo che la città rappresentava un caso speciale in cui costoro avevano sempre ricoperto posizioni di prestigio<ref>{{cita|Romano Canosa|p. 197}}.</ref>. L'adesione alle teorie razziali tedesche da parte di Farinacci inizialmente non fu totale, nei tedeschi lui vide principalmente gli apportatori di una nuova ideologia più pura da contrapporre al fascismo italiano ormai imborghesito<ref>{{cita|Giordano Bruno Guerri|p. 114:Diventò poi il gerarca più filonazista e razzista (continuando a tenersi una fedelissima segretaria ebrea), quello che vedeva in Hitler un modello che Mussolini non avrebbe mai potuto raggiungere.}}</ref><ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 48:Forse, pensava che Hitler possedesse tutto ciò che mancava al suo collega italiano}}.</ref> e il razzismo fosse il pegno da pagare<ref>{{cita|Guido Gerosa|p. 55: Quello farinacciano diventa il solo fascismo italiano che si tinga di hitlerismo: logica esasperazione, fino agli ultimi corollari, della sua antitesi ventennale a Mussolini}}.</ref>. Ciononostante continuò a tenere al proprio fianco la sua segretaria Jole Foà che era [[ebrei|ebrea]]<ref name=autogenerato34 /><ref name="autogenerato13">{{cita|Guido Gerosa|p. 56}}.</ref>; successivamente, però, la donna venne licenziata proprio in quanto ebrea e, nel dicembre del 1943, arrestata; detenuta in varie località, nell’aprile del 1944 venne deportata ad [[Auschwitz]]; morì prigioniera dei nazisti il 21 gennaio 1945<ref>Cfr. la scheda sul sito del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea: {{cita web|lingua=|autore=|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-2766/foa-jole.html|titolo=Foa, Jole|data=|accesso=15 ottobre 2019|cid=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191015092103/http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-2766/foa-jole.html|urlmorto=sì}}</ref>.
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La sottoscrizione del [[Patto d'Acciaio]] nel maggio [[1939]] rappresentò una vittoria per la corrente farinacciana, il cui leader era ormai soprannominato "Il tedesco"<ref name="autogenerato13" />.
 
L'introduzione delle [[leggi razziali fasciste]] nel [[1938]] fu seguita con interesse dal "Regime fascista"<ref>{{cita|Guido Gerosa|pp. 213–214213-214}}.</ref> e nel novembre dello stesso anno, presso l'[[Istituto di Cultura fascista]] di Milano, Farinacci prese parte ad una conferenza relativa ai rapporti tra Chiesa cattolica ed ebrei tenuta insieme all'[[arcivescovo]] [[Alfredo Ildefonso Schuster|Schuster]]. L'alto prelato, trattando della tradizione cattolica e rifacendosi all'apostolo [[Paolo di Tarso|Paolo]], aveva sottolineato che tutti i popoli discendenti dallo stesso Dio avrebbero dovuto riconoscersi come fratelli<ref name=autogenerato35>{{cita|Romano Canosa|p. 215}}.</ref>.
Farinacci, prendendo spunto dalle parole dell'arcivescovo, sostenne che erano stati proprio gli ebrei a volersi sottrarre dalla comune fratellanza e li definì quindi come una razza "inconfondibile e inassimilabile"<ref name=autogenerato35 />.
 
Nei mesi successivi Farinacci assunse un atteggiamento fortemente polemico nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche, richiamandosi all'antisemitismo storico della Chiesa per sottolineare come la politica razzista del Fascismo non facesse altro che proseguire nella stessa tradizione e soprattutto ammonendo la Chiesa a non interferire in questioni politiche, in relazione al progressivo avvicinamento del Partito Fascista alla Germania hitleriana<ref>{{cita|Enzo Collotti|pp. 98–9998-99}}.</ref>. Secondo alcuni, Mussolini avrebbe deciso di sfruttare queste aperture di Farinacci per affidargli i ruoli impopolari dell'introduzione delle [[leggi razziali fasciste]] nel [[1938]]. Secondo altri Farinacci, che era stato tra i firmatari del ''[[Leggi razziali fasciste#Il "Manifesto della Razza"|Manifesto della razza]]'', avrebbe premuto per potersene occupare, convinto della loro opportunità politica.
 
=== La guerra ===
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Probabilmente i [[Germania nazista|tedeschi]], prima di insediare Mussolini alla guida della [[Repubblica Sociale Italiana]], pensarono a Farinacci come capo dello [[Stato fantoccio]] di [[Salò]], salvo poi scartarlo<ref>{{cita|Guido Gerosa|p. 58}}.</ref>; Farinacci non ricoprì alcun incarico all'interno della RSI<ref name=autogenerato34 /><ref name=autogenerato28 />, e ritornò al proprio giornale a Cremona, dove riprese ad attaccare i propri avversari<ref name=autogenerato25 /> e a difendere senza esitazione<ref>{{cita|Luigi Ganapini|p. 106}}.</ref> la causa della [[Germania nazista]]<ref name=autogenerato18 />. Confidando quasi fino all'ultimo nella vittoria finale, sulla sua testata diede ampio spazio a teorie relative ad una rimonta militare tedesca attraverso il ricorso alle [[Arma segreta|armi segrete]]<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 455}}.</ref>.
 
Il 29 settembre [[1943]], con l'articolo ''Eccomi di ritorno'' pubblicato sul ''Regime fascista'', si ripresentò nelle consuete vesti di esponente dell'estremismo fascista in cui accusò l'[[antifascismo]] di persecuzioni "''inumane verso i fascisti''" e denunciando l'omicidio di [[Ettore Muti]]<ref>{{cita|Luigi Ganapini|pp. 191–192191-192}}.</ref>. In previsione del [[congresso di Verona (1943)|congresso di Verona]] il suo programma politico si ispirò ad un ritorno al [[Fascismo intransigente|fascismo delle origini]]<ref>{{cita|Luigi Ganapini|p. 192}}.</ref>. Nel corso della fase istruttoria del [[processo di Verona]] Farinacci fu indicato da Galeazzo Ciano come testimone a favore della difesa, ma la sua testimonianza non fu ammessa<ref>{{cita|Metello Casati|p. 48}}.</ref>.
 
Per tutta la durata della Repubblica Sociale la [[Guerra civile in Italia (1943-1945)|situazione a Cremona rimase tranquilla]]<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 456}}.</ref> e Farinacci non subì alcun attentato partigiano, anche se dagli stessi fu spesso additato come un nemico da colpire<ref name=autogenerato20>{{cita|Luigi Cazzadori|p. 71}}.</ref>, essendo chiaro che, pur non avendo alcuna influenza sul [[governo della Repubblica Sociale Italiana|governo di Mussolini]], non avrebbe mai rinnegato il fascismo<ref name=autogenerato20 />. Esperto giornalista, favorì la nascita del giornale ''Crociata Italica'' di don [[Tullio Calcagno]], che fu stampato nella stessa tipografia del ''Regime Fascista''<ref>{{cita|Luigi Ganapini|p. 213}}.</ref><ref name=autogenerato29>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 453}}.</ref> ed arrivò alla tiratura record di centocinquantamila copie<ref name=autogenerato29 />.