Macriano Minore: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
VolkovBot (discussione | contributi)
mNessun oggetto della modifica
Riga 3:
| titolo =Aspirante [[imperatore romano]]
| immagine =[[Immagine:Antoninianus-Macrianus-RIC 0011.jpg|300px]]
| legenda =Moneta di Macriano Minore celebrante l<nowiki>'</nowiki>''Eterna Roma''.<ref>La monetazione di Macriano e di suo fratello e co-imperatore [[Quieto]] celebra l'esercito, la certezza della vittoria, come il prossimo arrivo di tempi felici. Tutti questi temi propagandistici erano fondamentali in un periodo di emergenza, in cui l'[[Impero romano]] aveva perduto il proprio imperatore in battaglia contro i [[SassanidiSasanidi]] e l'esercito era profondamente in territorio nemico.</ref>
| regno =[[260]]-[[261|1]] (con [[Quieto]])
| nome completo =Titus Fulvius Iunius Macrianus
Riga 35:
Figlio di [[Macriano Maggiore]] e di una donna nobile (probabilmente di nome Giunia), Macriano Minore è detto tribuno militare sotto l'imperatore [[Valeriano]] dalla ''[[Historia Augusta]]''.<ref>Questo dato non è considerato attendibile dagli storici moderni.</ref>
 
Macriano, assieme al padre e al fratello Quieto, si recò in [[Mesopotamia]] nel [[260]], in occasione della campagna militare di Valeriano contro i [[SassanidiSasanidi]]. Quando Valeriano fu sconfitto e catturato dal nemico, Macriano Minore e Quieto, con il sostegno del padre (custode del tesorotsoro dell'esercito) e del [[prefetto del pretorio]] [[Ballista]], furono eletti imperatori dall'esercito, in opposizione al legittimo imperatore [[Gallieno]], il quale era nelle province occidentali. Macriano e il fratello furono riconosciuti dalle province orientali e dall'Egitto, che aveva il ruolo di fornitore di grano per la città di [[Roma]].
 
Dovendo affrontare Gallieno, i due Macriani si mossero in occidente con l'esercito, lasciando Quieto e Ballista in oriente. Nell'autunno del [[261]] furono sconfitti però dal generale di Gallieno [[Aureolo]] al confine tra [[Tracia]] e [[Illiria]], e in seguito uccisi dai propri soldati.