Giovanni Presta: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
File da verificare da oltre una settimana |
||
Riga 25:
L’organo di lavoro principale nel trappeto è la macina a ruota con la quale si effettuavano contemporaneamente tre operazioni: schiacciamento, frangitura e impastamento. La vasca, di grandi dimensioni e cilindrica, ospitava due macine di pietra durissima: una (funnu) posta orizzontalmente a costituire il fondo e l’altra (petra) posta verticalmente e ruotante intorno ad un albero. Le superfici della macina e del fondo venivano lavorate col piccone e rese scabre affinché le olive non sfuggissero. La macina era fatta girare da un mulo legato alla stanga, bendato e fornito di campanella. Per la spremitura della pasta, dalla quale si otteneva l’olio, si utilizzavano i torchi. I torchi più diffusi nel Salento per lungo tempo sono stati i torchi “alla calabrese”, poi sostituiti da quelli “alla genovese”. Il nachiru incolonnava 20-25 “fisculi” riempiti sotto il torchio, quindi cominciava a compiere lenti giri col torchio. Dal torchio colava in un pozzetto antistante (anciulu) olio misto a morchia. Con una brocca, si raccoglieva l’olio galleggiante, in modo da separarlo dalla morchia (crisciri l’uejiu) e lo si versava negli “zirri” (rcipienti di capacità variabile da 50 litri a 6 quintali). In una giornata lavorativa (18 ore) si lavoravano 10-12 quintali di olive. Il periodo di attività dei trappeti cominciava a settembre-ottobre con le olive verdi e proseguiva con l’olio maturo, senza che le fasi di lavorazione variassero.
==
Presta nacque a [[Gallipoli]] il 24 giugno 1720, unico figlio di Lazaro Presta e Caterina Gaggiulla. Fu istruito dai sacerdoti Don Nicola Pirelli e Don Quintino Mastroleo, la cui educazione contribuì allo sviluppo del suo talento. A sedici anni si trasferì a [[Napoli]] per studiare medicina, dove si dedicò anche agli studi di matematica e astronomia. Grazie alle sue doti di letterato e poeta iniziò subito a frequentare luoghi colti e raffinati e fu aggregato nell’accademia Rossanese. Nel 1741 si laureò in medicina a Napoli ma il padre lo fece tornare a Gallipoli a svolgere la sua professione. Divenne il più stimato medico della provincia ed esercitò il suo ruolo in tutto il Salento. In seguito si interessò a migliorare i due settori più importanti della produzione agricola salentina di quel tempo: la tabacchicoltura, di cui cercò di migliorare le tecniche di piantagione, e in particolare concentrò i suoi studi sull’[[olivicoltura]]. Egli, ogni anno, faceva piantare del [[tabacco]] nei suoi terreni per uso personale ed era proprio questo il migliore tabacco che si aveva nella sua provincia. Riguardo i suoi interessi offrì un importante contributo al dibattito sull’olivicoltura che si svolse nel diciottesimo secolo in Terra d’Otranto. I suoi studi sono testimoniati nelle sue tre importanti opere: “Memoria su i saggi diversi di olio e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà Imperiale Caterina II, la Pallade delle Russie” (1786); “Memoria intorno ai sessantadue saggi diversi di olio presentati alla Maestà di Ferdinando IV, Re delle due Sicilie, ed esame critico dell’antico frantoio trovato a Stabia” (1788); “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio” (1794). Il 18 agosto 1797 morì a Gallipoli e fu sepolto nella Cattedrale.
|