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{{q|Tutto ciò che si riferisce alla parola, alla sua natura, alla sua potenza e ai suoi utilizzi è esattamente al cuore della realtà tantrica.|André Padoux, ''Tantra'', ''Op. cit.'', p.128}}
 
Si tratta però di una "parola" differente da quella vedica, parola essenzialmente liturgica che fungeva da ponte verso il divino, finendosi per identificare col divino stesso. Quando si parla di "parola" nei [[Tantra (testi induisti)|Tantra]] ci si intende riferire non soltanto all'esclamazione delle formule sacrificali, alle invocazioni, ai [[Mantra]] in genere: la divinità della parola si rivela già al livello più elementare, quello dei singoli [[fonema|fonemi]] dell'alfabeto [[lingua sanscrita|sanscrito]]. Nella tradizione [[shivaismo kashmiro|śivaita non dualista]] ciascuno dei cinquanta fonemi, da A a KṢ, corrisponde a un diverso aspetto della potenza creatrice del divino. [[Shiva|Śiva]] possiede in sé, in forma [[archetipo|archetipica]], l'[[alfabeto]] sanscrito, e tramite un processo detto di "emanazione fonematica" rende manifesti tutti gli aspetti del [[cosmo]].<ref name=tantra>[[André Padoux]], ''Tantra'', ''Op. cit.''; parte II, cap. VII.</ref>
 
La parola tantrica è dunque portatrice di significati cosmici: comprendere la parola, cioè i fonemi, cosa questi significhino e come si articolino per dare luogo a suoni più complessi fino al linguaggio, vuol dire comprendere il divino, così come il divino stesso può essere riconosciuto nella parola e nei suoi costituenti: [[Metafisica]] e [[grammatica]] si sovrappongono: