Francesco Filelfo: differenze tra le versioni

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Quando anche Francesco Sforza morì, Filelfo, ormai 77enne andò a Roma ([[1475]]), dove si mise al servizio di [[papa Sisto IV]], ricoprendo la cattedra di retorica. Ben presto, però, la sintonia con la città e il papato vennero meno, e dopo appena un anno lasciò Roma per ritornare a Milano.
 
Là scoprì a malincuore che la moglie era morta di peste. Ripensò allora a Firenze, sperando di potervi fare ritorno, dal momento che l'ostilità dei Medici nei suoi confronti si era attenuata con il passare degli anni. Per ottenere il favore della signoria, in occasione della [[congiura dei Pazzi]] ([[1478]]), che aveva attentato alla vita di [[Lorenzo de' Medici|Lorenzo il Magnifico]], egli scrisse anche al suo precedente mecenate Sisto IV denunciando la sua partecipazione in tale complotto. Lorenzo lo invitò ad insegnare il greco a Firenze, ma poco dopo il suo arrivo, nel [[1481]], Filelfo morì e fu sepolto nella [[Chiesabasilica della Santissima dell'Annunziata]].
 
Filelfo merita di essere ricordato fra i più grandi umanisti italiani non per il suo stile (ma il suo latino è ciceroniano) né per l'elevatezza del suo ingegno né per l'accuratezza del suo insegnamento, ma per la sua energia e la sua completa adesione ai suoi tempi. La sua erudizione fu ampia ma male assimilata; la conoscenza deli autori antichi estesa ma superficiale; non fu brillante nell'immaginazione, non pungente negli [[epigramma|epigrammi]], non sublime in ambito retorico.