Plotino: differenze tra le versioni

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L'aspetto mistico di cui si parla è l'[[estasi]], il contatto-rapimento con l'Uno che è la famosa conclusione delle Enneadi, la fuga da solo a solo fra l'uomo e Dio. Per Plotino l'esperienza è normale, già provata da [[Platone ]]e da molti filosofi nalla storia successiva (Platone diceva: "è filosofo chi vede l'intero, chi no no"). Ogni io conterebbe una componente immateriale e trascendente che secondo gli antichi preesisteva al corpo e si è incarnata in esso staccandosi dall'Uno.
 
All'atto della nascita l'anima perderebbe coscienza di questo contatto e l'intera vita del filosofo è un ritorno alla bellezza originaria. Platone nell'"Anima" affermava che l'uomo non cercherebbe con tanta energia una cosa della cui esistenza non è nemmeno certo; al contrario la forza con cui cerca la bellezza originaria è conseguenza del fatto che l'ha vista e il suo crescere nella conoscenza è un ricordare sempre piùpiù quel momento prima di incarnarsi in cui conosceva tutto, avendo la verità davanti a s&eacute.
 
Plotino commenta la dottrina della reminiscenza platonica, rilevando che l'anima incarnata "ha voglia di appartenersi", ed ha voltato le spalle all'Uno che è ancora ad attenderla; nello stesso tempo e' grave; in lei una parte trascendente, quella che ha visto l'Uno ed era prima del corpo, che spinge a cercarlo e vuole tornarvi.
 
Ci sono nell'uomo due opposte forze che confliggono, senza corrispondere chiaramente a due parti-funzioni della nostra anima distinte e contrapposte. La felicità coincide con la realizzazione della propria essenza che è qualcosa di eterno, ingenerata e imperitura, con sede in quello che per Platone è l'iperuranio o mondo delle idee e per Plotino è, piùpiù in dettaglio, l'Uno che non è solo il mondo e l'identitè delle idee (dove ogni idea è tutte le altre, come per Platone), ma è anche un io e piùpiù ancora il Demiurgo platonico che le pone nell'essere, uscendo fuori di sé.
Perciò l'essenza non è il corpo acquisito dopo il distacco dall'Uno con la nascita, nemmeno nel caso che il corpo in tale evento diventi parte integrante dell'anima senza restarvi semplicemente "incollato", ma la parte immateriale che era e perciò può tornare ad essere parte dell'Uno. La felicità e la realizzazione dell'uomo sono nel ritorno all'Uno anche se questo comporta la fine della nostra individualità di anima singola e di corpo. Plotino polemizzò con Agostino per il quale nel ritorno al Dio cristiano (non uguale del tutto all'Uno plotiniano) anche il corpo diventa tutti gli altri corpi, come una qualunque delle altre idee: per cui l'anima non sarebbe piùpiù diversa e separate dalle altre come in Plotino, ma non perderebbe il proprio corpo e bagaglio di umanità, ma lo condividerebbe con gli altri, in una comunione di idee.
 
Hegel commenta la voglia di appartenersi e incarnarsi dell'anima rilevando che il corpo è contrario dell'anima e che ogni ente pensato da un terzo o che pensa se stesso senza riferimento (senza nominare) il proprio contrario, cade in esso. Così l'anima nel momento in cui pensa se stessa "cade ad essere", finisce con l'essere in un corpo, ed egualmente nel pensiero (identico all'essere) cade a pensare il corpo, suo contrario.