Metilde Viscontini Dembowski: differenze tra le versioni
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[[Alexandre Andryane]], anch'egli implicato nei processi del [[1821]] e imprigionato allo [[Spielberg]], la ricorda nei suoi ''Mémoires d'un prisonnier d'État'', pubblicati nel [[1837]]. Stendhal scrisse di lei che «ella disperava della società, quasi della natura umana, aveva come rinunciato a trovarvi ciò che era necessario al suo cuore». Come donna separata, avvertiva infatti la disapprovazione della società e non era infelice soltanto per questo: nelle sue ultime lettere alla granduchessa Julie si «mostra disperata per l'avvenire dei suoi figli, per l'Italia asservita, sognando l'esilio e il ritorno agli anni» trascorsi in Svizzera, come i meno infelici della sua vita.<ref>M. Crouzet, ''Stendhal'', cit., p. 384.</ref>
La ricordarono anche Teresa Casati - l'amica più intima degli ultimi anni - come «donna angelica» che «riuniva in sé tutte le perfezioni di un'adorabile sensibilità con l'energia che rende capaci delle azioni più sublimi», e la contessa Maria Frecavalli, che la descrisse quale «modello di madre» che «amava anche la gloria del suo paese [...] e la sua anima energica soffrì troppo a lungo per il suo asservimento e per la perdita dei suoi amici».<ref>M. Crouzet, ''Stendhal'', cit., p. 384-385.</ref>
== Bibliografia ==
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