Il ''criterio di falsificabilità'' afferma dunque che una [[teoria]], per essere controllabile, e perciò scientifica, deve essere “falsificabile”: in termini logici, dalle sue premesse di base devono poter essere deducibili le condizioni di almeno un esperimento che la possa dimostrare integralmente falsa alla prova dei fatti, secondo il procedimento logico del ''[[modus tollens]]'' (in base a cui, se da A si deduce B, se B è falso, è falso anche A). Se una teoria non possiede questa proprietà, è impossibile controllare la validità del suo contenuto informativo relativamente alla realtà che essa presume di descrivere.
lL'assunzione del criterio di falsificabilità determina un mutamento di indirizzo nella concezione del metodo scientifico. In primo luogo, il ''falsificazionismo'' (filosofia della scienza basata appunto sul concetto di falsificabilità) implica il ''deduttivismo'': la scienza procede per congetture, da cui si deducono conseguenze, e che possono essere confutate in base a tali conseguenze (di qui il titolo di una delle opere fondamentali di Popper: ''Conjectures and Refutations''). Una volta che l'[[induzione]] per enumerazione è stata fatta fuori dall'esperimento mentale del [[tacchino induttivista]]; una volta che l'[[induzione]] per esclusione (secondo cui, per dirla con lo [[Sherlock Holmes]] di [[Arthur Conan Doyle]] "eliminate tutte le ipotesi false, ciò che resta deve essere per forza la verità") è stata destituita di fondamento in base all'osservazione che le teorie formulabili sono infinite di principio; l'unica cosa che resta è infatti il ''metodo deduttivo dei controlli''. Collegato al deduttivismo è il comando metodologico della ''falsificazione'': si deve cercare di falsificare una teoria, per eliminare al più presto l'errore e correggerlo.