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[[File:Pala Ciccoli Dono Doni Museo Bevagna.JPG|thumb|left|300px| Pala Ciccoli di Dono Doni]]
L’opera realizzata in olio su tela, di dimensioni 210 x 135 cm, proviene dalla chiesa di San Francesco di Bevagna.
 
Attribuita al pittore assisano [[Dono Doni]] e realizzata tra il [[1565]] e il [[1570]], presenta uno stile caratterizzato "da un'asciutta semplificazione delle cifre manieristiche e da una levigata rifinitura delle forme"<ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.26</ref>.
Raffigura la Madonna con il Bambino e una fanciulla di casa Ciccoli. La conoscenza di quest’ultima è possibile grazie alle iscrizioni che si trovano nella parte inferiore della tela.
 
Nella parte superiore, sopra un trono di nuvole, vengono raffigurati la Madonna, il Bambino e una bambina inginocchiata che sta per essere incoronata dal Bambino con una ghirlanda fiorita. Il riconoscimento della fanciulla, appartenente alla famiglia Ciccoli, è reso possibile grazie alle iscrizioni che si trovano nella parte inferiore della tela.
 
Al centro, dentro una ricca cornice a volute, si legge: “Deo opt. max./ ac virgini deiparae / coelicolarum dominae / viatorum patronae / cunctorumqu(e) reginae / gisb. ciccolus d(onavit)” (A Dio ottimo massimo, alla Vergine Madre di Dio, signora degli abitatori del cielo, protettrice di coloro che vanno e regina di tutti Gisberto Ciccoli offrì).
 
Gisberto Ciccoli dunque, zio della bambina raffigurata, è il committente di questa pala. Dalle iscrizioni presenti nei cartigli ai lati, si deduce anche il motivo alla base di questa commissione.
Ai lati, al di sotto di uno scudo che presenta l'arme dei Ciccoli e accanto a quella dei Sermattei di Assisi, si trovano due cartigli con le seguenti iscrizioni.
 
*A sinistra: “Unica neptis erat prudens pulcherrima, sola haec / Mira suae aetatis corpore et ingenio / Sic dulcis sic chara mihi ut mihi sola senectae / Dulce haec solamen presidiumque foret / Nata decem menses binos compleverat annos, / vivebatque decem quatuor atque Dies / Tunc mors sic neptem invidit mihi saeva quae ausit / Proh Dolor, inferre huic febre furente necem (“Unica nipote, era saggia, bellissima, lei sola meravigliosa nel corpo e nell’ingegno per la sua età, così dolce così cara a me, da essere per me lei sola dolce sollievo e rifugio della vecchiaia; nata, aveva compiuto dieci anni e due mesi, e visse ancora quattordici giorni; a quel punto l’ atroce Morte così me la invidiò che osò, oh dolore, causare la sua fine con una febbre furente).
Ai lati, al di sotto di uno scudo che presenta l'arme dei Ciccoli e accanto a quella dei Sermattei di Assisi, si trovano i due cartigli con le seguenti iscrizioni in corsivo.
*A destra: “Non Victrix Mors saeva mei solaminis unquam / Mors in nepte fuit gloria nulla tibi, / Spiritus aeternis, ut cernis, sed, Orbe hoc / utque vides longum sic mea Neptis erit. / Sic ego te in vita consolor imagine neptis, / nepte duce et spero sede perenne frui” (“Oh atroce morte, mai (sarai) vincitrice della mia consolazione, la morte di (mia) nipote non ha dato nessuna gloria a te; il (suo) spirito (è), come vedi, nelle sfere immortali e come vedi (sarà) a lungo in questa terra, così mia nepote sarà (sempre fra noi); così io conforterò te in vita con la sua immagine e spero di usufruire. Grazie al suo aiuto, di una dimora eterna”).
*A sinistra: ''Unica neptis erat prudens pulcherrima, sola haec / Mira suae aetatis corpore et ingenio / Sic dulcis sic chara mihi ut mihi sola senectae / Dulce haec solamen presidiumque foret / Nata decem menses binos compleverat annos, / vivebatque decem quatuor atque Dies / Tunc mors sic neptem invidit mihi saeva quae ausit / Proh Dolor, inferre huic febre furente necem.''
*A sinistraTraduzione: “Unica neptis erat prudens pulcherrima, sola haec / Mira suae aetatis corpore et ingenio / Sic dulcis sic chara mihi ut mihi sola senectae / Dulce haec solamen presidiumque foret / Nata decem menses binos compleverat annos, / vivebatque decem quatuor atque Dies / Tunc mors sic neptem invidit mihi saeva quae ausit / Proh Dolor, inferre huic febre furente necem (“Unica''Unica nipote, era saggia, bellissima, lei sola meravigliosa nel corpo e nell’ingegno per la sua età, così dolce così cara a me, da essere per me lei sola dolce sollievo e rifugio della vecchiaia; nata, aveva compiuto dieci anni e due mesi, e visse ancora quattordici giorni; a quel punto l’ atroce Morte così me la invidiò che osò, oh dolore, causare la sua fine con una febbre furente).''
 
*A destra: ''Non Victrix Mors saeva mei solaminis unquam / Mors in nepte fuit gloria nulla tibi, / Spiritus aeternis, ut cernis, sed, Orbe hoc / utque vides longum sic mea Neptis erit. / Sic ego te in vita consolor imagine neptis, / nepte duce et spero sede perenne frui''.
 
*A destraTraduzione: “Non Victrix Mors saeva mei solaminis unquam / Mors in nepte fuit gloria nulla tibi, / Spiritus aeternis, ut cernis, sed, Orbe hoc / utque vides longum sic mea Neptis erit. / Sic ego te in vita consolor imagine neptis, / nepte duce et spero sede perenne frui” (“Oh''Oh atroce morte, mai (sarai) vincitrice della mia consolazione, la morte di (mia) nipote non ha dato nessuna gloria a te; il (suo) spirito (è), come vedi, nelle sfere immortali e come vedi (sarà) a lungo in questa terra, così mia nepote sarà (sempre fra noi); così io conforterò te in vita con la sua immagine e spero di usufruire. Grazie al suo aiuto, di una dimora eterna”)eterna.''
 
Dall’iscrizioneDalle due iscrizioni si deduce quindi che alla base della commissione ci sia stato unil grande dolore per la morte della nipote e un senso di impotenza da parte del Dottor Gisberto Ciccoli, noto medico e lettore di medicina nello studio di Perugia per non averla potuta salvare.
 
AdIl arrivarecommittente alprobabilmente, nomeentrò dell’autorein contatto con il pittore [[Dono Doni]], possonograzie aver concorso diversi fattori: ilal fatto che la moglie di Gisberto Ciccoli era una Sermattei di [[Assisi]], come si ricava dallo stemma vicino ai Ciccoli; e ilanche grazie al fatto che i Ciccoli erano imparentati con “Domina Finalteria de Meneco de Calamo” moglie del notaio bevanate Bonifacio Lucani, egià committente di Dono Doni.
Dall’iscrizione si deduce che alla base della commissione ci sia stato un grande dolore per la morte della nipote e un senso di impotenza da parte del Dottor Gisberto Ciccoli per non averla potuta salvare.
 
Questa pala, all'interno della chiesa di San Francesco, era visibile sullo sfondo di una porta identificata come la ''ianua coeli'' (porta del Cielo), e era inserita in un contesto dedicato al culto della Vergine come Immacolata Concezione che inneggiava alla purezza e alla castità. E' evidente che la similitudine che questo contesto voleva suggerire era tra la Vergine e la bambina morta precocemente senza peccato, immacolata.
Ad arrivare al nome dell’autore [[Dono Doni]], possono aver concorso diversi fattori: il fatto che la moglie di Gisberto Ciccoli era una Sermattei di [[Assisi]], come si ricava dallo stemma vicino ai Ciccoli; e il fatto che i Ciccoli erano imparentati con “Domina Finalteria de Meneco de Calamo” moglie del notaio bevanate Bonifacio Lucani e committente di Dono Doni.
 
Questa pala quasi certamente si trovava inserita in un contesto dedicato al culto della Vergine e che inneggiava alla purezza, alla castità; con questo contesto si inserisce molto bene la figura di una bambina che muore precocemente senza peccato, ancora immacolata come la Vergine di cui, a livello figurativo, si intessono le lodi.
Nel dipinto, in corrispondenza dell’architrave della cappella, si legge la scritta [[Ianua Coeli]], la porta del cielo.
 
===Modellino Santuario della Madonna delle Grazie===