Augusto: differenze tra le versioni
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Il [[Senato romano|Senato]] gli conferì il titolo di [[Augusto (titolo)|''Augustus'']] il [[16 gennaio]] [[27 a.C.]],<ref>{{cita|Cassio Dione|LIII, 16, 8|Cassio Dione|harv=s}}.</ref> e il suo nome ufficiale fu da quel momento ''Imperator Caesar Divi filius Augustus'' (nelle epigrafi <small> IMPERATOR•CAESAR•DIVI•FILIVS•AVGVSTVS</small>).<ref name="epigrafe2">In [[Lingua italiana|italiano]] ''Imperatore [[Cesare (titolo)|Cesare]], figlio del [[Gaio Giulio Cesare|Divo (Giulio)]], [[Augusto (titolo)|Augusto]]''.</ref> Nel [[23 a.C.]] gli fu riconosciuta la ''[[tribunicia potestas]]'' (che mantenne poi a vita<ref name="SvetonioAugusto27"/>) e l<nowiki>'</nowiki>''[[Imperium#L'imperium proconsulare maius et infinitum di Augusto e la lex de imperio|Imperium proconsulare]]'' a vita,<ref>{{cita|Cassio Dione|LIII, 32, 5-6|Cassio Dione|harv=s}}.</ref> mentre nel [[12 a.C.]] divenne [[Pontefice massimo (storia romana)|Pontefice massimo]]. Restò al potere sino alla morte, e il suo principato fu il più lungo della Roma imperiale (44 anni dal [[30 a.C.]], 41 anni dal [[27 a.C.]], 37 anni dal [[23 a.C.]])<ref>{{cita|Svetonio|''Augustus'', 8|Svetonio|harv=s}} riferisce che Ottaviano rimarrà padrone assoluto di [[Roma antica|Roma]] per 44 anni, dalla morte di [[Marco Antonio]] avvenuta in [[Egitto]] nel 30 a.C.</ref><ref>{{cita|Mazzarino 1973|pp. 73 ss.|Mazzarino 1973|harv=s}}; {{cita|Scarre 1995|p. 17|Scarre 1995|harv=s}} riporta il numero degli anni in cui gli fu conferita la ''tribunicia potestas'' (dal [[23 a.C.]]), data ufficiale in cui ottenne il potere tribunizio a vita dal [[Senato romano|Senato]] ({{cita|Svetonio|''Augustus'', 27|Svetonio|harv=s}}), con ''auctoritas'' superiore a qualsiasi altra magistratura e base costituzionale del potere imperiale.</ref>
{{Quote|Ottenne [[magistrato (storia romana)|magistrature]] ed onori prima del tempo [legale]: alcune furono create appositamente per lui o gli furono attribuite in modo perpetuo.|{{cita|Svetonio|''Augustus'', 26|Svetonio|harv=s}}.}}
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{{Quote|[...] per meglio ricordare la vittoria di Azio, fondò nelle vicinanze la città di [[Nicopolis (Egitto)|Nicopoli]], dove vennero istituiti dei giochi quinquennali; fece ingrandire l'antico tempio di Apollo e consacrò a [[Nettuno (divinità)|Nettuno]] e a [[Marte (divinità)|Marte]] dove aveva posto gli [[castrum|accampamenti]], adornandoli con le spoglie navali.|{{cita|Svetonio|''Augustus'', 18|Svetonio|harv=s}}.}}
Ottaviano era divenuto, di fatto, il padrone assoluto dello stato romano, anche se formalmente [[Roma antica|Roma]] era ancora una [[Repubblica (forma statuale)|repubblica]] e Ottaviano stesso non era ancora stato investito di alcun potere ufficiale, dato che la sua ''potestas'' di triumviro non era stata più rinnovata: nelle ''[[Res Gestae Divi Augusti|Res Gestae]]'' riconosce di aver governato in questi anni in virtù del "''potitus rerum omnium per consensum universorum''" ("consenso generale"), avendo per questo motivo ricevuto una sorta di perpetua ''[[tribunicia potestas]]''<ref name="SvetonioAugusto27"/> (certamente un fatto extra-costituzionale).<ref>{{cita|Mazzarino 1973|p. 68 e s.|Mazzarino 1973|harv=s}}; {{cita|Syme 1962|pp. 313-458|Syme 1962|harv=s}}</ref>
Finché questo consenso continuò a comprendere l'appoggio leale degli eserciti, Ottaviano poté governare al sicuro, e la sua vittoria costituì, di fatto, la vittoria dell'Italia sul vicino Oriente; la garanzia che mai l'impero romano avrebbe potuto trovare altrove il suo equilibrio e il suo centro al di fuori di [[Roma antica|Roma]].
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Sotto il controllo del senato restarono le truppe di stanza nelle province senatoriali, le quali furono rette da un [[proconsole]] o [[Propretore (storia romana)|propretore]]. Il senato stesso avrebbe potuto in qualunque momento emanare un ''senatus consultum'' limitando o revocando i poteri conferiti.
Nel [[23 a.C.]] fu conferita ad Augusto, la ''[[tribunicia potestas]]'' a vita<ref name="SvetonioAugusto27"/> (che secondo alcuni gli era stata attribuita già dal [[28 a.C.]]), la quale divenne la vera base costituzionale del potere imperiale: comportava infatti l'inviolabilità della persona e il diritto di intervenire in tutti i rami della pubblica amministrazione, e questo senza i vincoli repubblicani della collegialità della carica e della sua durata annuale. Particolarmente significativo fu il diritto di veto, che garantì ad Augusto la facoltà di bloccare qualunque iniziativa legislativa che considerasse pericolosa per la propria autorità. Nello stesso anno l'''imperium'' di cui già godeva divenne '' imperium proconsolare maius et infinitum'', in modo da comprendere anche le province senatorie: tutte le forze armate dello stato romano dipendevano ora da lui.<ref>{{cita|Cassio Dione|LIII, 32, 5-6|Cassio Dione|harv=s}}; {{cita|Syme 1993|p. 107 e s.|Syme 1993|harv=s}}</ref>
E ancora gli furono conferite nuove onorificenze negli anni a venire. Nel [[12 a.C.]], quando il [[Pontefice Massimo (storia romana)|Pontefice massimo]] Lepido morì, Ottaviano ne prese il titolo divenendo il capo religioso di Roma.<ref>{{cita|Mazzarino 1973|p. 78|Mazzarino 1973|harv=s}}; {{cita|Scullard 1983|vol. II, p. 264|Scullard 1983|harv=s}}; {{cita|CAH|p. 30|CAH|harv=s}}.</ref> Nell'[[8 a.C.]] fu emanata la ''[[Lex Iulia maiestatis]]'', con cui per la prima volta venne punita l'offesa alla "maestà" dell'imperatore, in seguito foriera di conseguenze negative per tutto il periodo successivo. E per finire, nel [[2 a.C.]], anno dell'inaugurazione del tempio di [[Foro di Augusto#Tempio di Marte Ultore|Marte Ultore]] e del [[Foro di Augusto]], gli fu conferito il titolo onorifico di "Padre della patria" (''Pater Patriae'').
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[[File:Augustus & Agrippa.jpg|thumb|250px|Denario raffigurante Augusto insieme a [[Marco Vipsanio Agrippa|Agrippa]].]]
Agrippa apparì, così, suo successore designato in caso di morte prematura, facendo ormai parte della famiglia Giulia. Nel [[18 a.C.]], infatti, ad Agrippa fu conferito l'''[[imperium proconsulare maius]]'' (come quello di Augusto) per cinque anni, e la ''tribunicia potestas'',<ref name="SvetonioAugusto27"/> per quanto egli non avesse gli stessi poteri di Augusto, né la sua ''auctoritas''.
Nel [[20 a.C.]] Giulia diede al marito un primo figlio, [[Gaio Cesare|Gaio]],<ref>{{cita|Cassio Dione|LIV, 8, 5|Cassio Dione|harv=s}}.</ref> e un secondo nel [[17 a.C.]], [[Lucio Cesare|Lucio]], entrambi adottati da Augusto.<ref>{{cita|Svetonio|''Augustus'', 63, 1|Svetonio|harv=s}}; {{cita|Cassio Dione|LIV, 18, 1|Cassio Dione|harv=s}}; {{cita|Syme 1993|pp. 129-130|Syme 1993|harv=s}}.</ref>
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Questo matrimonio si rivelò infelice e costituì la causa non ultima del volontario esilio di Tiberio a [[Rodi]] (dal 6 a.C. al 2 d.C.), tanto più che Augusto vedeva nei due figli adottivi i futuri eredi. Ma la sorte fu favorevole a Tiberio. Giulia, la cui condotta formava argomento di pubblico scandalo, fu allontanata dal padre da Roma (2 a.C.)<ref>{{cita|Svetonio|''Augustus'', 65|Svetonio|harv=s}}; {{cita|Cassio Dione|LV, 10, 12-16|Cassio Dione|harv=s}}.</ref>, e pochi anni dopo i due Cesari morivano: Lucio nel 2 d.C. a [[Massalia|Marsiglia]], mentre si apprestava a raggiungere la Spagna, e Gaio nel 4, per i postumi di una ferita mai guarita, mentre si apprestava a tornare a Roma dall'Oriente.<ref>{{cita|Svetonio|''Augustus'', 65, 1; ''Tiberius'', 15, 2|Svetonio|harv=s}}; {{cita|Cassio Dione|LV, 10a, 6-10|Cassio Dione|harv=s}}; {{cita|Velleio Patercolo|II, 102, 3-4|Velleio Patercolo|harv=s}}; {{cita|Syme 1993|pp. 145-146|Syme 1993|harv=s}}. Tiberio tornò dall'esilio poco prima della morte di Lucio, nel 2; vedi {{cita|Svetonio|''Tiberius'', 14, 1; 15, 1; 70,2|Svetonio|harv=s}}; {{cita|Cassio Dione|LV, 10a,10|Cassio Dione|harv=s}}; {{cita|Velleio Patercolo|II, 103,1-3|Velleio Patercolo|harv=s}}. </ref> Ad Augusto non restava che Tiberio.
Il 26 giugno del 4 Augusto annunciò la sua decisione: adottava [[Marco Vipsanio Agrippa Postumo]], l'ultimo figlio ancora in vita di Agrippa e Giulia, e Tiberio (a quest'ultimo conferì in seguito la ''[[tribunicia potestas]]''<ref name="SvetonioAugusto27"/>). Benché quest'ultimo avesse già un figlio, [[Druso minore]], Augusto lo costrinse ad adottare il nipote prediletto, [[Germanico Giulio Cesare]] (figlio del fratello di Tiberio, [[Druso maggiore]], morto in Germania nel 9 a.C., e di [[Antonia minore]], figlia di [[Ottavia minore]] e [[Marco Antonio]]).<ref>{{cita|Svetonio|''Augustus'', 65, 1; ''Tiberius'', 15, 2|Svetonio|harv=s}}; {{cita|Velleio Patercolo|II, 102,3-103,2|Velleio Patercolo|harv=s}}; {{cita|Syme 1993|p. 146|Syme 1993|harv=s}}.</ref> Germanico era di un solo anno più vecchio rispetto al figlio di Tiberio, perciò aveva precedenza nella successione.<ref>{{cita|Syme 1993|p. 146|Syme 1993|harv=s}}.</ref>
Tiberio diventò così il nuovo imperatore di Roma alla morte di Augusto nel [[14]], dando origine alla [[dinastia giulio-claudia]].
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|[[Tribunicia potestas]]
|37 anni consecutivi:<ref name="Res Gestae4"/><ref name="SvetonioAugusto27"/>
|dal giugno del [[23 a.C.]]<ref>{{AE|2001|1012}}; {{CIL|11|367}}; CIL II, 4712 (p XLVIII, 992); CIL III, 10768 (p 2328,26).</ref> al [[19 agosto]] del [[14|14 d.C.]]
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