Processo alla città: differenze tra le versioni
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|titoloalfabetico= Processo alla città
|annouscita= [[1952]]
|durata=
|tipocolore= B/N
|tipoaudio= sonoro
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L’indagine arriva ad una svolta inaspettata quando casualmente Spicacci e Perrone arrestano un piccolo malvivente, Luigi Esposito, e si accorgono che egli si trovava nella località in cui è avvenuto il delitto. Le rivelazioni di costui, che spera in tal modo di poter ottenere il visto per [[Emigrazione italiana|emigrare]] in America con la moglie Nunziatina , portano al progressivo coinvolgimento di sempre più persone, sino alla scoperta di una casa di appuntamenti di lusso, che risulta essere stata, di fatto, di proprietà degli apparentemente irreprensibili coniugi Ruotolo.
[[File:Zampa luigi 1.jpg|thumb|left|180px|Il regista Luigi Zampa sul set.]]In questo [[Casa di tolleranza|bordello]] lavora Liliana Ferrari, una prostituta amica di un [[Camorra|camorrista]], che ammette di aver partecipato ad un pranzo
Quando l’indagine arriva a coinvolgere persone sempre più in vista della città, il giudice Spicacci si trova a fronteggiare le crescenti proteste della “Napoli bene”, che provocano contro di lui una campagna stampa e dure accuse a livello [[Interrogazione parlamentare|parlamentare]]. Le cose per lui si aggravano quando fa arrestare il cognato, un medico che procurava [[Aborto|aborti clandestini]]. A quel punto la moglie, stanca del clima di ostilità che si è formato attorno alla famiglia, fa allontanare le figlie e pensa di lasciarlo. Nel frattempo la camorra fa uccidere un contabile che conosceva tutti i segreti finanziari dell’organizzazione ed aveva minacciato di rivelarli.
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==Altre notizie==
===Genesi del film===
Il [[Soggetto (cinema)|soggetto]] del film fu elaborato su iniziativa di Francesco Rosi. Egli stesso racconta<ref>La sua testimonianza è stata ripresa, da ultimo, in “Ridere civilmente” – vedasi bibliografia – pagg.245 e segg.</ref>: «Trovai su una bancarella due libri, introvabili, sul [[
Zampa, in una dichiarazione rilasciata in occasione del [[Festival del film Locarno|Festival di Locarno]] del 1952<ref>Dichiarazione ripresa in un articolo del critico [[Guido Aristarco]] ed apparsa sul numero 90 della rivista ''"Cinema"'' – vedasi bibliografia</ref>, descrive l’opera come «la storia di una istruttoria giudiziaria, che presenta la visione di un ampio retroscena umano e sociale. Per quanto l’azione sia fissata in una determinata epoca – i primi anni del ‘900 – lo sviluppo della vicenda coglie situazioni e condizioni tutt’altro che sorpassate».
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«Film teso,– secondo il “Catalogo Bolaffi” – vigoroso, civile e coraggioso, impegnato, realizzato anche sul piano dello spettacolo con forza drammatica e ''suspence'' . Preannuncia i film civili di Francesco Rosi ( ''"[[La sfida]]"'', ''"[[Le mani sulla città]]"''), che infatti è tra gli sceneggiatori di questo film». Giudizio condiviso anche da Fernaldo Di Giammatteo<ref>Tratto dal suo libro “Lo sguardo inquieto” – vedasi bibliografia – pag.120.</ref>: «Per lui [Zampa – n.d.r.] fuori dalla norma e piuttosto inaspettato arriva “Processo alla città” (…) penetrante e sobrio come mai sarà – questi sono i suoi anni migliori – Zampa conduce in porto una impresa ammirevole per onestà intellettuale e rispetto della verità storica».
«Film serio, civile - anche per Pruzzo e Lancia<ref>Autori del libro dedicato all’attore e principale interprete del film, Amedeo Nazzari – vedasi bibliografia – pagina 130
Anche Giampiero Brunetta<ref>Nella sua "Storia del Cinema italiano" - vedasi bibliografia - pag. 416.</ref> ha parole di elogio per questa opera di Zampa: «Film di forte struttura drammatica, “Processo alla città” fa sentire tutta la carica di indignazione civile che pervade il regista in quegli anni e trova il modo per rendere, grazie ad una meticolosa ricostruzione del passato, una limpida visione in trasparenza del presente». Ed è - secondo il Morandini «uno dei rari drammi giudiziari riusciti del cinema italiano, ma anche una delle opere in cui le istanze civili e morali del [[Neorealismo (cinema)|neorealismo]] si innestano nel robusto tronco del melodramma, attento alla lezione del cinema popolare di azione»
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==La realtà storica==
La vicenda del [[processo Cuocolo]], a cui il film di Zampa si ispirò, si svolse in realtà in maniera alquanto diversa<ref>Lo stesso Zampa, nella dichiarazione apparsa sul numero 90 di ''"Cinema"'' – citato in bibliografia - precisò che «sbaglierebbe chi credesse di trovare in questo film la rievocazione del processo Cuocolo. Quel famoso processo ha fornito lo spunto al soggettista ed agli sceneggiatori per declinare una situazione».</ref>. Tutto era iniziato nel 1906 con l’omicidio di Gennaro Cuocolo e di sua moglie; le indagini che seguirono, condotte, a giudizio di molti in modo irregolare<ref>Secondo Di Fiore – vedasi bibliografia pag 105 - «nel consenso generale, anche non rispettando alcuna garanzia prevista dai codici, dovunque si chiedeva di mettere in carcere i camorristi [e] furono ignorate le continue denunce degli imputati su violazioni ed abusi compiuti nei confronti di testimoni o di prove»</ref>, portarono
Gli imputati furono tutti condannati, ma molti giuristi<ref>In particolare tra questi spiccò l’avvocato calabrese Rocco Salomone che, ancora nel 1938, tentò invano di avviare una revisione del processo, come descritto nel volume “Napoli monarchica, milionaria e repubblicana” – vedasi bibliografia – pag.76 e segg.</ref> continuarono ad avanzare dubbi sulla regolarità dell’iter processuale. Nonostante la lunga indagine e voci ricorrenti, non emersero mai concrete prove di collusione tra camorra e mondo politico - istituzionale.
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