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Personaggio di spicco dell'ambiente culturale zaratino, Sabalich condusse una vita punteggiata di aneddoti singolari: si racconta che temesse di passare sotto il campanile del [[Cattedrale di Sant'Anastasia (Zara)|Duomo]], per timore che questo crollasse; sul suo conto correva anche la storiella secondo la quale si facesse accompagnare sempre da un amico nelle sue frequentazioni dei caffè cittadini per fargli bere anche un sorso della bevanda da lui ordinata, temendo di ammalarsi ma non volendo dare l'impressione di non consumare l'ordinazione; allo stesso modo, non osava premere i bottoni dei campanelli elettrici per paura di fulminarsi e dormiva con porte e finestre spalancate in ogni stagione, per riuscire a scappare celermente in caso d'incendio. Grandi e piccole manie che sottintendevano qualche problema di natura fisica o psicologica, tanto che - ammalatosi di [[agorafobia]] e [[talassofobia]] - dovette rinunciare ai suoi frequenti viaggi a Venezia.
 
Sabalich - come gran parte degli italiani zaratini - fu sensibile al tema della salvaguardia della lingua e della cultura italiana nell'Adriatico orientale,. partecipandoFu alleuno attivitàdei fondatori del gruppo zaratino dell'associazione «Pro Patria», sciolta nel 1890 ma sostituita in breve tempo dalla «[[Lega Nazionale]]».
 
Visse in modo ritirato gli ultimi anni della sua vita, morendo nella sua città natale - occupata dalle truppe italiane alla fine della [[prima guerra mondiale]] e formalmente annessa al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] nel 1921, a seguito del [[Trattato di Rapallo (1920)|Trattato di Rapallo]] - a settantadue anni.