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Nella notte tuttavia il cavalier Pelliccione si recò in Vaticano e, dopo molte insistenze, riuscì a farsi introdurre presso il pontefice, cui denunciò la congiura. Il mattino dopo i birri papali irruppero a palazzo Manfredi, arrestando i due Accolti (sebbene Benedetto avesse cercato disperatamente di occultare le prove gettando il suo stiletto e delle carte da una finestra), il conte Taddeo con sua moglie, Giovanni da Norcia, Prospero Pittori e un altro servo di casa. Il Canossa, accortosi in tempo dell'arrivo delle guardie, riuscì a fuggire dal tetto, ma venne tratto in arresto quattro giorni dopo in casa di una prostituta presso [[piazza del Popolo (Roma)|Piazza del Popolo]].
 
== Le indagini e ilIl processo ==
===I primi interrogatori===
Gli arrestati furono tradotti al carcere di Tor di Nona e immediatamente posti sotto [[processo]]. I primi interrogatori furono condotti dal procuratore fiscale Giovambattista Bizzoni, cui poi subentrò il governatore [[Alessandro Pallantieri]]. Per primo fu ascoltato il cavalier Pelliccione. Costui, [[Pavia|pavese]] d'origine, si era trasferito a Roma dopo essere stato bandito dalla [[Repubblica di Venezia]] per aver coniato [[denaro falso]]; nella capitale pontificia dichiarava di essere discendente della famiglia [[Lusignano]] e si era stabilito nella zona di [[ponte Sisto]], frequentando abitualmente [[astrologi]] ed [[esorcista|esorcisti]]. Nella capitale pontificia aveva conosciuto il conte Taddeo Manfredi, che gli aveva parlato delle sue mire sulla valle del [[Lamone]], antico feudo della sua famiglia, ove vagheggiava di provocare una [[sommossa]] e, una volta postosi a capo dell'esercito dei rivoltosi, prendere il mare e attaccare [[Venezia]]. Contestualmente, nel 1560, il Pelliccione aveva conosciuto Benedetto Accolti, da lui definito ''figlio bastardo del cardinale d'Ancona''; nella deposizione affermò di essersi lasciato attirare dai discorsi di quest'ultimo, evocanti la necessità di una ''liberatione de Italia'' e ''revolutione della Chiesa'' passante attraverso l'uccisione di Pio IV, che a detta di Benedetto ''non era il vero papa'' e avrebbe pertanto dovuto essere eliminato per far spazio a un ''papa vero e santo''.
 
Taddeo Manfredi confermò quanto detto dal Pelliccione: Benedetto Accolti li aveva convinti che vi fosse un altro papa, descritto come un vecchio dalla lunga barba ormai in procinto di giungere con gran pompa a Roma, e che pertanto fosse necessario "fargli spazio" uccidendo Pio IV.
 
Da tali deposizioni emerse con evidenza la figura di Benedetto Accolti, sedicente depositario di una verità superiore e incaricato di realizzarla, quale ideatore e anima del progetto criminale. Effettivamente il rampollo del cardinale Pietro era un personaggio singolare: fisicamente brutto e sgraziato, era un abilissimo oratore, erudito delle [[Sacre Scritture]] e della [[cultura classica. Ai giudici che lo interrogavano disse di non avere intenzione di uccidere Pio IV, ma di volerlo convincere ad abdicare nel nome dell'ormai prossima venuta del già citato "papa santo", che a suo dire avrebbe vinto i [[turchi]] e gli [[eretici]] instaurando una Chiesa pura e santa: disse tuttavia che se il pontefice non gli avesse dato ascolto, l'avrebbe ucciso in quanto usurpatore e nemico di Cristo. Nell'affermare ciò, Benedetto si richiamava alla distinzione tra il papa in quanto uomo (dotato di un corpo mortale) e la sua funzione di vicario di Cristo: un papa illegittimo non sarebbe stato vicario di Cristo, e ucciderlo non avrebbe comportato un sacrilegio.
 
== Note ==