Marina da guerra nell'antica Grecia: differenze tra le versioni

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La '''marina da guerra nell'antica Grecia''', che non può essere generalizzata a tutte le [[polis|poleis]], ma solo ad alcune di esse, rimase direttamente soggetta all'espansione territoriale, che era sia il fine che la condizione necessaria.
 
Alcuni stati nell'[[antichità classica]] seppero dotarsi di una potente flotta: [[antica Atene|Atene]] nel [[Grecia classica |periodo classico]], l'[[antico Egitto |Egitto]], [[Cartagine]], [[Rodi]] nell'era [[ellenismo|ellenistica]] e [[Roma (città antica)|Roma]] durante le [[guerre puniche]] e nella [[Repubblica romana |tarda Repubblica]].
 
Dal punto di vista dei suoi strumenti, la guerra in mare aveva proprie necessità, completamente diverse dal combattimento di terra. Quindi, ci sono alcune contraddizioni tra originalità tecnica delle attività marittime e la loro subordinazione alle attività terrestri; contraddizioni che sono evidenti in sezioni delle navi da guerra delle flotte militari e nelle tattiche navali.
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== Navi da guerra ==
[[File:Model of a greek trireme.jpg|thumb|350px|Modello di trireme.]]
Le [[unità militari navali#Propulsione a remi|navi da guerra]] mantennero, per tutta l'[[storia antica|Antichità]], alcune caratteristiche tecniche che delineavano sempre un modo abbastanza preciso di utilizzo [[strategia militare | strategico]] e [[tattica |tattico]].
 
In primo luogo, esse differivano dalle [[nave mercantile|navi mercantili]] per la loro forma allungata, che sempre valse loro il soprannome di barche "lunghe". Veloci, e di solito dotate di grande manovrabilità, erano comunque molto piccole, cosa che spesso le rese preda di [[tempesta|tempeste]], anche se c'era l'abitudine di non farne uso durante la brutta stagione. In breve, erano navi armoniose ma fragili.
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Una prima conseguenza era che gli spazi limitati, a causa dei rematori, non consentivano lo stoccaggio di grandi quantità di cibo e acqua, da qui la necessità di frequenti soste per i rifornimenti. Capitò anche che queste macchine da guerra valevano tanto quanto gli uomini che le comandavano e, per così dire, venivano personalizzate. Il consumo di energia e, soprattutto, l'abilità dei rematori, era frutto di una lunga esperienza, a da loro dipendeva in gran parte il risultato di una battaglia.
 
Infine, per consentire loro di svolgere le proprie funzioni militari, le navi da guerra dovevano avere accessori essenziali; da un lato un [[rostro (arma) |rostro]] per allontanare le navi nemiche e, d'altra parte, le piattaforme di combattimento per alloggiare i soldati. Tuttavia, questi due accessori noti nelle variabili di sviluppo dall'antichità, prevalsero le tattiche dell'[[abbordaggio]] e dello [[speronamento]].
 
== Origini della marina da guerra ==
[[File:Boat Cdm Paris 322 n1.jpg|thumb|350px|Nave da guerra dipinta in un vaso di [[ceramica a figure nere]].]]
 
Le prime navi da guerra, riconoscibili dai loro remi e dalla loro forma allungata, apparvero in un piatto di [[ceramica greca|terracotta]] del [[III millennio a.C. | III millennio a.C.]], scoperto a [[Siro (Grecia)|Siro]], un'isola del [[mar Egeo]], nonché in un dipinto di una nave del [[XVII secolo a.C.]] trovato a [[Volo (Grecia)|Volos]] in [[antica Tessaglia|Tessaglia]].
 
Nuovi dettagli possono essere visti nelle rappresentazioni, più o meno schematiche, della [[civiltà micenea]]: vele, [[albero (vela)|alberi]] e [[coperta (nave)|piattaforme]] di [[prua]] e di [[poppa]].
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All'inizio del [[I millennio a.C.]] si hanno descrizioni di [[Omero]], spesso convenzionali e stereotipate, ma a volte anche ricche di termini marinari e di suggestive descrizioni, come quando si parla di "navi nere" o "navi vuote", "ben collegate", "ben fatte" con la prora blu o rossa, così leggere che ogni notte si potevano trarre fuori dall'acqua e tirarle in secca sulla riva e così basse che era facile saltare sulla terraferma.
 
Tuttavia, c'è un dettaglio che [[Omero]] non menziona, anche se già in uso al suo tempo: Il rostro di prora che è chiaramente testimoniato dall'inizio dell'[[VIII secolo a.C.]] in recipienti di [[ceramica geometrica]].
La più comune di queste navi era quella spinta da 20 o 30 rematori (''triacóntera'') o 50 rematori (''pentecontera''), suddivisi tra fiancata destra e sinistra. A volte, alla fine del'VIII secolo a.C., queste navi avevano i vogatori disposti su due livelli, nacquero così le [[bireme|biremi]] (''dikrotoi'').
 
Il merito di questa invenzione è da attribuire ai [[Fenici]], che in quel periodo apparvero in tutto il [[mar Mediterraneo]], o agli stessi greci; forse al [[Corinto | corinzio]] Aminocle che, secondo [[Tucidide]]<ref>Tucidide, I, 13</ref> si sarebbe distinto a [[Samo (isola)|Samo]], nel [[704 a.C.]], nel creare la ''samaina'' <ref>Nulla di più si sa di questo personaggio che ha spinto la cantieristica. - confrontare [[Dionigi di Alicarnasso]], ''Tucidide'', 19; [[Plinio il Vecchio]], ''Naturalis Historia'', VII, 207.</ref>
 
== Il regno delle trireme ==
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Dalle [[bireme]], che avevano un centinaio di rematori, si passò alle [[trireme]] (o triere, secondo il termine [[lingua latina|romano]] ''triremis''), il cui nome appare per la prima verso alla metà di [[VI secolo a.C.]] nei poemi di [[Ipponatte]].
 
Secondo [[Erodoto]] <ref>Erodoto, II, 158</ref>, questo tipo di nave venne utilizzato alla fine del [[VII secolo a.C.]], al tempo del [[faraone]] [[Necao]], che fece scavare un canale tra il [[Nilo]] e il [[Mar Rosso]] "largo abbastanza per far transitare due triremi che vogavano in senso opposto" prima di costruirne alcuni esemplari, destinati al mare settentrionale (Mediterraneo), e al [[golfo Persico]] destinati al mare di [[Eritrea]].
 
È molto improbabile che gli egiziani siano stati gli inventori; sarebbero stati piuttosto i Corinzi, che avevano buone ragioni per migliorare il loro armamento marittimo, nella prima metà del VII secolo a.C., a causa della loro guerra contro [[Corfù |Corcira]].
 
Altri storici sono a favore di una datazione diversa; tra i più antichi (fine dell'VIII secolo a.C.), come quelli che seguono [[Tucidide]], fu Aminocle ad inventare le trireme; altri più moderni (fine del VI secolo a.C.) sostengono che, dal [[535 a.C.]], [[Policrate|Policrate di Samo]] dovette il suo potere ad una flotta composta da ''pentecóntera''.
 
In ogni caso, le triremi erano diffuse nel mar Mediterraneo orientale dalla fine del VI secolo a.C. Policrate di Samo inviò 40 trireme in aiuto del [[dinastia achemenide |re persiano]] [[Cambise II di Persia|Cambise II]] nel [[525 a.C.]].
 
Nel [[494 a.C.]], durante la [[rivolta ionica]] contro l'[[impero achemenide]], [[Chio (isola)|Chio]] ne poté allineare 100, [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]] 80, [[Lesbo]] 70 e Samo 60.
 
La flotta inviata da [[Dario I di Persia|Dario I]] nel [[490 a.C.]] era costituita da 600 trireme, mentre [[Gelone]] di [[Siracusa]], dieci anni dopo, ne offrì 200 ai greci in cambio del comando supremo in mare. Senza contare che gli Ateniesi, grazie agli sforzi di [[Temistocle]], poterono contare su più di 200 triremi durante la [[guerre persiane |seconda guerra persiana]].
 
Gli esperti si ingegnarono a risolvere il difficile problema dello smistamento dei [[remo (attrezzo)|remi]] a bordo delle triremi, con alcune rappresentazioni che sono difficili da interpretare e testi rari, non meno enigmatici nei loro dettagli. Si può comunque affermare che i boccaporti dei remi, non erano collocati alla stessa altezza e che l'equipaggio di una trireme aveva sempre tre categorie di vogatori: ''tranitas'', ''zigitas'' e ''talamitas'', per un totale di circa 170 uomini.
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== La tentazione del gigantismo ==
[[File:Oktadrachmon Ptolemaios II Arsinoe II.jpg|thumb|250px|Tolomeo II con Arsione.]]
Ad iniziare dal [[IV secolo a.C.]], si riscontrarono i primi segni precursori della corsa al gigantismo navale. Nel [[339 a.C.]] a [[Siracusa]], gli ingegneri di [[Dionisio I di Siracusa|Dionisio I]], che avevano al loro attivo lo sviluppo della [[catapulta]], avevano inventato le [[quinquereme]] (con cinque file di vogatori) e costruito le [[quadrireme]] (con quattro file di rematori).
 
È molto probabile che si trattasse soltanto di prototipi, più o meno di successo, e l'invenzione dei modelli definitivi a quattro e cinque file di vogatori fosse dovuto più ai Fenici o ai [[Storia di Cipro |Ciprioti]] poco prima di essere soggiogati da [[Alessandro Magno]].
 
Quel che è certo, è che all'inizio della sua spedizione, la maggior parte della flotta orientale consisteva di [[quinquereme]], mentre la flotta ateniese ([[325 a.C.]]) aveva ancora 360 trireme, sole 50 [[quadrireme]] e 7 quinquereme.
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[[Tolomeo II|Tolomeo II Filadelfo]] ([[282 a.C.]]-[[246 a.C.]]) incaricò [[Pirgotele]] di costruirgli, a [[Cipro]], navi a 20 e 30 file di rematori, prima che [[Tolomeo IV]] Filopatore ([[221 a.C.|221]]-[[203 a.C.]]) si vantasse di avere una nave con 40 file di rematori, della quale Caligeno diede una relazione particolareggiata:
 
{{quote|Filopatore fece realizzare una nave a 40 file di rematori che aveva una lunghezza di 280 [[cubito|cubiti]]<ref>Si riferisce al cubito romano pari a 44,4 centimetri.</ref> (124,32 m) e 38 cubiti (16.87 m) da un bordo all'altro, con un'altezza di 48 cubiti (21.31 m) al castello di prua. Dal rostro alla linea di galleggiamento c'erano 53 cubiti (32.53 m). Aveva quattro pale da timone di 30 cubiti (13,32 m) che a causa del contenuto in [[piombo]] nelle loro maniglie e del peso della parte interna, erano abbastanza ben bilanciate per essere più facili da governare. Aveva due prue e due poppe e sette rostri; il primo era il più importante e gli altri erano di dimensioni decrescenti, e proteggevano le vedette di prua. Era rivestita con dodici cavi a nastro,<ref>Rinforzo della struttura sotto la linea di galleggiamento</ref> ciascuno con una lunghezza di 600 cubiti (266,40 m). Era molto ben proporzionata e ornata in maniera ammirevole. Aveva [[Polena |polene]] a poppa alte non meno di 12 cubiti (5,32 m), e non c'era angolo della nave che non fosse adornato con dipinti ad [[encausto]]. Dai remi allo [[scafo]] era circondata da foglie di edera e disegni di [[Tirso (bastone) |tirso]]. Così grande era la ricchezza della sua attrezzatura, che non c'era angolo della nave che non ne fosse dotata. Durante un crociera, impiegò 4 000 vogatori e 400 uomini addetti alle manovre; sul ponte manovravano 2 850 fanti di marina e sotto bordo, addetti alle cucine e ad altri servizi. ([[Ateneo di Naucrati]], ''Deipnosofistas'', V, 203 e ss.)}}
 
In questo caso, si trattava di una nave di prestigio, un vero giocattolo reale. Ma non possiamo dire lo stesso delle navi precedenti. Ad esempio, ecco la composizione della flotta di Tolomeo II Filadelfo, che consisteva di 366 unità: due navi da 30 file di rematori (uno dei quali era di punta), una da 20, quattro da 13, 2 da 12, 14 da 11, 30 da 9, 5 da 6, 17 da 5 e 224 di più piccole dimensioni.
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Nel suo complesso, la flotta militare antica, aveva un certo numero di navi specializzate, la cui costruzione e manutenzione erano dettate dalle particolari funzioni loro affidate.
 
Alcune erano destinate al trasporto di truppe o delle loro cavalcature. Altre servivano come corrieri, come ad esempio la ''[[Paralo]]'' ad [[antica Atene |Atene]]. Altre erano modellate sulle navi pirata destinate a combattere e distruggere queste ultime.
In quest'ultima categoria, assieme all'antica ''triacontera'', vi era tutta una serie di imbarcazioni leggere e veloci, la cui denominazione cambiava a seconda delle regioni: ''keles'' o ''keletion'', ''epatrokeles'' o ''epaktris'', '' [[Lembus | lembos]]'' in [[Illiria]], ''[[liburnica]]'' in [[Dalmazia |Dalmazia]], etc.<ref>S. Panciera, «Liburna», ''Epigraphica'', 18 (1956), p.130-156</ref>
 
Meglio conosciuta e più diffusa delle precedenti era la ''hemiolis'', una [[bireme]] in cui una parte dei vogatori (la metà posteriore della fila superiore) lasciava il suo posto ai remi durante l'abbordaggio per partecipare al combattimento e fare spazio alla vela. Per combattere la ''hemiolotai'' dei pirati, era stata inventata, nel IV a.C., la ''triemiolia'', applicando lo stesso principio della trireme. Tale imbarcazione compare spesso nel periodo ellenistico nelle flotte di [[Rodi |Rodi]], [[antico Egitto |Egitto]] e Atene.<ref>L. Robert, ''Trihémiolies athénienne''s, Rph, 70 (1944), p.11-17 (=Op.Min.Sei., III (1969), p. 1377-1383)</ref>
 
== Arsenali ==
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Armare una flotta richiedeva l'intervento, diretto o indiretto, dello Stato, dato che era l'unico in grado di sopportarne l'onere iniziale e fornire un servizio regolare.
 
In epoca classica, la costruzione di navi da guerra era assunta dallo Stato. Questo sistema datava dall'epoca di [[Temistocle]], che era riuscito, poco prima della [[guerre persiane|seconda guerra persiana]], a convincere i suoi compatrioti a donare 200 [[talento attico |talenti]], proporzionati alla scoperta di una nuova vena d'argento nelle [[miniere del Laurio]], invece di dividerseli.<ref>J. Labarbe, La loi navale de Thémistocle (1957)</ref> Questi redditi collettivi venivano distribuiti, in questo caso, tra i cittadini ricchi con l'obbligo che dovevano fornire delle navi. In seguito divenne la [[Boulé]], che era obbligata, pena il rifiuto agli onori tradizionali alla fine del mandato, a garantire la costruzione, ogni anno, di un numero di triremi, generalmente una dozzina..
 
Invece, tutto ciò che riguardava la manutenzione e le attrezzature, sia in uomini che in materiale, delle navi la cui costruzione era assunta dallo Stato, veniva fatto ricadere sui cittadini più ricchi (appartenenti alla classe dei ''pentakosiomedimnos'' ), che erano sottoposti a un servizio speciale che portava il nome di [[trierarchia]].
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Il funzionamento della trierarchia, che si basava sulla discriminazione fiscale, sollevò molti problemi, che divennero ben presto un procedimento avviato da coloro i quali si erano lamentati di un onere eccessivo da sopportare rispetto a coloro che cercavano in tutti i modi di sottrarsi al loro dovere o malversavano le attività della [[città-Stato greche|città stato]].
 
Nel [[340 a.C.]] [[Demostene]] propose una riforma definitiva per porre fine agli abusi. Ma dovette ammettere, quattro anni più tardi, che le manovre dei suoi avversari l'avevano sfigurata. Ciò non impedì l'efficacia di tale servizio ateniese che era stata sufficientemente attestata da due secoli di egemonia marittima e di tutte le imitazioni nel resto del mondo greco (fino al [[dinastia tolemaica | Regno tolemaico]]).
 
== Composizione degli equipaggi ==
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== Reclutamento degli equipaggi ==
 
Come rematori, nell'epoca classica, gli ateniesi <ref>M. Amit, The sailors of the Athenian fleet, Athenaeum, 40 (1962), p. 157-158.</ref> imbarcavano preferibilmente i loro cittadini che appartenevano all'ultima classe del censo, quella del [[teti (sociologia) |teti]], e solo in caso di pericolo, come alla vigilia della [[battaglia di Salamina]], chiamavano anche gli [[zeugiti]] e i cavalieri. Tuttavia, essi si rivolgevano anche ai loro alleati, soprattutto ai tempi della [[lega delio-attica]] e anche ai mercenari.
 
I vogatori ateniesi ricevevano un salario più o meno uguale a quello percepito da un [[oplita]], ovvero una dracma al giorno agli inizi della guerra del Peloponneso.
 
In epoca ellenistica, venivano reclutati, attraverso il pagamento di denaro, tra i soggetti o tra le persone con esperienza di [[mar Egeo]], [[Anatolia | Asia Minore]], [[Cipro]] e [[Fenici|Fenicia]]. Rare erano le [[polis|poleis]] greche come [[Rodi]], che facevano ricorso ai propri cittadini. Ci sono numerosi documenti [[epigrafia | epigrafici]] che consentono di seguire la carriera dei cittadini di tutte le classi sociali nella marina da guerra di Rodi.
 
I greci furono determinati, per un lungo tempo, a prendere un remo per difendere la patria, e la gloria, a volte, giunse anche con esso.
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* Il ''periplous'' era attuato dalle navi che cominciavano a girare intorno all'avversario cercando di ridurre progressivamente l'ambito di manovra e seminando il disordine nelle loro fila, prima di attaccare con lo sperone. Ma questa manovra comportava un certo rischio, perché chi la eseguiva mostrava il fianco ai colpi nemici.
 
* Il ''[[diekplous]]'' consisteva nel presentarsi in linea con la prora che punta alle navi nemiche, cercando di scivolare tra esse con l'intento di rompere i remi, e poi girare intorno, così era possibile lanciarsi contro l'avversario inerme, non più in grado di manovrare. Conosciuto fin dal IV secoloa.C. il ''diekplous'' era ancora considerato ai tempi di [[Polibio]] <ref>Polibio, I, 51, 9</ref> come la "manovra più efficace in una battaglia navale." Tuttavia, ci sono tre modi per non cadre nel tranello: disporsi in due linee, adottando una posizione sfalsata o in cerchio.<ref>Para las maniobras de periplous y diekplous, Cf. Morrison, J. S.y Williams, R.T., ''Greek Oared Ships'', Cambridge, 1968, p.137-139, 314-319.</ref>
 
Tuttavia, erano rare le volte in cui le procedure tattiche basate sul principio dello speronmento, avevano un ruolo quasi unico nelle battaglie marittime; perché per farlo occorreva una perfetta padronanza delle tecniche navali, completare l'allineamento dello strumento di guerra alle condizioni specifiche dell'ambiente e pienamente consapevoli della originalità dei metodi da utilizzare. In mancanza di questo, finivano per vincere i soliti schemi ispirati alla manovra di terra.
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La pratica dell'abbordaggio era almeno antica come lo speronamento e sembra aver goduto delle preferenze degli eroi omerici. Alla fine dell'era della [[ceramica geometrica]], nei vasi del Dipylon erano spesso disegnati soldati equipaggiati con archi e lance che prendevano parte attiva nelle battaglie navali, disposti a prua e a poppa su piattaforme. Presto furono uniti mediante una passerella assiale, munita di corrimano, prima di trasformarsi, entro la fine del periodo arcaico, in un ponte più o meno continuo.
Si è detto infatti che 40 fanti potevano essere imbarcati ogni ogni trireme di [[Chio (isola) |Chio]] nel [[494 a.C.]] alla [[battaglia di Lade]] (vicino a [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]], sulla costa dell'Asia Minore).
 
Nel [[480 a.C.]] le trireme ateniesi dimostrarono, nello stretto di Salamina, la loro superiorità tattica nello speronamento rispetto all'abbordaggio.Nel complesso, questa superiorità venne colmata solo in epoca classica, prima dell'avvento del gigantismo navale, che permetteva ai soldati ellenistici di dominano i mari dalla cima delle loro fortezze galleggianti.
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{{quote|Quando le trombe diedero il segnale della battaglia e le due forze armate lanciarono la loro grida di guerra, tutte le navi si lanciarono in un attacco tremendo; con archi e ''petróbolos'', e poi lanciando nuvole di giavellotti, che colpivano chi era a tiro. Poi, quando le navi si avvicinavano e stavano per scontrarsi, i combattenti si battevano sul ponte, mentre i rematori, incoraggiati dai responsabili della voga mettevano più energia nei movimenti. Avanzando con forza e la violenza, talvolta le navi si impigliavano tra i remi che impedivano loro di fuggire o impedivano all'equipaggio di manovrare nonostante il desiderio di combattere. Altri, dopo essere stati colpiti con lo sperone, si allontanavano per dare un altro colpo, mentre gli uomini feriti sul ponte erano così vicini ai loro obiettivi. Una volta che i trierarchi avevano picchiato lungo il fianco e fermamente incorporato i loro speroni sulla nave nemica, dove ricevevano e infliggevano colpi terribili; in realtà, a volte, dopo aver agganciato la nave nemica, perdevano l'equilibrio, è cadevano in mare dove venivano subito uccisi dalle lance degli uomini del ponte; gli altri, per raggiungere il loro scopo, uccidevano i loro avversari o li costringevano, data la scarsità di spazio, a cadere in acqua.(Diodoro Siculo)<ref>Diodoro Sículo, ''Biblioteca histórica'' XX, 51.2-4.</ref>}}
 
Per fermare gli attacchi frontali della navi [[regno di Macedonia|macedoni]], che erano dotate di possenti [[cabestano|cabestani]], i marinai di Rodi, che continuavano a fare affidamento sulla manovrabilità delle loro navi, secondo [[Polibio]] "avevano messo a punto una procedura ingegnosa. Essi si lanciavano contro le navi nemiche in modo da ricevere i colpi sopra la linea di galleggiamento, mentre colpivano gli avversari sotto tale linea, aprendo falle irreparabili nella loro carene". <ref>Polibio, ''Storie di Polibio'' XVI, 4.12.</ref>
 
== Gente di mare, persone di bassa autostima ==
Era insolito che gli antichi greci considerassero le loro tattiche navali, allo stesso livello di sviluppo di quelle della guerra terrestre e che avevano raggiunto un livello di qualificazione pari alle dimostrate tecniche di costruzione. Il motivo principale era senza dubbio il prestigio della guerra di terra che si opponeva alla diffidenza, al discredito più o meno accentuato a seconda dei tempi, alla sofferenza delle operazioni marittime, a prescindere del loro ruolo effettivo nella risoluzione dei conflitti.<ref>A. Momigliano, ''Sea–power in Greek thought'', Secondo contributo (1960), pp. 56-67; «Terra marique», Ibid., pp. 431-446</ref>
 
Ai tempi di [[Pericle]] nessuno pensava di negare che il controllo del mare era stato alla base dell'imperialismo ateniese. Tuttavia, era considerato dagli [[oligarchia |oligarchi]] come la causa principale della decadenza politica e morale che avrebbe causato la sua caduta, poiché la polis era in balia della popolazione marittima, che avrebbe dovuto spingere inevitabilmente verso la maggior parte delle forme estreme di [[democrazia ateniese| democrazia]].
 
Gli eccessi dei demagoghi che si erano succeduti a Pericle, a seguito della sconfitta del 404.a.C., non poterono facilitare soltanto la diffusione di queste idee oligarchiche nel pensiero conservatore del IV secolo a.C. Tanto [[Isocrate]] come [[Senofonte]] videro nell'egemonia marittima fonte di ingiustizia, accidia, avarizia, avidità e ltirannia, mentre [[Platone]] si preoccupava, in ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]'', perché la città non disponeva di una vista sul mare, per non soccombere alle sue tentazioni. Inoltre, molti erano in quel momento quelli che cercarono di rivalutare, nei loro bandi utilitari, il glorioso passato militare della Grecia, la vittoria a [[battaglia di Maratona |Maratona]] a scapito di Salamina.
 
Quando la distruzione delle ambizioni militari marinare ateniesi minimizzò l'intensità del dibattito, le condanne divennero meno gravi e più sfumate. [[Aristotele]] e [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], pur essendo così sensibili al miasma deleterio che galleggiava negli ambienti portuali, tuttavia erano disposti ad accettare, a quel punto una sorta di compromesso, per ragioni di efficienza militare ed economica; allo stesso modo che, successivamente, il nuovo genere letterario di "elogi" sapeva evidenziare i benefici del mare.