Teodosio II: differenze tra le versioni
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Nel 449 Attila si lamentò perché una parte dei contadini non intendeva evacuare la zona a sud del Danubio larga cinque giorni di viaggio che i Romani dovevano evacuare secondo le condizioni del trattato. L'eunuco di corte e consigliere dell'Imperatore, [[Crisafio]], cercò in quest'occasione di sbarazzarsi della minaccia unna cercando di convincere un inviato di Attila nella capitale, [[Edeco]], a partecipare ad una congiura per eliminare il re unno: dopo una cena nella residenza dell'eunuco, Edeco, a cui, insieme ad altri comandanti, era stata affidata la protezione personale di Attila, acconsentì ma ad un prezzo di 50 libbre d'oro da distribuire alla sua scorta per garantirsi che collaborasse con lui nella congiura. avvertì però l'eunuco che «dopo la sua assenza, anche lui, come gli altri, sarebbe stato interrogato da Attila in merito a chi, fra i Romani, gli avesse fatto doni e a quanto denaro avesse ricevuto, e che [a causa dei compagni di missione] non avrebbe potuto nascondere le 50 libbre d'oro.». Si stabilì dunque l'invio di un'ambasceria presso Attila con il pretesto di negoziare sulle richieste dell'Unno, ma in realtà per ricevere istruzioni su come dovevano essere consegnate le 50 libbre d'oro.
Lo storico [[Prisco di Panion]] partecipò personalmente all'ambasceria e, in un frammento sopravvissuto della sua ''Storia'', descrive accuratamente questo viaggio, a cui presero parte almeno tre persone: [[Massimino]], Prisco e l'interprete [[Vigilas]], oltre agli ambasciatori di Attila [[Edeco]] e Oreste. Attila, tuttavia, era stato già informato della congiura dallo stesso Edeco, il quale fin dall'inizio non aveva alcuna intenzione di tradire il suo capo, ma decise di far finta di esserne ignaro. Attila fu molto ostile con gli ambasciatori, sostenendo che finché i Romani non avessero restituito tutti i fuggiaschi, non avrebbe più concesso loro il diritto di essere ricevuti. Dopo aver ordinato a Vigilas di ritornare a Costantinopoli per ribadire a Teodosio II la richiesta da parte di Attila di restituire tutti i fuggiaschi unni, Attila dichiarò conclusa l'udienza, dicendo a Massimino di attendere mentre egli scriveva una lettera di risposta all'Imperatore. Subito dopo gli ambasciatori romani ricevettero altri messi unni che proibirono loro di comprare ogni cosa che non fossero generi alimentari fintanto che non fossero state soddisfatte le richieste degli Unni. Mentre Vigilas partì per Costantinopoli, gli altri ambasciatori seguirono Attila in una delle sue residenze in attesa che questi rispondesse per iscritto alle lettere dell'Imperatore e furono ammessi a un banchetto; poi, una volta che Attila ebbe finito di rispondere per lettera all'Imperatore, gli ambasciatori furono congedati. Quando Vigilas tornò dall'Unno con lo scopo di portargli la risposta di Teodosio II per quanto riguarda la restituzione dei fuggitivi, gli Unni, perquisendo Vigilas, gli trovarono addosso 50 libbre d'oro, e gli chiesero a cosa gli servissero dato che per volontà di Attila gli ambasciatori romani potevano comprare solo del cibo e con 50 libbre d'oro si poteva comprare tanto cibo da sfamare un piccolo esercito; quando gli Unni minacciarono di uccidergli un figlio, Vigilas confessò la congiura, secondo i piani di Attila. La proibizione ai messi romani di comprare tutto ciò che non fosse cibo era finalizzata a impedire a Vigilas di trovare giustificazioni per le 50 libbre d'oro con cui intendeva pagare Edeco per il tradimento. Attila permise a Vigilas di riscattare il figlio al prezzo di 50 libbre d'oro e:
{{Citazione|...ordinò a Oreste di presentarsi all'Imperatore con appesa al collo la borsa in cui Vigilas aveva messo l'oro destinato a Edeco. Egli doveva mostrarla al sovrano e all'eunuco [Crisafio] e domandar loro se la riconoscevano. Eslas doveva anche dire chiaramente che Teodosio era figlio di padre nobile e che pure Attila lo era... ma mentre Attila aveva preservato intatto il suo nobile lignaggio, Teodosio era decaduto del proprio e ormai non era altro che un servo di Attila, tenuto a pagargli un tributo. Cercando di aggredirlo di nascosto come il più infido degli schiavi, quindi, egli aveva commesso ingiustizia contro un imperatore che la sorte gli aveva dato come mentore.|Prisco, ''Storia''.}}
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