Flagellazione: differenze tra le versioni
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Durante l'[[Impero Romano]], la fustigazione era normalmente eseguita prima della [[crocifissione]]: erano utilizzate comunemente fruste con piccoli pezzi di metallo oppure con delle ossa alle estremità. Questo stratagemma portava facilmente ad una deturpazione e seri traumi, come la lacerazione della pelle o la perdita di un occhio. Perdendo molto sangue, a causa delle ferite riportate, la vittima subiva un forte [[Ipoveolemia|shock ipovolemico]].
I Romani riservavano questa tortura ai non cittadini, come stabilito nella '''[[lex Porcia]]''' e nella '''[[lex Sempronia]]''', datate tra il [[195 a.C.]] e il [[123 a.C.]]. Il poeta [[Orazio]] riporta l'''horribile flagellum'' nelle sue [[Satire (Orazio)|Satire]], descrivendo la fine di queste pratiche.
Tipicalmente, colui che doveva essere punito veniva legato ad una piccola colonna o ad un piccolo palo, cosi che potesse piegarvici sopra. Due [[lictor]] (alcuni riportano anche quattro o sei [[Lictor|littori]]) alternavano i colpi. Non c'era un limite di sferzate inflitte: era il lictor a decidere, anche se normalmente non erano intenzionati ad uccidere la vittima. Ciò nonostante, [[Tito Livio]], [[Svetonio]] e [[Giuseppe Flavio]] riportano casi di decessi sul posto, durante la flagellazione. Da molti autori, questa era riportata come una "semi-morte", anche perché dopo breve tempo, morivano. [[Cicerone]] riporta, nell'opera ''In Verrem'', ''"pro mortuo sublatus brevi postea mortuus"'' (portato al posto di morire, in breve tempo morto). Spesso la vittima veniva capovolta per permettere la flagellazione anche sul petto, anche se si procedeva con cautela perché la possibilità di infliggere un colpo mortale era molto elevata.
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