Lettere sull'origine delle scienze: differenze tra le versioni

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====Un'ulteriore prova: la fenice====
Anche le festività astronomiche più celebri dell'antichità, pensava Bailly, dovevano aver avuto la loro origine alle alte latitudini del nord; quella, per esempio, di [[Adone (mitologia)|Adone]] (che alludeva evidentemente al sole) che passò sei mesi sulla [[Terra]] con [[Venere (divinità)|Venere]] e sei mesi nell'[[Ade (regno)|Ade]] con [[Proserpina]], poteva essere inventata solo da una "razza iperborea", poiché in [[Siria]], nelle terre [[Fenici|fenicie]] gli inverni erano insolitamente brevi e miti; ed è solo al polo che l'assenza, ovvero la "morte", del sole ha una continuità di sei mesi. Ancora, la festività di [[Osiride]] in [[Egitto]], che durava quaranta giorni, durante i quali la divinità veniva persa e poi ritrovata, era esclusivamente appropriata — secondo Bailly — alla [[mitologia nordica]], poiché solo nei pressi della latitudine di 68° nord alone il sole era, come Osiride, perso per quaranta giorni.<ref>Bailly, ''Lettres sur l'origine des sciences'', p. 89</ref>
 
Come ulteriore testimonianza alla propria asserzione, Bailly addusse una favola della [[fenice]] raccontata dagli Egizi secondo la quale un giorno arrivò un essere tutto ammantato di pennacchi d'oro e cremisi, giunto da un "paese delle tenebre" «per morire in Egitto, e per risorgere di nuovo dalle sue ceneri nella città del Sole, presso l'altare di quella divinità».<ref>''Lettres sur l'origine des sciences'' Volume II, p. 214249</ref> Attraverso la fenice. pensava Bailly, fu evidentemente designata la [[rivoluzione solare]], una famosa tecnica [[astrologia|astrologica]]; e l'età assegnata alla fenice lo provava, in quanto secondo il mito ammontava a 1461 anni. «Bisogna dire che è lo stesso periodo di tempo di un [[Calendario_egizio#Il_ciclo sotiaco|ciclo sotiaco]], ovvero il tempo corrispondente ad un "grande anno solare" egizio». Per Bailly comunque la leggenda non poteva essere nata lì: infatti il sole non scompariva mai per periodi lunghi in Egitto, anzi era sempre molto «vigoroso», «una circostanza derivante dalla sua altezza rispetto alla linea dell'orizzonte». Questo invece non era il caso dei climi nordici, dove «il sole scompariva più o meno per un anno», ovvero un tempo considerabilmenteconsiderevolmente lungo. Lì la partenza e il ritorno della luce poteva suggerire l'idea di una morte reale e di una reale rinascita; da qui la ''vicissitudo'' alternata tra lutto e gioia». Bailly pensava dunque che il mito della fenice fosse dunque nato a nord.
 
Anzi, Bailly va molto più avanti: per lui il "paese delle tenebre" a cui il mito faceva riferimento era la [[Siberia]], e lì molto probabilmente la favola si sarebbe originata; infatti nell'[[Edda]], insieme di libri mitologici norreni, era presente una storia molto simile. Parlava di un uccello, la cui testa e il cui torace erano del colore del fuoco, mentre la coda e le ali erano di un celeste chiaro; esso visse per trecento giorni, e seguendo tutti gli uccelli di passaggio, volò in Etiopia, là fece il suo nido, e bruciò con le sue uova; la cenere però produsse un piccolo essere rosso, che, dopo aver recuperato le ali e la forma da uccello, riprese il suo volo per il nord.