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I reparti italiani erano totalmente impreparati e vennero travolti: intere guarnigioni furono annientate e in pochi giorni si contarono circa 1.000 caduti e 3.000 prigionieri. La direzione delle operazioni di repressione fu affidata al generale [[Alessandro Pirzio Biroli]], all'epoca comandante delle truppe italiane in Albania, che fin dall'inizio ricevette a disposizione uno spiegamento eccezionale di uomini e mezzi: ai suoi ordini furono poste unità provenienti dalle divisioni [[18ª Divisione fanteria "Messina"|"Messina"]], [[38ª Divisione fanteria "Puglie"|"Puglie"]], [[41ª Divisione fanteria "Firenze"|"Firenze"]], [[5ª Divisione alpina "Pusteria"|"Pusteria"]], [[48ª Divisione fanteria "Taro"|"Taro"]] e [[32ª Divisione fanteria "Marche"|"Marche"]], oltre al "Reggimento Cavalleggeri Guide" e al gruppo albanese "Skanderbeg", più alcune aliquote dalle divisioni [[22ª Divisione fanteria "Cacciatori delle Alpi"|"Cacciatori delle Alpi"]] e [[19ª Divisione fanteria "Venezia"|"Venezia"]], per un totale di circa 70.000 uomini<ref>Il Montenegro contava all'epoca all'incirca 400.000 abitanti.</ref><ref>{{cita|Gobetti 2013|p. 40}}, {{cita|Tomasevich 2001|p. 141}}.</ref><ref>Alcuni autori arrivano a contare circa 100.000 uomini impegnati: {{cita|Caccamo 2008|pp. 166-170}}.</ref>.
 
Le operazioni militari di repressione furono caratterizzate da svariati episodi di grande violenza, che compresero bombardamenti indiscriminati di villaggi, rastrellamenti, fucilazioni ed eccidi. Entro metà agosto il Montenegro ricadde sotto controllo italiano, ma la guerriglia partigiana continuò per tutto il periodo di occupazione. Diversi ufficiali italiani - ''in primis'' Pirzio Biroli - vennero in seguito accusati di crimini di guerra dagli jugoslavi, ma nessuno di essi andò mai a processo in Italia o venne consegnato alla Jugoslavia<ref>Una visione di insieme dell'intera vicenda in {{cita|Scotti-Viazzi 2013}}</ref>.
'''PARTE FINALE: REPRESSIONE DELLA RIVOLTA''' - Scotti/Viazzi
 
===I primi incidenti e sabotaggi nella Dalmazia italiana===