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Nel contempo, i vari solleciti del governo alla Commissione e ai giudici militari chiarirono sempre più come le inchieste dovessero servire specificamente non tanto per raccogliere prove contro gli accusati, quanto per raccogliere prove delle atrocità jugoslave contro gli italiani: tutto ciò doveva "creare le premesse necessarie per rifiutare la consegna di italiani alla Jugoslavia"<ref>Così un appunto del dirigente del ministero degli affari esteri G.Castellani al direttore generale degli affari politici [[Vittorio Zoppi (diplomatico)|Vittorio Zoppi]], citato in {{cita|Commisisone parlamentare 2006|p. 121}}</ref>.
Il temporeggiamento del governo italiano fu una tattica decisa per evitare contraccolpi interni e internazionali: negli anni in cui operò la Commissione d'inchiesta l'Italia firmò il Trattato di Pace che le fece perdere gran parte della [[Venezia Giulia]] e che inasprì la complessa vicenda della [[Questione triestina|questione di Trieste]], città le cui sorti avevano costituito un capitolo a parte nei rapporti italo-jugoslavi fin dagli anni finali della guerra, divenendo causa di contrasto anche fra i comunisti italiani e jugoslavi. Sullo sfondo rimaneva la vicenda dell'[[esodo istriano]], mentre il ruolo nello scacchiere internazionale della Jugoslavia fu completamente modificato a seguito della [[Conflitto sovietico-jugoslavo|rottura fra Tito e Stalin]] (28 giugno 1948), che seguì di poco le [[Elezioni politiche italiane del 1948|elezioni politiche italiane del 1948]]. Mentre le potenze occidentali in tempi rapidi evitarono di ritornare sulla questione dei presunti criminali di guerra italiani lasciando cadere le iniziali pressioni, la perdita dell'appoggio sovietico da parte della Jugoslavia fece sì che pure quest'ultima - a partire dal 1948 - non reclamasse più la consegna dei presunti criminali<ref>{{cita|Commissione 2006|pp. 128-136}}</ref>.
Nel 1951 l'allora ministro della difesa [[Randolfo Pacciardi]] ricevette il rapporto conclusivo della Commissione d'inchiesta, cui rispose ringraziando i membri per il loro "alto senso di scrupolosa e coscienziosa obiettività"<ref>{{cita|Commissione 2006|p. 132}}</ref>. "L'azione
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