Muhammad Abduh: differenze tra le versioni
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sostituito il termine ''khedivè'' ( francesismo ) con la PAROLA ITALIANA ''chedivè''; vedi Treccani : [http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/chediv%C3%A8/] |
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Influenzato dal dotto [[Jamal al-Din al-Afghani|Jamāl al-Dīn al-Afghānī]], che aveva incontrato al [[Il Cairo|Cairo]] nel [[1872]], Muhammad ʿAbduh seguì regolarmente le sue conferenze. Afghānī era un filosofo e un riformatore musulmano che preconizzava nei suoi scritti il [[Panislamismo]] per resistere al [[colonialismo]] europeo. Sotto l'influenza di al-Afghānī, ʿAbduh combinò il giornalismo, la politica e i suoi profondi interessi per la spiritualità mistica.
Dopo essersi cimentato in campo giornalistico e politico, egli scrisse diversi articoli per il giornale cairota [[al-Ahram]], in cui criticava la politica del [[
Nei suoi scritti difendeva la rinascita della cultura arabo-islamica, la lotta contro la dominazione straniera e i governi islamici, mentre attaccava la corruzione e la divisione in seno alla comunità islamica.<br />
Difendeva inoltre le scienze moderne e l'idea di una riforma della [[lingua araba]].<br />
Dal [[1877]] al [[1882]] esercitò la professione di docente dell'università islamica della "''Dār al-ʿulūm''" (Casa delle scienze). Teneva corsi innovatori, affinché i [[qadi|giudici]] potessero applicare il [[fiqh|diritto islamico]] ricorrendo a un approccio moderno e adeguato ai tempi.<br />
Fu revocato dal suo posto dal
Dopo la sua partecipazione alla [[Ahmad Urabi|rivolta di ʿUrābī]], fu costretto all'esilio, dapprima in [[Libano]], poi in [[Francia]]. Per più di sei anni non ebbe più diritto a tornare in patria. ʿAbduh passò molti anni della sua vita in [[Libano]], dove lavorò alla costruzione di un sistema d'istruzione islamica. Tradusse l'opera di al-Afghānī "Refutazione dei materialisti" e svolse varie conferenze. Nel [[1884]], partì per la Francia, dove raggiunse al-Afghānī. Insieme editarono un giornale rivoluzionario islamico, ''al-ʿUrwa al-Wuthqà'',<ref>"L'impugnatura saldissima", espressione contenuta nel [[Corano]] ([[Sūra]] II, [[ayya|versetto]] 256), in cui si dice: «''... e chi... crede in Dio s'è afferrato all'impugnatura saldissima che mai si può spezzare, e Dio ascolta e conosce''» (trad. di [[Alessandro Bausani|A. Bausani]], Firenze, Sansoni, 1954 e successive riedizioni).</ref> che aveva connotati anti-[[Regno Unito|britannici]], e che era soprattutto letto da [[orientalismo|orientalisti]] francesi e italiani.<br />
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Nel [[1892]], aderisce alla Società di Beneficenza musulmana, di cui diventerà presidente nel [[1900]]. Fonda lo stesso anno la Società per il Rinnovamento delle Scienze arabe.
Nel 1892, propose al
La sua opera era principalmente indirizzata agli intellettuali occidentali, viventi o meno in un Paese musulmano. Respinse lo sforzo di alcuni di metter fine all'interpretazione autentica, limitandosi alla riproposizione acritica e meccanica degli schemi elaborati in un passato a volte assai lontano nel tempo. Egli difendeva di fatto il principio dell'esistenza del libero arbitrio umano elargitogli da Dio e condannava la dottrina della predestinazione.
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