Adriano Sofri

terrorista e scrittore (1942-)
Versione del 17 dic 2007 alle 11:37 di Felisopus (discussione | contributi) (Non sono molto d'accordo con l'esistenza dell'attività "terrorista", ma sarebbe meglio discuterne.)

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Adriano Sofri (Trieste, 1 agosto 1942) è un terrorista, giornalista e scrittore italiano. Fu un protagonista della movimentata vita politica degli anni Settanta, fu uno dei leader del gruppo extraparlamentare di sinistra Lotta Continua, fino al suo scioglimento nel 1976. Dagli anni Ottanta, abbandonata la politica attiva, si è dato a un'intensa attività di studio e pubblicistica in campo storico, politico e sociale di cui sono frutto numerosi articoli e saggi. Collabora con La Repubblica e il Foglio..

È stato al centro di una complessa, e assai controversa, storia giudiziaria che lo ha visto condannato, in seguito alla confessione (e chiamata in correità) di Leonardo Marino, assieme a Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani per l'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi avvenuto il 17 maggio del 1972.

La vicenda giudiziaria e il carcere

La magistratura, dopo un lungo iter giudiziario, ha sentenziato nel gennaio del 1997 la condanna in via definitiva di Sofri, Bompressi e Pietrostefani a 22 anni di reclusione. Sofri e Pietrostefani, quest'ultimo latitante in Francia, sono stati condannati come mandanti dell'omicidio, Bompressi come esecutore materiale. Il pentito Leonardo Marino correo dell'omicidio, fu condannato a 11 anni di carcere, pena successivamente prescritta. Esiste in Italia un forte movimento innocentista di opinione pubblica, prevalentemente di sinistra, ma supportato anche da personaggi di altre correnti politiche, intorno al caso Sofri: ne sono esponenti di spicco Giuliano Ferrara e Gad Lerner.

Adriano Sofri è entrato in carcere nel 1997 e ha scontato parte della pena come mandante dell'omicidio nel carcere San Giovanni Bosco di Pisa. Nel giugno del 2005 ha ottenuto la semilibertà per collaborare con la Scuola Normale Superiore di Pisa alla sistemazione degli archivi di Eugenio Garin e Sebastiano Timpanaro.

Nel novembre del 2005 è stato colpito dalla sindrome di Boerhaave, una malattia piuttosto rara che gli comporta la rottura di cinque centimetri dell'esofago. Le cattive condizioni di salute, che gli hanno imposto il ricovero all'ospedale "Santa Chiara" di Pisa, hanno avuto come conseguenza la sospensione della pena. Nel gennaio del 2006 è stato dimesso, tornando in libertà per il periodo di convalescenza rimanente. Attualmente si trova agli arresti domiciliari.

Le richieste di grazia

Nell'opinione pubblica si è diffuso un movimento di sostenitori volto a promuovere un atto di clemenza nei confronti di Adriano Sofri.

Nel periodo 2001-2006, le ripetute richieste di grazia, avanzate in maniera trasversale da esponenti della politica e della cultura (ma mai da Sofri in persona), sono sempre state rifiutate dal Ministro della Giustizia Roberto Castelli, malgrado il Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi abbia nello stesso periodo più volte manifestato la volontà di concederla, tanto da giungere a un conflitto con il guardasigilli risolto poi dalla Corte Costituzionale che ha stabilito il dovere da parte del guardasigilli di controfirmare la richiesta di grazia promulgata dal Presidente della Repubblica.

La posizione sull'indulto

Sofri ha partecipato attivamente al dibattito legato al provvedimento di indulto del 2006, che «essendo condannato per omicidio e dunque beneficiario dell'indulto lo farà uscire dal carcere tre anni prima» , come denunciato da Marco Travaglio. [1] Il 26 luglio attacca lo stesso Travaglio da Il Foglio:

«Lo squadrista Marco Travaglio scrive su Repubblica una sequela di falsità indegne, allo scopo di galvanizzare l'indignazione pubblica contro l'indulto. Il quale, improvvisamente, diventa anche responsabile del mancato risarcimento ai caduti sul lavoro per le malattie professionali e i morti di amianto. E di mandare in fumo il maxiprocesso contro i boss svizzeri e i italiani dell'Eternit. Ma l'indulto non può mandare in fumo nessun processo. [...] E l'indulto non c'entra niente, né può toccare i risarcimenti [...] L'articolo che fa dire agli avvocati di parte civile, i quali avranno le migliori intenzioni, le cose più spericolate [...] è una bassezza, maggiore perché prende a pretesto le attese dei familiari di «caduti sul lavoro e morti di amianto».»

Alla replica di Travaglio Sofri risponde dandogli del «cretino» e su L'Unità ribadisce che si tratta di «falsità assolute e ciniche» allo scorpo di tenere «decine di migliaia di miei simili boccheggiati nelle celle della repubblica»; gli risponde l'avvocato torinese Sergio Bonetto scrivendo a L'Unità e a Il Foglio, ma solo la prima pubblicherà la lettera. [2] Nei giorni seguenti Travaglio verrà attaccato da Daria Bignardi, nuora dello stesso Sofri, e da Gad Lerner su Vanity Fair, su Oggi da Claudio Martelli e su L'Unità da Sergio Staino, che da anni conduce battaglie "pro-Sofri", ed in ultimo da Paolo Franchi su Il Riformista.

Opere

Dell'attività di Adriano Sofri come scrittore, si segnalano i seguenti saggi:

Bibliografia

Note

  1. ^ Marco Travaglio, La scomparsa dei fatti. Milano, il Saggiatore, 2007. p. 15 ISBN 8842813958
  2. ^ Marco Travaglio, La scomparsa dei fatti. Milano, il Saggiatore, 2007. p. 16 ISBN 8842813958

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