Utente:ArchImage74/Sandbox
Fotografo di scena
Qui inizio ad integrare la presente sezione della voce Fotografo di scena. Poi creo da zero delle sottosezioni.
Storia
Intorno al 1890 i miglioramenti della tecnica e le dimensioni più ridotte delle fotocamere favorirono il diffondersi di nuove professioni legate alla fotografia: il fotogiornalismo, la streetphography e la fotografia di scena teatrale. In questi anni fotografare a teatro voleva dire dare la propria testimonianza storica che poteva risultare utile per eventuali riallestimenti. La figura della prima attrice [1] era posta al centro dell'attenzione, come una vera icona di bellezza e intraprendenza. Sempre in questo periodo veniva girato ”Roundhay Garden Scene” il primo film muto. Vennero realizzate solo fotografie ottenute con il processo di cronofotografia. Da allora la fotografia di scena ha avuto un percorso parallelo con il cinema e con il teatro.
Nella società dei primi anni del Novecento il fotografo di scena era visto come un semplice operaio che svolgeva un lavoro di routine, specialmente in ambito teatrale. Per questo un certo numero di fotografi passarono alla realtà cinematografica considerata come la novità ed il futuro tecnologico. Questa scelta comportava tempi di lavoro più serrati, perché le prove e le scene girate si svolgevano il solito giorno. Inoltre le rigide regole stilistiche ed i limiti tecnici dell’epoca costringevano i fotografi a scattare dalla solita angolazione della macchina da presa, riproducendo una copia delle più emblematiche scene del film. Le immagini erano documentariste e prive di qualsiasi creatività. A volte era proprio il regista a dare indicazioni al fotografo. Questo era un chiaro segnale di una non ancora riconosciuta professionalità. Spesso gli attori venivano anche richiamati sulla scena per riprodurre le pose del film. Questo tipo di fotografie vennero chiamate “posati” e sarebbero servite per manifesti e locandine. Negli anni ’50 questa tendenza diminuì, perché comparirono sui set cinematografici nuove figure di fotografi provenienti dalle agenzie di cronaca. Erano abituati a cogliere l’attimo, perciò non avrebbero avuto più bisogno dei “posati”. Fotografavano a ritmi incalzanti, vendendo i loro servizi ai giornali. Fornivano quotidianamente il lavoro svolto anche al regista che decideva le immagini giuste da trasformare in locandine per la promozione del film. La pubblicità dei film verso il grande pubblico attraverso le immagini delle locandine fu un’ottima strategia soprattutto dove era presente il fenomeno dell'analfabetismo.
Intorno agli anni ’60 la fotografia di scena aumentò il proprio valore sociale grazie anche all’introduzione del fotoromanzo (con nuove tecniche di stampa) e del cineromanzo (utilizzando le foto di scena che scorrendo in successione raccontavano la pellicola). Questo utilizzo delle fotografie determinò un aumento significativo del loro valore. Non erano più semplici scatti documentaristici, ma vere opere di creatività supportate da nuove tecnologie. La conseguenza fu un aumento della domanda di immagini da parte del cinema e del teatro.
Ai nostri giorni la figura del fotografo di scena è centrale. E' sempre meno propenso a mettersi al servizio della creatività altrui. Non intende rinunciare alla propria libertà, anche se rimane sempre un lavoro su commissione, pagato per saper trasmettere determinate emozioni. Il fotografo instaura rapporti sociali con gli attori, garantendo una maggiore complicità e risultati migliori al momento dello scatto. Si confronta con il regista, il quale spesso lascia carta bianca nell’utilizzo del mezzo fotografico. Oggi il fotografo di scena può arrivare a ricoprire anche il ruolo di direttore della fotografia[2] essendo ormai un vero professionista del settore.
Metodologia di scatto
Con l'evoluzione del digitale è diventato apparentemente più semplice scattare una fotografia di scena. La differenza è che dietro il lavoro di un professionista c’è sempre la conoscenza di un'opera, lo studio di un copione, il rapporto diretto con i tecnici, i registi e gli attori.
Il fotografo di scena deve sapersi muovere con abilità sia sul set cinematografico che in teatro. Non deve interferire con il lavoro della troupe e degli attori, tanto meno disturbare il pubblico. Alle volte le condizioni di lavoro non sono delle migliori. Può capitare di lavorare in posizioni scomode o avere a disposizione poco spazio per effettuare i propri scatti. Comunque sia deve riuscire a cogliere i momenti più emblematici facendosi notare il meno possibile.
Le inquadrature vengono stabilite in teatro durante le prove o prima di girare la scena di un film. In questo modo il fotografo ha la possibilità di studiare le giuste angolazioni, valutando le luci e le impostazioni del proprio strumento fotografico.
Fino a diversi anni fa la maggior parte dei fotografi utilizzava fotocamere “blimpate”, cioè rivestite, per evitare che la tendina dell’otturatore, abbassandosi, procurasse il classico rumore di scatto. Oggi la tecnologia ha trovato nuove soluzioni. Esistono infatti strumenti fotografici silenziati, sia nella linea reflex che mirrorless. Essi danno la possibilità di lavorare senza produrre alcun rumore. Durante una rappresentazione teatrale il silenzio è d'obbligo, perché qualsiasi rumore verrebbe avvertito sia sul palco che in platea. Ma anche durante le riprese di un film viene chiesto espressamente il silenzio prima di girare una scena, perché i rumori fuori campo verrebbero registrati.
L'utilizzo del flash non è consentito. Se pensiamo al buio del teatro, il bagliore di un flash provocherebbe fastidio e perdita di concentrazione agli attori ed al pubblico. Ovviamente questa regola vale anche per la scena di un film, il lampo del flash rovinerebbe sicuramente le riprese e distoglierebbe gli attori dall'interpretazione. In entrambi i casi l’utilizzo del flash modificherebbe l’atmosfera studiata per il film o la rappresentazione teatrale. Sarà solamente la giusta regolazione della fotocamera ad esaltare gli elementi di scena, senza dover ricorrere a illuminazioni integrate.
Il fotografo, attraverso il suo lavoro, deve saper comunicare l'anima di quello che sta scattando. Questo è possibile anche grazie all'utilizzo degli obiettivi giusti. Le ottiche che hanno maggiore apertura di campo, come i grandangolari, consentono di comprendere più elementi nell'inquadratura, facendoci rimanere più esterni alla scena. Al contrario, scegliendo un'ottica con minor ampiezza di campo, come i teleobiettivi, abbiamo meno elementi nell'inquadratura, ma riusciamo ad andare più in profondità, trasmettendo un maggior coinvolgimento alla scena.
Un buon risultato finale è garantito dal rispetto di queste regole, ma non solo. Servono a valorizzare la scena anche il tipo di inquadratura, la composizione, la profondità di campo e non per ultimo l’occhio attento del fotografo[3] capace di cogliere l'attimo. In questi casi la conoscenza della teoria è necessaria, ma sarà la pratica sul campo che costruirà la professionalità del fotografo di scena.
Il fotografo di scena cinematografico
Il fotografo di scena cinematografico è nato per promuovere i film attraverso la diffusione dei suoi scatti. Fotografie che sono destinate a manifesti, locandine, magazine, ecc. Ogni scatto deve rispettare più fedelmente possibile le inquadrature originali del film ed i parametri focali. Lo stile del fotografo[4] viene fuori specialmente nelle scene di backstage. In questi momenti il fotografo è testimone di quello che non si dovrebbe vedere: la risata spontanea di un attore, i rapporti tra gli attori e la troupe, la pausa pranzo.
Il lavoro del fotografo di scena è cambiato molto con l'arrivo del digitale. La strumentazione fotografica più moderna ha reso più facile e veloce questa attività . Allo stesso tempo è stato necessario studiare le nuove tecnologie per rimanere sul mercato. La postproduzione digitale è stata uno scoglio per molti, che hanno dovuto imparare attraverso corsi di aggiornamento o da colleghi più esperti.
Sul set vengono fornite indicazioni riguardo il lavoro da svolgere. Se questo non succede, il fotografo deve aver già letto la sceneggiatura per avere un'idea delle immagini che dovrà creare. Comunque il fotografo di scena deve parlare continuamente con tutti: con il grafico, con il settore marketing, con la produzione, con il regista. Deve coinvolgere più addetti ai lavori possibile per avere più punti vista anche se ha già una propria idea. Questo mestiere viene visto come un lavoro solitario, ma non è così, perchè dietro c'è l'impegno di una intera squadra.
ma restano i due aspetti che più lo caratterizzano: chi svolge questo mestiere deve essere onnipresente e invisibile. Deve saper muoversi sul set anche quando le condizioni non sono delle migliori.
BOZZA
Il fotografo di scena teatrale
Prima cosa meno importante.
La tecnica
Seconda cosa meno importante.
Critica
Fotografo di scena è un’espressione che probabilmente non rende del tutto merito a colui, che con tanta passione e pazienza, scatta le fotografie durante lo svolgimento di una scena cinematografica o teatrale. Questa espressione fa pensare ad un elemento di un archivio o magazzino rispolverato al momento che si va in scena o si batte un ciak. Per questo è stata proposta la definizione di “fotografo sulla scena” per sottolineare l’abilità sia giornalistica che illustrativa.[4]
Note
- ^ Giada Cipollone, Ritrattistica d'attore e fotografia di scena in Italia 1905-1943. Immagini d'attrice dal Fondo Turconi. Ediz. illustrata, Roma, Scalpendi, 2020, ISBN 9788832203301.
- ^ D. Schaefer e L. Salvato, I maestri della luce. Conversazioni con i più grandi direttori della fotografia, Roma, Minimum Fax, 2019, ISBN 8833890481.
- ^ Claudio Capanna, Lampi. La fotografia vista dall'occhio dei grandi del cinema, Roma, Associazione Culturale Il Foglio, 2014, ISBN 9788876065309.
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Bibliografia
- Alberto Barbera, Paolo Meneghetti e Stefano Boni, Magnum sul set. Il cinema visto dai grandi fotografi, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2011, ISBN 9788836620012.
- Paolo Mereghetti, Alessandra Mauro, Franca De Bartolomeis e Alessia Tagliaventi, Movie: Box. Il grande cinema e la fotografia, Roma, Isabella Dothel, 2012, ISBN 9788869656064.
- D. Schaefer e L. Salvato, I maestri della luce. Conversazioni con i più grandi direttori della fotografia, Roma, Minimum Fax, 2019, ISBN 8833890481.
- S. Palombi e M. Mori Rossi, Dal click al ciak. Introduzione alla fotografia cinematografica, Roma, Edup, 2009, ISBN 9788884212214.
- Giada Cipollone, Ritrattistica d'attore e fotografia di scena in Italia 1905-1943. Immagini d'attrice dal Fondo Turconi. Ediz. illustrata, Roma, Scalpendi, 2020, ISBN 9788832203301.
- Claudio Capanna, Lampi. La fotografia vista dall'occhio dei grandi del cinema, Roma, Associazione Culturale Il Foglio, 2014, ISBN 9788876065309.