Open Space Technology
Che cos’è?
L’Open Space Technology è una metodologia che permette, a qualsiasi tipologia di persone, all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione, di creare workshop e meeting ispirati e produttivi. È stato sperimentato negli ultimi vent’anni in differenti paesi del mondo, impiegato nella gestione di gruppi composti da 5 a 2000 persone, in conferenze della durata di una, due o tre giornate. Si tratta di una metodologia fortemente innovativa, in una conferenza gestita con l’Open Space le persone fondamentalmente si divertono e, anche grazie a questo clima, in tempi relativamente brevi producono un documento riassuntivo di tutte le proposte/progetti elaborati dal gruppo, l’instant Report. Documento che oltre alla sua utilità pratica diviene testimonianza di un lavoro fatto e garante degli impegni presi.
Come funziona?
Harrison Owen, pioniere dell’Open Space Technology, ha notato nel corso della sua esperienza di organizzatore di conferenze, come le persone si confrontino con molto più entusiasmo durante i coffee break che non nelle fasi di lavoro. Durante le pause parlano con chi vogliono e di quello che vogliono, allora perché non provare a gestire un’intera conferenza in modo che i partecipanti si sentano liberi di proporre loro gli argomenti e di discuterli solo se interessati ad essi? L’Open Space Technology è la risposta a questa domanda, passione ed interesse dei partecipanti sono requisiti fondamentali, se il gruppo di lavoro è unito da questi due collanti allora sarà in grado di autoorganizzarsi e di raggiungere il suo scopo.
Una conferenza gestita con il metodo Open Space Technology può durare da uno a tre giorni. Un giorno si chiacchiera, cioè si cominciano a scambiare idee ed a conoscere i vari punti di vista. Due giorni si discute approfonditamente del tema in questione ed in tre giorni si inizia a decidere.
Il metodo di lavoro è molto libero, ma si basa comunque su quattro principi ed una legge. I quattro principi:
1. Chiunque venga è la persona giusta; 2. Qualsiasi cosa accada è l’unica che poteva accadere; 3. In qualsiasi momento cominci, è il momento giusto; 4. Quando è finita è finita
Il primo principio intende ricordare che le decisioni che vengono prese durante il lavoro sono opera di coloro che sono presenti. Non serve quindi pensare a chi sarebbe potuto intervenire o chi avremmo dovuto invitare, è molto più utile concentrarsi su quelli che ci sono. La partecipazione all’Open Space Technology dovrebbe essere sempre volontaria, infatti solo chi ha davvero a cuore il tema in discussione si impegnerà a fondo, sia nell’affrontarlo che nelle fasi di implementazione del progetto.
Il secondo principio spiega che in una particolare situazione, con determinate persone e discutendo di un certo tema, il risultato che si otterrà è l’unico risultato possibile. Le sinergie e gli effetti che possono nascere dall’incontro di quelle persone sono imprevedibili ed irripetibili, per questo chi conduce un Open Space Technology deve rinunciare ad avere il controllo della situazione, tentare di imporre un risultato o un programma di lavoro è controproducente. Chi facilita un Open Space deve avere totale fiducia nelle capacità del gruppo.
Il terzo principio sottolinea l’aspetto creativo del metodo. È chiaro che dovranno esserci un inizio ed una fine, ma i processi di apprendimento creativo che avvengono all’interno del gruppo non possono seguire uno schema temporale predefinito. Decidere ad esempio di fare una pausa ad un certo orario può impedire ad un dialogo di avere termine, perdendo così informazioni o idee fondamentali alla realizzazione del progetto.
Il quarto principio ricorda che se certe volte serve più tempo di quello previsto, altre accade il contrario. Se si hanno a disposizione due ore per trattare un certo argomento, ma la discussione si esaurisce più velocemente del previsto, è inutile continuare a ripetersi, molto meglio dedicare il nostro tempo ad altro.
Infine l’unica legge che regola l’Open Space Technology:
La legge dei due piedi. Si chiama legge dei due piedi perché vuole ricordarci che tutti abbiamo due piedi e dobbiamo essere pronti ad usarli. Se ci troviamo a conversare di un argomento e non riteniamo di poter essere utili, oppure non siamo interessati, è molto meglio alzarsi e spostarsi in un altro gruppo dove possiamo essere più utili. Questo atteggiamento non va interpretato come una mancanza di educazione, ma come un modo per migliorare la qualità del nostro lavoro.
Quando utilizzarlo
L’Open Space Technology può essere uno strumento particolarmente efficace, ma deve essere utilizzato solo se si verificano particolari condizioni, diversamente oltre a diventare inefficace si riduce ad essere uno spreco di tempo e di denaro. Funziona solo se ci si trova in una situazione che comporta: • Un serio e reale problema su cui lavorare • Un’elevata complessità • Molteplici punti di vista • Conflittualità diffusa • Necessità di trovare una soluzione nell’immediato
Setting
Il luogo ideale dove svolgere un Open Space Technology deve essere dotato di una stanza abbastanza grande da poter ospitare tutti i partecipanti seduti in circolo ed altre stanze più piccole, facilmente raggiungibili, per i gruppi che si formeranno nelle fasi di lavoro. Lo spazio non deve essere particolarmente strutturato, è importante invece che sia confortevole. Elementi fisici, come tavoli e scrivanie, non servono, occupano solo spazio ed intralciano i movimenti delle persone.
Nella stanza centrale deve esserci una parete dove poter sistemare i cartelloni prodotti dal gruppo, che devono essere ben visibili e facilmente accessibili. Una parte della stanza ospita la zona computer/fotocopiatrice, adibita alla redazione dell’instant report, mentre un’altra sarà la zona coffe break.
È importante che i partecipanti siano seduti in circolo su delle sedie, è importante che le sedie si possano spostare con facilità, il centro del circolo deve essere vuoto, così che tutti si possano guardare negli occhi e sentire alla pari degli altri. In questo modo, già dal principio si viene a creare una sensazione di uguaglianza e partecipazione.
Il lavoro del facilitatore
Facilitare un open Space Technology è un’esperienza molto diversa da ogni altra esperienza di facilitazione, il desiderio di avere il controllo sugli eventi deve essere messo da parte. Il facilitatore deve prima di tutto definire i tempi, gli spazi, lanciare il tema da discutere e spiegare la legge ed i quattro principi. Quando il gruppo è sistemato in cerchio egli deve “aprire lo spazio” entrando al centro. Prendere la parola per presentare il tema da discutere e spiegare che il muro vuoto nella stanza centrale rappresenta il programma di lavoro e che esso sarà costruito sul momento e dai partecipanti stessi.
Il muro sarà la bacheca ed il gruppo la riempirà con le sue proposte. Ora il facilitatore deve spiegare come effettuare questa operazione: ogni persona che pensa di avere un argomento di discussione sul tema deve scriverlo su di un cartoncino, poi alzarsi e presentarlo al gruppo, tenendo ben presente che chi ha proposto l’argomento sia certo di averlo particolarmente a cuore e che non pensi che qualcun altro debba occuparsene. Quando i temi saranno esauriti ogni promotore dovrà attaccare alla bacheca il suo cartoncino, una volta terminata questa operazione tutti potranno osservare i vari argomenti emersi e decidere a quale gruppo intendono unirsi. I gruppi formati saranno autogestiti e produrranno, una volta esauriti gli argomenti di discussione, un report che unito a quelli degli altri gruppi andrà a formare l’instant report di fine lavori.
Al termine della giornata è prevista la sessione di chiusura, oppure sessione di aggiornamento dei lavori se l’Open Space Technology e di più giorni. Non necessita di particolari formalità, ci si mette nuovamente tutti in cerchio ed il facilitatore chiede se qualcuno abbia voglia di esprimere la sua opinione sul lavoro svolto e cosa abbia intenzione di fare alla luce dei fatti emersi.
La fase conclusiva consiste nella redazione dei report. Ogni gruppo di lavoro produce un report alla fine di ogni sessione, basta inserire i dati emersi durante la discussione del tema proposto in un computer e poi stamparli. I rispettivi report vengono appesi al muro centrale, in modo che tutti possano costantemente consultarli. Poco prima della fine della giornata i singoli report vengono uniti in un unico documento e ad ognuno dei partecipanti ne viene fornita una copia personale.
Può sembrare che il facilitatore, una volta esaurita la fase iniziale di spiegazione, abbia pressoché terminato il suo compito, ma non è così. Egli deve essere sempre presente, ovviamente fisicamente, ma anche mentalmente concentrato e sempre disponibile. Deve trasmettere sicurezza e tranquillità, dire sempre la verità in modo da guadagnarsi la fiducia delle persone. Infine deve essere capace di non tentare di controllare gli eventi per portarli ad un punto da lui preventivamente deciso, un atteggiamento simile porterebbe al sicuro fallimento dell’Open Space Technology.
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