Guerra sovietico-polacca
File:Polonia-russia.JPG
Confini russo-polacchi nel 1920; linea verde: massima avanzata polacca (1919-20) - linea rossa: massima avanzata russa (1920)
Data14 febbraio 1919 - 18 marzo 1921
LuogoEuropa centrale e orientale
EsitoPace di Riga
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
Da 50 000 ai primi del 1919 a 800 000 nell'agosto 1920[1]Da 50 000 ai primi del 1919 a 738 000 nell'agosto 1920[1]
Perdite
47 571 morti
113 518 feriti
51 351 prigionieri
80 000 prigionieri
stimati 60.000 morti
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La guerra sovietico-polacca, anche nota come guerra polacco-bolscevica, fu un conflitto armato che vide contrapposti da una parte la Repubblica di Polonia, appena ricostituitasi come stato indipendente dopo più di un secolo di dominazione straniera, e il governo nazionalista ucraino in esilio, e dall'altra la Russia sovietica già in lotta contro le armate controrivoluzionarie.

La guerra ebbe inizio con l'invasione polacca di Lituania, Bielorussia e Ucraina, allo scopo di ricreare una Grande Polonia; tuttavia, l'Armata rossa sovietica si riorganizzò e passò alla controffensiva infliggendo pesanti sconfitte all'esercito polacco, liberando l'Ucraina e avanzando nel cuore della Polonia in direzione di Varsavia. Quando ormai la caduta della capitale polacca sembrava imminente e l'avanzata delle truppe bolsceviche russe inarrestabile, una controffensiva polacca portò alla sconfitta dei sovietici alle porte di Varsavia e consentì alla Polonia di riguadagnare una parte del terreno perduto. La guerra si concluse con un compromesso tra le parti sancito dal trattato di Riga del marzo 1921 che portò ad una spartizione della Bielorussia e dell'Ucraina tra la Russia sovietica e la Polonia. Alla neonata repubblica di Lituania, invece, i polacchi riuscirono a strappare la capitale, Vilnius.

I motivi del conflitto

Il conflitto fu una diretta conseguenza della decisione dei comandi della Oberkomando-Ostfront, l'armata tedesca dislocata ad oriente fra Konigsberg e Kiev lungo i confini stabiliti dalla pace di Brest-Litovsk fra Germania e Russia sovietica, ed ancora in armi nonostante l'armistizio, di smobilitare, lasciando vasti territori della Bielorussia e dell'Ucraina privi di controllo.[1] Mentre la Russia era in uno stato di estrema debolezza a causa della guerra civile, la Polonia intravide un'opportunità di espandersi verso est. I polacchi colsero l'occasione ed avanzarono. Per i russi la guerra fu sia una risposta all'aggressione polacca che un'opportunità di esportare ad ovest la rivoluzione.[2]

 
Il generale polacco Listowski e l'ucraino Petlura (i due a sinistra), nel 1920

Il 6 novembre del 1916, nel pieno della Prima guerra mondiale, l'Austria-Ungheria e la Germania, nel tentativo di quietare il risorgente nazionalismo polacco, si erano accordate per la creazione di un "Regno di Polonia" autonomo. Il 7 ottobre 1918, con gli Imperi centrali in via di disfacimento e la Russia precipitata nel caos della guerra civile seguita alla rivoluzione, il Consiglio di reggenza del "Regno di Polonia" a Varsavia, proclamò l'indipendenza polacca con la riunificazione delle tre porzioni di territorio che prima della guerra erano sotto dominazione tedesca, russa e austro-ungarica, chiamando alla presidenza del nuovo stato Józef Klemens Piłsudski, che assunse subito dopo il grado di maresciallo e di comandante delle forze armate.

Alla conferenza di Versailles, fra le forze della Triplice Intesa, che pose le basi del nuovo assetto europeo dopo la guerra, l'assenza della Russia, per via della pace separata con la Germania conclusa da Lenin a Brest-Litovsk nella primavera del 1918 e del mancato riconoscimento della Russia sovietica da parte delle potenze vincitrici, impedì un accordo sulle frontiere orientali del nuovo stato polacco.

 
Le aeree a maggioranza polacca secondo una mappa statistica del 1910.

Nella visione politica del nuovo capo di stato polacco, Piłsudski, era una priorità per la Polonia ritornare alle frontiere del 1772, cioè quelle antecedenti la prima spartizione della Polonia, e che includevano parti cospicue di territorio ucraino e bielorusso. Per raggiungere tale obiettivo, Piłsudski, tentò di far risorgere l'idea, cara al nazionalismo romantico polacco, della Confederazione polacco-lituana istituita nel XIV secolo dai re della dinastia degli Jagelloni. Nell'idea di Piłsudski avrebbe dovuto nascere una nuova federazione formata dalle repubbliche indipendenti di Ucraina, Bielorussia e Lituania unite alla Polonia sotto l'egida di quest'ultima.

Questa ambiziosa idea naufragò immediatamente. I lituani, che nell'antica confederazione medievale erano la controparte della Polonia, erano animati da forte nazionalismo e per nulla disposti a rinunciare all'appena acquisita indipendenza. L'Ucraina era in uno stato di guerra civile e di anarchia, segnato dall'esistenza di più entità statali separate con continui cambi di fazioni al potere, e teatro della lotta fra le truppe bolsceviche e le armate controrivoluzionarie. I bielorussi non avevano ancora maturato pienamente una coscienza nazionale e quindi erano poco interessati sia all'idea dell'indipendenza che alle proposte di unione di Piłsudski.

Con sorprendente simmetria rispetto al diverso atteggiamento che gli storici polacchi e tedeschi avevano nei confronti della "Drang nach Osten", la spinta verso oriente attuata dall’espansionismo tedesco, a partire dal XIX secolo, mentre ucraini e bielorussi sottolineavano il carattere aggressivo e colonizzatore della spinta espansionista polacca, di contro i polacchi sottolineavano la loro missione civilizzatrice nelle terre orientali poco sviluppate e in ritardo rispetto al resto d’Europa. Per gli ucraini, polacco era sinonimo di espansione, non solo economica, a discapito dell’Ucraina. La Polonia aveva colonizzato l’aristocrazia ucraina e ne erano scaturiti due modelli di civiltà: quella signorile (polonizzata) e quella contadina (ruteno-ucraina). Ma nell'Impero russo il risorgimento nazionale delle popolazioni ucraine e bielorusse coincise con la rivolta delle masse contadine contro la classe dei proprietari terrieri polacchi, o polonizzati, se di origine lituana e rutena: l'odiata "szlachta" polacca. Per cui mentre da una parte si faceva strada all’inizio del XX secolo un rinnovato sentimento polacco, una rafforzata insistenza sul carattere polacco che trascendeva le frontiere imposte da Austria, Russia e Prussia, dall'altra venivano meno i rapporti tra le diverse nazioni precedentemente unite nell’Unione della Corona polacca e del Granducato di Lituania che rifiutavano questa ri-polonizzazione delle coscienze, appunto perché invadeva il processo di nazionalizzazione altrui, opponendosi alla presa di coscienza ucraina, lituana e bielorussa. Questo carattere aggressivo del nazionalismo polacco sarebbe stato confermato già a partire dalla Costituzione polacca del 1921, per la quale i non polacchi erano formalmente cittadini a pieno titolo, ma de facto venivano considerati cittadini di serie B, con meno diritti dei polacchi. Col passare degli anni i governi polacchi combatterono in modo sempre più fermo gli ucraini e i bielorussi che aspiravano a sviluppare la propria cultura: le scuole ucraine dovettero diventare bilingui, quelle bielorusse vennero chiuse. Agli ebrei venne preclusa la possibilità di accedere ai diritti collettivi come minoranza e vennero respinte le rivendicazioni autonomistiche ucraine nella Galizia orientale.[3]

 
Józef Piłsudski.

Oltretutto, la proposta di Piłsudski era alquanto ambigua: egli non precisò mai che cosa intendesse effettivamente realizzare, per cui la sua idea di federazione restò qualcosa di astratto, una specie di sogno romantico trasferito nel nuovo secolo direttamente dal nazionalismo romantico polacco dell'Ottocento, come lo era d'altra parte la sua idea di "nazione polacca", slegata sia dal concetto di etnia che da quello di territorio. Nell'idea di Piłsudski le due entità della vecchia confederazione, Polonia e Lituania, avrebbero dovuto avere in comune difesa e politica estera mantenendo la propria indipendenza amministrativa. Molti lituani videro in tale concezione semplicemente una maschera dell'imperialismo polacco.[4] Nel 1880, il grande scrittore polacco Bolesław Prus attaccò il nazionalismo romantico polacco in un editoriale che si può applicare anche al nazionalismo di Piłsudski: «Queste persone non amano il paese e la società reali in cui viviamo e che costituiscono la reale patria umana, ma sono innamorate di una qualche costruzione mentale edificata su memorie andate e vaghi desideri».[5] Non deve quindi sorprendere che una tale idea avesse ben poco appeal per i lituani, gli ucraini e i bielorussi contemporanei di Piłsudski. Infatti, molti di loro sospettarono che la sua proposta di federazione, alla fine, non fosse altro che scambiare la tutela delle grandi potenze con qualcosa che li avrebbe tutelati meno, diventando nel contempo oggetto di una sfera d'influenza polacca.[6]

D'altra parte Piłsudski, nei fatti, era ben poco romantico quanto piuttosto molto realista e ben conscio che le frontiere all'interno degli ex imperi russo, tedesco ed austro-ungarico sarebbero state decise con le armi. Nel 1919 scrisse all'amico Leon Wasielewski:

«Mi aspetto che nei prossimi giorni sarò in grado di spalancare le porte della nostra politica lituana-bielorussa. Tu conosci la mia visione su questa questione, che si riduce al fatto che non voglio essere né un federalista né un imperialista finché posso parlare di queste cose un po' sul serio - con una pistola in tasca.»

E riguardo alla Russia:

«Chiusa entro le frontiere del XVI secolo, tagliata fuori dal Mar Nero e dal Mar Baltico, privata della terra e delle risorse minerarie del sud e del sud-est, la Russia potrebbe facilmente essere portata allo stato di una potenza di secondo ordine. La Polonia, in quanto il più grande ed il più forte dei nuovi stati, potrebbe facilmente stabilire una propria sfera d'influenza estendentesi dalla Finlandia al Caucaso»

In più, gli Alleati occidentali erano contrari alla proposta di Piłsudski, nella quale intravedevano null'altro che il tentativo della Polonia di espandersi a spese della Russia. Sia i francesi che i britannici chiesero ai polacchi di limitare le frontiere orientali a quelle corrispondenti ad una divisione etnica, vedendo nella Russia bolscevica solo una stato temporaneo di cose che presto sarebbe stato spazzato via dalle armate bianche da essi attivamente supportate.

La geografia del teatro d'operazioni

La geografia dell'Europa centrale ed orientale ebbe un ruolo significativo nella Guerra sovietico-polacca. Il teatro d'operazioni era immenso. Il fronte di estendeva per più di mille km, circa la metà dei quali erano usabili per le maggiori operazioni, ed era limitato a nord dal Baltico, a sud dai Carpazi, ad ovest dalla Vistola e ad est dal Dnepr: un'area di forma triangolare con Varsavia, Smolensk e Charkiv ai vertici. Quest'area è attraversata da una serie di ostacoli naturali: una sistema di fiumi, come il Narew (che confluisce nella Vistola da nord-est), e il Bug (che scorre verso nord prima di piegare ad ovest presso Brest per confluire nel Narew); la regione boscosa dei Laghi Masuri a nord; le paludi del Pripyat al centro. Queste paludi rappresentano il maggior ostacolo naturale agli spostamenti; in genere sono considerate insuperabili e sdoppiano il percorso che da est conduce verso Varsavia in due settori separati: a nord, lungo la direttrice Mosca-Minsk-Varsavia, e a sud, lungo l'asse Kiev-Lublino-Varsavia. Ad ovest, le Paludi del Pripyat si aprono in una pianura dove i due settori convergono in prossimità di Brest. Quest'area non solo canalizza gli spostamenti lungo la direttrice est-ovest, ma limita la libertà di movimento lungo l'asse nord-sud. Le strade erano incapaci di sostenere le linee di comunicazione di un esercito: ad est del Bug vi erano solo due strade asfaltate, in pratica ad una sola corsia di marcia; le vie secondarie variavano, a seconda delle condizioni meteorologiche, fra l'essere una palude di fango in primavera e una distesa polverosa piena di buche in estate; i ponti erano scarsi o danneggiati come risultato delle operazioni militari della Prima guerra mondiale.[8]

L'esercito polacco

 
Il generale Józef Haller con i soldati dell'Armata Blu.
 
Soldati della divisione siberiana del colonnello Rumsza.

L'inizio della nascita dell'esercito polacco può essere fatta risalire al 1910, quando Piłsudski incominciò a creare le "associazioni di fucilieri" che avrebbero dovuto servire come base per la nascita di un futuro esercito polacco. Queste associazioni erano segretamente supportate dal Partito Socialista Polacco e dall'Unione per la Lotta Attiva (ZWC), un'organizzazione militare segreta, e fornivano un addestramento militare di base. Durante la prima guerra mondiale contingenti polacchi combatterono negli eserciti russo, tedesco, austriaco e francese. Sotto il controllo austriaco furono formate le Legioni polacche, come brigate indipendenti, nella tradizione di quelle che avevano combattuto durante le guerre napoleoniche. Nel 1916 le tre brigate delle Legioni polacche contavano 12 000 uomini. Dopo la fine della guerra le Legioni polacche si sbandarono e gli uomini tornarono alle loro case per poi passare nell'esercito polacco. Il Comitato Nazionale Polacco (PKN) costituì un piccolo esercito polacco in Francia reclutando uomini fra i polacco-americani, gli immigrati che vivevano in Francia, disertori degli Imperi centrali e prigionieri di guerra. Alla fine del 1918 l'Armata Blu, chiamata così dal colore delle uniformi francesi che indossava, era comandata dal generale Józef Haller, composta da 15 000 uomini e includeva un reggimento di 70 carri. Questi uomini raggiunsero la Polonia nella primavera del 1919 prendendo parte alla Guerra polacco-ucraina nella Galizia orientale ed erano la forza meglio addestrata dell'esercito polacco.[9]

Quando Piłsudski ritornò a Varsavia (dopo essere stato imprigionato dalle autorità austriache), nel novembre del 1918, prese il comando dell'esercito. All'epoca l'esercito polacco poteva contare su tre reggimenti di fanteria e su tre squadroni di cavalleria provenienti dalla Polnische Wehrmacht, in totale 9 000 uomini; in pratica ciò che restava delle unità militari polacche create dai tedeschi fra il 1917 e il 1918.[10] Uomini e ufficiali provenienti dai vari fronti si unirono all'esercito. In giugno la Divisione polacca del generale Lucjan Zeligowski, partendo da Odessa, sul Mar Nero, raggiunse Leopoli dopo una marcia di tre mesi attraverso i Balcani. Un distaccamento polacco da Murmansk, nel nord della Russia, raggiunse la Polonia alla fine del 1919 e i 10 000 sopravvissuti della Divisione siberiana del colonnello Rumsza, provenienti da Vladivostok, raggiunsero il porto di Danzica nel luglio 1920.

La coscrizione obbligatoria, introdotta nel marzo 1919, moltiplicò in breve gli uomini disponibili: includendo volontari e coscritti, l'esercito raggiunse una forza di 740 000 uomini nella primavera del 1920. Questi erano organizzati in ventuno divisioni di fanteria e sette brigate di cavalleria. In generale la leadership delle forze armate era debole e non godeva di molta fiducia, fatta eccezione per pochi uomini come Piłsudski, Haller, e il capo dello stato maggiore, il generale Tadeusz Rozwadowski.[11]

La sfida maggiore che dovette affrontare Piłsudski nella creazione dell'esercito polacco, fu riuscire ad amalgamare, equipaggiare ed addestrare a combattere insieme uomini provenienti da ogni parte d'Europa, che parlavano lingue diverse ed avevano ricevuto un addestramento diverso a seconda dell'esercito in cui avevano combattuto.[12] L'equipaggiamento prevedeva almeno quattro differenti tipi di fucile: il Lebel francese, il Mannlicher austriaco, il Berdan russo o il Mauser tedesco. Ognuno con un differente munizionamento. Mentre per l'artiglieria il 75mm francese era l'equipaggiamento standard ma scarseggiavano le munizioni.[13] L'addestramento era molto carente, solo alcune unità d'élite erano in grado di ingaggiare battaglia. La maggior parte delle formazioni erano in grado solo di eseguire compiti di base. Nel tentativo di fornire una migliore coesione, la Francia inviò una missione composta da 400 ufficiali per addestrare i quadri, ma il loro arrivo non fu uniformemente ben visto.[14] L'esercito polacco utilizzava anche treni blindati, provvisti di cannoni di grosso calibro, che operavano come navi da battaglia terrestri e servivano anche a trasportare artiglieria pesante, cavalli e aeroplani. Vi era una piccola forza aerea nella quale militavano anche volontari americani che avevano servito in Francia nello Squadriglia Lafayette.[15] Fra gli aeroplani della eterogenea aviazione polacca vi erano 20 caccia italiani Ansaldo A1 Balilla che equipaggiarono la famosa squadriglia Kościuszko a partire dal giugno 1920.[16]

L'Armata Rossa

«L'Armata rossa è un'orda, e la sua forza sta nel suo essere un'orda»
 
Soldati dell'Armata rossa con una mitragliatrice Maxim
 
Una tachanka catturata dai tedeschi durante la prima guerra mondiale.

L'Armata rossa nacque il 18 gennaio 1918 sotto la direzione di Lev Trotsky. All'inizio Trotsky non aveva un'idea certa su come formare il nuovo esercito. Le forze a disposizione erano formate da poche truppe lettoni dell'armata zarista a cui si aggiungevano uomini delle Guardie rosse e alcuni battaglioni dei marinai della base di Kronstadt. Ben presto arrivarono volontari da ogni parte della Russia per completare i ranghi, ed in aprile già erano circa 100 000 gli uomini a disposizione, che crebbero ulteriormente dopo la decisione di Trotsky di istituire la leva obbligatoria. Poiché la maggior parte degli uomini non aveva alcun addestramento militare, si ricorse agli ex ufficiali dell'armata imperiale zarista emanando, il 29 luglio 1918, l'ordine n. 228 che comandava la generale mobilitazione degli ex ufficiali zaristi. Stessa procedura fu usata per reclutare i sottufficiali e il personale amministrativo.[18] Nell'agosto del 1920, 48 000 ufficiali, 214 000 sottufficiali e 10 000 unità di personale amministrativo, provenienti dall'armata zarista, erano in servizio nell'Armata rossa.[19]

Per essere sicuro della fedeltà degli ex ufficiali zaristi, Trotsky istituì un sistema centrale di controllo composto da commissari politici che operavano al loro fianco in una gerarchia parallela che duplicava la catena di comando. Per reclutare e istruire gli ufficiali, fu istituito un corso nel febbraio 1918. Comunque, fino alla guerra sovietico-polacca, il miglior addestramento per gli uomini dell'Armata rossa fu l'esperienza fatta nella guerra civile. La guerra diede l'opportunità a molti giovani ufficiali di provare il loro talento e la loro genuina fede nella rivoluzione. Fra questi si distinsero Tuchačevskij ed Egorov, che comandarono i fronti durante la guerra sovietico-polacca, e Chuikov e Zhukov, futuri marescialli durante la Seconda guerra mondiale.[20]

Inoltre la guerra civile fu per l'Armata rossa una scuola di combattimento che alterò la percezione tradizionale sulla relazione esistente fra spazio e disposizione delle forze: la guerra fu caratterizzata dal movimento, enfatizzando l'importanza delle linee di comunicazione e del comando centralizzato. Grazie alla sua mobilità, la cavalleria riguadagnò la propria posizione di arma decisiva, in contrasto con ciò che era avvenuto nella Prima guerra mondiale. La natura fluida della guerra aumentò l'importanza dell'avere a disposizione una riserva principale per bloccare le penetrazioni avversarie e contrattaccare. Inoltre, la guerra portò alla formazione di un efficace stato maggiore, capace di pensare concettualmente su grande scala in modo da saper pianificare le operazioni e controllare e posizionare le forze entro un teatro di operazioni molto ampio.[21]

Al contrario dell'esercito polacco, l'Armata rossa aveva una singola arma di base: il fucile Lebel, del quale vi era una grande disponibilità, sia come armi che come munizioni lasciate dall'armata zarista, e due fabbriche che ancora lo avevano in produzione. Sebbene poco preciso sulla lunga distanza, si trattava comunque di un'arma robusta ed affidabile. Dal 1920, comunque, la rapida espansione dell'Armata rossa aveva reso insufficiente la produzione di armi e munizioni per poter equipaggiare l'intera forza armata ma, per fortuna, con la progressiva sconfitta delle armate bianche, erano state catturate grandi quantità di armi e munizioni di produzione francese e inglese.[22] Nella guerra di mobilità che caratterizzò la guerra civile, due armi giocarono un ruolo fondamentale: la mitragliatrice russa Maxim, un'arma robusta e pressoché indistruttibile che poteva sparare per lunghi periodi senza necessità di manutenzione, e la Tachanka, un carro a molle trainato da cavalli e armato con una mitragliatrice, in grado di offrire una combinazione di mobilità e volume di fuoco molto importante durante gli attacchi e le ritirate.[23]

All'inizio della Guerra sovietico-polacca, l'Armata rossa si era evoluta in una forza da combattimento credibile: l'armata, nata dalla rivoluzione, aveva una propria dottrina e una propria tattica sull'impiego delle forze, una sufficiente esperienza di combattimento e una base industriale in via di sviluppo a proprio supporto.[24]

Antefatti

Dopo il crollo dell'Impero russo a seguito della rivoluzione, in Ucraina venne istituita la Rada Centrale Ucraina che proclamò, il 25 gennaio 1918, la nascita della Repubblica Popolare Ucraina, mentre a sud si formava la Repubblica Sovietica del Donetsk-Krivoy Rog. Dopo la pace di Brest-Litovsk, fra Russia sovietica e Germania, l'intero territorio venne occupato dai tedeschi che insediarono al potere l'etmano Pavlo Skoropad'skyj. Dopo il crollo della Germania, i socialisti ucraini istituirono il Direttorato che, nel gennaio 1919, si unì formalmente con la Repubblica Popolare dell'Ucraina Occidentale, o Repubblica Nazionale dell'Ucraina Occidentale, nata nel territorio della Galizia orientale che era stato sotto dominazione austro-ungarica. A seguito della Guerra polacco-ucraina, il territorio dell'Ucraina Occidentale venne incorporato nella Polonia nel luglio del 1919. Fra il 1918 e il 1920, in una situazione di totale caos, si affrontarono in Ucraina ben 11 eserciti fra armate bianche, bolsceviche, polacche, anarchiche, forze autonomiste e truppe della Triplice Intesa. Nel 1920, il Paese era diviso in varie entità statali distinte, ognuna controllata da una diversa fazione. Piłsudski scelse di appoggiarsi a quella guidata dal capo cosacco Simon Petljura, socialista, ma accesamente antirusso e antibolscevico.[25] Il patto, firmato il il 1 aprile 1920, sembrava molto vantaggioso per entrambi: in cambio dell’aiuto polacco per recuperare il potere a Kiev, Petljura avrebbe riconosciuto l'annessione alla Polonia della Galizia orientale (ricca di petrolio) e della città di Leopoli.[25]

In Bielorussia, il 25 marzo 1918, sotto occupazione tedesca, era stata proclamata la nascita della Repubblica Popolare Bielorussa, a cui era seguita, dopo la ritirata tedesca, la nascita della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa nel gennaio 1919.

La Lituania si era dichiarata indipendente nel febbraio del 1918, sotto occupazione tedesca, e dopo la fine della guerra, il 4 aprile 1919, si era costituita in repubblica rivendicando come capitale Vilnius, capitale storica del Granducato di Lituania. Vilnius era rivendicata anche dalla Polonia, in quanto la maggior parte della popolazione della città era polacca o ebraica. L'infiltrazione bolscevica portò allo scoppio della Guerra lituano-sovietica e alla nascita nella parte meridionale del paese, nel dicembre del 1919, della RSS Lituana con capitale Vilnius, che, nel febbraio 1919, si unì con la RSS Bielorussa a formare la Repubblica Socialista Sovietica Lituano Bielorussa.

La guerra

L'invasione polacca

 
L'arrivo delle truppe polacche a Kiev.

Preannunciata da alcuni scontri di frontiera all'inizio del 1919 (battaglia di Bereza Kartuska - febbraio 1919), anche se una frontiera certa non esisteva, la guerra iniziò con l'avanzata dell'esercito polacco verso Vilnius (occupata in aprile), da cui fu espulso il governo sovietico della RSS Lituano-Bielorussa, e verso Minsk (conquistata l'8 agosto), e precipitò nella primavera successiva con il dilagare dell'esercito polacco, fiancheggiato dalle truppe ucraine dell'atamano Simon Petljura, in Ucraina e la conquista, l'8 maggio 1920, della città di Kiev[26],che, in tal modo, cambiava padrone per la quindicesima volta in tre anni.[25]

L'Armata rossa, già impegnata su almeno 15 fronti contemporaneamente (le armate bianche di Yudenich davanti Pietrogrado, di Kolchak in Siberia e di Denikin sul Volga; le truppe britanniche ad Arcangelo, Murmansk e nel Caucaso; quelle francesi ad Odessa; quelle americane e giapponesi a Vladivostok), praticamente si ritirò senza combattere. Tatticamente l'operazione fu un successo per i polacchi, ma strategicamente fu un fallimento: l'esercito polacco estese il proprio fronte e disperse le proprie forze, senza riuscire a conseguire l'obiettivo primario che si era prefisso Piłsudski: annientare l'Armata rossa.[27] Piłsudski sperava anche che l'arrivo delle truppe polacche avrebbe indotto la popolazione ucraina a sollevarsi contro i bolscevichi, ma non vi fu alcuna sollevazione: se i sovietici avevano il sostegno di almeno una parte della popolazione, viceversa i polacchi erano generalmente malvisti. Nel dicembre del 1919 e poi nel gennaio del 1920, Lenin avanzò proposte di pace al governo polacco offrendo condizioni molto vantaggiose: le proposte furono rigettate.

La controffensiva dell'Armata Rossa

 
Il generale Michail Tuchačevskij, comandante del Fronte Nord-occidentale sovietico.
«Vi mostreremo la nostra brutta faccia asiatica»

Di conseguenza, Lev Trotsky ordinò una grande controffensiva dando, il 7 maggio 1920, il comando del fronte nord-occidentale al generale Tuchačevskij, allora appena 27enne, che dopo una rapida preparazione, il 15 maggio, lanciò una prima offensiva impadronendosi del nodo ferroviario di Molochevski. Questa azione segnò l'inizio di due grandi offensive lanciate contemporaneamente contro il fronte nord (bielorusso) e quello sud (ucraino) dello schieramento polacco.[29]
A nord, un attacco di supporto contro l'ala destra del fronte bielorusso dello schieramento polacco, seguito dall'attacco principale condotto dalla 15ª armata contro l'ala sinistra, per ricacciare i polacchi verso le Paludi del Pripyat, mentre la 16ª armata attraversava la Berezina per tagliare la strada ai rinforzi polacchi e dividere il fronte.[30]
A sud, la famosa Prima armata di cavalleria del generale Budënnyj[31], attaccava l'ala destra del fronte sud (ucraino).[32]
La controffensiva sovietica colse di sorpresa i polacchi: Piłsudski fu costretto ad utilizzare le sue riserve e a indebolire il fronte meridionale per proteggere Varsavia; con una serie di contrattacchi l'esercito polacco riuscì a ristabilire la situazione a nord, ma a sud fu costretto a ritirarsi: 13 giugno Kiev venne liberata.[33] Nelle settimane che seguirono Tuchačevskij riorganizzò le proprie forze e ricevette rinforzi che portarono a circa 200 000 gli uomini a sua disposizione, mentre, nonostante i rinforzi, le truppe polacche arrivarono a non più di 120 000 uomini a causa delle continue diserzioni di massa.[34]

«Le truppe arruolate sotto la Bandiera rossa sono ora pronte a combattere fino alla morte le forze dell'Aquila bianca; vendicare il disonore di Kiev e affogare il governo criminale di Piłsudski nel sangue dell'esercito polacco annientato. Il destino della rivoluzione mondiale sarà deciso sul fronte occidentale. La via della conflagrazione mondiale passa sui corpi dei soldati polacchi.
Avanti a Vilnius, Minsk e Varsavia!»
 
Soldati dell'Armata rossa a Kiev nell'estate del 1920.
File:Prima armata cavallo.png
Soldati bolscevichi della Prima armata di cavalleria attraversano un villaggio.

Il 4 luglio l'Armata rossa iniziò una seconda controffensiva contro l'intero fronte avversario: dopo una pesante preparazione di artiglieria, all'alba, Tuchačevskij lanciò all'attacco quattro armate contro la 1ª e la 4ª armata polacche, lungo l'asse della ferrovia Smolensk-Brest-Litovsk. Al tramonto i polacchi si erano dovuti ritirare per 25 km subendo pesanti perdite sotto la continua minaccia di essere aggirati e accerchiati dalla cavalleria sovietica.[35] Piłsudski scrisse che l'avanzata dell'Armata rossa dava «l'impressione di qualcosa di inerrastabile, una grande e mostruosa nube che nessun ostacolo può fermare... gli uomini tremavano e il cuore dei soldati cominciava a cedere».[36] Il 7 luglio i polacchi incominciarono a ritirarsi sull'intero fronte. L'11 luglio l'Armata rossa entrò a Minsk, il 14 luglio oltrepassò Vilnius. In trenta giorni l'esercito polacco fu costretto ad arretrare di 300 km. Il 1° agosto Tuchačevskij è a Brest, e, dopo una veloce marcia, il 6 agosto è a 50 km da Varsavia.[37]
A sud, la Prima armata di Budënnyj, insieme alla 12ª e alla 14ª armata del fronte sud-occidentale sotto il comando del generale Aleksandr Egorov, dopo aver occupato Kiev, proseguirono l'offensiva: caddero, l'una dopo l'altra, Berdyčiv, Žytomyr e Rovno, sede del comando del generale Piłsudski. Entro la metà di giugno l'intera Ucraina era liberata. Dopo aver oltrepassato il fiume Zbruč, le armate di Budënnyj ed Egorov proseguirono in direzione di Leopoli.[38]
Parve in quel momento che i bolscevichi russi fossero sul punto di seguire l'esempio dei giacobini francesi, affidando ai loro eserciti il compito di diffondere la rivoluzione in Europa. Durante la precipitosa ritirata le truppe polacche si abbandonarono ad ogni genere di violenza contro le popolazioni delle regioni attraversate, compresa l'organizzazione di pogrom.[39][40] Nuove violenze si ebbero al passaggio delle truppe bolsceviche.[41][42]

La Polonia, che vedeva messa in forse la sua stessa sopravvivenza come nazione indipendente, chiese aiuti militari ed economici a Francia e Gran Bretagna. Ma la situazione per i polacchi si faceva molto difficile. Gli aiuti promessi da francesi e britannici tardavano ad arrivare: la Germania aveva proclamato la propria neutralità ed aveva rifiutato il permesso di transito ai rifornimenti provenienti dalla Francia; i ferrovieri cecoslovacchi si rifiutavano di guidare i treni che trasportavano armi destinate alla Polonia e i portuali britannici minacciavano lo sciopero se costretti a caricare le navi con le armi inviate ai polacchi e quelli tedeschi del porto di Danzica se costretti a scaricarle. Cionondimeno alcuni rifornimenti poterono giungere in Polonia attraverso il porto peschereccio di Gdynia, nel corridoio polacco, mentre il carico delle navi francesi che sostavano al largo di Danzica fu trasferito su barconi e trasportato lungo la Vistola fino a Dirschau ("Tczew" in polacco), da dove fu caricato su treni merci per Varsavia.[15] In tal modo, il ministro della guerra Soskowski, riuscì a rifornire, entro il 1° luglio, l'esercito polacco con 73 nuove batterie, 200 cannoni da campagna, 1000 mitragliatrici e 20 000 cavalli.[43] Inoltre furono arruolati 100 000 volontari. La distruzione sistematica delle ferrovie, operata dai polacchi, costrinse l'Armata rossa a trasportare i rifornimenti su carri o automezzi, e quella delle linee telegrafiche ad affidarsi ai portaordini a cavallo per mantenere le comunicazioni fra i reparti e i comandi.

A questo punto, con la Polonia seriamente in pericolo e la possibilità che i bolscevichi riuscissero a collegarsi direttamente con i movimenti operai comunisti tedeschi portando la rivoluzione nell'Europa centrale, il governo del Regno Unito, per mezzo del proprio ministero degli esteri, George Nahaniel Curzon, inviò al governo sovietico una nota invitandolo a cessare le ostilità contro la Polonia e a riconoscere il confine fra Polonia e Russia sovietica costituito dalla linea di demarcazione fissata dal Supremo Consiglio Alleato nel dicembre del 1919 (la cosiddetta Linea Curzon che passava per Suwałki, Grodno, Brest-Litovosk, poi per il medio corso del fiume Bug fino a Sokal' e che era già stata rifiutata da Piłsudski in dicembre). I sovietici rifiutarono argomentando nella risposta ufficiale, data dal Commissario per gli affari esteri Georgij Vasil'jevič Čičerin, che avrebbero trattato direttamente con i polacchi, quando questi sarebbero stati disposti ad un negoziato ufficiale, lamentandosi del tardivo intervento della diplomazia inglese e di come l'anno precedente i polacchi avessero rifiutato offerte di pace ben più generose di quelle prospettate dal piano britannico. Sospinti dagli Alleati i polacchi, infine, accettarono di trattare direttamente con i sovietici. I colloqui si svolsero a Minsk in agosto. I sovietici erano disposti a trattare sulla base della Linea Curzon B, che portava entro i confini della Russia sovietica la citta di Leopoli (in sostanza l'unica zona a maggioranza polacca del territorio conteso) e i campi petroliferi della Podolia, sebbene con correzioni territoriali a favore della Polonia nella zone di Bialystok e Kholm. Inoltre i polacchi si videro richiedere una zona di disarmo, che avrebbe dovuto essere sorvegliata da una "milizia operaia", e il diritto di libero transito per le merci e i passeggeri provenienti dalla Russia lungo la ferrovia Volkovysk-Grayevo. La proposta fu respinta dalla delegazione polacca.[15]

Battaglia di Varsavia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Varsavia (1920).
 
Battaglia di Varsavia: l'attacco sovietico.
 
Battaglia di Varsavia: il contrattacco polacco.
 
Carri armati francesi Renault FT-17 dell'esercito polacco durante la Battaglia di Varsavia.

Alla fine di luglio i sovietici sembravano vicini alla vittoria; una parte dei dirigenti sovietici nutriva un forte ottimismo; si credeva possibile organizzare una nuova Polonia sovietica; dopo Varsavia l'obiettivo sarebbe stato il ricongiungimento con i rivoluzionari tedeschi[44] e Lenin si spinse ad ipotizzare un'Unione bolscevica comprendente anche la Polonia, la Germania e l'Ungheria[45]. Lenin aveva fiducia in un'insurrezione generale del proletariato europeo. Nell'estate del 1920 a Pietrogrado si svolse il II Congresso dell'Internazionale comunista in un'atmosfera di grande euforia. I lavori si aprirono il 19 luglio, si parlò di "rivoluzione socialista europea", Lenin giunse al punto di proporre, per affrettare la vittoria, l'organizzazione di gruppi d'incursione travestiti da "verdi" con i quali effettuare l'eliminazione nei territori conquistati di preti, kulak e possidenti. Su una grande carta geografica i delegati potevano osservare la grande avanzata dell'Armata rossa verso occidente[46].

Un Polrevkom (Comitato rivoluzionario provvisorio polacco), formato da bolscevichi di origine polacca, venne creato a Smolensk il 24 luglio, e poi spostato successivamente a Minsk, Vilnius e, finalmente, a Bialystok il 30 luglio. Si sperava che esso avrebbe potuto formare il primo nucleo di un futuro un governo filosovietico polacco[47]. Il primo atto del Polrevkom fu un manifesto in cui si proclamava la nazionalizzazione delle fabbriche, delle foreste e della terra, ma si dichiaravano inviolabili le proprietà contadine.[15] L'ottimismo di Lenin non era condiviso né da Stalin e né da Trotsky; il primo riteneva scarsamente credibile il progetto di aggregare la Polonia e la Germania alla Russia sovietica come "fossero baschiri o ucraini"[45]. Trotsky e Radek, invece, dubitavano della possibilità d'innescare una rivoluzione delle masse popolari polacche contro i loro governanti, ritenendo più probabile un movimento nazionalista polacco sostenuto anche dalle masse operaie[48].

Ai primi di agosto, dal suo quartier generale di Minsk a 500 km da Varsavia, il generale Tuchačevskij incominciò a formulare i piani per l'assalto a Varsavia. Le forze a sua disposizione, come comandante del fronte nord-occidentale, consistevano in quattro armate (la 3ª, la 4ª, la 15ª e la 16ª), ognuna composta da quattro divisioni di fanteria; il III corpo di cavalleria (due divisioni) del generale Gaja Gaj, e il Gruppo Mozyr (equivalente a due divisioni) del generale Tikhon Khvesin. In totale circa 200 000 uomini.[49] Errori nei rapporti delle pattuglie di ricognizione, che non riuscirono a determinare la posizione effettiva delle difese polacche (e i rapporti, a causa della distruzione delle linee telegrafiche, impiegarono molto tempo per raggiungere Minsk), e nella ricognizione aerea, ostacolata dal cielo nuvoloso, portarono Tuchačevskij a convincersi che il grosso delle difese polacche fosse posizionato davanti a Varsavia[50] (Le unità polacche riuscirono a celare i loro movimenti, lungo i 300 km di fronte, grazie alla fitta nebbia e agli spostamenti effettuati in piccoli gruppi.[51]).
Il piano di Tuchačevskij era di attaccare e distruggere le forze polacche schierate a nord per poi aggirare lo schieramento polacco sul fianco sinistro. Secondo il piano di battaglia formulato l'8 agosto, i compiti assegnati alle unità erano i seguenti:[52]

  • III corpo di cavalleria: attraversare la Vistola a nord e tagliare le vie di comunicazione con Danzica;
  • 4ª armata: attraversare la Vistola a Plock;
  • 15ª armata: avanzare verso Modlin, alla confluenza del Narew con la Vistola, e insieme alla 3ª armata circondare Varsavia da nord;
  • 16ª armata: attaccare frontalmente le forze avversarie schierate a Radzym, davanti a Varsavia;
  • Gruppo Mozyr: avanzare verso Deblin a sud.

L'attacco era fissato per il 14 agosto. Il maggior difetto di questo piano era di non prevedere forze di riserva.[53] In effetti Tuchačevskij aveva richiesto al generale S. Kamenev, comandante supremo di tutte le forze sul fronte occidentale, di poter utilizzare anche le forze del fronte sud-occidentale, allora impegnato contro Leopoli, e, il 2 agosto 1920, il Politburo del Comitato Centrale, su iniziativa di Lenin, aveva deciso di unificare, sotto il comando del fronte nord-occidentale di Tuchačevskij, tutte le forze del fronte occidentale e di quello sud-occidentale, facendo convergere le forze di quest'ultimo verso Lublino, per poter sferrare l'attacco contro Varsavia con tutte le forze disponibili. La decisione, resa esecutiva il 5 agosto, venne però sabotata dal comandante del fronte sud-occidentale, Egorov, e dal Consiglio rivoluzionario militare della Prima armata di cavalleria presieduto da Stalin, che rifiutarono di mettersi agli ordini di Tuchačevskij. Facendo ricorso al proprio prestigio e alla propria autorità Tuchačevskij riuscì ad ottenere dal Comando supremo lo spostamento della 12ª armata e della Prima armata di cavalleria dal fronte sud-occidentale lungo la direttrice di Vladimir-Volynsk. Questa volta fu il comando della Prima armata di cavalleria (generali Budënnyj e Vorošilov) a fare resistenza e a ignorare le disposizioni superiori. La mancata unificazione dei due fronti, dovuta al comportamento di Egorov, Stalin, Budënnyj e Vorošilov, lasciò Tuchačevskij senza una riserva.[54]

Con l'Armata rossa alle porte di Varsavia, la situazione politica polacca si deteriorò. Il panico cominciò a farsi strada fra i politici; il governo di Leopold Skulski si dimise all'inizio di luglio e, mentre il potere di Piłsudski perdeva consenso, cresceva quello del suo principale oppositore Roman Dmowski. Dopo 15 giorni di trattative fu istituito un governo di crisi con a capo Wladislaw Grabski.[15] La speranza di Lenin era che i lavoratori polacchi considerassero l'esercito russo come il loro liberatore dal giogo capitalistico e quindi lo accogliessero insorgendo contro lo stato borghese. Ma come l'Armata rossa si avvicinò a Varsavia, minacciando la sopravvivenza della Polonia indipendente, il tradizionale spirito patriottico polacco si risvegliò. Gli operai polacchi risultarono assai più sensibili al richiamo del sentimento nazionale che a quello della solidarietà di classe. E il nazionalismo, unito alla tradizionale ostilità nei confronti della Russia, fu decisivo nello spingere i lavoratori polacchi a difendere la loro patria dal rischio di una dominazione sovietica.[25]
La propaganda di guerra polacca fece ampio uso di temi e motivi antisemiti. Numerosi volantini e cartoline postali raffigurarono gli ufficiali sovietici con le fattezze fisiche che la propaganda antisemita attribuiva agli ebrei. Anche la Chiesa cattolica polacca si allineò su queste posizioni. I vescovi polacchi lanciarono al resto del mondo cattolico un appello in cui il conflitto era interpretato in chiave escatologica e antisemita:[55]

«Il vero obiettivo del bolscevismo è la conquista del mondo. La razza che tiene in mano la direzione del bolscevismo ha già in passato soggiogato il mondo intero per mezzo dell'oro e delle banche, e ora, spinta dall'eterna cupidigia imperialista che scorre nelle sue vene, mira già a sottomettere definitivamente le nazioni al suo giogo... L'odio del bolscevismo è diretto contro Cristo e la sua Chiesa, soprattutto perché quelli che sono i capi del bolscevismo portano nel sangue l'odio tradizionale per il cristianesimo. Il bolscevismo è infatti la personificazione e l'incarnazione dello spirito dell'anticristo in terra.[56]»

Dopo le dure sconfitte subite dall'esercito polacco in luglio, Piłsudski capì che occorreva cambiare strategia. Durante l'offensiva dell'Armata rossa, l'esercito polacco aveva utilizzato la tattica della difesa in linea, alla quale era stato addestrato dai consulenti militari francesi, ma che aveva disperso le unità polacche lungo un fronte che si estendeva per 1500 km. Questa tattica risultò inefficace contro un nemico che era solito portare successivi attacchi in punti diversi dello schieramento avversario per poi irrompere attraverso le brecce così create seminando il panico nelle retrovie. Piłsudski decise di adottare una strategia, che venne poi chiamata "open air strategy", basata sulla mobilità e sulla velocità, allo scopo di attaccare i punti deboli del nemico con forze costantemente in movimento.[57]
La situazione per i polacchi era difficile: al nord, le armate di Tuchačevskij erano ammassate intorno a Varsavia; a sud, le armate di Egorov e la cavalleria di Budënnyj stringevano verso Leopoli. Tuttavia Piłsudski aveva un vantaggio: l'Armata rossa si era molto allontanata dalle sue basi e conseguentemente le sue linee di rifornimento si erano allungate; la distruzione delle linee ferroviarie costringeva i sovietici a dipendere dai trasporti su strada che avvenivano in condizioni molto difficili. I due fronti sovietici, quello nord-occidentale di Tuchačevskij e quello sud-occidentale di Egorov, erano collegati da uno schieramento molto debole incentrato su Lublino[58] A nulla erano valse le richieste di Tuchačevskij di spostare verso nord le truppe operanti a sud per compattare lo schieramento: le gelosie personali di Egorov e Budënnyj avevano prevalso, come pure il desiderio di Stalin di ottenere un successo personale occupando Leopoli.

Il piano di Piłsudski era basato sulla possibilità di riuscire a contenere l'assalto delle armate sovietiche mentre un rapido contrattacco avrebbe sfondato le linee nemiche penetrando in profondità nelle retrovie. Per molto tempo si è creduto che Piłsudski non fosse a conoscenza della disposizione e delle intenzioni dell'Armata rossa, invece, documenti trovati nel 2004 negli archivi della Polizia militare polacca, sembrerebbero provare il contrario: le comunicazioni radio cifrate dell'Armata rossa erano state decrittate dagli specialisti polacchi e ciò potrebbe aver avuto un ruolo fondamentale nella vittoria polacca.[59] Questi archivi era stati sequestrati dei tedeschi nel 1939, erano passati ai sovietici nel 1944 ed erano ritornati alla Polonia a metà degli anni 50.[15]
Il famoso "ordine" n. 8385/III fu emanato dal Comando supremo polacco il 6 agosto. L'esercito polacco fu riorganizzato su tre fronti: il fronte nord, al comando del generale Hailer, con la 1ª, la 2ª e la 5ª armata; il fronte sud, al comando del generale Iwaszkiewicz, con la 6ª armata e, al centro, lo stesso Piłsudski con la 3ª e la 4ª armata. L'ordine prevedeva di:

  • stabilire una linea di difesa lungo la Vistola da Plock a Deblin con le armate del fronte nord;
  • concentrare la 3ª e la 4ª armata vicino Deblin per aggirare lo schieramento sovietico e attaccarne le retrovie lungo la direttrice di Minsk;
  • concentrare a Modlin la 5ª armata per impedire al nemico di aggirare le forze polacche lanciate al contrattacco;
  • difendere Varsavia con la 1ª armata, e il fronte fra Varsavia e Deblin con la 2ª armata.[60]
 
Un volantino di propaganda polacca inteso a spaventare i fedeli ortodossi delle regioni orientali. Si notino la croce di David, sovrapposta alla stella rossa, e le croci bizantine sui campanili. Il testo polacco recita: "Di nuovo nelle mani degli ebrei? No, mai più!".

La paternità di questo famoso "ordine" è stata oggetto di grande dibattito fra gli storici, infatti, secondo taluni non sarebbe opera di Piłsudski ma del generale francese Maxime Weygand che, a capo di una missione militare francese, giunse in Polonia alla fine di luglio per prendere il comando dell'esercito polacco, dato che le potenze dell'Intesa poco si fidavano della capacità dei generali polacchi di riuscire ad arrestare l'avanzata dell'Armata rossa.[15] Fra il 6 ed il 13 agosto l'esercito polacco si preparò alla battaglia. Le truppe, già stremate dalla lunga ritirata, dovettero essere riposizionate lungo il fronte arrivando a percorrere anche 300 km sotto la costante pressione dell'Armata rossa.[61] Il 13 agosto Tuchačevskij lanciò l'Armata rossa all'attacco: la 13ª e la 14ª da nord attaccarono le posizioni fortificate tenute dalla 5ª armata polacca; fra il 14 e il 15 agosto l'Armata rossa si avvicinò fino a 25 km da Varsavia e mentre la 5ª armata polacca, con una serie di contrattacchi cercava di mantenere le sue posizioni mettendo in capo tutte le proprie riserve sotto il rischio costante di essere aggirata e accerchiata, la 1ª armata polacca iniziò una serie di contrattacchi con l'appoggio di 47 carri armati.[62]

Alle 4.00 del mattino del 16 agosto, Piłsudski ordinò la mossa decisiva: la 3ª e la 4ª armata polacca si lanciarono all'attacco verso nord-est penetrando in profondità nel debole fianco sinistro dello schieramento sovietico. La mossa colse di sorpresa l'Armata rossa, le truppe polacche penetrarono nelle retrovie sovietiche quasi senza opposizione. Il 18 agosto Tuchačevskij fu costretto ad ordinare la ritirata generale che si trasformò ben presto in rotta: inseguite dalle truppe polacche, in una situazione di generale confusione, con reparti che fuggivano o si sbandavano[63] (circa trentamila soldati sconfinarono nella Prussia orientale, dove furono internati), mentre altri reparti continuavano coraggiosamente a combattere, l'Armata rossa fu costretta a ritirarsi di 500 km oltre il Bug. Le perdite subite dall'Armata rossa furono enormi: i polacchi catturarono circa 65 000 prigionieri e ingenti quantità di armi, cavalli e veicoli; i morti furono 25 000.[15]

A sud le forze del fronte sud-occidentale sovietico che avanzavano verso Leopoli, furono fermate nella battaglia di Brody (29 luglio - 2 agosto) e poi in quella di Zadwórze (17 agosto). Il 31 agosto la Prima armata di cavalleria abbandonò l'attacco a Leopoli tentando di correre in aiuto delle truppe sovietiche in ritirata a nord, ma nella Battaglia di Komarów, nei pressi di Zamość, si scontrò con la cavalleria polacca nella più grande battaglia di cavalleria mai combattuta dal 1813. La vittoria arrise ai polacchi, la cavalleria sovietica fu costretta a ritirarsi dopo aver subito pesanti perdite.[64] Le forze del generale Egorov furono sconfitte dalle forze ucraine di Petljura che, il 18 settembre, presero il controllo della riva sinistra del fiume Zbruch[65]

Tuchačevskij cercò di riorganizzare i resti delle truppe in ritirata e, in settembre, stabilì una linea di difesa che correva fra la frontiera con la Lituania e la Polesia e faceva centro su Grodno in Bielorussia, ma nella battaglia del fiume Niemen l'Armata rossa fu sconfitta e costretta a ritirarsi di nuovo.[66]

Trattati di pace e conseguenze

 
Variazioni territoriali della Polonia nel 1920

Dopo la Battaglia del fiume Niemen, Lenin chiese la pace alla Polonia; il 21 settembre i polacchi accettarono la richiesta di Lenin e in ottobre fu firmato un armistizio. Dopo una serie di altri scontri minori fra i due eserciti, si arrivò infine alla firma di un trattato di pace, noto come Pace di Riga, che fu steso nel marzo del 1921 e firmato il 20 ottobre dello stesso anno. Le truppe di Petljura, schierate sulla riva sinistra del Zbruch, vennero attaccate dall'Armata rossa il 21 novembre 1920 e ricacciate nel territorio controllato dai polacchi.[65]

Sul piano politico e territoriale la guerra si concluse con una soluzione di compromesso. Da una parte la Polonia dovette abbandonare l'idea di poter restaurare le passate glorie della Confederazione polacco-lituana del 18° secolo ma, dopo lo spavento dell'Armata rossa alle porte di Varsavia, riusciva a conservare la propria indipendenza e a veder in parte riconosciute le proprie aspirazioni territoriali annettendo parte della Lituania, della Bielorussia e dell'Ucraina. Questo successo (seppur parziale) diede all'opinione pubblica polacca la falsa convinzione di essere una nazione forte in grado di competere militarmente con le più grandi potenze. Sull'altro fronte, anche se aveva dovuto cedere vasti territori ad ovest e rinunciare al sogno, caro a Lenin, di potersi collegare direttamente con i movimenti operai europei, la Russia sovietica conservava la maggior parte dell'Ucraina e parte della Bielorussia, imponeva uno stop all'unico stato confinante che avrebbe potuto seriamente minacciarla, ma, soprattutto, nonostante gli attacchi interni ed esterni, faceva vivere la rivoluzione: di lì a poco, la sconfitta definitiva in novembre delle armate di Vrangel in Crimea, avrebbe posto fine alla guella civile in Russia.

La lezione del conflitto

L'esperienza della Guerra sovietico-polacca ebbe una fondamentale importanza nello sviluppo della dottrine militare sovietica. L'analisi della battaglia rivelò che l'offensiva sovietica era stata condotta con riserve inadeguate, supporto logistico carente ed inefficace controllo delle operazioni.[67] I teorici militari sovietici — Tuchačevskij, Svechin, Triandafillov e Frunze — arrivarono alla conclusione che la complessità della guerra moderna aveva sostanzialmente cambiato il modo in cui la guerra poteva essere condotta e che, fra tattica e strategia, esisteva un livello operativo intermedio.[68] Nel suo libro "La campagna della Vistola", Tuchačevskij scrisse: "... l'impossibilità, data dall'ampiezza dei fronti odierni, di annichilire un esercito nemico con un unico attacco, rende necessario usare una serie di operazioni graduali... [le quali], collegate da un perseguimento continuo del fine, possono soppiantare la battaglia di annientamento, la migliore forma di scontro negli eserciti del passato." Venne quindi introdotto nella dottrina militare sovietica un livello operativo intermedio denominato "operazionale" e definito da Svechin come "... una serie di operazioni divise nel tempo da pause più o meno lunghe, comprendenti differenti settori del teatro di guerra e differenziate nettamente come conseguenza di differenti fini intermedi.".[69] I progressi dell'industria meccanica fra gli anni venti e trenta portarono allo sviluppo di mobili forze corazzate o meccanizzate (così come dell'aviazione tattica), come il mezzo più efficace per condurre la guerra di manovra in aderenza alla dottrina militare. Inoltre, un esame delle procedure logistiche ed amministrative dell'Armata rossa, rivelò che non vi era stata una scarsità di vettovaglie per supportare l'avanzata verso Varsavia: le reti logistiche dell'Armata rossa erano state semplicemente inabili nel rifornire l'esercito. La campagna rivelò l'importanza del trasporto ferroviario del vettovagliamento e dei rinforzi. La dipendenza dai carri ippotrainati e dai veicoli a motore, in mancanza di una rete stradale adeguata, si era rivelata letale.[70] La battaglia di Varsavia mise anche in luce l'importanza della relazione fra spazio e tempo nel comando e nel controllo delle unità in una guerra manovrata condotta su un fronte molto ampio. Siccome Tuchačevskij restò a Minsk, a 500 km dalla battaglia, occorsero da 18 a 24 ore affinché le informazioni raggiungessero il suo quartier generale, e altrettante perché, in risposta, i suoi ordini raggiungessero i vari comandi operativi. Gli fu perciò impossibile dirigere le sue forze in relazione allo svilupparsi della battaglia.[71] A parte qualche attenzione da parte di teorici militari tedeschi, la guerra sovietico-polacca venne sostanzialmente ignorata dalle potenze occidentali, le cui dottrine militari restarono ancorate al concetto di "guerra di posizione" della Prima guerra mondiale.

Paradossalmente, chi trasse meno profitto dall'esperienza della guerra fu proprio la Polonia. Poco o nulla fu fatto per ammodernare l'esercito e le teorie sul suo impiego, cosicché, nel settembre del '39, esso si trovò ad affrontare le divisioni corazzate e meccanizzate naziste ancora con le cariche di cavalleria e la fanteria su carri ippotrainati. Inoltre, la folgorante vittoria conseguita, fece nascere la falsa convinzione nell'opinione pubblica, nel governo e nelle forze armate, che la Polonia fosse in grado di tener testa da sola agli eserciti delle potenze confinanti e ciò portò la Polonia a rifiutare recisamente ogni possibilità di accordo politico-militare con l'Unione sovietica allorché, fra il '34 e il '39, Stalin cercò invano di stabilire un'alleanza con le democrazie europee in funzione anti-nazista.[72]

Note

  1. ^ a b c Norman Davies, White Eagle, Red Star: The Polish-Soviet War 1919-20, 1972 Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "davies" è stato definito più volte con contenuti diversi
  2. ^ Worrell, p. 10.
  3. ^ Morawski, pp 393-402.
  4. ^ Brykczynski, pp. 10, 15.
  5. ^ a b Mikulicz, p. 50. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "mikulicz" è stato definito più volte con contenuti diversi
  6. ^ Brykczynski, p. 14.
  7. ^ Richard Pipes, Russia under the Bolshevik Regime 1919–1924, Harvill, 1997
  8. ^ Worrell, pp. 10-13.
  9. ^ Worrell, pp. 14-17.
  10. ^ Adam Zamoyski, The Battle for the Marshlands, New York: Columbia University Press, 1981, p. 17
  11. ^ Michael Fibich, On the Polish-Bolshevik Front in 1919 and 1920, The Field Artillery Journal, Washington D.C.: The United States Field Artillery Association, Vol. XIII, No. 4, July-August, p. 276
  12. ^ Adam Zamoyski, op. cit., pp. 18-20
  13. ^ Richard Watt, Bitter Glory, op. cit., p. 45
  14. ^ Worrell, pp. 18-19.
  15. ^ a b c d e f g h Anna M. Cienciala, Lecture 11, Rebirth of Poland, History 557 - lecture notes, web.ku.edu
  16. ^ Enciclopedia dell'Aviazione, Vol.I, EDIPEM, Novara, 1978, p. 47
  17. ^ P. Fervaque, Le Chef de L'Armee Rouge, Paris 1928, p. 36
  18. ^ Worrell, p. 20.
  19. ^ John Erickson, The Soviet High Command, a Military-Political History 1918-1941, Westview Press, Boulder, CO, 1984, p. 33
  20. ^ Worrell, p. 22.
  21. ^ Adam Zamoyski, op. cit., p. 21
  22. ^ Adam Zamoyski, op. cit., p. 24
  23. ^ Worrell, p. 24.
  24. ^ Worrell, p. 24.
  25. ^ a b c d F.M. Feltri, La Polonia tra Germania e URSS, in Chiaroscuro, SEI, 2010
  26. ^ [1], La Guerra Sovietco-polacca nell'Enciclopedia Britannica - testo in inglese
  27. ^ Worrell, p. 245.
  28. ^ IMontanelli-M.Cervi, Due secoli di guerre, vol. VIII, p. 49.
  29. ^ Worrell, p. 26.
  30. ^ Worrell, p. 26.
  31. ^ La Prima armata di cavalleria si trovava allora nel Caucaso settentrionale, dove aveva combattuto contro l'esercito del generale Denikin. Partita dalla città di Majkop, dopo una marcia di trasferimento di mille km, si riorganizzò a Uman', in Ucraina - Isaak Babel', L'armata a cavallo. Diario 1920, Marsilio Editori, 2002, nota 1, p. 7 (Lo scrittore Isaak Babel' partecipò alla guerra aggregandosi alla sesta divisione della Prima armata di cavalleria con il nome di battaglia di Kirill Ljutov - Cirillo il crudele - in qualità di corrispondente dell'Agenzia telegrafica russa e come redattore del giornale "Il cavalleggere rosso", organo ufficiale della stessa Prima armata)
  32. ^ Worrell, p. 26.
  33. ^ Von Witich, The Russo-Polish War 1919-1920, Noncritical and Critical Views, Review of Military Literature, December 1934. pp. 43-47
  34. ^ Von Witich, op. cit., pp. 40-41
  35. ^ Major Harold H. Worrell, op. cit., p. 27
  36. ^ J.F.C. Fuller, A Military History of the Western World, Funk and Wagnals Co. Inc., New York, 1956, p. 346
  37. ^ Worrell, p. 27.
  38. ^ W.Bruce Lincoln, I Bianchi e i Rossi, pp. 365, 366.
  39. ^ «Zitomir, 3.6.20... Il pogrom di Zitomir, organizzato dai polacchi, e dopo, naturalmente, sono arrivati i cosacchi. Dopo la comparsa delle nostre avanguardie i polacchi sono entrati in città e ci sono rimasti per 3 giorni. Un pogrom di ebrei, hanno tagliato le barbe, e questa è un’abitudine, al mercato hanno preso 45 ebrei, li hanno portati al mattatoio, li hanno torturati, hanno tagliato loro la lingua, grida fin sulla piazza. Hanno bruciato 6 case... guardo intorno chi si è salvato dalla mitraglia, hanno infilzato con la baionetta il portinaio nelle cui braccia una madre aveva gettato il figlioletto da una finestra in fiamme, un prete ha appoggiato una scala al muro posteriore, e così si sono salvati... Komarov, 28.8.20... Voci di orrori. Vado nella cittadina. Terrore e disperazione indescrivibili. Mi raccontano. Di nascosto nella piccola casa, hanno paura che ritornino i polacchi. Qui ieri ci sono stati i cosacchi dell'esaul Jakovlev. Progrom». Nota 86 al Diario:«...facevano parte della brigata cosacca dell'esaul Jakovlev anche truppe di polacchi bianchi.», Isaak Babel', L'armata a cavallo. Diario 1920, Marsilio Editori, 2002
  40. ^ «Il passaggio di questa brigata nelle cittadine ebraiche fu segnato da violenti progrom. Nel villaggio di Komarov seppellimmo intere famiglie di ebrei, tutti sgozzati da questi "combattenti". Nello stesso villaggio furono violentate più di cento donne e fanciulle.», S. Orlovskij Il grande anno. Diario di un cavalleggere, Mosca 1930, cit. in: Isaak Babel', L'armata a cavallo. Diario 1920, Marsilio Editori, 2002, nota 86 al Diario
  41. ^ «18.7.20... E' arrivato l'ordine dal fronte sud-occidentale, quando andremo in Galizia - per la prima volta le truppe sovietiche passano il confine - comportarsi bene con la popolazione. Noi non andiamo ad occupare un paese, il paese appartiene ai lavoratori e ai contadini galiziani e soltanto a loro, noi andiamo per aiutarli a instaurare il potere sovietico. Un ordine importante e ragionevole, lo osserveranno questi predoni? No», Isaak Babel', L'armata a cavallo. Diario 1920, Marsilio Editori, 2002. La sesta divisione di cavalleria, a cui era aggregato Babel', venne smobilitata il 10 ottobre 1920 nella regione di Rakitino, per ordine di Lenin, a causa dei sempre più frequenti casi di banditismo, vandalismo e saccheggi che si verificarono in essa, e la Prima armata venne posta in riserva.
  42. ^ Sulla drammatica smobilitazione della sesta divisione di cavalleria esiste la testimonianza del segretario del Consiglio rivoluzionario militare della Prima armata di cavalleria, S. Orlovskij, che la imputa ai numerosi casi di banditismo e diserzione, nonché quella del generale Budënnyj che, in un documento ufficiale, testimonia come i crimini imputati ai cosacchi della sesta divisione fossero autentici. S. Orlovskij, Il grande anno. Diario di un cavalleggere, Mosca 1930, cit. in: Isaak Babel', L'armata a cavallo. Diario 1920, Marsilio Editori, 2002, nota 78 al Diario
  43. ^ Von Witich, op. cit., p. 51
  44. ^ G.Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, vol. I, p.145.
  45. ^ a b A.Graziosi, L'URSS di Lenin e Stalin, p. 144.
  46. ^ R.Service, Lenin, pp. 379-383.
  47. ^ G.Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, vol. I, p.144.
  48. ^ A.Graziosi, L'URSS di Lenin e Stalin, pp. 143-144.
  49. ^ Worrell, p. 30.
  50. ^ Worrell, p. 29.
  51. ^ Norman Davies, op. cit., p. 195
  52. ^ Worrell, p. 31.
  53. ^ Worrell, p. 31.
  54. ^ G. Isserson, Il destino di un comandante di reggimento, in "Amicizia dei popoli", 1988, 5, citato in Isaak Babel', L'armata a cavallo. Diario 1920, Marsilio Editori, 2002, nota 83 al Diario
  55. ^ F.M. Feltri,La Polonia tra Germania e URSS, in Chiaroscuro, SEI, 2010
  56. ^ N. Cohn, Licenza per un genocidio. I "Protocolli degli Anziani di Sion": storia di un falso, Torino, Einaudi, 1969, p. 126
  57. ^ Zdzislaw Musialik, General Weygand and the Battle of the Vistula, 1920, Jozef Piłsudski Institute of Research Ltd, London 1987, pp. 33-35
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  60. ^ Worrell, p. 32.
  61. ^ Worrell, p. 33.
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  64. ^ [2] wojna polsko-bolszewicka in Internetowa encyklopedia PWN
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  72. ^ Geoffrey Roberts, Stalin's Wars: From World War to Cold War, 1939-1953, Yale University Press, 2006, pp. 30-31

Bibliografia

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