Eruzione dell'Etna del 1852
VulcanoEtna
StatoItalia
Comuni interessati;
Prima fase eruttiva21 agosto 1852
Caratteristiche fisicheattività sismica; colata magmatica

L'eruzione dell'Etna del 1852 ebbe inizio alle ore 6:00 circa del 21 agosto. Si sviluppò da una frattura apertasi in corrispondenza della serra Giannicola. Le lave minacciarono direttamente l'abitato di Zafferana[1].

Fasi eruttive

L'eruzione ebbe inizio nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1852 dopo una serie di scosse telluriche che preludevano all'apertura di una fenditura sul fianco orientale del vulcano che si manifestò con emissioni piroclastiche e bombe laviche alla base del monte Giannicola, all'interno della Valle del Bove. La colata lavica che proruppe si diresse verso est. Dal 21 in poi l'area interessata dall'eruzione lavica si estese; venne superato Piano Giannicola, piano del Trifoglietto e intorno alle 18:00 era stata raggiunta la Serra di Femina Morta dirigendosi apparentemente verso Milo, Salice e Macchia. Nella notte, alle 2:00 del 22 agosto, la lava si incanalò in una strettoia puntando su Ballo e Zafferana. La mattina del 22 la colata si suddivise in tre bracci: uno puntò su Algerazzi e due puntarono sulla contrada Mortara e sulla Val Calanna incendiando i boschi della zona[2]. All'alba del giorno 23 il primo dei tre bracci della colata aveva rallentato la corsa; quello centrale, di Mortara, si gettò dentro il vallone di Fior di Cosmo, mentre il terzo proseguiva ricongiungendosi poi col secondo nella corsa verso est e sud-est. Il giorno 24 la lava rasentava l'abitato di Ballo dopo aver invaso e distrutto frutteti e vigneti[3]. Nella notte tra 24 e 25 vi furono emissioni di gas misti a piogge acide assieme a polveri e ceneri che provocarono ulteriori danni sulle aree coltivate di Milo, Zafferana, Ballo e Piano. TRa 25 e 30 vi fu un rallentamento dell'attività eruttiva[4]. Il giorno 30 l'attività riprese con violenza; la base del monte creato dalla stessa emissione si squarciò trascinandone i pezzi in una colata ancora più consistente che raggiunse la larghezza di un miglio; i bracci si ricongiunsero al Piano dell'Acqua[5]. L'emissione di ceneri continua inizia a far crollare le prime abitazioni a Milo mentre continua la distruzione di coltivazioni e vigneti fino al 1° settembre quando, pur continuando a procedere lentamente la lava, si ferma l'emissione di cenere[6]. Le colate ulteriori dal 2 settembre si sovrappongono alle precedenti e il 3 si stacca un braccio laterale che da Dagala Longa procede verso Le Caselle e poi si arresta. Riprende il flusso verso Zafferana a partire dal 4 settembre mentre per due giorni una pioggia fangosa e maleodorante si riversa sulla zona[7]. Fino al 12 settembre le due colate rispettivamente su Milo e su Zafferana sembrano alternarsi nelle soste e nelle prosecuzioni accrescendo comunque le distruzioni delle campagne. L'eruzione continuò a lungo ancora superando il termine dell'anno.

Il magma fuoriuscito creerà i Monti Centenari minacciando l'abitato di Zafferana Etnea

Giuseppe Sciuti, zafferanese, tra il 1854 e il 1856 immortalò l'eruzione con un dipinto ad olio di cm. 192,5 x cm.76 dove dominano i colori contrastanti del rosso e del nero. La lava coprì anche i terreni dell'artista segnando la sua vita al punto da costringerlo a rinunciare agli studi lontano dalla Sicilia.

Note

  1. ^ Vigo, pp. 1-2
  2. ^ Vigo, pp. 2-4
  3. ^ Vigo, pp. 7-9
  4. ^ Vigo, pp. 10-11
  5. ^ Vigo, pp. 14-15
  6. ^ Vigo, p. 15
  7. ^ Vigo, pp. 17-18

Bibliografia

  • Leonardo Vigo, La eruzione etnea del 1852, in Atti della Accademia di Scienze e Lettere di Palermo, vol. 2, Palermo, Stamperia Michelangelo Console, 1855, pp. 1-24.
  • Carlo Gemmellaro, Breve ragguaglio della eruzione dell'Etna del 21 agosto 1852 del professore Carlo Gemmellaro, Accademia Gioenia, 1852.

Voci correlate