Utente:Martin8/Sandbox
La sinfonia in Re maggiore
{{C|La sezione è stata aggiunta in data 21 maggio da IP, meriterebbe di essere controllata, perché male impostata e completamente priva di fonti|Musica|maggio 2013}} Il manoscritto, custodito presso il Museo Teatrale alla Scala, rilegato in modo alquanto inconsueto, consta di 24 fogli autografi di Verdi ed è in buone condizioni di conservazione. La scritta sulla parte superiore del primo foglio “Sinfonia del M° Verdi” è di altra mano. Nella letteratura verdiana, tale brano era rimasto sempre negletto: degli anni giovanili del Maestro si era soliti citare la celebre lettera di Verdi nella quale il compositore ricordava le sue opere giovanili, e parafrasarla senza nessuna analisi approfondita delle composizioni di quel periodo. Così fece Osborne (Tutte le opere di Verdi, guida critica, Milano 1975), così fece Mila ( La giovinezza di Verdi, Torino 1974 ). La lettera in questione, riprodotta in facsimile in “Nel primo centenario di Giuseppe Verdi”, Milano 1913 dice: «Dagli anni 13 fino alli anni 18 (epoca in cui venni a studiare il contrappunto in Milano) ho scritto una farragine di pezzi: Marcie (sic) per banda a centinaia: forse altrettante piccole Sinfonie che servivano per Chiesa, pel Teatro, e per accademie: cinque o sei tra concerti e variazioni per Piano forte che io stesso suonava nelle accademie: molte serenate: cantate (arie, duetti, moltissimi terzetti) e diversi pezzi da chiesa di cui non ricordo che uno Stabat-Mater. Nei tre anni che fui a Milano scrissi pochissimi pezzi ideali-. due Sinfonie che furono eseguite a Milano in una accademia privata in contrada degli Orefici non ricordo più in qual casa: una cantata che fu eseguita in casa Boromeo (conte Renato) e diversi pezzi la maggior parte buffi che il Maestro mi faceva fare per esercizio, e che non furono nemmeno istromentati. Ritornato in patria ricominciai a scrivere Marcie, Sinfonie, pezzi vocali etc. una Messa intiera, un Vespero intiero, tre o quattro Tantum-ergo ed altri pezzi sacri che non ricordo. Fra i pezzi vocali vi sono i Cori delle Tragedie di Manzoni a tre voci, ed il Cinque Maggio a una sola. Tutto si è perduto e ciò sta bene ad eccezione di alcune Sinfonie che si suonano qui ancora, ma che io non ho mai più risentite, e gl'Inni di Manzoni che io conservo ». E’ ovvio che la sinfonia del Museo Teatrale alla Scala appartenga alle composizioni a cui Verdi allude in questo scritto, ma a quale gruppo, a quelle scritte a Busseto o a quelle composte a Milano? Analisi storiche e di orchestrazione fanno propendere per la composizione bussetana. Un valido contributo allo studio di questo manoscritto è stato fornito da Roberta Montemorra Marvin, che nel numero 9 della rivista “Studi Verdiani”, Parma 1993 ,si è occupata con competenza del brano. Lo stile nel quale Verdi scrive la sinfonia è per molti versi, e non c’è da stupirsi, quello rossiniano. Con il termine “sinfonia” il Maestro non voleva certo alludere a quella forma strumentale portata alla gloria da Haydn, Mozart e Beethoven, ma più semplicemente intendere un brano strumentale tout court, inteso come sinonimo di ouverture d’opera. In sostanza un brano dalla introduzione lenta che conduce a una sezione più concitata che, evitando il vero e proprio sviluppo ed accontentandosi di una più modesta sezione transitoria, sfocia nella ricapitolazione finale. Il tutto per una durata di 10 minuti circa. Oltre a Rossini, Verdi guardava ovviamente alla musica strumentale composta ed eseguita a Busseto nei primi decenni del secolo, in particolare quella del suo insegnante Ferdinando Provesi, sulla quale il giovane compositore lavorò a lungo negli anni del suo tirocinio. L’orchestrazione del brano prevede flauti, oboi, clarini ( clarinetti ) in La, Corni in Re, Trombe in La, Tromboni, Fagotti, Timpani, Violini, Viole, Violoncelli, Contrabbassi. La sinfonia è lunga 290 battute, inizia con una introduzione lenta ( Maestoso ) con un bicordo dei corni ed è seguita da 274 battute di tempo Allegro basato sui principi della forma sonata. La prima area tematica è destinata agli archi, la seconda ai fiati ( tra cui spicca per importanza il primo flauto a cui è riservato un importante solo ). L’esposizione si chiude a misura 129. Una breve transizione porta alla misura 148 nella quale si torna alla tonica e al materiale con il quale si era aperta la composizione dopo l’introduzione. Ciò avviene in modo del tutto inconsueto nella pratica di Verdi: l’autore lascia infatti una battuta vuota e non indica quali battute vadano effettivamente ripetute. Roberta Marvin ritiene che vadano ripetute le battute 17-47 e pare la soluzione più ragionevole. La composizione si conclude con una coda di 33 battute con l’indicazione “stringendo”. La più recente esecuzione moderna del brano risale al concerto inaugurale dell’Anno Verdiano del Teatro alla Scala il 16 novembre del 2000. L’orchestra della Scala era diretta da Riccardo Muti.