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Giuseppe Sabalich (Zara, 13 febbraio 1856 – Zara, 13 settembre 1928) è stato uno dei più importanti intellettuali della città di Zara a cavallo fra il XIX e il XX secolo.
Vita
Figlio di Giuseppe e Rosa Vucovich (nelle fonti anche Vukovich), aveva pochi mesi quando la famiglia si trasferì a Venezia, dove visse fino al 1866. Tornato a Zara, vi frequentò le scuole locali: le sue prime prove di giornalismo furono legate al giornale degli studenti ginnasiali zaratini «Tra noi», che lo vide nel 1872 fra i principali collaboratori. Laureatosi in legge a Graz nel 1878, fu per breve tempo impiegato nell'ufficio del Governo di Zara. Poco incline a quel tipo di attività, diede le dimissioni e iniziò la pratica notarile nello studio Pappafava: ben presto si rese conto della propria insofferenza anche verso questa professione, purtuttavia mise a frutto quest'esperienza frequentando la vastissima biblioteca e l'archivio della famiglia Pappafava, ove poté leggere una serie di libri, pergamente e manoscritti, prevalentemente legati alla storia di Zara e della Dalmazia. La passione per gli studi non lo lascerà più, e ne fece uno dei massimi conoscitori di storia locale del suo tempo, attentissimo anche all'attualità e a qualsiasi forma di produzione artistica.
Collaboratore di circa un centinaio fra giornali e riviste, inizò con una serie di articoli per «L'Ofanto» - un modesto giornale di Cerignola - ma nel volgere della sua vita scrisse fra l'altro per la carducciana «Cronaca bizantina», per la rivista «Natura e arte» della casa editrice Vallardi, per «La Lettura», per le riviste «Avvenire» e «Difesa» fondate dallo spalatino Antonio Bajamonti, per il giornale «Libertà e lavoro» di Giuseppe Caprin. Fu anche fondatore e direttore di due riviste letterarie, denominate «Scintille» (1886) e “Cronaca Dalmatica” (1888).
Personaggio di spicco dell'ambiente culturale zaratino, Sabalich condusse una vita punteggiata di aneddoti singolari: si racconta che temesse di passare sotto il campanile del Duomo, per timore che questo crollasse; sul suo conto correva anche la storiella secondo la quale si facesse accompagnare sempre da un amico nelle sue frequentazioni dei caffè cittadini per fargli bere anche un sorso della bevanda da lui ordinata, temendo di ammalarsi; allo stesso modo, non osava premere i bottoni dei campanelli elettrici per paura di fulminarsi e dormiva con porte e finestre spalancate in ogni stagione, per riuscire a scappare celermente in caso d'incendio. Grandi e piccole manie che sottintendevano qualche problema di natura fisica o psicologica, tanto che - ammalatosi di agorafobia e talassofobia - dovette rinunciare ai suoi frequenti viaggi a Venezia.
Sabalich - come gran parte degli italiani zaratini - fu sensibile al tema della salvaguardia della lingua e della cultura italiana nell'Adriatico orientale, partecipando alle attività dell'associazione «Pro Patria», sciolta nel 1890 ma sostituita in breve tempo dalla «Lega Nazionale».
Visse in modo ritirato gli ultimi anni della sua vita, morendo nella sua città natale - occupata dalle truppe italiane alla fine della prima guerra mondiale e formalmente annessa al Regno d'Italia nel 1921, a seguito del [[Trattato di Rapallo (1920)|Trattato di Rapallo - a settantadue anni.
Opere
La formazione di Sabalich sulle materie letterarie, storiche, archeologiche e folkloristiche fu quindi prevalentemente da autodidatta, ma formò la base per la sua vasta produzione degli anni a venire, che comprese una settantina di commedie, monologh, critiche teatrali, biografie, cronistoria, oltre a centinaia di articoli.
Oltre ai suoi studi prediletti, saltuariamente Sabalich si interessò di chiromanzia, cinematografia e musica: pur avendo scritto alcune canzoni - fra le quali rimase celebre «El sì», che divenne l'inno informale dei Dalmati italiani.
Lascito
Note