Mercè Rodoreda
Mercè Rodoreda i Gurguí (Barcellona, 10 ottobre 1908 – Girona, 13 aprile 1983) è stata una scrittrice spagnola, di lingua catalana, attivamente impegnata contro il franchismo e per l'indipendenza della Catalogna.

Figura di primo piano della letteratura catalana del secolo XX,[1] le sue opere sono state tradotte in più di 30 lingue.[Note 1][2]
La sua produzione comprende tutti i generi letterari;[3] Rodoreda coltivò sia la poesia che il teatro e il racconto, sebbene si distingua maggiormente nel romanzo. Un altro aspetto fu scoperto postumo, la pittura, che era rimasta in secondo piano per l'importanza che Rodoreda dava alla propria scrittura:
Biografia
Infanzia (1908-1921)
Mercè Rodoreda nacque il 10 ottobre 1908 in una piccola casa con giardino di via San Antonio, ora via Manuel Angelon, nel quartiere di San Gervasio de Cassolas, Barcellona. Fu figlia unica di Andreu Rodoreda Sallent e Montserrat Gurguí Guàrdia; entrambi erano grandi amanti della letteratura e del teatro e parteciparono a lezioni di recitazione impartite da Adrià Gual[5][6] nella Scuola di Arti Drammatiche, divenuta in seguito Istituto del Teatro. Sua madre nutriva anche un grande interesse per la musica.[5]
Rodoreda frequentò solo due anni di scuola primaria, dal 1915 al 1917, e in due diverse scuole: il Col·legi de Lourdes nel quartiere di Sarrià, ed un altra più vicino a casa, in via Pàdua, all'altezza di via Vallirana, a Barcellona. Il nonno materno, Pere Gurguí, era un ammiratore di Jacint Verdaguer, del quale era anche amico, ed aveva collaborato come redattore nelle riviste La Renaixensa e L'Arc de Sant Martí.[5][7] Nel 1910 Pere Gurguí fece fare un monumento in memoria di Jacint Verdaguer nel giardino di casa sua, nel quale c'era un'incisione con le due opere più importanti dell'autore, Canigó e L'Atlàntida. Questo spazio divenne il luogo di feste e riunioni di famiglia.[7] La figura del nonno segnò intensamente Mercè, che arrivò a considerarlo come suo "maestro". Gurguí le trasmise un profondo sentimento catalanista e un amore per la lingua catalana e per i fiori, che si vedono ben riflessi lungo tutta l'opera di Mercè Rodoreda.
Il 18 maggio 1913, a soli cinque anni, recitò per la prima volta in un'opera teatrale con il ruolo della bambina Ketty dell'opera El misteriós Jimmy Samson (Il misterioso Jimmy Samson), al Teatro Torrent de les Flors. Alcuni anni più tardi, questo personaggio venne in qualche modo recuperato per il racconto El Bany all'interno dell'opera Vint-i-dos contes.[6]
Durante l'infanzia lesse soprattutto gli autori catalani classici e moderni, tra cui Jacint Verdaguer, Ramon Llull, Joan Maragall, Josep Maria de Sagarra e Josep Carner, influenzata sicuramente dall'ambiente bohemien che si respirava nella casa familiare.[7]
Il 30 maggio 1920 prese parte all'opera drammatica Quince días de reinado nel Col·legi Nuestra Señora de Lourdes. In quella stessa occasione recitò anche il poema La negra in lingua catalana.[9]
Nel 1921, a causa della morte del nonno materno Pere Gurguí, suo zio Juan si stabilì nella casa della famiglia e ne cambiò lo stile di vita imponendo austerità e ordine convenzionali. Mercè Rodoreda lo aveva già idealizzato dalle lettere che aveva ricevuto anteriormente e finì per sposarsi a vent'anni con lui, di quattordici anni più grande.[5] A causa del grado di consanguineità, ebbero bisogno di una dispensa papale.[10]
Gioventù (1921-1939)
Dopo il matrimonio, gli sposi andarono a Parigi in viaggio di nozze, e in seguito si stabilirono in una casa di via Zaragoza a Barcellona. Suo marito era andato in Argentina molto giovane ed era tornato con una piccola fortuna.[11]
Il 23 luglio 1929 naque il loro unico figlio, Jordi Gurguí i Rodoreda. Da questo momento, Mercè Rodoreda cominciò a fare prove letterarie per riuscire a liberarsi dalla dipendenza economica e sociale che avrebbe contraddistinto la sua vita da sposata. Fu così che cominciò a concepire la scrittura come un mestiere.[10] Ogni giorno si rinchiudeva per un po' nella colombaia blu che c'era nella casa materna di Manuel Angelon, e che in seguito le servì come possibile ispirazione per scrivere La piazza del Diamante.[12] In questo periodo scrisse versi, una commedia teatrale (ad oggi scomparsa) e un romanzo.[12] Nel frattempo fu proclamata la Seconda Repubblica.
Seconda Repubblica
Nel 1931, Mercè Rodoreda cominciò a ricevere lezioni al Liceu Dalmau, dove migliorò la sua conoscenza della lingua grazie al pedagogo e linguista Delfí Dalmau i Gener, che esercitò su di lei una grande influenza e la stimolò a formarsi; tra i due naque un forte vincolo di amicizia.[13] Mercè Rodoreda mostrava ciò che scriveva a Dalmau, e lui la convinse a pubblicare questi primi testi. Dalmau pensava che Rodoreda fosse un'alunna eccezionale che possedeva un'altezza spirituale e una promettente anima da letterata.[13] L'ammirazione nei suoi confronti convinse Dalmau a chiederle di contribuire alla sua opera Polémica, un'apologia del catalano e dell'esperanto; lei accettò e il testo fu pubblicato nel 1934.[13] Come riconobbe il maestro Delfí Dalmau, quest'opera fu realizzata anche con le osservazioni di Rodoreda.[14]
Nel 1932 vennero pubblicati il primo romanzo di Mercè Rodoreda intitolato Sóc una dona honrada? (Sono una donna onorata?) dalla casa editrice Catalonia, ed alcuni racconti da diversi quotidiani. L'opera passò quasi inosservata finché non concorse per il Premio Joan Crexells del 1933, vinto poi da Carles Soldevila.[15]
Il 1 ottobre 1933 Mercè iniziò la carriera di giornalista nella rivista settimanale Clarisme, dove pubblicò ventiquattro contributi: cinque prose sulla cultura tradizionale, tredici interviste, due rassegne, un racconto e tre commenti di natura politico-culturale, musicale e cinematografica.[16] In quello stesso anno entrò a far parte dell'Associazione della Stampa di Barcellona, fatto che metteva in evidenza l'intenzione di formalizzare la sua collaborazione con il lavoro giornalistico.[14]
Nella primavera del 1934, Mercè Rodoreda pubblicò la sua seconda opera Del que hom no pot fugir nelle edizioni della rivista Clarisme.[15][17] Nel maggio di quello stesso anno vinse il Premi del Casino Independent dels Jocs Florals de Lleida con il racconto La sireneta i el delfí, attualmente perduto.[17]
Dopo aver scritto questa seconda opera, Joan Puig i Ferreter, direttore di Edicions Proa, le fece visita e si mostrò interessato alla pubblicazione della sua nuova opera, Un dia en la vida d'un home, che vide la stampa nell'autunno dello stesso anno.[15] Rodoreda fece il suo primo ingresso nel mondo letterario grazie all'aiuto dello stesso Puig i Ferreter che le aprì le porte di El Club dels Novel·listes, formato da autori come Armand Obiols, Francesc Trabal o Joan Oliver, membri di lunga data anche di La Colla de Sabadell (il gruppo di Sabadell).[18] In quel periodo, approfondì la lettura dei romanzi di Fëdor Dostoevskij.[18]
Dal 1935 al 1939 pubblicò un totale di sedici racconti per bambini nel giornale La Publicitat, nella sezione "Un momento con i bambini"[19], e altri racconti su giornali come La Revista, La Veu de Catalunya e Mirador.[12]
Nel 1936 fu pubblicato il suo quarto romanzo Crim (Crimine). Successivamente Rodoreda avrebbe rifiutato questo romanzo assieme ai tre precedenti, considerandoli frutto dell'inesperienza.[10][20]
Guerra civile
Quando scoppiò la Guerra civile spagnola, Rodoreda collaborò con l'incarico di revisore del catalano nel Commissariato di propaganda della Generalitat de Catalunja. In questo ambiente conobbe scrittrici contemporanee come Aurora Bertrana e Maria Teresa Vernet, e strinse amicizia con Susina Amat, Julieta Franquesa, Anna Murià e Carme Manrubia.[10]
Nel 1937 Mercè Rodoreda vinse il Premio Joan Crexells per la sua opera non ancora pubblicata Aloma.[21] In questo stesso anno, pose fine al matrimonio separandosi dal marito.[10] Il suo presunto amante,[11] Andreu Nin i Pérez, fu arrestato il 16 giugno davanti alla sede del suo partito ne La Rambla a Barcellona, e giorni più tardi fu torturato e assassinato dagli agenti della polizia sovietica per ordine del Generale Alexander Orlov nella prigione di Alcalá de Henares.[22]
Nel 1938 fu pubblicato dall'Istituto di Lettere Catalane il quinto romanzo di Mercè Rodoreda intitolato Aloma. Questa fu la prima opera che Rodoreda accettò come opera sua, anche se successivamente provvide a revisionarla e ripubblicarla convertendola in un'opera completamente differente nel 1969. Ripudierà invece le sue prime opere narrative perché considerate frutto della sua inesperienza. Lo stesso anno, in rappresentanza del PEN Club di Catalogna, viaggiò con lo scrittore catalano Francesc Trabal, e lesse il messaggio di benvenuto scritto da Carles Riba al congresso internazionale del PEN Club a Praga.[10]
Esilio (1939-1972)
Sebbene Rodoreda non avesse mai partecipato attivamente alla vita politica, il 23 gennaio 1939 partì per la Francia, lasciando il figlio in custodia alla propria madre, nella speranza che l'esilio sarebbe durato poco.[23] Fu proprio la madre a consigliarla di riparare all'estero, temendo ripercussioni a causa delle attività di collaborazione con le pubblicazioni in catalano e con alcune riviste di sinistra intrattenute da Mercè negli anni precedenti.[18] Partita da Barcellona con altri intellettuali del tempo, Rodoreda raggiunse Girona a bordo di un bibliobus di proprietà del Ministero della Cultura della Generalità di Catalogna. Proseguì il cammino per Max Perxés, nella municipalità di Agullana, e attraversò la frontiera amministrativa a Le Perthus. Entrò nello stato francese il 30 gennaio, e dopo aver pernottato a Le Boulou, si diresse a Perpignano, dove, trascorsi tre giorni, raggiunse in treno Tolosa.[24]
Roissy-en-Brie
Arriva a Parigi a fine febbraio e ad inizio aprile si trasferisce a Roissy-en-Brie, una località vicina a est della capitale, stabilendosi nel castello Roissy-en-Brie, una costruzione del XVIII secolo, che offriva rifugio a scrittori.[24] Condivise la casa con Anna Murià, Cesar August Jordana, Armand Obiols, Francesc Trabal e Carles Riba.[23]
A Roissy-en-Brie nacquero diverse relazioni amorose, una di queste fu tra Mercè Rodoreda e Joan Prat i Esteve, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Armand Obiols. Il problema nel castello si presentò perché Armand Obiols era sposato con la sorella di Francesc Trabal con la quale aveva un figlio che era rimasto a Barcellona con la madre.[25] Inoltre, la suocera di Armand Obiols aveva viaggiato con Trabal fino a Roissy-en-Brie assieme ad altri membri della famiglia Trabal.[25] Di conseguenza, l'adulterio divise gli esiliati catalani in due fazioni opposte.[25] Secondo Anna Murià, Francesc Trabal si opponeva non solo per sua sorella, ma anche per gelosia, avendo avuto una relazione segreta con Mercè Rodoreda a Barcellona di cui solo loro due e la sua confidente erano a conoscenza.[26] Rodoreda volle scrivere un libro su questa storia, intitolato La novel·la de Roissy, ma non lo terminò mai.[26] L'aria di stabilità che offriva il castello fu scossa dallo scoppio della Seconda guerra mondiale. In quel momento alcuni decisero di fuggire in America Latina ed altri preferirono rimanere in Francia; quest'ultima destinazione fu quella scelta da Rodoreda e Obiols[23] che si trasferirono nella casa Villa Rosset, nella periferia del paese.[24]
Fuga dai nazisti
Mercè Rodoreda, assieme ad altri scrittori rifugiati in Francia, dovette fuggire da Parigi a metà giugno 1940, a causa dell'avanzata dei soldati tedeschi che procedevano in direzione di Orleans per la via di Artenay. Josep Maria Esverd riuscì a trovare un furgoncino per fuggire dalla Francia, ma il giorno dopo venne sequestrato dalle truppe francesi.[18] Dopo un tentativo fallito di prendere il treno, dovettero fuggire a piedi verso sud. L'obiettivo era attraversare il fiume Loira per poter entrare nella zona non occupata, ma poco prima di arrivare a Orleans la videro in fiamme. Tutti i ponti erano stati distrutti in quel tratto di fiume e quindi dovettero deviare dal percorso stabilito.[24]
Per dodici giorni si rifugiarono in una fattoria fino alla firma dell'armistizio del 22 giugno 1940. Dopo aver attraversato il fiume Loira attraverso la località di Meung-sur-Loire, completamente distrutta, viaggiarono ancora più a sud fino a stabilirsi a Limoges.[24]
Limoges-Bordeaux
A Limoges Mercè si stabilì in una stanza al numero 12 di via de les Filles de Nôtre Dame. Il 5 giugno 1941 il suo compagno Armand Obiols fu arrestato, e lei rimase sola fino a ottobre dello stesso anno.[24] Durante quel periodo, Armand Obiold fu costretto ai lavori forzati in una cava a Saillat-sur-Vienne, prima di essere destinato a Bordeaux, dove potè godere di migliori condizioni di vita.[11] Quando Obiols venne trasferito, Rodoreda riprese le sue attività di studio, partecipando ad un circolo dedicato alla lettura e all'apprendimento dell'inglese.[27]
Nei mesi successivi, la relazione tra Mercè Rooreda e Armand Obiols fu soprattutto a distanza, e si poterono vedere di persona solo sporadicamente. Fu solo a fine agosto 1943 che Rodoreda si trasferì al numero 43 di via Chauffor a Bordeaux, dove si riunì con il suo amante. A Bordeaux visse momenti molto duri e si dedicò al cucito, parole sue, "fino all'abbruttimento" in un magazzino per la maggior parte del giorno, un lavoro che non le lasciava il tempo di scrivere.[27]
Parigi
Il ritorno a Parigi ebbe luogo nel settembre 1946, quando Rodoreda e Armand Obiols si trasferirono nella casa di esilio di Rafael Tasis i Marca, che si trovava al numero 9 di via Coëtlogon. Poco tempo dopo, la coppia si trasferì al numero 21 di via Cherche-midi, molto vicino alla zona residenziale di Saint-Germain-des-Prés, luogo di ritrovo di molti intellettuali del momento. Questa fu casa sua per otto anni e non se ne separò mai completamente fino al 1977.[27]
Agli inizi del 1947 poté lasciare il lavoro di sarta per cominciare a lavorare ancora una volta come collaboratrice nella Revista de Catalunya. In quell'anno, oltre a pubblicare racconti nelle diverse edizioni della rivista, diffuse alcune sue opere anche in Cile e Messico.[29]
Dal 1947 al 1953 Rodoreda non poté coltivare una letteratura molto estesa perché dal 1945 aveva cominciato ad avere problemi di salute, complicati dalla ricomparsa di una paralisi somatica al braccio destro. Per questo motivo intensificò la creazione poetica e trovò in Josep Carner il suo maestro, con il quale mantenne una stretta relazione per corrispondenza. Nel 1952 cominciò una terapia riabilitativa nel centro benessere di Chátel-Guyon.[23] Negli anni che passò a Parigi cominciò anche due romanzi che non terminò.[29]
Ai Giochi Floreali della Lingua Catalana celebrati a Londra nel 1947, vinse il suo primo Fiore Naturale con sei sonetti: Rosa, Amor novell, Adam a Eva, Ocell e altri due sonetti senza titolo.[30] Con il poema Món d'Ulises, Rodoreda ottenne per la seconda volta il riconoscimento Fiore Naturale dei Giochi Floreali del 1948 a Parigi; il poema fu pubblicato in La Nostra Revista nello stesso anno.[31] Albes i nits la portò alla terza vittoria del concorso dei Giochi Floreali e, di conseguenza, fu nominata "Maestro del Gaio Sapere" a Montevideo nel 1949.[32] In quello stesso anno visitò Barcellona per la prima volta dopo il suo esilio.
Nel 1951 si avvicinò alla pittura, interessata soprattutto dalle opere di artisti come Pablo Picasso, Paul Klee e Joan Miró, e produsse delle proprie creazioni. In una lettera ad Armand Obiols del 1954 spiega di possedere già "uno stile e un mondo" nella pittura, tuttavia riconosce che il suo posto è nella scrittura.[29] Armand Obiols invece cominciò a lavorare come traduttore per l'UNESCO e, due anni più tardi, nel 1953, si trasferì definitivamente a Ginevra.[33]
Ginevra
Nell'anno 1954, Mercè Rodoreda e Armand Obiols si trasferirono in un appartamento della via Violet, in un quartiere borghese della città di Ginevra. In questa città "molto noiosa, adatta per scrivere", si sentì sempre esiliata.[34][35] Nello stesso anno in cui Obiols si trasferì a Vienna per motivi di lavoro, Rodoreda fece ritorno a Barcellona per assistere al matrimonio del suo unico figlio, Jordi Gurguí i Rodoreda.[11]
Nel 1956 vinse il Premio per il Saggio Joan Maragall con Tres sonets i una cançó, pubblicato nel supplemento letterario della Gazzetta delle Lettere di La Nova Revista.[36] Fu premiata anche con il Premio Joan Santamaria per il suo racconto Carnaval, che le fu consegnato nello stesso anno a Barcellona.[11]
Nel 1958 scrive una raccolta di ventidue racconti, Vint-i dos contes, edita in Italia col titolo Colpo di Luna. La raccolta vince il premio letterario Víctor Català. Colpo di luna è un mosaico di racconti di amori improvvisi e sfioriti, storie di vita quotidiana, pervase da un profondo realismo, eclatanti per la loro drammatica e ordinaria semplicità.
Nel 1962 scrive La plaça del Diamant (La piazza del Diamante), che universalmente è conosciuta come la principale opera mai scritta in lingua catalana, che a pieno titolo può essere considerata un capolavoro della letteratura europea del dopoguerra. Ambientata nel quartiere barcellonese di Gràcia, il romanzo è la storia della Colometa, una donna alla quale la guerra distruggerà la vita e le illusioni. Mercè Rodoreda racconta magistralmente, con il suo stile narrativo agile e diretto, con periodi di un rigo appena, la noia, la solitudine femminile, l'attesa, le ansie e le insoddisfazioni di una donna come tante altre, immersa e sommersa nell'interminabile monotonia quotidiana.
Nel 1966 Rodoreda scrive La via delle camelie (El carrer de les Camèlies), che ottiene vari riconoscimenti letterari, e l'anno dopo la raccolta di racconti La mia Cristina e altri racconti (La meva Cristina i altres contes).
Nel 1972 tramontando l'era franchista la Rodoreda ritorna in Catalogna e va a vivere nel piccolo centro di Romanyà de la Selva. Lì completerà Lo specchio rotto (Mirall trencat, 1974), alcuni racconti Viaggi e fiori (Viatges i flors) e scriverà anche il suo ultimo romanzo Quanta, quanta guerra (Quanta, quanta guerra... 1980).
Nel 1980 riceve il premio d'onore della Letteratura Catalana e diventa socio onorario dell'Associazione di scrittori in lingua catalana.
Ammalata di cancro, muore a Girona nel 1983.
Nel 1998, in suo onore, è stato istituito il premio letterario Mercè Rodoreda.
La sua opera
L'opera della Rodoreda è stata comparata, per il suo stile e per la sua capacità descrittiva, a quella di Virginia Woolf, scrittrice - quest'ultima - che la catalana ammirava.
Le opere della Rodoreda hanno quasi sempre per protagonista un personaggio femminile e sono spesso ambientate nei luoghi dove la scrittrice aveva trascorso la sua infanzia, principalmente nel quartiere di Gràcia. Le protagoniste dei suoi romanzi sono spesso donne fragili, ma in grado al contempo di dimostrare una grande forza interiore.
Lo stile narrativo è, come si è già detto, diretto, agile e caricato di realismo e simbolismo.
La Rodoreda riesce a descrivere, come nessun altro scrittore aveva fatto, la società catalana del ventesimo secolo, e i cambiamenti che dovrà sopportare per gli eventi storici infausti, che vedono il soccombere della straordinaria esperienza della Catalogna socialista e anarchica del periodo 1936 - 1939.
Opere principali
- Aloma (Aloma, 1938)
- Colpo di Luna e altri racconti (Vint-i-dos contes, 1958)
- La piazza del Diamante (La plaça del Diamant, 1962)
- La via delle Camelie (El carrer de les Camèlies, 1966)
- Il giardino sul mare (Jardí vora el mar, 1967)
- La mia Cristina e altri racconti (La meva Cristina i altres contes, 1967)
- Lo specchio rotto (Mirall trencat, 1974)
- Semblava de seda i altres contes (1978)
- Viaggi e fiori (Viatges i flors, 1980)
- Quanta, quanta guerra... (Quanta, quanta guerra, 1980)
- La mort i la primavera (1986)
- Isabel e Maria (Isabel i Maria, 1991)
Note
Esplicative
- ^ arabo, aranese, basco, bulgaro, ceco, cinese, croato, danese, ebraico, estone, finlandese, francese, galiziano, giapponese, greco, hindi, inglese, islandese, italiano, lituano, norvegese, olandese, polacco, portoghese, romeno, russo, sardo, serbo, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese, vietnamita
Riferimenti
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Bibliografia
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Articoli
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