Utente:Giuseppe Capitano/Sandbox
La maiolica arcaica prodotta a Pisa tra il XIII e la metà circa del XVI secolo, è un tipo di ceramica coperta sulla superficie principale da smalto stannifero e variamente decorata con motivi in bruno e in verde. La decorazione viene anche detta a “ramina (verde) e manganese (bruno)”. I manufatti possono essere decorati anche in solo bruno, oppure essere rivestiti dallo smalto bianco o verde lasciato privo di ulteriori arricchimenti cromatici (in questo caso il pezzo viene detto monocromo). La superficie secondaria è, invece, coperta con una vetrina piombifera incolore, giallastra oppure verde.
Ipotesi sulle origini della maiolica arcaica di Pisa
Uno dei problemi principali nella storia degli studi è stato capire anzitutto da dove arrivarono le conoscenze per l'impiego della smaltatura stannifera a Pisa associata alla vetrina piombifera[1][2]. Per delineare un quadro esaustivo, gli studiosi si sono basati sullo studio dei “bacini ceramici”, importati da vari centri del Mediterraneo e posti sulle murature esterne delle chiese pisane[3]. Un "bacino ceramico"[4] è quel recipiente ceramico aperto, che, pensato e creato per uno scopo completamente diverso, ad esempio come servizio da mensa, è stato usato a Pisa, ma anche in altri centri toscani e di altre regioni, come abbellimento architettonico sulle pareti esterne degli edifici, in modo particolare quelli religiosi. Tali ceramiche nel primo periodo di importazione dovevano costituire uno status symbol in quanto di grande pregio sia artistico che economico e con ogni probabilità appartenevano a personaggi abbienti della Pisa medievale. Tra il XII e il XIII secolo diventarono appannaggio anche dei ceti sociali medi, come dimostrano alcuni scavi urbani degli ultimi 25 anni[2][5].
Secondo le ricerche più accreditate, l’avvio delle produzioni smaltate pisane nel XIII secolo fu reso possibile dalla trasmissione di un ingente bagaglio di conoscenze sino a quel momento sconosciute a Pisa. Si pensi che prima dell’avvento della maiolica arcaica l’unica produzione locale di vasellame era quella di recipienti in terracotta privi di copertura vetrosa e di decori colorati (detti perciò anche “acromi”)[6]. Questo nuovo tipo di ceramica rivestita comparve agli inizi del Duecento già nelle sue forme definitive e con tecnica di realizzazione dei rivestimenti perfetta. Viene dunque scartata l’ipotesi che si tratti del frutto di un’esperienza maturata direttamente in città per mezzo di sperimentazioni successive.
L’ipotesi più plausibile rimane quella secondo la quale la produzione della maiolica arcaica pisana è stata probabilmente stimolata dalle abbondanti importazioni che dalla fine del X secolo, e ancor di più dal secolo successivo, raggiunsero la città, e realizzata, probabilmente con l’aiuto di qualche maestranza straniera venuta a Pisa. Di conseguenza, per capire quale sia stato il punto di partenza della produzione della maiolica arcaica pisana bisogna spostare l'attenzione verso i centri che, prima di Pisa, fabbricarono manufatti con tecniche simili. Nel panorama delle ceramiche importate da vari paesi del Mediterraneo[7][8][N 1], quelle alle quali si avvicinano di più le maioliche arcaiche di produzione pisana sono le ceramiche islamiche fabbricate in area spagnola peninsulare (Penisola iberica) ed insulare (Isole Baleari), con decorazioni in verde e porpora, o in verde e manganese. La tecnica di produzione, che prevede due coperture vetrificate diverse sulle superfici del corpo ceramico (rispettivamente smaltata in bianco sulla superficie principale e vetrina piombifera incolore o giallastra sulla superficie secondaria), venne usata in alcuni centri della Spagna sotto il dominio islamico (al-Andalus) tra i quali Palma di Maiorca. Anche dal punto di vista delle forme, le maioliche arcaiche pisane sono simili ai manufatti ceramici prodotti a Denia fra la metà del XII ed il primo quarto del XIII secolo[7].
Per quanto riguarda Maiorca e le importazioni delle sue ceramiche, bisogna ricordare le intense e complesse relazioni tra quest’isola e la Repubblica di Pisa a partire dai fatti accaduti tra 1113-1116. In questi anni infatti, si svolse una crociata volta ad annullare la pirateria musulmana nel mediterraneo. Questa, ricordata come “la spedizione delle isole Baleari”, era guidata dalla Repubblica di Pisa (alleata con i Catalani), alla quale nel 1085 era stata concessa la sovranità delle Baleari da Papa Gregorio VII[N 2].
Per quanto concerne la Spagna andalusa sappiamo che nel 1149 Pisa possedeva a Denia e a Valencia un fondaco, cioè una “casa commerciale” (o un complesso di edifici), adibita a magazzino che funzionava da “base operativa” per la gestione dei commerci in loco da parte degli operatori economici pisani. Del resto, la frequentazione di Porto Pisano da parte di navi provenienti da queste aree potrebbe essere suggerita pure da un documento del 1160 circa riguardante i pedaggi del porto messo in luce da Constable[9][N 3]:
(O.R. Constable, Trade and traders in Muslim Spain, 1994).
Tito Antoni parla anche di un fondaco pisano presente a Maiorca sin dalla dominazione islamica, che fu distrutto durante gli scontri per la conquista cristiana voluta e capeggiata da Giacomo I d'Aragona tra il 1229 e il 1232[10][N 4].
Le prime migrazioni di alcuni musulmani lontano da Maiorca, e quindi verso Pisa, potrebbero essere state stimolate da questi rapporti commerciali[N 5]. La presenza islamica nella città del resto è già palese sul finire dell’XI e all'inizio del XII secolo. Ce ne dà conferma l'invettiva lanciata dal monaco Donizone contro Pisa, luogo secondo lui indegno ad accogliere e conservare le spoglie della contessa Matilde di Canossa in quanto era frequentato da pagani (turchi e libici per esempio)[N 6]. Le migrazioni di artigiani musulmani potrebbero poi essersi intensificate in seguito alla “Reconquista” cristiana della Spagna andalusa e delle Baleari, che si compì proprio nei primi decenni del Duecento[11].
Cronologia della maiolica arcaica pisana
Gli studiosi che se ne sono occupati fino ad ora hanno identificato diverse fasi produttive[12]:
- Una prima che va dalle origini nei primi decenni del XIII secolo (1210-1230) fino al 1280 circa.
- Una seconda fase si sviluppa dal 1280 circa fino al 1330-1340 circa.
- Una terza fase copre la seconda metà del XIV secolo.
- Una quarta comprende la prima metà del XV secolo (in questa fase Pisa cominciò a sperimentare la produzione di ceramiche rivestite di ingobbio e abbellite con decorazioni graffite).
- Una quinta copre la seconda metà del XV secolo
- Un’ultima fase si estende sino alla fine del XVI secolo (in quest’ultima le fabbriche pisane continuano a produrre maiolica arcaica nella sola versione smaltata monocroma bianca).
Note
Esplicative
- ^ Tra i “bacini ceramici” pisani figurano ceramiche importate dall’area Bizantina, dalla Tunisia, dalla Sicilia islamica e poi normanna, dalla Puglia (le “protomaioliche” brindisine), dall'Egitto, e dalla Liguria (le “graffite arcaiche liguri”).
- ^ Altri due episodi significativi che mostrano gli stretti rapporti tra la città toscana e le isole Baleari sono: la nomina di Gherardo, nel 1111, come comandante di 20 galee che componevano la flotta di navi organizzata per la conquista cristiana; e nel 1135, la nomina di Lamberto “canonico pisano”, da parte di Iacopo di Gherardo che faceva parte dei XII deputati della repubblica, come regnante di Maiorca durante la dominazione cristiana.
- ^ L’originale cita: “Pisa would impose tolls on ships arriving from Malaga, Almeria, Denia, Valencia, Barcelona and Majorca. The Sources do not say whether these charges were levied on Italian or Andalusian vessels …”, vedi Constable 1994, pp. 132-133.
- ^ Tito Antoni espone notizie interessanti sulle relazioni commerciali tra Pisa e le Baleari in questo periodo e oltre, e afferma che a Maiorca erano presenti membri delle più famose famiglie dell’aristocrazia mercantile pisana (p. 4).
- ^ Altra testimonianza di questi stretti rapporti di scambio sono i materiali negoziati dai pisani a Maiorca, fra il 1315 ed il 1322. Tra le tante merci importate nella città toscana figurano anche lo stagno ed il piombo, elementi indispensabili per la creazione delle coperture vetrose (vedi Antoni 1977, p. 13).
- ^ Donizone nel primo libro della sua opera “Vita di Matilde” (Vita Mathildis), nei versi nn. 1370-1373 dice: “Qui pergit Pisas, videt illic monstra marina. - Haec urbs Paganis, Turchis, Libicis, quoque Parthis – Sordida Chaldei sua lustrant litora tetri” (vedi Davoli 1888, p. 142).
Bibliografiche
- ^ Per studi al riguardo si rimanda a: Berti - Tongiorgi 1977a, p. 5; Gelichi 1987; Berti 1993a; Berti - Gelichi 1995b; Berti - Gelichi 1995c; Berti - Gelichi - Mannoni 1995.
- ^ a b Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 276.
- ^ Vedi Berti - Tongiorgi 1981a per un catalogo di bacini ceramici delle chiese pisane e Berti - Giorgio 2011 per uno studio più recente degli stessi.
- ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/bacini_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/
- ^ Per un catalogo sui reperti da scavo vedi Berti 1993b e Berti 1993c. I risultati degli scavi più recenti sono esposti in: Giorgio 2011a; Giorgio - Trombetta 2011.
- ^ Per dettagli sulla ceramica "acroma" vedi Busi 1984 e ALberti - Giorgio 2018 per uno studio più recente.
- ^ a b Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 277.
- ^ Per informazioni sulle aree di provenienza dei bacini si rimanda a: Berti 1993c; Berti 1993d; Gelichi - Berti - Nepoti 1996; Berti - Giorgio 2011 e Giorgio 2018.
- ^ Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 283; Barcelo Torres 1984, p. 131.
- ^ Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 283; Calisse 1904, pp. 9, 140-141, 145; Antoni 1977, p. 5/nota 8
- ^ BERTI - RENZI RIZZO 1997, p. 283. CONSTABLE 1994, p. 140.
- ^ Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 36, 57; per informazioni sulla maiolica arcaica tarda vedi Alberti - Giorgio 2013.
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