Dal XIII al XIX secolo, Pisa vede operare un gran numero di maestri vasai, capaci di realizzare diversi tipi di ceramica applicando più tecniche di produzione.

Prima dell'avvento della maiolica arcaica, l'unica produzione di ceramica era quella di vasellame privo di qualsiasi tipo di copertura e decoro dipinto (per questo talvolta detto anche “acromo”), destinato alla cottura degli alimenti (da fuoco), o alla loro conservazione nelle dispense e alla portata da mensa[1].

I vasai pisani, dai primi decenni del XIII secolo fino alla seconda metà del XVI secolo, venuti a contatto con ceramiche di importazione prodotte in diversi centri del bacino mediterraneo e, probabilmente, con l’aiuto di maestranze provenienti dall’area islamica, cominciano a realizzare e commerciare un nuovo tipo di ceramica rivestita, poi definita dagli studiosi “maiolica arcaica”[2].

Parallelamente all'ultima maiolica arcaica (metà XV-XVI secolo) e fino almeno alla metà del XIX secolo, i maestri vasai hanno prodotto anche ceramiche rivestite di ingobbio decorate con varie tecniche di graffitura ("a punta", "a stecca" e poi "a fondo ribassato")[3].

Cenni Storici

Già dall'età romana la città di Pisa ha avuto un’importante storia manifatturiera di vasellame ceramico[4].

I vasai pisani potevano disporre di una grande quantità di materia prima che, almeno a partire dal Basso Medioevo, veniva cavata sfruttando i depositi alluvionali del fiume Arno. L’argilla di questo tratto fluviale, una volta cotta, conferisce ai manufatti il caratteristico colore rosso-arancio[5].

L'unica produzione di vasellame fino a tutto il XII secolo era di recipienti privi di coperture vetrose e di decorazioni<re>Berti - Giorgio 2011, p. 13; Berti - Gelichi 1995a; Berti - Menchelli 1998; Giorgio - Trombetta 2008</ref>. Dai primi decenni del XIII secolo la storia manifatturiera della ceramica cambia drasticamente grazie all'introduzione di nuove tecnologie per la produzione di vasellame. Viene adottata in città, infatti, la tecnica della smaltatura e dell'invetriatura, che i vasai pisani poterono apprendere grazie ai contatti avuti con maestranze straniere di area spagnola e vasellame di importazione mediterranea che abbondava in città già dagli anni finali del X secolo fino al XV. La maiolica arcaica, specie nella sua versione più semplice (monocroma), venne prodotta a Pisa fino alla fine circa del XVI secolo[6]. Contemporaneamente alla maiolica arcaica le officine ceramiche pisane sfornarono nella prima metà del XV secolo una nuova categoria di manufatti, le maioliche arcaiche policrome, che subiscono un aggiornamento nella cromia dei decori con l'introduzione del giallo[7]. Questa produzione venne presto abbandonata quando, dalla metà circa del XV secolo, vennero prodotte le ceramiche ingobbiate e graffite principalmente “a punta”, “a stecca” e poi “a fondo ribassato”[8].

Grazie alle fonti documentarie si è potuto tracciare un quadro abbastanza completo sui maestri ceramisti che si sono susseguiti in città dal XIII fino al XVII secolo. Questi documenti sono soprattutto costituiti da notizie riguardanti contratti di lavoro, acquisti, affitti e vendite, censimenti, testamenti, ma vi sono anche carte giudiziarie{{#tag:ref|Tutte queste fonti sono conservate principalmente negli Archivi di Stato di Pisa e di Firenze, in quello Arcivescovile e della Mensa, nel Capitolare ed in quelli di altre comunità religiose pisane (vedi Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 225.</ref>.

Tali scritti hanno consentito anzitutto di individuare le “cappelle” di appartenenza dei ceramisti, dove cioè possedevano il domicilio e/o l'esercizio in città[9]. Le principali cappelle interessate sono:

  • Nome chiesa alle Catene.
  • Nome chiesa Porta Aurea.
  • Nome chiesa Quartiere di Mezzo.
  • Nome chiesa in Ponte.
  • Nome chiesa in Vincoli.
  • Sant’Andrea Fuori Porta.
  • Sant’Andrea in Kinzica (o Chinzica).
  • San Giovanni al Gatano.
  • San Paolo a Ripa d'Arno.
  • San Vito.

Diverse nomi e qualifiche lavorative sono state individuate nei documenti esaminati: barattolaio, broccaio, coppaio, fornaciaio, orciaio-orciolaio, scodellaio, stovigliaio, vasellaio-vasaio, maestro, apprendista o lavorante. Un individuo può anche essere indicato con più qualifiche contemporaneamente.

Attività dei ceramisti fra il XIII e gli inizi del XVII secolo secondo le fonti scritte

XIII secolo

Già agli inizi del XIII secolo sappiamo che i vasai pisani cominciano a commerciare le proprie merci al di fuori dell'ambito cittadino, almeno lungo il tratto fluviale interno e in area tirrenica[N 1]. Alcuni documenti rilevanti sono gli Statuti del 1286, che impongono ai “tegolai” precisi limiti per cavare l'argilla. Essi infatti non potevano prelevarla più in zone del centro cittadino, né di loro proprietà, né di altri, lungo le sponde del tratto fluviale che taglia in due la città. Insieme ai tegolai vengono citati i “barattolai” che, almeno in questo secolo, sono probabilmente produttori di vasellame; più tardi, con questo termine verranno indicati i rivenditori di ceramica[10]. Sempre il “Breve” del 1286 emanato dal Comune di Pisa indica ai ceramisti la quantità massima di combustibile da poter tenere nella propria bottega, e cioè non superiore a quella necessaria per una infornata. Sappiamo infatti che questa precauzione nasce con la crescita del lavoro degli artigiani pisani che gradualmente cominciarono ad affittare diversi terreni per la raccolta del combustibile[11]. Una testimonianza in tal senso è data anche dai documenti riguardanti Niccolò Piloso che, nel 1283, compera dall’Arcivescovo di Pisa la paglia necessaria alla cottura. Un altro esempio è quello di Lotto di Bartolomeo che, nel 1291, riesce ad ottenere il permesso per tagliare la paglia tra l’Arno e il Serchio per due anni.

In questo periodo, un altro termine legato sicuramente alla ceramica è quello di scodellaio. Fornisce un esempio Nino di Lorenzo, della cappella di San Lorenzo in Pelliparia, che nel 1291 possedeva una casa con fornace affittatagli da Giovanni Visella. Fra i ceramisti del XIII secolo riveste un ruolo molto importante Bondie di Uguccione da Cerreto perché diede il via ad una tradizione famigliare che si imporrà nella scena artigiana pisana fino al secolo successivo[12].

Dalla documentazione scritta risulta che nel XIII secolo sono presenti a Pisa 26 operanti nel settore, di cui 21 barattolai (1 è indicato barattolaio e coppaio), 1 scodellaio, 4 vasai (1 indicato vasaio e broccaio).

Qualifica Cappella ignota S. Andrea Ch.[N 2] S. Sepolcro K. S. Lorenzo P.
Barattolaio 14 7 / /
Scodellaio / / / 1
Vasaio 3 / 1 /


Note

Esplicative

  1. ^ Sono stati ritrovati numerosi reperti riconducibili a ceramiche di produzione pisana in Toscana Settentrionale, in Corsica e Sardegna (si rimanda alla sezione dedicata).
  2. ^ Tale zona, ad est del quartiere di Chinzica, si chiamava in quel tempo «Baractularia» (area attualmente occupata dal Giardino Scotto) e con ogni probabilità il nome faceva riferimento al gran numero di barattolai presenti nella stessa; si veda Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 226-227. Sempre a sud dell’Arno, nella cappella di S. Sepolcro, nel 1273, è segnalato anche il vasellaio-broccaio Bondie di Uguccione (vedi Berti - Tongiorgio 1977a, p. 140). L’unico scodellaio, Nino di Lorenzo, nel 1291 aveva in affitto, insieme alla moglie Parella, una casa con fornace nella zona detta “Pelliccerie”, nel quartiere di Ponte, a nord dell’Arno. Vedi Tongiorgi 1972, p. 126. I dati possono essere soggetti a cambiamenti e revisioni in quanto la ricerca archivistica è ancora oggi oggetto di studio.

Bibliografiche

  1. ^ Per studi più recenti si rimanda a Alberti - Giorgio 2018, ma queste ceramiche sono già citate anche in pubblicazioni più lontane: Berti - Tongiorgi 1977a; Busi 1984.
  2. ^ Informazioni al riguardo si possono trovare in Berti - Tongiorgi 1977a; Berti - Tongiorgi 1981a; Berti - Gabrielli - Parenti 1993; Gelichi - Berti - Nepoti 1996; Berti - Renzi Rizzo 1997; Berti - Giorgio 2011; Giorgio 2013; Giorgio 2018a.
  3. ^ Per la produzione di ceramica ingobbiata e graffita si veda: Berti - Tongiorgi 1982; Berti 2005; Giorgio - Trombetta 2011; Alberti - Giorgio 2013; Giorgio 2015; Giorgio 2018b.
  4. ^ Si veda Menichelli 1995 per la produzione di sigillata a Pisa in epoca romana.
  5. ^ Per l'approvvigionamento dell'argilla vedi Giorgio 2018c, pp. 35-44; Alberti - Giorgio 2013, pp. 27-46 (studi condotti da Giuseppe Clemente- "Vasai e produzione ceramica a Pisa nel XVI secolo attraverso le fonti documentarie").
  6. ^ Alberti - Giorgio 2013, si vedano scavi di Villa Quercioli e via della Sapienza.
  7. ^ Per ulteriori dettagli sulla maiolica arcaica policroma vedi Berti - Renzi Rizzo 1997
  8. ^ Berti 2005 e Alberti - Giorgio 2013.
  9. ^ Tongiorgi 1964; Tongiorgi 1972; Tongiorgi 1979; Renzi Rizzo 1994. Berti - Tongiorgi 1977a, pp. 139-153; Redi 1984; Stiaffini 2002.
  10. ^ Berti - Tongiorgi 1977a, p. 139; Bonaini 1854 - 1857, I, pp. 304-305. Un quadro esaustivo delle attività e delle vicende relative ai vasai dal XIII al XV secolo è desunto dai documenti di archivio analizzati in Tongiorgi 1964 e Tongiorgi 1972.
  11. ^ Berti - Tongiorgi 1977a, p. 140; Bonaini 1854 - 1857, I, pp. 437 - 438.
  12. ^ Berti - Tongiorgi 1977a, p. 140.

Bibliografia

  • G. Berti e L. Tongiorgi, I bacini ceramici medievali delle chiese di Pisa, in Quaderni di Cultura Materiale, n. 3, Roma, “L’ERMA” di Bretschneider, 1981.
  • G. Berti e E. Tongiorgi, Aspetti della produzione pisana di ceramica ingobbiata, in Archeologia medievale, IX, Firenze, 1982, pp. 141-174.
  • G. Berti, F. Gabrielli e R. Parenti, Bacini e Architettura. Tecniche di inserimento e complesso decorativo, in Atti Albisola XXVI, Albisola, 1993, pp. 243-264.
  • G. Berti e S. Gelichi, Le "anforette" pisane: Note su un contenitore in ceramica tardo-medievale, in Archeologia Medievale, XXII, pp. 191-240.
  • G. Berti e S. Menchelli, Pisa. Ceramiche da cucina, da dispensa, da trasporto, dei secoli X-XIV, in Archeologia Medievale, XXV, pp. 307-333.
  • S. Gelichi, G. Berti e S. Nepoti 1996, Relazione introduttiva sui “Bacini”, Atti del XXVI Convegno Internazionale della Ceramica, 1993, pp. 7-30.
  • A. Alberti e M. Giorgio, Nuovi dati sulla produzione di ceramica a Pisa tra XI e XII secolo, in F. Cantini e C. Rizzitelli (a cura di), Una città operosa. Archeologia della produzione a Pisa tra Età romana e Medioevo, Firenze, pp. 29-36.
  • M. Giorgio, Dai bacini ai reperti da scavo: commercio di ceramica mediterranea nella Pisa bassomedievale, Atti XLV Convegno Internazionale della Ceramica 2012, Albenga (SV), 2013, pp. 43-56.
  • M. Giorgio, Reinterpretare e ricontestualizzare i dati archeologici: l’esempio della produzione ceramica di Pisa tra XV e XVI secolo, in P. Arthur e M.L. Imperiale (a cura di), VII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, vol. II, Lecce 9-12 settembre 2015, Firenze, 2015, pp. 305-309.
  • M. Giorgio, Colori nel cielo. 50 anni di studi sui Bacini ceramici, Atti L Convegno Internazionale della Ceramica, L/2017, Albenga (SV), pp. 83-94.
  • M. Giorgio, Produzione e consumo di ceramiche a Pisa: rapporto tra ingobbiate e maioliche nella prima età moderna, in P. De Vingo (a cura di), Le Archeologie di Marilli. Miscellanea di studi in ricordo di Maria Maddalena Negro Ponzi Mancini, Alessandria, pp. 579-593.
  • M. Giorgio (a cura di), L’approvvigionamento di argilla a Pisa nel Bassomedioevo e in Età Moderna: analisi, dati materiali e documentali a confronto, in Storie (di) Ceramiche 4. Ceramica e Archeometria.
  • M. Giorgio e I. Trombetta, Vasellame privo di rivestimento depurato: aggiornamenti crono-tipologici su contenitori di produzione pisana provenienti da un contesto chiuso dello scavo di Via Toselli a Pisa, Atti Convegno Internazionale della Ceramica, XL, pp. 149-155.
  • M. Giorgio e I. Trombetta, Dall'ultima maiolica arcaica alle prime ingobbiate graffite: persistenze e trasformazioni nella produzione ceramica a Pisa e nel Valdarno Inferiore tra la fine del XV e gli inizi XVI secolo, Atti XLIII Convegno Internazionale della Ceramica 2010, Albenga, 2011, pp. 229-239.