Disturbo da deficit di attenzione/iperattività

disturbo del neurosviluppo

Template:Disclaimer soccorso ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), o più semplicemente ADD (Attention Deficit Disorder), è la sigla della sindrome da deficit di attenzione e iperattività.

I bambini ed adulti affetti da questa sindrome sono iperattivi, deconcentrati, assumono comportamenti di cui il genitore fa difficoltà a gestire. Occorre prestare attenzione al fatto che non si tratta di una malattia ma si tratta di una serie di comportamenti che sono etichettati come sindrome da iperattività secondo un manuale psichiatrico.

La sindrome è stata costituita recentemente e dopo che una particolare anfetamina, il metilfenidato, si è visto efficace per il trattamento di alcuni pazienti iperattivi e con deficit d'attenzione [senza fonte], in pratica è stata scoperta prima la cura della sindrome. Ma critiche sono piovute sull'uso di questi medicinali, i quali sono stati ritenuti responsabili di diversi casi di morte (infarto, suicidio, ecc.).[1]

Questi bambini hanno difficoltà d'apprendere nelle aree verbali (es la lettura), enormi difficoltà nel completare autonomamente un compito assegnato, nel ricordare di compiere ciò che gli viene detto e programmato di fare e, infine, nel riuscire a portare a termine un progetto già iniziato. Questi bambini hanno difficoltà di coordinazione, sono impulsivi e facilmente distratti.

In sintesi, l'ADHD è un disturbo psichiatrico caratterizzato da deficit di attenzione, impulsività e iperattività.

Cause

La tesi della malattia

Secondo i ricercatori il disturbo può avere una causa genetica, anche se tale tesi è contestata dal momento che ad oggi alcun fenotipo (marcatore biologico) è stata individuato per l'ADHD, ed alcuna prova definitiva è stata fornita circa la tesi dell'origine genetica della sindrome. In molti casi si registra una remissione spontanea dei sintomi con l'avanzare dell'età del soggetto, anche in pazienti non sottoposti a terapia farmacologica.

Sindrome

Secondo altri la sindrome da iperattività non è una malattia, secondo il dott. Fred Baughman, neurologo infantile e membro dell'American Academy of Neurology: «[…] La "psichiatria biologica" in quarant’anni non ha mai confermato l'esistenza di anomalie, "squilibri chimici" o disturbi "neurologici", "biologici" o "genetici" in una sola delle sue diagnosi o delle condizioni di cui afferma l'esistenza». Tale tesi è sostenuta anche da una parte significativa della comunità scientifica italiana: la Prof. Emilia Costa (1^ Cattedra di Psichiatria dell'Università "La Sapienza" di Roma) afferma infatti che "tale diagnosi (di ADHD, ndr) è inconsistente e vaga, e così come viene proposta ad oggi non andrebbe fatta".

Problemi relazionali

Per quanto riguarda i problemi relazionali, i genitori, gli insegnanti e gli stessi coetanei concordano che i bambini con ADHD hanno anche problemi nelle relazioni interpersonali (Pelham e Millich 1984). Vari studi di tipo sociometrico hanno confermato che bambini affetti da deficit di attenzione con o senza iperattività:

  • ricevono minori apprezzamenti e maggiori rifiuti dai loro compagni di scuola o di gioco (Carlson et al, 1987);
  • pronunciano un numero di frasi negative nei confronti dei loro compagni dieci volte superiori rispetto agli altri;
  • presentano un comportamento aggressivo tre volte superiore (Pelham e Bender, 1982);
  • non rispettano o non riescono a rispettare le regole di comportamento in gruppo e nel gioco;
  • laddove il bambino con ADHD assume un ruolo attivo riesce ad essere collaborante, cooperativo e volto al mantenimento delle relazioni di amicizia;
  • laddove, invece, il loro ruolo diventa passivo e non ben definito, essi diventano più contestatori e incapaci di comunicare proficuamente con i coetanei.

Trattamento sintomatico & controversie alla cura farmacologica

Il trattamento sintomatico più impiegato per il trattamento dell'ADHD è il metilfenidato, un'anfetamina, ma esiste un forte dibattito all'interno degli stessi psichiatri sull'uso di queste sostanze stimolanti in bambini che sono iperattivi. In effetti, le linee-guida tendono a riconoscere l'utilità di integrare interventi educativi, psicologici, di supporto famigliare e - solo laddove realmente necessario - anche farmacologico.

Paolo Crepet, noto psichiatra e psicologo, in questo senso ha giustamente affermato: il ricorso agli psicofarmaci deve «rappresentare l'extrema ratio e comunque una strada assolutamente da evitare in età giovanile. Molto meglio può fare l'attenzione della famiglia».[1]. L'atteggiamento di Crepet, come quello di molti altri esperti del settore, sottolinea l'utilità di approcciarsi ai farmaci in maniera corretta, senza "idealizzarli" (e quindi abusarne inutilmente), ma senza nemmeno "demonizzarli" (e quindi usandoli, in maniera consapevole e corretta, quando realmente necessari).

Un recente "warning" della Food and Drug Administration ha indicato come potenziali effetti collaterali per l'assunzione a normale dosaggio terapeutico di questo tipo di psicofarmaci il leggero aumento di rischi sanitari, quali il rischio di ictus, l'insorgenza di crisi maniaco-depressive, o, in casi eccezionali ed in presenza di gravissimi fattori predisponenti, la morte improvvisa per arresto cardiaco [[2]].

Un documentario della ABC ha riportato stretti collegamenti fra suicidi ed omicidi commessi da ragazzini nelle scuole; ed l'uso di tali farmaci. Accusando le aziende di aver oscurato gli effetti collaterali e di aver fornito indicazioni molto soggettive sulla sicurezza del farmaco (essendo stato trattato solo sui topi)[senza fonte]. [2]

Esistono progetti, dal nome eloquente, "Giù le Mani dai Bambini" [3] che criticano l'uso del metilfenidato in età evolutiva. Il progetto è supportato da diversi anni da alcune associazioni dell'ambito antipsichiatrico, associazioni di promozione sociale, cooperative, etc. ed ha goduto dell'appoggio di diversi "media" e di personalità del mondo dello spettacolo e della cultura.

Molte di queste critiche contro l'uso degli psicofarmaci nei casi di ADHD (che provengono, spesso, da gruppi di pressione, giornalisti o associazioni antipsichiatriche) sembrano però essere scarsamente fondate da un punto di vista scientifico: l' Istituto Superiore di Sanità ha quindi costituito, per garantire una corretta informazione sanitaria ai genitori ed agli insegnanti dei bambini affetti da ADHD, un ricco sito informativo, con sezioni di approfondimento su tutti i temi relativi. Il sito ufficiale è: http://www.iss.it/adhd/index.php?lang=1

Anche le Associazioni dei genitori di bambini con ADHD hanno messo online materiale informativo di merito, spesso in reazione alle informazioni imprecise fatte circolare dai gruppi antipsichiatrici:

  • L'associazione delle famiglie con figli ADHD, l'AIFA [4], quale si occupa di dare supporto alle famiglie. Si tratta di una Onlus senza influenze religiose o economiche, composta da genitori che hanno come unico interesse quello di curare i propri figli.

La terapia dei bambini affetti da ADHD è quasi sempre esito di un percorso interdisciplinare, che unisce le figure del Neuropsichiatra Infantile, del Pediatra e dello Psicologo dello Sviluppo da un punto di vista clinico, e di pedagogisti, educatori ed insegnanti da un punto di vista formativo. Fondamentale è sempre il coinvolgimento attivo della famiglia. Con un buon progetto di trattamento ed in presenza di un "buon gioco di squadra" tra queste figure, è molte volte possibile ottenere buoni risultati terapeutici anche senza l'ausilio dei farmaci (che sono comunque clinicamente efficaci ed utili nei casi più gravi).

Il Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (Diagnostical and Statistical Manual) dell'Associazione Psichiatrica Americana (APA) è un riferimento basilare, criticato per un conflitto d'interesse di alcuni autori che nello stesso tempo erano consultenti o ricercatori alle dipendenze di case farmaceutiche. L'ADHD, secondo i critici, sarebbe in questo senso una delle tante sindromi scoperte e introdotte nel prontuario negli ultimi 50 anni. Secondo questa critica sarebbe un disturbo senza una sintomatologia chiara e univoca, diagnosticabile a "piacere", elaborata ad inizi del secolo scorso e ripresa negli anni '80 per creare un nuovo mercato di farmaci. A questi critici è stato fatto notare frequentemente come in realtà sia sufficiente consultare il DSM stesso per rendersi conto che i criteri diagnostici dell'ADHD siano al contrario ben precisi, e che ormai nella classe medica si è sviluppata una sensibilità alla questione tale da portare a porre tali diagnosi con molta attenzione, solo davanti a riscontri clinici evidenti. Al tempo stesso, la differenza tra "uso" ed "abuso" degli psicofarmaci, soprattutto in età evolutiva, è ben nota ai neuropsichiatri infantili, che sulla questione pongono ormai particolare attenzione.

Note

Voci correlate

Collegamenti esterni


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