Utente:Pietro, l'essere sapiente/Sandbox

Versione del 27 mag 2025 alle 23:04 di Pietro, l'essere sapiente (discussione | contributi) (sinossi mort darthur)

Sinossi

1° Libro

I

in Britannia, durante il regno di Uther Pendragon, sovrano di tutta l’Inghilterra, scoppiò un conflitto con un potente duca di Cornovaglia, signore del castello di Tintagel. Dopo anni di ostilità, il re convocò il duca a corte, ordinandogli di presentarsi insieme alla moglie, Igraine, nota per la sua saggezza. Grazie all’intervento dei baroni, la riconciliazione avvenne, ma Uther si invaghì della duchessa e cercò di sedurla. Igraine, donna leale e virtuosa, rifiutò le avances del re e convinse il marito a fuggire segretamente quella stessa notte.

Scoperta la fuga, Uther reagì con rabbia e convocò un consiglio privato. I suoi baroni gli consigliarono di intimare al duca di ritornare a corte, pena la guerra. Alla risposta negativa del duca, il re dichiarò l’intenzione di attaccarlo entro quaranta giorni. Il duca si preparò alla difesa fortificando i castelli di Tintagel e Terrabil, rifugiandosi nel secondo e lasciando Igraine nel primo. Uther pose l’assedio a Terrabil, ma, consumato dall’ira e dall’amore per Igraine, si ammalò.

Il cavaliere Ulfius, vedendolo affranto, si offrì di cercare Merlino, famoso mago e consigliere. Durante il viaggio, Ulfius incontrò Merlino, travestito da mendicante, il quale svelò subito la propria identità. Il mago dichiarò di poter soddisfare il desiderio del re a condizione che Uther giurasse di esaudire una sua futura richiesta, che sarebbe stata vantaggiosa per entrambi. Ulfius acconsentì.

II

Dopo aver incontrato Merlino, Ulfius tornò rapidamente da Uther per riferirgli del colloquio. Poco dopo, Merlino si presentò al sovrano e gli propose un patto: se il re gli avesse giurato fedeltà e obbedienza, egli gli avrebbe permesso di giacere con Igraine. Poi Merlino gli chiese che il figlio concepito in quella notte fosse affidato a lui alla nascita. Il re acconsentì.

Con l'aiuto della magia di Merlino, Uther assume le sembianze del duca e si introdusse nel castello di Tintagel durante la notte, accompagnato da Ulfius e Merlino, anch’essi travestiti da cavalieri del duca. In quella stessa notte, mentre Uther giaceva con Igraine, il vero duca fu ucciso in battaglia durante un assalto all'accampamento reale, ignaro che il re avesse lasciato l’assedio di Terrabil.

All'alba, Merlino tornò a informare Uther della morte del duca, e il re partì subito dopo aver salutato Igraine. Quando la dama apprese della morte del marito prima dell'arrivo dell'uomo con cui aveva passato la notte, ne fu profondamente turbata, ma tenne il silenzio.

Con la morte del duca, i baroni suoi vassalli convinsero Uther a sposare Igraine, e il re, desideroso egli stesso dell’unione, incaricò Ulfius di trattare i termini. Il matrimonio fu celebrato poco dopo con grande giubilo. In quella stessa occasione, Uther dispose anche altri matrimoni: re Lot di Lothian e Orkney sposò Morgawse, che avrebbe dato alla luce Galvano; re Nentres di Garlot sposò Elaine. La terza sorella, Morgana la Fata, fu invece affidata a un convento dove si dedicò allo studio delle arti magiche, diventando esperta di negromanzia. In seguito sarebbe andata in sposa a re Uriens della terra di Gore, da cui ebbe sir Ivano il Biancamano.

III-IV

Sei mesi dopo il matrimonio con Uther Pendragon, la regina Igraine era ormai prossima al parto. Una sera, Uther le chiese apertamente di chi fosse il figlio che portava in grembo. Igraine, imbarazzata, finì per raccontare al re la verità, senza sapere che egli stesso fosse l’uomo con cui aveva giaciuto quella notte a Tintagel. Uther la rassicurò, rivelandole che era stato lui, grazie alla magia di Merlino, a presentarsi con le sembianze del defunto duca suo marito. Igraine ne fu sollevata e lieta.

Poco dopo, Merlino tornò a corte e chiese al re di mantenere il patto: consegnare il bambino non appena nato, affinché fosse allevato in segreto. Il mago propose di affidarlo a sir Ector, un nobile fedele e benestante, le cui terre si estendevano tra l’Inghilterra e il Galles. Su consiglio di Merlino, Uther convocò Ector e gli chiese di dare il proprio figlio alla balia e di far allattare il figlio del re dalla moglie. Ector accettò, ottenendo in cambio una generosa ricompensa.

Alla nascita del bambino, due cavalieri e due dame lo avvolsero in un drappo d’oro e lo affidarono a un povero uomo nei pressi della postierla del castello, secondo le istruzioni ricevute. Merlino prese il neonato e lo portò da sir Ector, dove fu battezzato con il nome di Artù. La moglie di Ector lo allattò al seno e lo crebbe come proprio figlio.

Due anni dopo, re Uther si ammalò gravemente. I suoi nemici approfittarono della situazione per attaccare e mietere vittime tra i sudditi. Merlino convinse il sovrano a guidare personalmente l’esercito, sebbene costretto in una lettiga. Durante la battaglia di Saint Albans, i cavalieri Ulfius e Brastias si distinsero per il valore, e le truppe reali ottennero una netta vittoria.

Tuttavia, la malattia di Uther si aggravò e, una volta tornato a Londra, il re non fu più in grado di parlare per tre giorni. I baroni, in grande preoccupazione, si rivolsero a Merlino, il quale promise che il sovrano avrebbe parlato un’ultima volta. L’indomani, alla presenza di tutti, Merlino chiese solennemente se fosse volontà del re che il figlio Artù gli succedesse sul trono. Uther annuì e riuscì a pronunciare poche parole: affidò ad Artù la benedizione di Dio e la propria, pregando che reclamasse la corona con onore e secondo diritto. Poco dopo, re Uther morì.

V–VII

Dopo la morte di [Uther, il regno precipitò nel caos: vari signori cercavano di affermarsi come sovrani, e l’unità politica era in pericolo. Fu allora che Merlino consigliò all’arcivescovo di Canterbury di convocare tutti i nobili del regno a Londra per la notte di Natale, sotto minaccia di scomunica, poiché Dio avrebbe indicato miracolosa­mente il legittimo re.

Alla fine della messa di mezzanotte, nel camposanto dietro l’altare maggiore apparve una grande roccia con un’incudine d’acciaio, nella quale era infissa una spada. Un’iscrizione d’oro proclamava:

«Colui che estrarrà questa spada dalla roccia e dall’incudine è il legittimo re di tutta la Britannia».

Molti tentarono invano di estrarre la spada. L’arcivescovo ordinò che venisse sorvegliata da dieci cavalieri. Si decise quindi di tenere un torneo a Capodanno per trattenere nobili e popolo a Londra. In quell’occasione, Artù, giovane scudiero al servizio di sir Kay, estrasse la spada per caso, cercando un’arma per il fratello adottivo. Incredulo, sir Kay tentò di attribuirsi l’impresa, ma alla fine dovette confessare che era stato Artù a compierla. Il padre adottivo, sir Ector, lo mise alla prova facendogli ripetere il gesto, e si convinse che il giovane era destinato a regnare. Gli rivelò così le sue origini, raccontandogli che era stato affidato a lui da Merlino su ordine del re defunto.

I baroni tuttavia, al sapere che il nuovo pretendente era un giovane di origini sconosciute, opposero resistenza. Furono fissate nuove prove in occasione della Candelora, di Pasqua e infine della Pentecoste. In ogni occasione Artù fu l’unico a riuscire nell’impresa di estrarre la spada. Alla fine, durante la Pentecoste, anche il popolo si sollevò a favore di Artù e, davanti alla manifesta volontà divina, la nobiltà si piegò.

L’arcivescovo lo fece cavaliere e lo incoronò re. Artù giurò di essere un sovrano giusto e leale, e convocò tutti i vassalli della corona perché rinnovassero i loro doveri. Ordinò anche la restituzione dei feudi sottratti illegalmente dopo la morte di Uther e ristabilì l’ordine nel regno. Assegnò i primi incarichi:

  • Sir Kay fu nominato siniscalco del regno
  • Sir Baldovino di Bretagna divenne conestabile
  • Sir Ulfius fu fatto ciambellano
  • Sir Brastias fu nominato governatore delle terre del nord

Con la sua incoronazione, il giovane Artù divenne il re legittimo di Britannia (sebbene Malory la chiami Inghilterra), consacrato dalla grazia divina e accettato da popolo e nobiltà.

VIII-XI

Dopo la sua incoronazione, re Artù annunciò una grande festa di Pentecoste a Carleon. All’evento si presentarono numerosi sovrani: re Lot di Lothian e Orkney, re Uriens di Gore, re Nentres di Garlot, il giovane re degli Scozzesi, il Re dei Cento Cavalieri e re Carados, ciascuno accompagnato da centinaia di cavalieri. Tuttavia, invece di rendere omaggio, questi re si dichiararono ostili e posero d’assedio Artù, rifiutando i suoi doni e insultando la sua origine. Su consiglio dei suoi baroni, il giovane re si rifugiò in una fortezza.

Quindici giorni dopo arrivò Merlino, che rivelò ai ribelli le vere origini regali di Artù, figlio legittimo di Uther Pendragon e Igraine. Alcuni ne furono impressionati, altri lo schernirono. Alla fine, Merlino ottenne un incontro pacifico tra Artù e i re ribelli, ma il confronto fu aspro e privo di cortesia. Dopo il colloquio, su consiglio di Merlino, Artù sferrò un attacco. Durante la battaglia, la sua spada miracolosa — capace di emettere una luce accecante — fu decisiva, e grazie anche al popolo insorto di Carleon, i ribelli furono sconfitti e costretti alla fuga.

Tornato a Londra, Artù riunì il consiglio, avvertito da Merlino che sei re ostili si stavano riorganizzando con l’aiuto di nuovi alleati. Merlino suggerì allora di inviare Ulfius e Brastias presso due valorosi re d'oltremare, Ban di Benwick e Bors di Gallia, promettendo in cambio aiuto nella guerra contro i Franchi di re Claudas. I due ambasciatori, dopo aver sconfitto otto cavalieri di Claudas lungo la strada, furono accolti calorosamente e ottennero la promessa di sostegno.

Il giorno di Ognissanti, Ban e Bors giunsero in Inghilterra con trecento cavalieri. Artù li accolse festosamente e organizzò un torneo. Durante la giostra, molti cavalieri si distinsero, tra cui ser Kay, ser Griflet, ser Lucano, ser Ladinas e ser Placidas. Tuttavia, la competizione degenerò e solo l’intervento dei tre re riuscì a ristabilire l’ordine. I premi vennero assegnati ai cavalieri più meritevoli, e fu convocato un consiglio strategico con Merlino, Ulfius, Brastias e Guinebaldo, fratello di Ban e Bors.

Il mattino seguente, fu deciso che Merlino, accompagnato da Gracian e Placidas, avrebbe attraversato il mare per raggiungere Benwick con un anello di re Ban come segno di riconoscimento. Giunti nel regno, furono accolti festosamente e organizzarono un esercito di quindicimila uomini. Mentre Gracian e Placidas rimasero a difendere i castelli, Merlino partì con diecimila cavalieri, sbarcando a Dover e marciando verso la foresta di Bedegraine, dove si accampò in segreto.

Nel frattempo, Artù, con ventimila uomini già radunati, si mise in marcia per unirsi all’esercito alleato. Merlino ordinò che nessun combattente attraversasse il Trent senza il comando del re, per evitare spionaggi nemici. Così, ben preparato e sostenuto da potenti alleati, Artù si apprestava ad affrontare la prossima grande battaglia per consolidare il proprio regno.

XII-XVI

Dopo essersi radunati al castello di Bedegraine, Artù, re Ban e Bors di Gallia si trovarono alla guida di un'armata ben organizzata. Intanto, undici re ribelli, tra cui Lot, Uriens, Idres, Nentres, Brandegoris e altri, rafforzatisi con nuovi alleati, riunirono un esercito di oltre 60.000 uomini con l'intento di eliminare Artù. Dopo aver assediato Bedegraine, proseguirono per affrontare direttamente il giovane sovrano.

Informato dai suoi esploratori, Artù, seguendo il consiglio di Merlino, attaccò l'accampamento nemico a mezzanotte, infliggendo gravi perdite. Il giorno seguente, con una manovra tattica suggerita sempre da Merlino, Ban e Bors si nascosero in un bosco con 10.000 cavalieri, mentre Artù e i suoi mostravano il proprio esercito per attirare il nemico. Gli scontri furono violenti, e nonostante l'inferiorità numerica, i cavalieri di Artù si distinsero per il loro valore.

Tra le gesta più rilevanti si ricordano quelle di Ulfius, Brastias, Kay, Griflet, Lucano e lo stesso re Artù, che si batté valorosamente, aiutando i compagni appiedati e affrontando i re nemici. Re Ban e re Bors entrarono infine in campo, provocando la ritirata delle truppe ribelli. Il coraggio e la potenza dei tre re furono determinanti per la vittoria.

Nonostante l'enorme carneficina, i re ribelli continuarono a resistere, guidati da Lot e dal Re dei Cento Cavalieri. Artù, colpito dalla loro tenacia, riconobbe il loro valore, ma rifiutò ogni possibilità di riconciliazione. Alla fine, su intervento di Merlino, la battaglia fu interrotta: egli ammonì il re per la sua eccessiva ferocia, affermando che Dio era adirato e che, se la guerra fosse continuata, la sorte sarebbe cambiata a favore dei ribelli.

Merlino consigliò di premiare i cavalieri alleati e consegnò il bottino a Ban e Bors per distribuirlo tra i loro uomini. Poi si recò dal suo maestro Bleise nel Northumberland, raccontandogli gli eventi per farli trascrivere. Tornò infine al castello di Bedegraine travestito da cacciatore per testare l'umore del re, rivelandosi poi tra le risate generali.

XVII–XIX

Dopo la vittoria, re Artù venne a sapere che re Rience del Galles del Nord aveva attaccato re Leodegrance di Camelerd, suo alleato. In risposta, Artù, Ban e Bors marciarono con ventimila uomini, sconfissero Rience e salvarono Leodegrance, il quale li accolse con gratitudine. Durante questa visita, Artù vide per la prima volta Ginevra, figlia di Leodegrance, e se ne innamorò.

Dopo la battaglia, Ban e Bors fecero ritorno in patria per affrontare l'invasione di re Claudas, rifiutando l'accompagnamento di Artù. Merlino profetizzò che i due re sarebbero stati lontani da Artù per uno o due anni, ma che egli li avrebbe in futuro aiutati e vendicati.

Nel frattempo, gli undici re sconfitti a Bedegraine si erano rifugiati a Sorhaute per curarsi e riorganizzarsi. Furono informati dell'invasione dei loro regni da parte di quarantamila Saraceni, che stavano devastando le terre e assediando il castello di Wandesborow. Pentiti della guerra contro Artù, i re disposero le difese della Cornovaglia, del Galles e del nord, fortificando rocche e stringendo alleanze con altri signori, tra cui re Rience e suo fratello Nero. Rimasero uniti per tre anni, preparando la rivincita.

Dopo la partenza di Ban e Bors, Artù tornò a Carleon, dove fu raggiunto dalla Morgwase moglie di re Lot di Orkney, sua sorella da parte di madre. Ignaro della parentela, Artù si unì a lei, concependo Mordred. In seguito ebbe un sogno inquietante: il regno invaso da grifoni e serpenti, da cui usciva ferito ma vittorioso.

Per scacciare l'angoscia, Artù andò a caccia. In una foresta vide una strana bestia il cui ventre emetteva il latrato di trenta cani. Dopo aver perso il cavallo, si sedette presso una fonte dove incontrò un misterioso cavaliere in cerca della bestia. Il re gli cedette il proprio cavallo, ma fu trattato con arroganza. Poco dopo gli apparve Merlino sotto le sembianze di un ragazzo, che gli rivelò la sua vera identità e le sue origini: era figlio di Uther Pendragon e di Igraine.

Artù, dubbioso, rifiutò di credere al giovane. Merlino allora ricomparve sotto le sembianze di un vecchio e confermò la verità. Gli rivelò anche che aveva giaciuto con la sorella e che da quella unione era nato un figlio destinato a causarne la morte. Inoltre, profetizzò la propria fine: sarebbe stato sepolto vivo.

Sconvolto, Artù tornò a Carleon con Merlino e interrogò sir Ector e Ulfius, che confermarono la sua discendenza da Uther e Igraine. Il re decise quindi di convocare la madre per ottenere da lei la conferma definitiva della verità.

XX - XXIII

La regina Igraine fu convocata a corte e accolta con onore da re Artù. Durante il banchetto, Ulfius l'accusò pubblicamente di slealtà per non aver rivelato le origini del re, il che aveva causato inutili guerre. Igraine replicò che era stato Merlino a prendere il neonato per crescerlo in segreto su ordine di Uther, e che lei non aveva mai saputo che fine avesse fatto suo figlio. Merlino confermò le sue parole e sir Ector testimoniò di aver allevato Artù. Il re, commosso, abbracciò sua madre e ordinò una festa di otto giorni.

Poco dopo, giunse un messaggero che denunciava l’uccisione del cavaliere Miles presso una fonte. Il giovane Griflet, scudiero e coetaneo di Artù, chiese di essere fatto cavaliere per vendicarlo. Nonostante la giovane età, Artù accettò e lo armò cavaliere. Griflet sfidò il misterioso "cavaliere della fonte" ma fu gravemente ferito e rimandato a corte. Artù, indignato, decise di vendicarlo.

Il re si armò in segreto e partì per affrontare il cavaliere. Durante il viaggio salvò Merlino da tre contadini che volevano ucciderlo. Alla fonte trovò il cavaliere, lo sfidò a singolar tenzone e lo affrontò in tre duri scontri a cavallo. Dopo l’ultima carica, Artù fu disarcionato e volle proseguire il duello a piedi. La battaglia fu lunga e violenta, e terminò quando la spada del cavaliere spezzò quella di Artù. Il re, pur disarmato, non si arrese: lo afferrò, lo gettò a terra e gli strappò l’elmo. Il cavaliere, però, si riprese e riuscì a sopraffare Artù.

Quando il cavaliere stava per decapitare Artù, Merlino intervenne, rivelò che il re era suo avversario e lo fece addormentare con un incantesimo. Artù credette che fosse morto, ma Merlino lo rassicurò: il cavaliere, di nome Pellinor. Fu anche profetizzato che Pellinor avrebbe rivelato ad Artù il nome del figlio concepito con sua sorella: Mordred, futuro distruttore del regno. Artù e Merlino tornarono infine a corte.

XXIV

Artù, guarito in tre giorni dalle sue ferite grazie alle cure di un eremita e medico, si accorge di aver perso la propria spada. Merlino lo conduce presso un lago incantato dove compare un braccio rivestito di sciamito bianco che tiene una magnifica spada, è la famosa Excalibur. Merlino indica la figura che si avvicina sull’acqua come la Dama del Lago. Artù la saluta e le chiede la spada, e la dama acconsente a patto che un giorno egli le conceda un dono. Il re accetta e, salito su una barca con Merlino, si appropria della spada e del fodero, mentre la mano sparisce sott’acqua.

Proseguendo il viaggio, i due si imbattono nel padiglione di re Pellinor, il cavaliere con cui Artù si era duramente scontrato. Merlino lo informa che Pellinor ha appena inseguito un altro cavaliere fino a Carleon. Artù vorrebbe affrontarlo di nuovo, ma Merlino lo dissuade: il cavaliere è stanco e sarebbe disonorevole attaccarlo. Inoltre, Pellinor e i suoi figli diventeranno presto suoi leali alleati, e Artù arriverà persino a concedere in sposa sua sorella al cavaliere.

Durante il cammino, Merlino spiega che il fodero della nuova spada vale più della spada stessa, poiché impedisce alle ferite di sanguinare. Poco dopo incontrano Pellinor di ritorno da Carleon, ma Merlino lo rende invisibile al cavaliere tramite un incantesimo, evitando così un nuovo confronto.

Al loro ritorno a corte, i cavalieri di Artù si mostrano stupiti e ammirati che il re abbia affrontato simili pericoli da solo.

XXV-XXVI

Dopo il ritorno a corte, re Artù riceve un messaggero da parte di re Rience del Galles del Nord, anche sovrano dell'Irlanda e di numerose isole. Il messaggero comunica che Rience ha sconfitto e sottomesso undici re, obbligandoli a consegnargli le loro barbe, con cui ha adornato il proprio mantello. Poiché gliene manca una, pretende quella di Artù, minacciando in caso contrario di invadere il suo regno e di tagliargli anche la testa. Artù risponde sdegnato, rifiutando l'umiliazione e promettendo invece di avere la testa di Rience. Il re inizia subito i preparativi militari, sapendo che Rience è potente e bellicoso.

In seguito, su consiglio di Merlino, Artù emana un editto per la raccolta di tutti i bambini nati il primo maggio, perché uno di essi – nato in quella data – è destinato a causarne la morte. Tra i neonati catturati vi è anche Mordred, figlio della moglie di re Lot. I bambini vengono posti su una nave senza timone né remi, che naufraga: tutti muoiono tranne Mordred, salvato da un uomo che lo alleva.

La strage dei neonati provoca grande dolore tra i baroni del regno, che però, per timore o lealtà, non si ribellano, anche se biasimano Merlino più che il re. Re Rience, infuriato dalla risposta di Artù, raduna un potente esercito, preparando il terreno per futuri scontri che Malory dice saranno descritti nel "Libro di Balin il Selvaggio".

2° Libro