Carmela Baricelli (Casalbuttano, 25 gennaio 1861Cremona, aprile 1946) è stata un'insegnante italiana, giornalista e scrittrice.

Biografia

Biografia

Carmela Baricelli nacque a Casalbuttano il 25 gennaio 1861, figlia di Stefano, agente di commercio che aveva ereditato dal padre il ruolo di uomo di fiducia della famiglia nobiliare Jacini, in stretti legami con il Cavour, e di Carolina Sartori, filatrice di professione¹. Ebbe sette fratelli, nessuno dei quali tuttavia le sopravviverà.

Nel 1872 si trasferì con la famiglia a Cremona dove rimase fino al 1904. La famiglia cambiò spesso domicilio, sempre nell'ambito di Cremona, e nel frattempo nacquero altri tre figli oltre ai cinque che erano già al mondo al momento del trasferimento, ma tre degli otto morirono entro i primi dieci anni di vita 2.

Nonostante il suo forte desiderio di intraprendere gli studi, fu costretta dalle circostanze a intraprendere sin da piccola la professione di sarta1.

Ma nel 1873 si ribellò platealmente per manifestare la sua intenzione di voler andare a scuola poiché già in grado di leggere e scrivere, fu iscritta direttamente alla seconda elementare. Bruciò le tappe e appena sei anni dopo, nel 1879, conseguì il diploma di maestra.

Si laureò nel 1887 a Pavia, risultato da primato dato che solo da quell'anno una disposizione di legge consentiva alle donne l'accesso all'università (formalmente aperta fin dal 1870, ma in pratica tutte le iscrizioni femminili venivano respinte).

Tre anni dopo la laurea, Carmela inizia subito a insegnare presso l'istituto Anguissola di Cremona, dopo aver ottenuto il diploma di abilitazione all'insegnamento di lingua e lettere italiane nelle scuole magistrali. Lì inizierà a collaborare, nel 1885, come giornalista con “La provincia-Corriere di Cremona” firmando spesso con lo pseudonimo Malvina,  ricordando la scrittrice veneta e conferenziera proto femminista Malvina Frank

le decisioni di Carmlea facilitarono la vita alla sorella Edvige, ebbe un accesso  della sorella meno difficoltoso agli studi e brillò come educatrice. Raggiunse la direzione del centro Alfeno Varo, dove collaborò con lo pseudonimo William al settimanale Interessi cremonesi 2 .

Impegno politico e sociale

La sua lunga permanenza a Cremona si caratterizzò per la posizione da protagonista che assunse nell'ambito delle lotte sociali caratteristiche di quel periodo 4. Nel 1892 fu presente a Genova al congresso dal quale nacque il Partito dei lavoratori italiani.

Entrò a far parte anche della commissione esecutiva della camera del lavoro di Cremona che nel 1893 aveva contribuito a fondare, di cui fu figura rappresentativa di spicco con un consenso di 308 dei 314 votanti all'atto dell'istituzione 5. Insieme all'allora presidente Garibotti, concretizzò la sua idea di organizzare ed educare gli operai tramite l'avviamento di una scuola serale e di assistenza ai disoccupati tramite l'istituzione di un vero e proprio ufficio di collocamento5.

Fu promotrice della lega per l'emancipazione femminile e sempre in prima linea nell'organizzazione degli scioperi delle filande, pezzo forte dell'industria cremonese 2. In collaborazione con Leonida Bissolati, organizzò i primi scioperi delle lavoratrici impiegate nelle filande della realtà cremonese che ebbero luogo a decorrere dal 1893³. In piazza insieme alle filatrici, Baricelli, che esercitava su di loro un notevole ascendente7, chiese l'aumento di mezzo centesimo sulla paga oraria, l'abolizione delle multe e la riduzione a 13 ore, anziché 14, dell'impegno di lavoro giornaliero delle cernitrici7. Gli scioperi erano tesi ad ottenere orari di lavoro più brevi (da 12 a 14 ore in quegli anni) e almeno piccoli incrementi salariali¹.

La carriera di insegnante e il trasferimento per motivi politici

L'inizio del 1900 segnò il principio di una lunga carriera, svolta in diversi istituti del Nord Italia². Dopo l'Istituto di Cremona, nel 1904 fu la volta dell'Istituto Magistrale "Adelaide Cairoli" di Pavia1, finché, dal 1912 al 1914, anni che coincisero con la sua militanza socialista, venne trasferita, come lei stessa riferì nella sua autobiografia, "per castigo delle mie idee che parevano rivoluzionarie"1, presso l'Istituto Magistrale di Padova. Il trasferimento per motivi politici evidenzia le pressioni del sistema educativo dell'epoca sui docenti dalle idee progressiste.

Durante l'esperienza padovana, la Baricelli intraprese una sua personale indagine sulle condizioni del proletariato femminile nella provincia di Padova, da lei stessa definita «brevissima e incompiuta», ma in realtà ricca di dati sul numero di operaie impiegate, su paghe e orari, multe, tipo di lavoro20. Le balzò subito agli occhi la specificità della situazione padovana: la donna lavoratrice era «abbandonata allo sfruttamento industriale, e percepisce tuttora salari di fame già sorpassati ovunque il socialismo ha saputo trasformare la coscienza di classe tra le donne portandole ad una più equa valutazione del loro lavoro»20. Nelle sue conclusioni dell'inchiesta sul lavoro femminile nella provincia padovana emergeva un triste panorama: «Di previdenza per malattia o per vecchiaia nessuna traccia, le organizzazioni di resistenza sono lettera morta. I tentativi fatti per riunire in lega le lavoratrici naufragarono tutti per l'opera deleteria delle egoiste e delle fanatiche sobillate dai preti». 27

Successivamente venne trasferita a Torino presso la Regia Scuola complementare autonoma «Margherita di Savoia» e, dopo un breve ritorno all'Anguissola di Cremona, assunse l'incarico di preside presso l'Istituto Magistrale di Belluno.

L'attività politica e giornalistica

L'impegno femminista e socialista

Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni del nuovo secolo, la Baricelli si dedicò alla politica, legandosi al Partito Socialista italiano². L'inizio della sua attività politica risale a qualche anno prima e la vide in collaborazione con Leonida Bissolati nell'istituzione di dibattiti e conferenze, che la resero nota fra i giovani socialisti cremonesi di fine Ottocento e operante all'interno di alcune realtà associative cittadine⁸, quali la Società operaia femminile di mutuo soccorso, la Lega di resistenza femminile e la Lega di emancipazione femminile, motivo per il quale venne iscritta come elemento sovversivo nel casellario politico dell'Archivio centrale dello Stato⁸.

In quegli anni fu a fianco di personaggi di spicco del socialismo dell'epoca, come Turati, Ghisleri, Bissolati¹. La sua attività a favore dell'emancipazione femminile iniziò sulle pagine de "La Provincia", ma prese corpo con la formazione di un circolo, "L'alleanza femminile", all'interno del quale prese vita il settimanale "L'alleanza", del quale Carmela Baricelli fu direttrice per tutta la durata del periodico¹. Attorno a questo giornale riuscì a radunare in pratica tutti i nomi di rilievo del femminismo dell'epoca: Linda Malnati, Emilia Mariani, Maria Pasolini, Paolina Schiff, Teresa Labriola, Giselda Brebbia, Bice Sacchi, Anna Franchi¹.

A Pavia, trasferitasi per motivi politici presso l'Istituto magistrale «Adelaide Cairoli», fu fondatrice del circolo L'Alleanza Femminile nel 1906, il cui obiettivo era favorire l'istruzione sociale e politica delle donne⁹. Nel 1910 il settimanale si sdoppiò in due sedi: quella di Pavia sempre guidata da Carmela e quella di Milano diretta da Abigaille Zanetta¹. Tra le due il contrasto fu però insanabile: Carmela voleva portare la sua opera di proselitismo verso tutte le donne indipendentemente dal partito di appartenenza, mentre Zanetta, più vicina alle posizioni di Anna Kuliscioff, proponeva la dissociazione dal suffragismo borghese¹.

La rottura con il socialismo

I dissidi all'interno del giornale "L'Alleanza" l'avevano progressivamente allontanata dalle idee socialiste, e dal partito uscì nel 1914, prendendo posizioni interventiste in totale contrasto con quelle neutraliste del partito¹. Il "maschilismo" socialista l'aveva certamente disgustata già in precedenza: l'8 aprile 1910 attaccò duramente Turati che aveva definito le donne "prive di mentalità politica", sostenendo che le responsabilità di questo erano proprio dei socialisti che nulla facevano per eliminare i pregiudizi esistenti nei confronti delle donne¹.

Nel primo decennio del 1900, i rapporti di Baricelli con il Partito Socialista si ruppero definitivamente². Come molte altre femministe, maturò la scelta interventista, abbandonando il PSI e fondando il giornale "L'alleanza interventista"⁶

La conversione

Il cambiamento radicale

Dopo l'esperienza torinese e la delusione dell'esperienza socialista, Baricelli fece ritorno nella sua città, Cremona, nel 1919, mostrando una netta inversione di tendenza12. Come riferisce Angelo Maria Telli nella biografia a lei dedicata, ella «per la prima volta sceglie il silenzio di fronte ad eventi che pure avrebbero influenzato pesantemente la vita del Paese»12, mostrando «il primo segnale di un cambiamento radicale nella Baricelli, da sempre abituata per temperamento a prendere posizione e a scendere in campo in prima persona»12.

Nel 1919 tornò a Cremona prendendo servizio presso la scuola normale femminile "Sofonisba Anguissola" e rimase a Cremona fino al 1923, quando venne trasferita a Belluno dove completò il suo percorso nell'insegnamento e nella scuola assumendo incarichi direttivi¹. Durante questa esperienza compì un viaggio a Roma con la scolaresca e visitò il pontefice Pio XI, episodio che narrò nell'opuscolo Misteri del cuore umano16.

Gli ultimi anni

Dopo l'esperienza bellunese come preside dell'istituto magistrale della città, ritornò a Cremona nel 1931, dove iniziò a frequentare la chiesa di Sant'Agata² per arrivare, un anno più tardi, al definitivo riaccostamento alla religione². Nel 1932 la crisi sfociò nella conversione, ancora tormentata e costellata da dubbi fino al 1935, quando in concomitanza con l'anno benedetto, trovò la serenità di una fede completa attraversata anche da esperienze mistiche¹.

Trovando fuori posto intraprendere il percorso religioso del monachesimo a oltre 70 anni di età, decise di entrare come ospite pagante al Buon Pastore tra la fine del 1934 e l'inizio del 1935¹. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in un appartamento presso l'Istituto del «Buon Pastore» dove ebbe l'occasione di approfondire temi riguardanti la fede e si occupò dell'istruzione delle giovani sfortunate accolte dall'istituto². Qui rimase per undici anni fino alla morte avvenuta il 14 aprile 1946¹.

Eredità intellettuale

Come evidenziato nella letteratura critica, il suo Serto muliebre, che rievoca le corone che incoronavano le epigrafi classiche, costituì un tentativo di sondare al femminile la tradizione, insistendo sulle creazioni di figure di donne nella storia letteraria¹¹. Il silenzio e l'anonimato che aveva preferito mantenere nell'ultima parte della sua vita contribuirono a farla sparire nell'oblio, dal quale è stata tratta dall'ottimo studio di Angelo Maria Telli che nel 2000 ha dato alle stampe il frutto della sua ricerca, studio che è anche un contributo storico di valore per la comprensione del momento storico del socialismo di fine ottocento e delle lotte nelle filande cremonesi¹