Impiego dei carri armati nella seconda guerra mondiale
Nel corso della seconda guerra mondiale i carri armati furono usati praticamente per tutta la guerra, in questa voce si vuole indicare l'impiego dei carri armati nelle battaglie che li videro utilizzati da entrambi gli schieramenti, senza uno studio storico della battaglia stessa (alla cui voce si rimanda), ma solo per chiarire l'influenza dell'impiego dei carri sull'esito dei combattimenti.
Hannut, Sedan e Dinant - Fronte Occidentale - 1940
Beda Fomm - Nord Africa - 1941
Italiani | M13/40, L 3 |
Britannici | Cruiser A 13, Tankette Mk VI |
All'inizio della guerra la 10a Armata italiana era penetrata in territorio egiziano, occupando Sidi el Barrani, a pochi chilometri dal confine con la Libia, con una forza essenzialmente di fanteria, appoggiata da poche brigate di carri, per lo più sui carri leggeri L 3 o su carri medi M 11/39, di scarso valore bellico.
Il 9 dicembre due divisioni corazzate britanniche accerchiarono questa massa di fanteria (Operazione Compass), provocando uno dei disastri militari più notevoli di tutta la guerra. La 10ª Armata fu costretta a ritirarsi combattendo per tutta la costa della Cirenaica, pressata dal grosso della forze britanniche, appoggiate dai carri di fanteria Matilda II. Intanto la 4ª Brigata corazzata (generale Caunter) supportata dall'11° Ussari (su autoblindo) e da un gruppo della RHA (Royal Horse Artillery - Artiglieria a cavallo, in realtà artiglieria a traino meccanico) su carri veloci tagliando l'arco della costa dall'interno raggiungeva la linea di ritirata italiana, il 7 febbraio occupando Beda Fomm.
Per tentare di riaprire il varco furono lanciati nella mischia i pochi carri armati M13/40, appena arrivati in Africa. Il tentativo fu frustrato dall'artiglieria inglese, che si era mossa con i carri, ed il destino della 10a Armata fu segnato.
Questa battaglia fu un caso tipico di accerchiamento strategico, realizzato utilizzando i mezzi veloci di Caunter per occupare una posizione sulla linea di ritirata nemica, sfruttando principalmente l'errore italiano di non aver difeso la corda dell'arco mentre il grosso si stava ritirando lungo la via più lunga. L'ulteriore errore italiano fu quello di utilizzare i carri armati (circa un battaglione) mandandoli contro i carri britannici attestati a difesa in piccole unità (plotoni o, al massimo, compagnie) invece di utilizzarli "a massa".
Rasenjai e Brody-Dubno - Fronte Orientale - 1941
Operazione Crusader - Nord Africa - 1941
Tedeschi | Pz Kpfw II Ausf E, Pz Kpfw III Ausf G |
PzKpfw IV Ausf D | |
Italiani | M13/40 |
Britannici | Crusader Mk I, M3 Stuart (Honey) |
Valentine Mk I, Matilda Mk II |
Dopo la distruzione della 10a Armata l'Oberkommando des Heeres (l'Alto Comando dell'esercito tedesco) decise di inviare in Africa una divisione leggera (5° Leichtedivision) al comando del Generale Rommel. Rommel, appena arrivato, senza attendere che i ranghi della divisione fossero completati ed in aperto contrasto con gli ordini ricevuti, lanciò un'offensiva contro le forze britanniche, riconquistando tutta la Cirenaica, eccettuata la città di Tobruk, che rimase sotto assedio, e penetrando in Egitto fino al Passo Halfaya.
Dopo un tentativo fallito nell'estate (Operazione Battleaxe) le truppe britanniche (ora inquadrate come VIII Armata) tentarono un nuovo attacco in novembre, con lo scopo primario di liberare Tobruk dall'assedio.
Rommel aveva sotto il comando diretto la 21ª Panzerdivision (Divisione corazzata ottenuta dalla riorganizzazione delle 5° leggera), la 15ª Panzerdivision, che, insieme alla 90. Leichtedivision (fanteria meccanizzata), formavano il Deutsches Afrika Korps (DAK - Corpo d'Armata Tedesco in Africa), le forze corazzate a sua disposizione erano completate dalla 132ª Divisione Corazzata Ariete italiana.
L'attacco inglese (Operazione Crusader) iniziò il 18 novembre, muovendo dal deserto verso la costa, il 19 a Bir el Gobi la Ariete si scontrò con le forze corazzata britanniche, respingendole e disordinando l'avanzata nemica, sebbene fosse aggirata sul fianco destro. Dopo una settimana di scontri e manovre il DAK riuscì a sconfiggere pesantemente il XXX Corpo britannico, e si lanciò contro l'altro corpo dell'VIII Armata. Tuttavia le fanterie neozelandesi riuscirono a ricongiungersi con la guarnigione di Tobruk, il 27 novembre il DAK fu costretto a ritirarsi sulle basi di partenza da cui aveva iniziato la battaglia. Il 5 dicembre i carri dell'Asse erano solo cinquanta, e Rommel fu costretto ad abbandonare la Cirenaica, per aspettare nuovi rifornimenti e rinforzi. (Per maggiori dettagli sull'andamento della battaglia, vedi la voce Operazione Crusader)
Nel corso di questa battaglia per prima cosa merita un'analisi a parte l'episodio del 19 novembre a Bir el Gobi, in questa occasione si trovarono di fronte una brigata corazzata britannica (22nd armoured brigade) e la divisione italiana Ariete. Nonostante le diverse denominazioni delle unità, in realtà le forze non erano molto differenti (la prevalenza britannica in carri era compensata dalla presenza dei bersaglieri), quindi fu uno scontro essenzialmente tattico, in cui gli italiani ebbero ragione dei britannici per il coordinamento fra fanterie e carri armati che non venne mai meno, dimostrando ancora una volta che l'impiego dei carri non doveva mai avvenire "isolato", ma in coordinamento con le altre armi. Sebbene la 22nd avesse a disposizione una batteria di 25 pdr, che avrebbe potuto infliggere danni estremamente gravi alla fanteria italiana, i cannoni non vennero utilizzati nello scontro.
L'impiego dei carri da parte del DAK, che portò praticamente alla rotta del XXX Corpo, fu buono dal punto di vista tattico, in quanto i carri dell'Asse riuscirono sempre a concentrarsi contro le singole brigate britanniche, tuttavia il tentativo di superare "the wire" (il filo spinato che segnava il confine fra Libia ed Egitto) con il XIII Corpo ancora efficiente, fu un errore che Rommel pagò caro, trovandosi con le linee di rifornimento per i carri tagliate dai britannici e senza possibilità di ripianare le perdite, quindi non solo non riuscì a conquistare Tobruk, ma fu costretto a cedere anche Bengasi.
Gazala - Nord Africa - 1942
Tedeschi | Pz Kpfw II Ausf E, Pz Kpfw III Ausf H-J |
PzKpfw IV Ausf E | |
Italiani | M13/40, M14/41, Semovente 75/18 (*) |
(*)Viene indicato fra i carri, perché questo fu il suo uso tattico | |
Britannici | Crusader Mk I, M3 Stuart (Honey) |
M3 Grant, Matilda Mk II | |
Valentine Mk I |
Mentre per la descrizione degli eventi relativi alla battaglia si rimanda alla voce relativa (Battaglia di al Gazala), qui si intende analizzare l'impiego delle forze corazzate da parte dei due eserciti opposti. Mentre la mobilità dei carri dell'Asse fu limitata unicamente dalle ricorrenti crisi di approvvigionamento di combustibile, spesso le brigate britanniche rimasero bloccate dalla mancanza di ordini o dall'arrivo di ordini contraddittori, come, per esempio, davanti al Calderone. L'altra osservazione rilevante è che, mentre l'Asse operò con i carri armati come componente delle forze corazzata, non si può osservare lo stesso relativamente ai britannici. Quando fu necessario cercare di diminuire la pressione delle forze italo-tedesche sulla 150° Brigata il piano britannico prevedeva che la fanteria avrebbe aperto la strada ai carri. Considerando che un'azione del genere alla luce del giorno era praticamente un suicidio, si rimandò alla notte fra il 1 ed il 2 giugno, perdendo così completamente le 24 ore critiche per la risoluzione della battaglia.
Da parte dell'Asse, invece spesso si lanciarono le unità corazzate in azioni avventate che, se il nemico fosse stato più reattivo, avrebbero potuto avere conseguenze molto severe nei confronti di tutta l'operazione. Come esempio di questo basta pensare all'ordine dato il 28 maggio alla 21° Panzerdivision di avanzare fino alla costa, come se i britannici fossero già stati sconfitti, quando:
- su sei brigate corazzate britanniche una sola era stata effettivamente impegnata (le altre avevano avuto solo scaramucce non significative con le unità italo-tedesche equivalenti);
- la 15° Panzerdivision non avrebbe potuto portare alcun soccorso alla 21° per la completa mancanza di carburante;
- l'unica via di rifornimento aperta in quel momento, tenuta dalla sola Ariete, passava a sud di Bir Hakeim, (quindi era lunga più di 100 km) ed era prevedibile un attacco per tagliarla.
L'altro fatto che salta agli occhi leggendo i resoconti della battaglia è che, mentre le forze britanniche dopo ogni azione richiedevano almeno 24 ore per riorganizzarsi, le forze tedesche (le forze italiane in misura molto minore) già alla fine di ogni azione erano pronte a riprendere l'offensiva dopo meno di 12 ore. Basta pensare che, dopo il combattimento disperato per distruggere la 150° Brigata, già il 2 giugno la 90° Leichtedivision marciava su Bir Hakeim.
Infine un'ultima osservazione: in diverse pubblicazioni inglesi degli anni cinquanta il carro M3 Grant è definito "carro da fanteria" (infantry tank). In realtà la denominazione completa del carro USA era M3 Medium Tank Lee (Il carro Grant era identico, tuttavia la torretta era stata allargata per contenere la radio del mezzo). Quindi, ancora in quel periodo, perciò a maggior ragione nel '42, i britannici vedevano quello che era un carro da combattimento, progettato per operare contro mezzi similari, come un infantry tank, destinato ad impegnare unicamente le fanterie nemiche, con le conseguenze sulle modalità di impiego che ne conseguirono.
El Alamein - Nord Africa - 1942
La battaglia di El Alamein in realtà riguarda tre diverse battaglie, avvenute con tempi e con modalità diverse.
Prima Battaglia di El Alamein (1-3 luglio 1942)
Tedeschi | Pz Kpfw II Ausf E, Pz Kpfw III Ausf H-J |
PzKpfw IV Ausf F1 | |
Italiani | M13/40 |
Britannici | Crusader Mk I, M3 Stuart (Honey) |
Valentine Mk I, Matilda Mk II | |
M3 Grant |
Questa fu una battaglia di arresto condotta da quanto restava dell'8° Armata contro il DAK proveniente da ovest, gli eventi della battaglia sono descritti nella voce Prima battaglia di El Alamein.
Quando Rommel arrivò davanti ad El Alamein aveva a disposizione in tutto 53 carri del DAK e 30 carri della 133ª Divisione Corazzata Littorio. Contrapposti a questi l' 8ª Armata poteva schierare 252 carri, fra cui 43 M3 Grant. Rommel usò le sue poche forze per attaccare separatamente i due corpi britannici, decidendo di attaccare per primo il XXX Corpo, schierato in prossimità della costa, nella speranza di sorprendere il nemico prima che potesse attestarsi a difesa. Questa speranza non si realizzò, anzi il DAK finì su una serie di posizioni naturalmente forti e ben organizzate.
A notte a Rommel restavano in tutto 37 carri. Il giorno successivo (2 luglio) il DAK fu fermato definitivamente da un contrattacco della 1° Armoured Division, le truppe tedesche non raggiungeranno mai il mare oltre El Alamein. Altri tentativi di sfondamento effettuati il 3 luglio, anche dalla divisioni italiane Ariete e Littorio non ebbero successo, sotto gli attacchi dei carri britannici.
L'unica nota sull'impiego dei carri nel corso di questa battaglia è che, semplicemente, le linee di comunicazione dell'armata italo-tedesca si erano troppo allungate, quindi bastò una resistenza organizzata, anche se non ancora perfezionata come nelle settimane successive, a fermare definitivamente le colonne avanzate dell'Asse.
Seconda battaglia di El Alamein (Battaglia di Alam Halfa) (30 agosto - 5 settembre 1942)
Tedeschi | Pz Kpfw II Ausf E, Pz Kpfw III Ausf H-J |
PzKpfw IV Ausf E-F1-F2 | |
Italiani | M13/40 |
Britannici | Crusader Mk I, M3 Stuart (Honey) |
Valentine Mk I, M3 Grant |
Gli eventi di questo battaglia sono descritti nella voce relativa (Battaglia di Alam Halfa).
La battaglia fu decisa dalla mancanza di carburante dei mezzi del DAK, tanto che per tutto il 1 settembre l'unica unità che poté effettuare qualche forma di manovra fu la 15ª Panzerdivision, dato che tutto il carburante disponibile fu assegnata ad essa. Nel corso della battaglia i britannici furono superiori nella capacità di impegnare i carri armati in una battaglia difensiva, utilizzando ampiamente l'impiego dei carri a scafo sotto, cioè con gli scafi dei carri riparati dietro a ondulazioni del terreno naturali o artificiali, in modo che solo la torretta sporgesse. In questo modo i carri conservavano tutto il loro potere offensivo (armamento in torretta), pur offrendo un bersaglio molto più ridotto ai carri nemici. Sotto questo aspetto la battaglia di Alam Halfa fu un netto progresso rispetto alle cariche allo scoperto effettuate dai carri britannici fino a pochi mesi prima. Se a questa maturazione si aggiunge il fatto di un impiego estremamente oculato dell'artiglieria e la superiorità aerea locale, che permise tecniche di aerocooperazione più efficaci di quelle attuate in precedenza, si capisce come l'esisto fosse scontato.
Terza battaglia di El Alamein (23 ottobre - 4 novembre 1942)
Tedeschi | Pz Kpfw II Ausf E, Pz Kpfw III Ausf G |
PzKpfw IV Ausf D | |
Italiani | M13/40 |
Britannici | Crusader Mk I e Mk III, M3 Stuart (Honey), |
Valentine Mk I, Churchill Mk III | |
M3 Grant/Lee, M4 Sherman |
Fu l'ultima battaglia, condotta dall' 8ª Armata per distruggere le capacità operative dell'Armata Italo-Tedesca in Africa. Per lo svolgimento della battaglia vedi la voce relativa (Seconda battaglia di El Alamein).
All'inizio dell'offensiva la superiorità britannica in termini di carri armati era eclatante, non tanto per il numero (1029 carri, con altri 1600 disponibili in seconda linea, contro circa 525 dell'Asse), ma soprattutto perché gran parte dei carri britannici erano M3 Lee ed M4 Sherman, cioè i migliori carri disponibili per gli anglo-americani. Gli unici carri in grado di combattere ad armi pari (e forse un poco superiori) con questi erano i Panzer IV F2, che erano solo 30 in tutto.
La battaglia in sé fu la classica battaglia di materiali diretta sullo schwerpunkt (baricentro) del nemico tristemente nota dalla prima guerra mondiale. Le brigate corazzate britanniche furono impiegate a ondate contro le fanterie italo-tedesche e ogni volta che un'ondata era respinta ne sopraggiungeva un'altra.
Dall'altra parte Rommel tentò di usare al meglio le forze a sua disposizione, ma, sebbene le perdite in carri fossero sensibilmente maggiori per i britannici, al termine dell'operazione Lightfoot (prima fase della battaglia), cioè il 25 ottobre, le perdite erano di 127 carri dell'Asse (69 tedeschi e 58 italiani) contro 215 britannici. Alla fine della battaglia le forze corazzate italo tedesche erano annientate, ma i britannici avevano perso più di 500 carri.
Altri fattori che contribuirono al disastro ad El Alamein furono la superiorità aerea britannica, che praticamente permise di distruggere tutte le concentrazioni di armi anticarro tedesche (PaKSchirm - cortine anticarro) e minacciò le truppe terrestri anche molto dietro al fronte.
Ultima causa del disastro fu l'insensato ordine di Hitler del 3 novembre, che proibì a Rommel di ripiegare quando ancora avrebbe potuto creare uno schermo di forze mobili per proteggere la ritirata delle fanterie, condannando alla distruzione tutta l'armata.
Operazioni Urano e Piccolo Saturno - Fronte Orientale - Novembre-Dicembre 1942
Tedeschi | PzKpfw III Ausf. G, H ,J -PzKpfw M38 (rumeni e ungheresi) |
PzKpfw IV Panther Ausf. D, F2 | |
Sovietici | T-34/76, T-70, KV-1 |
L'Operazione Urano e l'Operazione Piccolo Saturno si svolsero nel settore meridionale del fronte orientale nel quadro della lunga e decisiva battaglia di Stalingrado. Rimandando per i dettagli operativi alle singole voci,in questa sede è importante sottolineare soprattutto l'impiego innovativo ed estremamente spericolato dei Corpi corazzati e meccanizzati sovietici , in linea con la nuova Direttiva sull'impiego delle truppe meccanizzate diramata da Stalin nell'ottobre 1942. Le forze dell'Asse erano piuttosto deboli numericamente e inoltre vennero impiegate in modo confuso e disorganico;le Panzerdivison disponibili ,pur tatticamente superiori come sempre, si esaurirono in continui interventi di salvataggio ( di fronte alle audaci incursioni in profondità dei carri armati sovietici) senza ottenere alcun risultato significativo.
In particolare il 48°Panzerkorps ( con la 22.Panzer-Division - 34 carri - e la 14.Panzer-Division - 36 panzer - , rinforzati dalla mediocre 1.divisione corazzata rumena [1]) venne gettato allo sbaraglio alla cieca per bloccare l'irruzione sovietica; ricevendo direttive confuse e avendo perso gli automezzi da ricognizione e comunicazione, questi deboli reparti incapparono alla cieca e in modo frammentario nei vari corpi corazzati sovietici in impetuosa avanzata ( 5.Armata corazzata - 1° e 26°Corpo corazzato - e 4°Corpo corazzato, in totale oltre 500 carri armati). I carri armati sovietici, invece di farsi agganciare e decimare dai più abili panzer tedeschi, affrontarono con una parte delle forze il nemico, mentre altre colonne lo aggirarono , lo accerchiarono e lo tagliarono fuori dalle retrovie. Di conseguenza, i panzer , pur dimostrando la consuetà abilità, furono costrette a battere in ritirata, subirono perdite pesanti e fallirono completamente nella loro missione. Senza più alcun ostacolo, i corpi corazzati sovietici proseguirono in profondità, lasciarono da parte i vari nuclei di resistenza e puntarono verso gli obiettivi strategici piu importanti ( il Don a Kalac e Golubinskij) completando in soli cinque giorni la manovra di accerchiamento della VI Armata[2].
Si noti che, eccetto pochi veicoli specializzati, i carri armati sovietici erano progettati per essere molto flessibili, e tatticamente avevano come primo obbiettivo la distruzione delle truppe (generalmente di fanteria) che occupavano i punti nodali delle retrovie e la conquista dei comandi. Viceversa i carri tedeschi andavano specializzandosi nel compito controcarro, aumentando di peso e diminuendo la dotazione di proiettili esplosivi, fumogeni, o comunque anti uomo. Questa differenza di tattiche, e di orientamenti industriali e di specifiche corrispondenti, si incontrerà in tutte le successive battaglie del fronte orientale, ove i carri tedeschi riusciranno in genere ad ottenere un numero di vittorie sulla controparte sovietica superiore, mentre i carri sovietici utilizzeranno la loro superiore mobilità (anche a costo di rimanere separati dalla fanteria d'accompagnamento) per distruggere le truppe nemiche in ritirata, cannoneggiare comandi o areoporti, attaccare alle spalle l'artiglieria pesante nemica prima che questa possa ritirarsi o mentre è in marcia ecc. ecc.
Esempio classico dell'impiego audace delle forze corazzate sovietiche durante la seconda parte della grande guerra patriottica, fu la fulminea avanzata in profondità del 24°Corpo corazzato durante l'Operazione Piccolo Saturno.La spettacolare impresa (240 chilometri di avanzata in cinque giorni) valse grandi onori al comandante del reparto ( generale Vasily Badanov) e alla formazione corazzata ( ribattezzata da Stalin a titolo onorifico 2°Corpo corazzato della Guardia); e soprattutto ottennne l'obiettivo strategico occupando l'importante aereoporto di Tatsjnskaja, distruggendo a terra numerosi velivoli tedeschi ( che rifornivano la sacca di Stalingrado) , disorganizzando completamente le retrovie nemiche e vanificando i tentativi tedeschi di controffensiva in direzione della VI Armata accerchiata [3].
Naturalmente, una avanzata così in profondità ( praticamente isolata dal grosso dell'Armata Rossa) costò gravi perdite al corpo corazzato che venne contrattaccato da due Panzerdivisionen frettolosamente dirottate da altri fronti. Solo i resti riuscirono a sfuggire e a ricongiungersi con le altre formazioni sovietiche in avanzata.Con il sacrificio di gran parte di un valoroso corpo corazzato, l'Armata Rossa aveva conseguito il suo obiettivo strategico principale ( il crollo dello schieramento dell'Asse sul Medio Don e l'interruzione del tentativo di salvataggio di Stalingrado) [4]
Terza battaglia di Kharkov - Fronte Orientale - Febbraio-Marzo 1943
Tedeschi | PzKpfw III Ausf. G, H ,J - PzKpfw VI Tiger I Ausf. E |
PzKpfw IV Panther Ausf. D, F2 | |
Sovietici | T-34/76, T-70, KV-1 |
La battaglia si sviluppò dopo la disastrosa sconfitta inflitta alla Wehrmacht a Stalingrado, "centro di gravità" dell'Operazione Blu, che avrebbe consentito a Hitler di impossessarsi dell'Ucraina meridionale e del Caucaso, territori i cui grandi giacimenti minerari e petroliferi sarebbero risultati vitali per lo sforzo bellico del Terzo Reich.
Quando grazie all'Operazione Urano l'Armata Rossa riuscì a isolare e soffocare le forze di Paulus nella cittadina sul Volga il momento sembrò propizio a Stalin per lanciare una nuova e più audace offensiva invernale (operazione congeniale ai russi e che i tedeschi avevano già mostrato di soffrire) che avrebbe potuto causare il totale collasso del fronte sud nemico, forse riuscendo persino a terminare la guerra a Oriente.
Il piano non sembrava irragionevole, né le forze mobilitate per realizzarlo parevano insufficienti, ma i meri numeri erano ingannevoli giacché la mole sovietica era frammentata e segmentata in un gran numero di unità già provata dalle battaglie dell'operazione "Urano", mentre se alcune delle forze di Manstein erano similmente provate una forte componente mobile era a disposizione in posizione di riserva, con unità ritirate dal Caucaso (I Armata corazzata) o appena arrivate dalla Germania (2°Panzerkorps-SS).
La battaglia durò quasi un mese, dalla seconda metà di febbraio fino al 15 marzo ed è comunemente ricordata come Il Miracolo di Manstein.
Il brillante feldmaresciallo operando in maniera autonoma senza interferenze e "diktat" da parte di Hitler (ancora traumatizzato per la perdita della Sesta armata) riuscì a separare le punte meccanizzate dell'avanzata russa dalla loro massa di manovra, colpì le loro precarie linee logistiche e le stritolò una ad una con precisi e violenti contrattacchi di Panzer e granatieri blindati.
Una volta raggiunto questo obiettivo Manstein poté concentrarsi sulla ricattura di Kharkov, importante centro logistico e industriale, che aveva dovuto abbandonare all'inizio della battaglia (16 febbraio). Una serie di intensi combattimenti che durarono cinque giorni consecutivi restituì alla Wehrmacht il controllo della città, decretando il totale successo della controffensiva e arrestando l'impeto dell'Armata Rossa.
La battaglia, nella visione originale di Manstein, sarebbe dovuta riprendere al più presto, non appena il terreno (reso paludoso dal disgelo di marzo e aprile) avesse ripreso compattezza.
L'incertezze di Hitler nelle decisioni militari posticipò la ripresa delle operazioni fino a luglio, quando ormai il comando supremo russo (Stavka) aveva eretto attorno a Kursk una poderosissima cortina difensiva.
Deve comunque essere ricordato che l'Armata Rossa aveva rinforzato già alla fine di marzo il settore meridionale del saliente di Kursk ( con l'afflusso di alcune armate del vecchio fronte del Don di Rokossovskij e con armate corazzate di riserva), pertanto non è affatto certo ( come sembra credere von Manstein nelle sue memorie) che una offensiva tedesca anticipata avrebbe ottenuto una sicura vittoria, dato che ,inoltre, anche le forze corazzate tedesche sarebbero state molto meno consistenti che in luglio (a aprile l'intero esercito tedesco sul fronte orientale contava su meno di 1000 mezzi corazzati).
Kasserine - Nord Africa - Febbraio 1943
Tedeschi | PzKpfw IV F2/G, PzKpfw III L,M |
Italiani | M13/40, M14/41 |
USA | M3 Lee, M4 Sherman |
Britannici | M3 Grant, M4 Sherman |
M3 Stuart, Valentine |
Il giorno 8 novembre 1942, mentre Rommel si ritirava da El Alamein, unità statunitensi (e britanniche, con veicoli e uniformi statunitensi) sbarcavano in Algeria e Marocco. Nonostante gli ordini del generale Pétain, che aveva ordinato di resistere all'attacco, le autorità algerine si arrendevano in 24 ore, mentre quelle marocchine resistevano 74 ore, quindi in pochi giorni gli Alleati arrivavano ai confini con la Tunisia. Nel frattempo l'Asse trasportava uomini e mezzi attraverso al Canale di Sicilia per fermare gli Alleati. Il 26 gennaio 1943 le truppe di Rommel arrivavano alla linea del Mareth, cioè al confine fra Libia e Tunisia, e qui si attestavano a difesa, aspettando l'arrivo delle forze britanniche.
Mentre l' 8ª Armata si accostava alla Linea del Mareth Rommel ritirò la 21ª Panzer-Division dalla linea di difesa contro gli inglesi e la rischierò rapidamente a ovest dove, raggruppata insieme alla potente 10.Panzer-Division ( giunta a dicembre in Tunisia, rafforzata anche da un battaglione di carri pesanti Tiger), sferrò una controffensiva contro le inesperte forze americane nella regione di Kasserine, nodo stradale sulla Grande Dorsale (Monti di Tebessa), che separa Tunisia ed Algeria. L'Operazione Fruhlingwind (Vento di primavera), che sarebbe iniziata il 14 febbraio 1943, avrebbe rappresentato l'ultima offensiva dell'Asse in Africa e un ultima spettacolare vittoria delle forze corazzate tedesche.
Il primo confronto diretto della 1ª Armoured Division ( divisione corazzata) americana ( dotata di oltre 300 carri armati ,numero maggiore delle due Panzerdivision messe insime) contro le esperte unità corazzate tedesche, fu disastroso: gli statunitensi vennero colti di sorpresa a Passo Faid e a Sidi Bou Azid ( per mancanza di opportune ricognizioni ) e, attaccati da due lati dalla 10.Panzer-Division ( 110 carri) e dalla 21.Panzer-Division ( 90 carri), vennero bersagliati e sbaragliati ( nonostante una coraggiosa difesa).
Il tentativo, il giorno seguente, da parte delle riserve corazzate americane, di contrattaccare finì in un disastro ancor peggiore: attaccando allo scoperto, a grande velocità, e senza preventiva ricongnizione delle posizioni nemiche, i carri armati americani rivelarono subito la loro presenza ( a causa della polvere del deserto che sollevarono) e venne decimati dai panzer posizionati sui fianchi; accerchiato, un battaglione corazzato americano venne totalmente distrutto dal micidiale fuoco convegente degli esperti panzer tedeschi. Le perdite furono pesanti ( oltre 100 carri americani contro pochissimi panzer perduti dai tedeschi) e la disfatta umiliante [5].
Le forze americane superstiti si ritirarono di quasi cento km, lasciando in mano ai tedeschi ingenti quantità di materiali ed abbandonando Kasserine e Tebessa. Tuttavia l'avanzata della 21ª Panzer veniva momentaneamente fermata. A questo punto sorgevano dissensi fra Rommel e von Arnim relativamente alla prosecuzione della battaglia. Mentre Rommel avrebbe voluto superare la Grande Dorsale per ricacciare in mare gli statunitensi, von Arnim avrebbe voluto fermarsi ed attestarsi a difesa. In questo modo si persero giorni preziosi, e, quando Rommel passò nuovamente all'offensiva, la 6ª Armoured Division britannica fermò le sue truppe. L'arrivo dell' 8ª Armata sul Mareth tolse ogni speranza di poter ottenere un successo strategico decisivo.
Kursk - Fronte Orientale - 4-13 luglio 1943
Tedeschi | PzKpfw IV Ausf G H, PzKpfw VI Tiger I Ausf. E |
PzKpfw V Panther Ausf A, D | |
Sovietici | T 34, M3 Lee, SU-122 e -152 |
T 70, Churchill |
Dopo la Battaglia di Stalingrado, i successivi contrattacchi tedeschi avevano creato un saliente nel fronte tedesco in corripondenza della città ucraina di Kursk, era ben prevedibile un tentativo della Wermacht di recidere questo saliente alla base, e fin da marzo l'Armata Rossa si stava preparando a fortificarlo. Le informazioni venute dalla spia "Lucy" confermarono le intenzioni dell'OKW, quindi i sovietici ammassarono grosse unità corazzate pronte a muovere verso il saliente. L'offensiva tedesca (in codice "Fall Zittadelle") doveva iniziare a metà giugno, ma fu rinviata di due settimane per aspettare che potessero essere schierati i PzKpfw V Panther, da cui si attendevano grandi cose, come dai Panzerjäger Ferdinand[6]. All'inizio dell'offensiva le unità tedesche avevano 690 carri e 370 cacciacarri a nord (Heeresgruppe Mitte) e 1298 carri con 253 cacciacarri a sud (Heeresgruppe Süd). Di fronte avevano 3300 carri di cui la maggior parte erano T-34, SU-122, qualche SU-152 e M3 Lee ottenuti dagli Usa con il trattato Lend-Lease, altri 1550 carri erano pronti in riserva.
L'offensiva iniziò il 4 luglio, sia a nord sia a sud del saliente. L'offensiva da nord, condotta principalmente da unità di fanteria meccanizzata, non portò a grandi scontri di carri, dato che le divisioni tedesche (2° e 9° Panzer) dovettero lottare più con l'artiglieria anticarro, accuratamente fortificata, che con i carri sovietici. Quando l'Armata Rossa riprese l'offensiva l'11 luglio le forze tedesche furono ricacciate sulle basi di partenza in due giorni.
Diversamente andarono le cose a sud, dove erano presenti le migliori divisioni corazzate tedesche: le tre divisioni meccanizzate Waffen-SS, 1ª SS Panzer Leibstandarte Adolf Hitler, 2ª SS Panzer Das Reich, 3ª SS Panzer Totenkopf; e le divisioni della Wehrmacht, 3ª Panzer, 6ª Panzer, 7ª Panzer, 19ª Panzer, Panzergrenadier-Division Grossdeutschland. Un progresso continuo, seppure lento, delle forze corazzate tedesche costrinse l'Armata Rossa a tentare un primo contrattacco fallito l'11 luglio.
Il 12 luglio la 5ª Armata della Guardia, comandata dal generale Pavel Romistrov, incontrava presso Prochorovka i corazzati tedeschi. Ne seguì una grande battaglia di carri ( forse la più grande battaglia di carri della storia, fino al 1973 (Guerra del Kippur) tra circa 400 panzer del Panzerkorps-SS e gli 850 carri armati della 5.Armata corazzata della Guardia ( rinforzata da due altri corpi corazzati). Gli scontri furono molto duri; i carri armati russi manovrarono alla massima velocità per serrare rapidamente le distanze e affrontare i panzer tedeschi a distanza ravvicinata ( limitando in questo modo la superiorità dei cannoni dei Panzer IV e dei Tiger). La tattica, su terreno scoperto, fu molto costosa per i sovietici (che persero quasi 400 carri in due giorni), ma anche i tedeschi subirono perdite ( circa 60-70 carri totalmente distrutti) e soprattutto furono costretti alla difensiva, dovettero cedere terreno in alcuni settori e persero ogni speranza di continuare l'offensiva di fronte alle inesauribili e valorose forze corazzate del nemico [7].
Le perdite finali delle due parti nel periodo 5-23 luglio 1943 furono altissime: i sovietici persero oltre 1600 carri armati, mentre l'esercito tedesco lamentò la distruzione totale di circa 350 carri (con almeno altri mille danneggiati e recuperati)[8].
L'entità delle perdite, la irriducibile volontà di resistenza e anche di controffensiva delle forze nemiche ( che disponevano ancora di notevoli riserve), l'andamento sfavorevole della battaglia nel saliente di Orël ( offensiva sovietica iniziata il 12 luglio), indussero Hitler a decidere l'abbandono dell'offensiva di Kursk e il passaggio alla difensiva. L'ultimo tentativo tedesco era fallito.
Anche lo Sbarco in Sicilia degli Alleati contribuì alla decisione finale del Führer, che in un primo tempo ipotizzò anche il trasferimento delle divisioni Waffen-SS in Italia ( progetto poi parzialmente abbandonato di fronte alla situazione sul fronte orientale).
Quarta battaglia di Kharkov - Fronte Orientale - 3-23 agosto 1943
Tedeschi | PzKpfw IV Ausf G H, PzKpfw VI Tiger I Ausf. E |
PzKpfw V Panther Ausf A, D | |
Sovietici | T 34, KV1, SU-122 e -152 |
T 70. |
Dopo la battaglia di Kursk, le Panzerdivision migliori della Wehrmacht e delle Waffen-SS ( tranne la 'Leibstandarte Adolf Hitler' inviata in Italia senza i carri armati lasciati alla 'Das Reich') , ancora efficienti, si batterono valorosamente per contrastare la nuova offensiva in massa sovietica verso Kharkov (Operazione Rumjancev); le armate corazzate sovietiche disponevano di una netta superiorità numerica e vennero impiegate in masse concentrate per schiacciare tutte le resistenze ( 70 carri armati per chilometro).Ne seguirono i furiosi scontri tra carri armati di Akhtyrka ( 10 agosto-20 agosto ) tra la Grossdeutschland,la 7.Panzerdivision, i Panther del gruppo Lauchert e i Corpi corazzati sovietici 4°e 5° della Guardia, 2°,10° corazzati, 3°meccanizzato e una parte della 1.Armata corazzata; di Bogodukhov ( 11 agosto-18 agosto) tra le tre divisioni SS 'Das Reich',Totenkopf',Wiking',rafforzate dalla 3.Panzerdivision, e il grosso della 1. e della 5.Armate corazzate della Guardia ; e di Ljubotin ( 18 agosto-20 agosto) tra la 'Das Reich',la 'Wiking' e i Tiger del sPzAbt. 503 e la 5.Armata corazzata della Guardia [9].
Furono battaglie furibonde e sanguinose, altrettanto violente di quella di Prokhorovka; i panzer evidenziarono una chiara superiorità tattica e anche tecnica; ma gli equipaggi dei carri armati sovietici ,impiegati spesso in modo meno abile, mostrarono coraggio e combattività inesauribile riuscendo alla fine ( pur con perdite incredibili : oltre 1800 carri distrutti) a fiaccare le velleità controffensive tedesche, costringendole a desistere ( dopo aver perso quasi 500 panzer, più che a Kursk) e a abbandonare la difesa di Kharkov ( che venne liberata il 23 agosto 1943).
Operazione Bagration - Fronte Orientale - 1944
Tedeschi | PzKpfw IV Ausf G H, PzKpfw VI Tiger I Ausf. E |
PzKpfw V Panther Ausf A, D | |
Sovietici | T 34/76, T-34/85, SU-85, SU-100, M4 Sherman |
Per un'indicazione di come si svolsero i combattimenti, si rimanda alla voce corrispondente. In termini di carri armati ciò che è interessante è che i sovietici utilizzarono i loro carri in massa, con un supporto decisivo di fanteria meccanizzata. Anche se alcuni autori[10] considerano l'operazione sovietica come un esempio di Blitzkrieg, si deve notare che in realtà i sovietici operarono su ben sei punti principali e che le brecce aperte nello schieramento tedesco ebbero generalmente una larghezza superiore alla profondità di penetrazione nello schieramento nemico. La tattica di contrasto utilizzata dai tedeschi nel corso delle prime settimane, cioè basarsi su caposaldi posti sui nodi stradali, quindi nelle principali città, alla luce dei fatti appare estremamente inefficiente, tuttavia bisogna considerare che il terreno su cui si svolse l'offensiva russa era coperto da paludi e acquitrini, quindi una manovra fuori strada avrebbe comportato notevoli rallentamenti all'afflusso di rifornimenti alla prima linea, rallentando quindi l'avanzata in profondità dell'attaccante a 20-30 km al giorno. In realtà le forze sovietiche che parteciparono all'operazione erano ben fornite di autocarri International Harvester K7 e Studebaker US6 da 2,5 t [11], a trazione integrale, che permetteva loro di operare anche su terreni non preparati, permettendo quindi velocità di avanzamento che arrivarono anche a 70 km al giorno[12]. Da parte loro i tedeschi, oltre ai tipi di carri indicati, utilizzarono abbondantemente, specie a partire dal luglio, i cacciacarri, cioè veicoli armati con pezzo in casamatta (e quindi più potente di quello dei carri di pari tonnellaggio), destinati ad operare come artiglieria controcarri semovente. I tipi più diffusi di cacciacarri erano gli Sturmgeschütz III della serie 40 (su scafo PzKpfw III erano armati con lo stesso cannone da 75 mm montato sui PzKpfw IV delle serie G ed H).
Sul campo di battaglia, le tattiche dei numerosi corpi corazzati sovietici ( oltre 2500 carri armati in totale) si fondarono ( come durante l'offensiva di Stalingrado ) sulle rapide manovre offensive in profodità, operando su diverse direttrici convergenti sulla città di Minsk, aggirando i cosiddetti frangiflutti ( wellenbrecher) di Hitler e impegnando le scarse riserve corazzate tedesche con solo un parte delle forze, mentre altre colonne proseguivano in avanti per chiudere la manovra di accerchiamento. In questo modo, mentre la valorosa 5.Panzer-Division ( rafforzata con un battaglione di carri Tiger) si batteva strenuamente per fermare la progressione della potente 5.Armata corazzata della Guardia da nord-est, altre formazioni corazzate sovietiche ( 1° e 2°Corpo corazzato della Guardia) avanzarono indisturbate da est e da sud, travolsero le difese tedesche e si ricongiunsero a Minsk ottenendo l'obiettivo strategico decisivo [13].
Tedeschi | PzKpfw V Panther |
PzKpfw IV Ausf. H-G | |
USA | M4 Sherman |
In seguito al successo dell'Operazione Cobra, con cui il generale statunitense Omar Bradley riuscì a infrangere la resistenza tedesca e a catturare Avranches il quartier generale di Hitler (da cui il Führer continuava a interferire con le decisioni dei propri generali sul campo) ordinò una immediata e massiccia controffensiva per colpire il nemico "in contropiede" mentre era ancora sbilanciato dall'avanzata, compito che ricadde sulla Settima Armata comandata dal generale delle SS Paul Hausser, inquadrata nel Gruppo d'Armate B di Gunther von Kluge.
L'offensiva ricevette il nome convenzionale di Operazione Lüttich; ad essa dovevano prendere parte almeno otto Divisioni Panzer ma solamente la seconda, la 116esima e le divisioni Das Reich e Leibstandarte (incompleta) delle Waffen-SS vennero effettivamente mobilitate per l'attacco, insieme a due divisioni di fanteria dello Heer e a cinque Kampfgruppe che riunivano i resti di quattro divisioni di fanteria e della divisione Panzer Lehr.
Per garantirsi la totale soprpresa l'attacco tedesco, che vedeva coinvolti circa trecento panzer, non venne preceduto dall'usuale bombardamento di artiglieria, lo stratagemma venne però vanificato dalla decodifica ULTRA degli ordini cifrati tedeschi che informò gli ufficiali statunitensi dell'ora e dell'obiettivo dell'offensiva.
Nelle prime ore dell'attacco dense nebbie e foschie protessero l'iniziale avanzata germanica ma, come vennero dissolte dal sole meridiano, una serie di violentissimi attacchi dei cacciabombardieri dell' USAAF (Nona Forza Aerea) e della Royal Air Force (Second Tactical Air Force) si riversò sulle colonne corazzate e blindate della Wehrmacht.
L'8 agosto 1944 vide l'impulso offensivo tedesco già seriamente compromesso, con lo sfondamento dell'armata del Generale Patton e l'inizio dell'operazione inglese Totalize che mettevano in crisi il sistema difensivo oltre al di là delle capacità reattive di Von Kluge. L'ormai usuale, irrealistico ordine di Hitler di rinnovare l'offensiva con il supporto della Nona Divisione Panzer non ebbe seguito nei fatti.
L'offensiva, per quanto pressoché priva di conseguenze nel corso della Campagna di Normandia è tuttavia importante in quanto convinse Hitler della fatale vulnerabilità delle truppe corazzate nei confronti degli Jabo (sigla di "Jagdbomber") alleati.
Il dittatore tedesco tenne conto di ciò quando diramò le istruzioni per la futura Operazione Wacht am Rhein, la famosa "offensiva delle Ardenne".
Ardenne - Fronte Occidentale - 16 dicembre 1944 - 27 gennaio 1945
Tedeschi | Königtiger, PzKpfw V Panther |
PzKpfw IV Ausf. G-J | |
USA | M4 Sherman |
Britannici | M4 Sherman, Cromwell |
Per un'indicazione di come si svolsero i combattimenti, si rimanda alla voce corrispondente. L'importanza di questa battaglia per quanto riguarda l'impiego di carri armati è che furono impiegati a massa (per l'unica volta, data la limitata produzione) i carri Königstiger da parte dei tedeschi, che operarono bene in combattimento, finché le condizioni meteorologiche non permisero all'aviazione alleata di intervenire. Divenne anche, una volta di più, evidente l'importanza della logistica nelle operazioni con forze corazzate, in realtà il primo blocco delle operazioni tedesche, che si manifestò pochi giorni dopo l'inizio delle operazioni, dispese più dalla crisi logistica (soprattutto la mancanza di rifornimenti di carburante per i carri) che dall'opposizione delle forze alleate.
Ungheria - Fronte Orientale - 1945
Il teatro di guerra del Pacifico
Giapponesi | Tipo 97 Chi-Ha, Tipo 2 Ka-Mi |
USA | M4 Sherman, LVT(A)-1, LVT(A)-2,LVT(A)-4,LVT(A)-5 |
Data la particolare natura delle operazioni in questo teatro di guerra non si ebbero grandi scontri di carri armati, dato che il compito principale di questi mezzi era l'appoggio alle fanterie, addirittura i giapponesi molto spesso utilizzavano i loro carri come bunker fissi, interrandoli fino alla torretta, rinunciando in tal modo a quello che è il principale valore tattico del carro, cioè alla sua mobilità. Organicamente i carri giapponesi erano assegnati ai battaglioni di fanteria, nella misura di un plotone su 2 o 3 carri[14].
Tuttavia questo teatro di guerra fu l'unico in cui venne usato con una certa diffusione un mezzo estremamente particolare e che ebbe riscontri su altri teatri di guerra estremamente limitati, cioè il carro armato anfibio. In particolare gli statunitensi svilupparono la serie dei LVT (A), che era in organica al Corpo dei Marines, che li utilizzava per il supporto di fuoco alla prima ondata di sbarco. Questo supporto di fuoco in Normandia venne fornito unicamente dai carri Sherman DD (dell'esercito), che, con il loro sistema di galleggiamento, avevano una capacità operativa estremamente ridotta. I giapponesi, da parte loro, misero in campo il Tipo 2 Ka-Mi, un carro supportato da un pontone che veniva rilasciato una volta giunti a terra. Tutti questi veicoli, naturalmente, erano incapaci di operare con l'armamento principale in acqua, considerando che non erano mezzi navali, quindi il violento rinculo dei cannoni avrebbe provocato gravosi problemi alla stabilità del mezzo, mentre a terra, le limitazioni sia in armamento sia in corazzatura, necessarie per avere globalmente una spinta di galleggiamento sufficiente, li rendevano estremamente vulnerabili in scontri con carri armati anche leggeri.
Note
- ^ Dati numerici dettagliati in AA.VV. 'Germany and the second world war,volume VI',Oxford press 1991.
- ^ A.Beevor 'Stalingrado' , Rizzoli 1998; J.Erickson 'The road to Stalingrad', Cassell 1975; G.Scotoni 'L'Armata Rossa e la disfatta italiana',Ed.Panorama 2007; A.Samsonov 'Stalingrado,fronte russo', Garzanti 1964.
- ^ J.Erickson 'The road to Berlin',Cassell 1983; A.Beevor 'Stalingrado',Rizzoli 1998; G.Scotoni 'L'Armata Rossa e la disfatta italiana',Ed.Panorama 2007.
- ^ J.Erickson 'The road to Berlin',Cassell 1983; P.Carell 'Terra bruciata', Rizzoli 2000; G.Scotoni 'L'Armata Rossa e la disfatta italiana',Ed.Panorama 2007.
- ^ S.J.Zaloga 'Kasserine 1943', Osprey 2007; B.Liddel Hart 'Storia militare della seconda guerra mondiale',Mondadori 1996.
- ^ - In onore di Ferdinand Porsche, detto anche Elefant.
- ^ D.Glantz 'The battle fo Kursk',1998;J.Erickson 'The road to Berlin',Cassell 1983; N.Cornish 'Images of Kursk',Spellmount limited 2002.
- ^ D.Glantz 'The battle of Kursk',1996.
- ^ D.Glantz 'From the Don to the Dniepr',1991;Y.Buffetaut 'La bataille de Koursk(2)', Histoire&collections 2002.
- ^ W.S. Dunn Jr, op. cit.
- ^ W.S. Dunn Jr, op. cit., p. 13
- ^ W.S. Dunn Jr, op. cit., p. 229
- ^ S.J.Zaloga 'Bagration 1943',Osprey 2000; J.Erickson 'The road to Berlin',Cassell 1983.
- ^ Luca Ruffato, art. cit. pag 17
Bibliografia
- E. Bauer. Histoire controversée de la deuxième guerre mondiale. In italiano Storia controversa della seconda guerra mondiale. Traduzione di Achille Pelà e Rosanna Pelà, Edizioni Istituto Geografico de Agostini, 1976
- Antony Beevor. Stalingrado. Rizzoli 1998.
- (FR) Yves Buffetaut. La battaile de Koursk (II). Histoire & Colletions Paris,2002
- (FR) Yves Buffetaut. La guerre du desert (II) - Bir-Hakeim. Histoire & Colletions Paris, 1992
- (FR) Yves Buffetaut. La guerre du desert (IV) - Supercharge. Histoire & Collections Paris, 1995
- Paul Carell.Terra bruciata,Rizzoli 2000.
- Michael Carver.Tobruk. Edizioni Accademia (senza indicazione né del traduttore né dell'anno di pubblicazione)
- Michael Carver. El Alamein. Traduzione di G. Samaja, Edizioni Baldini & Castoldi, 1964
- (EN) Walter S. Dunn Jr, Soviet Blitzkrieg,Stackpole Books, Mechanicsburg (PA-USA) 2008 ISBN 978-0-8117-3482-0
- (EN) John Erickson, The road to Stalingrad, Cassell 1975.
- (EN) John Erickson, The road to Berlin, Cassell 1983.
- Basil H. Liddell Hart. History of the Second World War. In italiano Storia della Seconda Guerra Mondiale. Traduzione di V. Ghinelli, Mondadori, 1971
- Basil H. Liddell Hart. The other side of the hill. In italiano Storia di una sconfitta. Traduzione di M. Bonini e O. Rizzini, Rizzoli, 2ª edizione 1971 (La prima edizione, uscita precedentemente aveva il titolo "I generali tedeschi raccontano")
- (EN) Jim Mesko, AMTRACS, Squadron Signal Publications, Carrolton, TX USA (First Edition, 1993)ISBN 0-89747-298-5
- Luca Ruffato, Il carro anfibio giapponese Ka-Mi, su Storia Militare N° 175 aprile 2008, pp. 11-20
- Giorgio Scotoni. L'Armata Rossa e la disfatta italiana, Ed.Panorama 2007.
- (EN) Steven J.Zaloga, Bagration 1943, Osprey publ. 2000.
- (EN) Steven J.Zaloga, Kasserine 1943, Osprey publ. 2006.