Dialetti toscani

varietà romanze parlate nell'Italia centrale

[1]

Dialetto toscano
Parlato inItalia (bandiera) Italia
Francia (bandiera) Francia, come variante
Regioni  Toscana
Corsica (bandiera) Corsica, come variante
Parlanti
Totale~3.000.000
ClassificaNon nei primi 100
Tassonomia
FilogenesiIndoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-orientali
    Dialetto toscano
Statuto ufficiale
Ufficiale in-
Regolato danessuna regolazione ufficiale
Codici di classificazione
ISO 639-2-
Linguist Listita-tus (EN)
Linguasphere51-AAA-qa

Il toscano è un dialetto italiano parlato principalmente nella zona centro-settentrionale della penisola italiana corrispondente oggigiorno alla regione della Toscana.

I primi contributi letterari significativi in toscano risalgono al XIII-XIV secolo con le opere di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, e successivamente nel XVI secolo con Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini, che conferirono a tale dialetto la dignità di "lingua letteraria" della penisola.

Al momento dell'unificazione dell'Italia fu scelto come lingua da adoperare mettendo fine ad una secolare discussione, a cui aveva partecipato anche Dante (nel De vulgari eloquentia), che vedeva due fazioni principali, una che sosteneva la nascita di una lingua italiana sulla base di un dialetto ed un'altra che si proponeva di creare una nuova lingua che prendesse il meglio dai vari dialetti. Prese piede agli inizi del XIX secolo proprio la prima corrente, soprattutto grazie al prestigioso parere di Alessandro Manzoni (molto nota è la vicenda relativa alla scelta della lingua per la stesura de I promessi sposi e i panni sciacquati in Arno), ma non poche furono le critiche mossegli da chi sosteneva (in primo luogo il glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli) che il toscano era un dialetto come gli altri e una vera lingua nazionale sarebbe potuta nascere solo dopo l'incontro tra le varie culture del paese.

Locutori

Il numero di locutori che parla un dialetto di "tipo" toscano si aggira intorno ai 3.000.000 di persone, contando gli abitanti della Regione, escludendo la provincia di Massa-Carrara in cui viene parlato un dialetto settentrionale ed includendo l'area della Corsica settentrionale dove viene parlato il dialetto cismontano.

Virtualmente ogni italiano è in grado di parlare toscano perché proprio questo dialetto sta alla base dell'italiano moderno, ad eccezione delle particolarità fonetico-morfologiche tipiche solo dei dialetti toscani.

Caratteristiche del dialetto

Il dialetto toscano presenta caratteristiche uniformi sebbene esistano alcune discrepanze che danno vita a vari subdialetti.

Fonetica

Gorgia toscana

  Lo stesso argomento in dettaglio: Gorgia toscana.

La gorgia toscana indica un passaggio delle consonanti occlusive sorde /k/ /t/ e /p/, che passano a fricative in posizione intervocalica. Un esempio tipico è la cosiddetta "aspirazione" (in realtà spirantizzazione) della 'c' in posizione intervocalica.

Indebolimento di G e C

Un fenomeno fonetico importante è l'indebolimento intervocalico di g dolce IPA [ʤ] e di c dolce IPA [ʧ], noto come attenuazione.

Tra due vocali (e in assenza di rafforzamento fonosintattico), la consonante (scempia) affricata palatoalveolare sonora passa a fricativa postalveolare sonora:

[ʤ][ʒ].

Questo fenomeno è evidente e si può chiaramente sentire nel parlato (ed è diffuso -seppure non con la stessa sistematicità- anche in Umbria): la gente, in italiano standard /la 'ʤɛnte/ [la 'ʤɛn:te], si realizza in toscano come [la 'ʒɛn:te].

Analogamente, la consonante affricata palatoalveolare sorda passa a fricativa postalveolare sorda tra due vocali:

/ʧ/[ʃ].

Così, la cena, in italiano standard /la 'ʧena/ [la 'ʧe:na], in toscano diviene [la 'ʃe:na].

Affricazione di S

Un fenomeno comune a tutta la Toscana (ad eccezione delle zone di Firenze e Prato) è la trasformazione della s sibilante dalla fricativa dentale IPA [s] all'affricata dentale IPA [ʦ] quando preceduta da /r l n/.

/s/[ʦ].

Ad esempio, "il sole", che in italiano standard si pronuncia [il 'sole]/, in toscano non-fiorentino suona [il 'ʦole]; il fenomeno è presente anche dopo di una consonante, come in "falso". Si tratta di un fenomeno diffuso in tutta l'Italia centromeridionale, in alcune parti della quale si può avere anche sonorizzazione di /ʦ/.

Monottongazione di

Questo fenomeno coinvolge il dittongo (ascendente, accentato, finale di sillaba) (IPA /'##/), che proviene da un fonema latino unico ŏ /ɔ/ e che si monottonga a sua volta in toscano moderno, così che:

/ɔ/ [ɔ] → (// [wɔ:] →) /ɔ/ [ɔ:].

Così:

Il latino bŏnum /'bɔnʊ̃/ diventa in (fiorentino trecentesco e quindi in) italiano buono /'bwɔno/, ma in toscano (moderno) torna a ridursi a bôno /'bɔno/ (in realtà, la forma ridotta, in toscano, è sempre coesistita a livello popolare con quella dittongata).

Si hanno quindi:

  • uomoomo
  • uovoovo
  • aiuoleaiole
  • lenzuolalenzola
  • pezzuolapezzola
  • tuonotono
  • tuonaretonare
  • suonosono
  • suonaresonare


Sostituzioen della l con r

Il varie parole la "L" è sostituita totalmente dalla "R"

  • falsofarso
  • polpoporpo
  • polpettaporpetta
  • salsasarsa
  • calzinocarzino
  • calciocarcio
  • caldocardo
  • moltomorto

Sintassi

Non si riconoscono nel dialetto toscano fenomeni sintattici particolari diversi dall'italiano standard.

Morfologia

Tu e Te

In toscano, come in parecchie varietà settentrionali dell'italiano, è d'uso corrente il pronome te anche al nominativo/soggetto, in luogo dell'italiano standard tu.

  • in italiano standard: tu andresti?
  • in toscano: te c'andresti?

Nel fiorentino viene usato il pronome tu molto spesso nelle frasi.

  • in italiano: ma che fai?
  • in toscano fiorentino: ma che tu fai?, o anche: ma i'che tu fai?

Si dà inoltre il caso di due pronomi soggetto, in cui il primo è forma libera, il secondo un clitico: te tu devi fare....

Doppio pronome dativo

Fenomeno morfologico, citato anche da Alessandro Manzoni nel suo "I promessi sposi", è il raddoppiamento del pronome personale dativo.

Nel porre un pronome personale al complemento di termine (a qualcosa, a qualcuno), chiamato anche caso dativo con un verbo, l'italiano standard si serve di una preposizione + pronome, a me, o di una forma sintetica di derivazione latina, mi. Il toscano si serve di entrambi nella frase come rafforzamento del dativo/complemento di termine:

  • in italiano: [a me piace] o [mi piace]
  • in toscano: [a me mi piace] oppure [a me mi garba]

Questa forma è diffusa in tutto il Centro-Sud, non solo in Toscana, e fino a non a molto tempo fa veniva considerata ridondante se non addirittura scorretta in italiano standard, poiché una forma del pronome rende inutile l'altra. Tuttavia, oggigiorno i grammatici tendono a rivalutare questo costrutto, che non viene considerato nemmeno più un pleonasmo. Un fenomeno simile si trova anche, per dire, nella lingua macedone, dov'è obbligatorio date certe condizioni; e si trova anche in altre lingue romanze, come in spagnolo (a mi me gusta). Si veda in proposito questa scheda dell'Accademia della Crusca.

In alcuni dialetti si può sentire anche il doppio pronome accusativo (me mi vedi), ma è una forma antiquata e di scarso uso comune.

Noi + Si impersonale

Un fenomeno morfologico diffuso nell'intero dialetto toscano è l'uso personale del Si in forma impersonale (da non confondersi con il Si passivante ed il Si riflessivo)

In particolare, oltre alla forma regolare di prima persona plurale per tutti i verbi, è possibile usare anche la costruzione Si + Verbo in terza persona singolare, a cui può venire preposto anche il pronome soggetto di prima persona plurale Noi, poiché il "si" viene sentito ormai come parte integrante della coniugazione del verbo.

  • italiano: [Andiamo a mangiare], [Noi andiamo là]
  • toscano: [Si va a mangià], [Noi si va là]

Il fenomeno avviene in tutti i tempi verbali, compresi quelli composti. Qui, la sostituzione di noi con si porta con sé l'uso del verbo essere come ausiliare, anche se il verbo richiederebbe avere come ausiliare. Inoltre il participio passato deve accordarsi col soggetto in genere e numero se il verbo di per sé avrebbe avuto essere come ausiliare, mentre non si accorda se in genere avrebbe richiesto il verbo avere.

  • italiano:[Abbiamo mangiato al ristorante]
  • toscano: [S'è mangiato al ristorante]

Generalmente Si diventa S' davanti ad è.

"Fare" ed "Andare"

Un altro fenomeno morfologico molto presente nel toscano è l'abbreviazione delle prime persone singolari al presente di fare, andare.

  • Fare: faccio = fo
  • Andare: vado = vo

Queste abbreviazioni dei verbi sono dovute al continuo uso di queste forme nella lingua parlata, fatto che ha provocato una perdita dei suoni interni tra la prima consonante e la desinenza personale -o nel caso di vado, e poi regolarizzazione del paradigma per faccio, presumibilmente sul modello:

  • Latino: sapio → Italiano so

Inoltre ha presumibilmente influito l'analogia con le forme della seconda e della terza persona singolare degli stessi verbi, che presentano forme ridotte rispetto al resto della coniugazione del verbo:

  • Fare: ...fai, fa...
  • Andare: ...vai, va...

Aggettivi possessivi

Altro fenomeno morfologico prevalente nel toscano è la perdita delle desinenze di genere e numero degli aggettivi possessivi delle tre persone singolari in posizione proclitica:

  • mio, mia, miei, miemi',
  • tuo, tua, tuoi, tuetu',
  • suo, sua, suoi, suesu'.

Il fenomeno appare come simile a quello che ha portato alla formazione degli aggettivi possessivi spagnoli (che hanno forma identica).

I pronomi possessivi non risentono di questo fenomeno, come gli aggettivi stessi se posti dopo il verbo o il nome:

In toscano, quindi: la casa è mia, a casa mia, ma la mi' casa.

Tuttavia quando l'aggettivo possessivo viene usato in funzione prepositiva, o come pronome possessivo dopo il verbo, la forma plurale presenta forme alternative:

  • italiano standard: Queste cose sono mie
  • toscano: Queste cose sono mia o più contratto: Queste cose le son mia
  • italiano standard: Non sono affari tuoi
  • toscano: 'Un sono affari tua

L'origine di queste forme plurali alternative è da attribuire alla forma latina neutra plurale, mea, tua, sua, che in italiano standard scompare mentre in toscano è sopravvissuta; forme di altro tipo sono da attribuire all'analogia con altre forme.

Articolo determinativo maschile

Una caratteristica morfo-fonologica che suddivide i dialetti toscani riguarda l'articolo determinativo maschile singolare "il". Nella zona della parlata fiorentino-pratese, fino a Pistoia, esclusa, e fino a San Miniato, inclusa, ed anche nella zona del Monte Amiata, la consonante liquida [l] cade, allungando (raddoppiando) la consonante successiva.

In tal modo l'articolo non forma più legami con le preposizioni, ma solo con il suo sostantivo:

Si riesce a distinguere dal corrispondente articolo determinativo maschile plurale, perché quest'ultimo non provoca il raddoppiamento:

Nei dialetti della Toscana occidentale invece la liquida [l] subisce spesso rotacismo ([l][r]), ad eccezione se seguita da un'altra [l]:

Quest'ultimo fenomento è variamente diffuso, soprattutto sulla costa.

Perdita di "-re"

Un altro fenomeno morfologico, di origine dubbia ma quasi sicuramente non toscana, è la perdita della desinenza -re dell'infinito.

  • andàreandà
  • pèrderepèrde
  • finìrefinì
  • mangiàremangià

Caratteristica importante di questa perdita è che l'accento rimane sulle posizioni precedenti, e non si sposta sulla nuova penultima sillaba, differenziando spesso la nuova forma dalla terza persona singolare dell'indicativo presente.

Le forme risultanti sono cogeminanti quando ultimali (i.e. quando l'accento d'intensità cade sull'ultima sillaba), il che si spiega postulando una forma intermedia in -r.

Questo fenomeno non si riscontra nelle zone di Firenze e Prato tranne che all'interno di frase.

Altre variazioni sui verbi

Nel verbo all'infinito seguito da particella pronominale la r finale del verbo sparisce e raddoppia la lettera iniziale del pronome.

  • lavarsilavassi
  • lavarmilavammi
  • lavartilavatti
  • lavarcilavacci
  • lavarvilavavvi


Il verbo del participio passato spesso subisce particolari variazioni, esempi più comuni:

  • è piovutoè piouto
  • ho bevutoho beuto
  • c'è volutoc'è vorsuto
  • non ha potutou' na' potuo


Altre forme dialettali, molto ricorrenti nel quotidiano, in particolare a Firenze e limitrofi:

  • noi andammos'andiede
  • loro andaronogl'andonno o anche gli andonno
  • andiamo ? ke s'a ire ?
  • andiamo! 'gnamo !
  • mi telefonaronomi telefononno
  • mi hai capito ? (che hai inteso?) ke a 'nteso?


Epressioni, termini e parole di uso comune

Diverse sono le parole che si usano maggiornmente e si sostiuiscono ad altri termini sempre italiani, ad esempio si usa molto più sudicio che sporco.

  • sporcosudicio
  • papàbabbo
  • quel/quellocodesto
  • aggiustareriaccomodare
  • asinociuco
  • scootermotorino
  • piaceregarbare
  • toglierelevare
  • nulla/nientepunto
  • carinobellino
  • figliofigliolo
  • giaccagiubba
  • giubbottobrusotto

Esempio: Togliti quel giubbotto è sporca e poi non mi piace per nulla come ti sta adossoLevati codesto brusotto è sudicio e poi non mi garba punto come ti sta adosso


Rare le parole prettamente dialettali - in particolare nell'area Fiorentina - che rimangono per lo più sempre termini della lingua italiana, ma antiquati o desueti, addirittura arcaici:

  • pranzo/pranzaredesinare
  • mentobazza
  • specchiospera

Esempio: Papà, prima di andare a pranzo, finisci di aggiustare il mio scooter ?Babbo, prima che tu vai a' desinare, che mi finisci di riaccomodare i' mi' motorino ?

Suddivisione dialettale

Il dialetto toscano è un insieme di dialetti minori locali, detti vernacoli, con differenze minime tra di essi ma comunque sufficientemente evidenti[2].

Nel Medioevo i vernacoli principali erano quattro: fiorentino, senese, pisano-lucchese e toscano orientale, situazione descritta anche da Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia che li identificò come fiorentino, senese, lucchese e aretino.

Nel XVI secolo il panorama vernacolare si complica perché, secondo quanto descritto da Claudio Tolomei ne Il Cesano, praticamente ogni borgo aveva il proprio vernacolo che si distingueva da quelli vicini per differenze sottili nell'accento e nel lessico, tanto sottili che un non toscano non le avrebbe colte, e cita come esempi i parlari di Arezzo, Volterra, Siena, Firenze, Pisa, Pistoia, Lucca, Cortona.

Nel XIX secolo, in base agli studi di Carl Ludwig Fernow, Johann Christoph Adelung e Ludwig Gottfried Blanc, i vernacoli principali erano sei: fiorentino, senese, pistoiese, pisano, lucchese e aretino. Questa suddivisione venne affinata da Francesco Cherubini che individuò fiorentino, senese, pisano proprio, sassarese (un vernacolo pisano), lucchese, garfagnino (affine al lucchese), pistoiese, pesciatino, pratese, livornese, elbano, aretino, cortonese, maremmano, volterrano, corso, massese.

Nella seconda metà del XX secolo, Giovan Battista Pellegrini nella sua Carta dei dialetti d'Italia (1977) ha individuato:

I. fiorentino
II. senese
III. toscano occidentale
IIIa. pisano-livornese-elbano
IIIb. pistoiese
IIIc. lucchese
IV. aretino
V. grossetano-amiatino
VI. apuano

Tale situazione è stata ancor più affinata da Luciano Giannelli (Toscana, 1976, ma aggiornata nel 2000) che individua:

  • fiorentino
  • senese
  • pisano-livornese
  • lucchese
  • elbano
  • aretino
  • amiatino
  • basso garfagnino-alto versiliese
  • alto garfagnino
  • massese
  • dialetti "grigi" (cioè di transizione):

Note

  1. ^ Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
  2. ^ La sezione "Suddivisione dialettale" è redatta in base a Silvia Calamai, La Toscana dialettale. Un percorso bibliografico tra suoni, forme e parole (pdf), 2007.

Bibliografia

  • G. Gabrielli, L. Gori, S. Lucarelli, Vocabolario Pistoiese, Società Pistoiese di Storia Patria, Pistoia, 2000.
  • Giulio Bertoni, Italia dialettale, Cisalpino Goliardica, Milano, 1986.

Altri progetti

Collegamenti esterni

Template:Dialetti