Grammatica latina
Template:Avvisounicode La lingua latina deriva direttamente dall'antica lingua indoeuropea comune, pur presentando caratteristiche affini a molti altri idiomi. Essa ha subito notevoli mutamenti morfologici e fonetici che ne hanno modellato la forma del corso dei secoli.
Pur essendo il latino una lingua estinta nel senso strettissimo (anche se è la lingua ufficiale del Vaticano), ad oggi la grammatica latina è studiata in molte parti del mondo e anche in Italia, dove è materia di studio nei licei: classico, scientifico, socio-psico-pedagogico e linguistico.
Alfabeto, fonetica, ortografia
L'alfabeto
L'alfabeto latino, che deriva dalle versioni etrusche dell'alfabeto greco, è composto da 24 lettere.
A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T U V X Y Z
Sono da farsi alcune osservazioni sulle lettere:
- in epoca arcaica e classica erano in uso solo le lettere maiuscole, così come per il greco antico; le minuscole furono introdotte da Carlo Magno e poi molto utilizzate dagli ecclesiastici; ad ogni modo, bisogna tener presente che vanno maiuscoli, oltre a tutti i nomi propri di persona, animale, divinità, luogo ecc. anche i nomi di popolo (es. Romani, Helvetii, Graeci) con i relativi aggettivi, quelli dei giorni del calendario (Kalendae, Iduus, Nonae) e dei mesi (Ianuarius, Februarius, ecc.), ma rimangono minuscoli i verbi dai nomi propri derivati (graecissare).
- i grafemi U e v furono introdotti nel Cinquecento da Ramus (si chiamano infatti lettere ramiste) per distinguere i fonemi /u/ e /w/ dal fonema /v/: nel latino classico esistevano solo i fonemi /u/ e /w/; il fonema /v/, introdotto più tardi, non aveva un suo grafema e veniva scritto V (minuscolo u), proprio come i fonemi /u/ e /w/;
- le lettere Y e Z sono di origine straniera.
Fonetica
Pronuncia
Della pronuncia del latino esistono varie versioni. Le principali sono la pronuncia classica e quella ecclesiastica. La prima è quella che si suppone sia la vera pronuncia del latino classico, la seconda è invece quella che, essendo stata adottata dalla Chiesa perché maggiormente corrispondente a quella del volgare in uso nel popolo, ha avuto la più ampia diffusione. Attualmente la pronuncia ecclesiastica, oltre ad essere usata in alcuni rituali cattolici, è anche quella preferita dai manuali di latino dell'Italia, mentre negli altri Paesi europei generalmente si preferisce adottare la pronuncia classica. Qui di seguito la tabella riassuntiva delle pronunce delle lettere e dei digrammi.
P. classica | P. ecclesiastica | |
A | /a/, /a:/ | /a/, /a:/ |
B | /b/ | /b/ |
C | /k/ | /k/, /tʃ/ |
D | /d/ | /d/ |
E | /e/, /ε/, /e:/, /ε:/ | /e/, /ε/, /e:/, /ε:/ |
F | /f/ | /f/ |
G | /g/ | g, /ʤ/ |
H | /h/ | muta |
I | /i/, /i:/ | /i/, /i:/, /j/ |
K | /k/ | /k/ |
L | /l/ | /l/ |
M | /m/ | /m/ |
N | /n/, /ɱ/, /ŋ/ | /n/, /ɱ/, /ŋ/ |
O | /o/, /ɔ/, /o:/, /ɔ:/ | /o/, /ɔ/, /o:/, /ɔ:/ |
P | /p/ | /p/ |
Q | /k(w)/ | /k(w)/ |
R | /r/ | /r/ |
S | /s/ | /s/, /z/ |
T | /t/ | /t/ |
V | /u/, /u:/, /w/ | /u/, /u:/, /w/, /v/ |
X | /ks/ | /ks/ |
Y | /y/ | /i/ |
Z | /dz/ | /dz/ |
AE | /ae/ | /e:/, /ε:/ |
OE | /oe/ | /e:/, /ε:/ |
AU | /aw/ | /aw/ |
CH | /x/ | /k/ |
TH | /θ/ | /t/ |
PH | /ɸ/ (/f/) | /f/ |
GN | /gn/ | /ɳ/ |
Alcune precisazioni vanno fatte per le consonanti:
- h si legge con una leggerissima aspirazione (era essa infatti la deformazione della lettera fenicia indicante l'aspirazione), che viene generalmente omessa nel latino ecclesiastico;
- c e g in origine indicavano sempre rispettivamente i suoni /k/ (l'italiano casa) e /g/ (gatto), poi nel latino ecclesiastico andarono ad indicare rispettivamente /k/ e /g/ sia /tʃ/ (cera) e /dʒ/ (gelo), nei casi previsti anche dall'ortografia italiana, cioè davanti alle lettere e ed i (pronunciata sempre, anche se consonantizzata: dulcia si leggerà /'dulkia/ in classico e /'dultʃja/ in ecclesiastico, ma non /'dultʃa/), oltre che davanti ai dittonghi oe ed ae (vedi poi);
- s in latino classico era sempre /s/, sorda (come nell'italiano sole), poi cominciò, in posizione intervocalica, a mutarsi in /z/, sonora (come l'italiano casa), pur mantenendo il suo suono originario ad inizio parola e vicino ad altre consonanti (rosa: class. /'rɔsa/, eccl. /'rɔza/; sol: /sol/ in ambedue le pronunce);
- i digrammi ph, th e ch derivano dalla traslitterazione delle lettere aspirate greche; il primo, forse originariamente letto /ɸ/ (una specie di p "soffiata"), divenne col tempo /f/ (philosophia, in classico /ɸiloso'ɸia/, in ecclesiastico /filozo'fia/); il secondo era letto /θ/ (come l'inglese thing), poi passato alla semplice /t/ (Thule: class. /'θule/, eccl. /'tule/); il terzo era invece letto /x/ (come il ch tedesco di Bach, una c aspirata), per poi passare semplicemente a /k/ (Christus: class. /'xristus/, eccl. /'kristus/).
- ti seguito da vocale si leggeva /ti/ in epoca classica, poi passò a /tj/ e poi ancora a /tsj/ (come l'italiano dizione; ratio: class. /'ratio/, eccl. /'ratsjo/); il ti comunque si legge normalmente quando la i è lunga (vedi poi);
- gn, pronunciato /gn/ in epoca classica, divenne poi /ɳ/ (cioè come l'italiano gnomo; gnosco: class. /'gnosko/, eccl. /'ɳosko/);
- gl è sempre pronunciato /gl/, come l'italiano glassa.
Per quanto riguarda le vocali, in latino sono 5 (a, e, i,o,u) più la y usata per le parole greche (pronunciata /y/, cioè come la ü francese o norditalica, o come semplice /i/). Il latino distingue tra vocali brevi (contrassegnate dal segno ˘ sovrascritto, esempio: rosă), lunghe (segno ¯, esempio: Romanī) e ancipiti o bifronti, cioè brevi o lunghe a seconda della necessità, (segno _̌, esempio mihi). Le vocali lunghe hanno una durata quasi doppia delle brevi.
Le semivocali, invece, sono tre:
- /j/ (come iena) nel latino classico veniva usato per pronunciare le "i" ad inizio parola seguite da vocale oppure quelle intervocaliche (ius /'jus/, Gaius /ga'jus/); nel latino ecclesiastico spesso si utilizza la lettera j per questo fonema se ad inizio parola (Iulius divenne Julius) oppure si mantiene il grafema i; inoltre nell'ecclesiastico il fonema /j/ viene usato anche per pronunciare le i seguite da vocale ma precedute da consonante, che nel classico erano invece probabilmente lette come /i/ vocaliche (orior, class. /'orior/, eccl. /'orjor/);
- /w/ era molto frequente nel latino classico, ma man mano, ad inizio parola o intervocalico, mutò in /v/, tanto che si decise di distinguere la lettera v dalla u, un tempo usate indifferentemente (inizialmente V,u; poi V,v e U,u);
- la e semivocale dei dittonghi ae ed oe
I dittonghi sono sempre lunghi.
i dittonghi /j/+vocale si trovano frequentemente (iam, /'jam/); quelli vocale+/j/ nel passaggio dal latino arcaico a quello classico scomparvero: gli arcaici ai (/aj/) ed oi (/oj/) passarono infatti nei classici ae ed oe, mentre quelli residui (ei, ui) non vengono solitamente considerati dittonghi se non nel latino ecclesiastico (class. /ei/, /ui/, eccl. /ej/, /uj/) o in alcune parole derivate dal greco; yi, derivato dal greco, è dittongo nel classico (/yj/), ma non nell'ecclesiastico, dove rimane come /i/ semplice (Arpyia: class. /ar'pyja/, eccl. /ar'pia/).
Con la /w/ i dittonghi sono frequentissimi nel latino classico, soprattutto quelli /w/+vocale, poi quasi tutti scomparsi nell'ecclesiastico col passaggio /w/->/v/ (veritas: class. /'wεritas/, eccl. /vεritas/); rimangono naturalmente i dittonghi preceduti da q (questus: /'kwestus/ in ambedue le pronunce). Va precisato che se la u è preceduta da consonante e seguita da vocale, generalmente non fa dittongo (metuenda: /metu'enda/ e non /me'twenda/; cornua: /'kɔrnua/ e non /'kɔrnwa/). Il dittongo principale con /w/ è au (/aw/), che in italiano si è mutato nei fonemi della o. Il digramma eu non sempre è dittongo: se deriva dall'omologo dittongo greco, allora si conserva anche in latino (Europa: /ew'rɔpa/), ma se invece ha altre derivazioni, normalmente non è dittongo in latino (Perseus, che in greco era Περσέας e non aveva dittongo, ha un eu derivato dalla e della radice a cui è stata messa la desinenza -us della seconda declinazione; si leggerà dunque preferibilmente /'pεrseus/, piuttosto che /'pεrsews/).
I dittonghi più frequenti sono però ae ed oe: in latino classico venivano letti normalmente, mentre in quello ecclesiastico sono letti come /e/ (Aeneades: class. /ae'nεades/, eccl. /e'nεades/; caelum, class. /kaelum/, eccl. /tʃelum/).
Se due vocali non formano dittongo è possibile trovare posta sulla seconda lettera la dieresi ˙˙ (esempio: aër /aer/ in ambedue le pronunce).
L'accento
L'accento latino, come quello italiano, è di natura tonica (a differenza di quello musicale greco). In latino vigono due leggi in proposito: la baritonesi, secondo cui l'accento non cade mai sull'ultima sillaba, e la legge della terzultima, che dice che l'accento non va mai oltre la terzultima sillaba.
Da queste due regole consegue che l'accento può cadere solo sulla penultima e terzultima sillaba, o, in altri termini, che le parole possono essere o piane o sdrucciole.
La baritonesi ha tuttavia qualche rara eccezione: un numero minimo di parole derivate da troncamenti conservano l'accento sulla sillaba prima penultima e poi divenuta ultima, oltre ad alcuni nomi di popolo imparisillabi della terza declinazione: illìc, illùc, illàc (lì, verso lì, per di là), in origine illice, illuce, illace; Arpinàs (-atis, Arpinate) e Samnìs (-itis, Sannite).
La posizione dell'accento tonico è determinata secondo la legge della penultima dalla quantità della penultima sillaba: se essa è lunga, avrà l'accento (es: dulcēdo, pronunciato dulcèdo /dul'kedo/, dolcezza); se è breve, l'accento andrà alla terzultima sillaba (esempio nemŏra, pronunciato nèmora /'nemora/, le foreste). Nel raro caso in cui sia ancipite, saranno valide entrambe le opzioni.
Ortografia
L'ortografia latina è sostanzialmente uguale a quella italiana; nel prefisso delle parole composte spesso consonanti poco eufoniche scompaiono o vengono assimilate (ad esempio aufero deriva da ab fero, mentre da adfero deriva affero). Non è tuttavia un automatismo o una regola fissa.
La trascrizione di parole straniere in latino
Nel corso del tempo, con il sempre maggior coinvolgimento dei Romani con le popolazioni europee, il latino si arricchì di termini stranieri, che necessitavano di essere trascritti dagli alfabeti originari a quello latino.
Fu particolarmente intenso il flusso di parole greche verso il latino, dato il grande interesse romano per la cultura greca e l'enorme lessico matematico e filosofico della lingua dell'Ellade.
Per i nomi ebraici, entrati in uso con l'avvento del Cristianesimo, le trascrizioni furono fatte soprattutto da altre trascrizioni greche, divenute d'uso già da tempo con la traduzione greca della Bibbia (detta dei Settanta); da notare che la trascrizione dall'ebraico è particolarmente difficoltosa perché le vocali in esso vengono pronunciate ma non scritte.
Morfologia
Nomi
Come nella lingua italiana, i nomi sono propri o comuni e possono designare persone, animali, cose, entità astratte, azioni, ecc. I generi dei nomi sono tre: maschile, femminile e neutro. Il numero può essere singolare o plurale; diversamente dal greco, non esiste il duale. La principale differenza rispetto all'italiano, che non riguarda solo la morfologia di nomi, aggettivi e pronomi ma anche l'intera sintassi della frase, è il sistema dei casi. Non esiste l'articolo.
Casi
La lingua latina di norma distingue le funzioni logico-grammaticali di sostantivi, aggettivi e pronomi servendosi di sei casi e di cinque declinazioni:
Indica il soggetto della frase, o il complemento predicativo del soggetto (esempio: "Cornelia sembra bella"), o la parte nominale (esempio: "Cornelia è una ragazza"). Parte nominale e complemento predicativo del soggetto sono definiti comunemente doppio nominativo.
Indica il possesso (generalmente), come nella frase "I capelli di Cornelia sono lunghi", svolgendo la funzione di complemento di specificazione. Ci sono anche altre funzioni:
- Genitivo soggettivo: L'amore di Giulio per Claudia.
- Genitivo oggettivo: Il desiderio di Claudia possedeva Giulio.
- Genitivo dichiarativo o epesegetico (vero e proprio complemento di specificazione): L'albero del melo.
- Genitivo di qualità: Un uomo di grande coraggio.
- Genitivo partitivo: Diversi dei miei amici sono andati in città.
Indica un complemento di termine, come nella frase "Ha dato il biscotto al bambino". Altri usi:
- dativo di agente: Esprime l'agente quando viene usato con la coniugazione perifrastica passiva: puero opus faciendum est: "Il ragazzo deve fare il lavoro" (letteralmente "Il lavoro dev'essere fatto dal ragazzo").
- Dativo di riferimento spesso usato col dativo di fine o scopo (chiamato comunemente il doppio dativo). Esempio: "Il generale inviò truppe come aiuto (con lo scopo di) all'altro generale".
- Dativo di possesso: Mihi pecunia est, letteralmente "a me è il denaro" vale a dire "possiedo del denaro".
Indica il complemento oggetto (esempio: "Cornelia uccise Marco").
- Doppio accusativo: è il complemento predicativo dell'oggetto.
- Caratteristico è l'utilizzo dell'accusativo con i verbi impersonali piget (mi rincresce), pudet (mi vergogno), paenitet (mi pento), taedet (mi annoia), miseret (ho pietà), e con i verbi appellativi, estimativi, effettivi, elettivi e con verbi relativamente impersonali, come fallit, decet e iuvat. L'accusativo è inoltre utilizzato nella costruzione di alcuni verbi (come doceo, posco e flagito).
- Un particolare utilizzo dell'accusativo è l'accusativo alla greca, o di relazione, che tiene il posto di un complemento di relazione. Esso viene retto solo da verbi transitivi attivi o deponenti. Esempio: "Puer nudus pedesque umeros apparuit", letteralmente: "apparve un fanciullo nudi i piedi e le spalle", quindi "con i piedi e le spalle nude".
- Viene inoltre utilizzato per la formazione di vari complementi mediante l'aggiunta di specifiche preposizioni davanti all'accusativo (come in, per o ad).
- L'accusativo è altresì il caso del soggetto (e anche, ovviamente, della parte nominale e del complemento predicativo del soggetto) nelle proposizioni infinitive.
- L'accusativo può anche indicare estensione di tempo e spazio.
In tutte le declinazioni, i nomi di genere maschile e femminile formano l'accusativo aggiungendo la comune desinenza –m alla vocale tematica.
Svolge la funzione di complemento di vocazione in caso di discorso diretto (esempio: "Cornelia, vai fuori"). Il vocativo ha generalmente le stesse desinenze del nominativo, con l'eccezione (limitatamente al singolare) dei temi in –us e in –ius della seconda declinazione, nei quali il vocativo esce rispettivamente in –e e in –i, e di alcuni nomi propri di derivazione perlopiù greca.
L'ablativo è il caso che svolge le funzioni di più complementi, sia in forma pura (ablativo semplice) sia preceduto da preposizioni. L'ablativo semplice prende la funzione di complemento di tempo, mezzo (per le cose), agente e causa efficiente e altri.
L'ablativo latino assorbe le funzioni di tre casi dell'indoeuropeo: ablativo (con valore di allontanamento, separazione: e allora si parla di ablativo vero e proprio), locativo, strumentale (con valore eminentemente di mezzo, modo e causa: si parla allora di ablativo strumentale).
Mediante l'aggiunta di specifiche preposizioni (come in, ab, ex, de, cum) forma vari complementi (stato in luogo, origine, compagnia, modo, ecc.).
Il caso locativo si pone a parte non essendo presente nella grammatica latina moderna. Esso esprime il complemento di stato in luogo nei nomi di città e piccola isola singolari di prima e seconda declinazione, oltre che con un ristretto numero di nomi comuni come rus, domus ed humus. Il locativo ha desinenza -i, cosa che nei nomi di prima e di seconda declinazione lo porta ad avere terminazioni uguali a quelle del genitivo singolare (per la prima declinazione si noti che a+i = ae).
Declinazioni
Vi sono 5 declinazioni (in latino: declinationes, singolare declinatio). Quasi tutti femminili i sostantivi della prima e della quinta declinazione, mentre la maggioranza dei nomi della seconda e della quarta declinazione sono maschili e neutri, distinti fra loro per mezzo di casi retti differenti. La terza declinazione, che comprende in egual numero sostantivi di tutti i generi, è la più numerosa, mentre sono pochi i sostantivi della quinta declinazione, molti dei quali privi di plurale.
Le cinque declinazioni si differenziano fra loro per le diverse uscite del genitivo singolare:
- –ăe per la prima
- –ī per la seconda
- –ĭs per la terza
- –ūs per la quarta
- –ei per la quinta.
Numerose sono le comunanze fra le declinazioni; abbiamo l'uguaglianza fra le terminazioni dei casi retti dei sostantivi neutri (con la comune uscita in –a dei casi retti plurali neutri) e la sopracitata comune uscita in –m dell'accusativo singolare dei sostantivi maschili e femminili. Altre caratteristiche sono comuni a più declinazioni, come l'uscita in –rum (per la prima, la seconda e la quinta) o in –um (per la terza e la quarta) del genitivo plurale, o la terminazione in –is (per le prime due declinazioni) o in –bus (per le altre declinazioni) del dativo e ablativo plurale. È inoltre comune a più declinazioni l'uguaglianza fra la desinenza del genitivo singolare e del nominativo plurale, come avviene per la prima, la seconda e la quarta declinazione.
Prima declinazione
singolare | plurale | |
Nominativo | rosă | rosae |
Genitivo | rosae | rosārum |
Dativo | rosae | rosīs |
Accusativo | rosăm | rosās |
Vocativo | rosă | rosae |
Ablativo | rosā | rosīs |
Rosa, rosae; femminile
Seconda declinazione
Fanno parte della seconda declinazione nomi maschili, femminili e neutri con il tema vocalico o, che in molti casi varia in altre vocali. Appartengono alla declinazione sostantivi in –us, –er, –ir e in –um.
Seconda declinazione: maschili e femminili in -us
singolare | plurale | |
Nominativo | lupŭs | lupī |
Genitivo | lupī | lupōrŭm |
Dativo | lupō | lupīs |
Accusativo | lupŭm | lupōs |
Vocativo | lupĕ | lupī |
Ablativo | lupō | lupīs |
lupus,lupi
Seconda declinazione: maschili in -er o -ir
singolare | plurale | |
Nominativo | puĕr | puerī |
Genitivo | puerī | puerōrŭm |
Dativo | puerō | puerīs |
Accusativo | puerŭm | puerōs |
Vocativo | puĕr | puerī |
Ablativo | puerō | puerīs |
puer,pueri
Seconda declinazione: sostantivi neutri
singolare | plurale | |
Nominativo | bellŭm | bellă |
Genitivo | bellī | bellōrŭm |
Dativo | bellō | bellīs |
Accusativo | bellŭm | bellă |
Vocativo | bellŭm | bellă |
Ablativo | bellō | bellīs |
bellum,belli
Terza declinazione
La terza declinazione è formata da tre gruppi di sostantivi, accomunati dalla terminazione in –is del genitivo singolare. Il nominativo ha terminazioni varie:
- tema consonantico vario per il primo gruppo;
- tema vocalico in -i e terminazione del nominativo singolare in –es o –is per il secondo gruppo (eccetto i monosillabi consonantici);
- tema vocalico in –e o consonantico in –ar o –al per il terzo gruppo.
1º gruppo
Comprende sostantivi imparisillabi (ovvero con un diverso numero di sillabe fra nominativo e genitivo singolare) con una sola consonante prima del suffisso del genitivo singolare
Questo primo gruppo di nomi della terza declinazione ha un tema consonantico, l'unico di tutte le declinazioni, e perciò ha ablativo singolare in -ĕ e genitivo plurale in -ŭm, oltre che i casi diretti plurali dei neutri in -ă.
- Maschili e femminili
singolare | plurale | |
Nominativo | rex | regēs |
Genitivo | regĭs | regŭm |
Dativo | regī | regĭbŭs |
Accusativo | regĕm | regēs |
Vocativo | rex | regēs |
Ablativo | regĕ | regĭbŭs |
Rex, regis; maschile
- Neutri
singolare | plurale | |
Nominativo | nōmen | nōmină |
Genitivo | nōminĭs | nōminŭm |
Dativo | nōminī | nōminĭbŭs |
Accusativo | nōmen | nōmină |
Vocativo | nōmen | nōmină |
Ablativo | nōminĕ | nōminĭbŭs |
Nomen, nominis
2º gruppo
Comprende sostantivi parisillabi e monosillabi imparisillabi con due consonanti prima del suffisso del genitivo singolare
Questo gruppo della terza declinazione contiene i nomi con tema in i, per cui avrà il genitivo plurale in -ĭŭm, oltre che l'ablativo singolare in -ĕ e i neutri diretti plurali in -ă.
- Nomi maschili e femminili
singolare | plurale | |
Nominativo | civĭs | civēs |
Genitivo | civĭs | civĭŭm |
Dativo | civī | civĭbŭs |
Accusativo | civĕm | civēs |
Vocativo | civĭs | civēs |
Ablativo | civĕ | civĭbŭs |
Civis, civis; maschile
singolare | plurale | |
Nominativo | mons | montēs |
Genitivo | montĭs | montĭŭm |
Dativo | montī | montĭbŭs |
Accusativo | montĕm | montēs |
Vocativo | mons | montēs |
Ablativo | montĕ | montĭbŭs |
Mons, montis; maschile
- Neutri
singolare | plurale | |
Nominativo | os | ossă |
Genitivo | ossĭs | ossĭŭm |
Dativo | ossī | ossĭbŭs |
Accusativo | os | ossă |
Vocativo | os | ossă |
Ablativo | ossĕ | ossĭbŭs |
Os, ossis
singolare | plurale | |
Nominativo | classis | classēs |
Genitivo | classĭs | classĭŭm |
Dativo | classī | classĭbŭs |
Accusativo | classĭm | classēs |
Vocativo | classis | classēs |
Ablativo | classĕ | classĭbŭs |
Classis, classis
3º gruppo
Comprende sostantivi neutri parisillabi in –e, imparisillabi in –al, –ālis o –ar, –āris, con le stesse desinenze particolari del 2º gruppo eccetto l'ablativo singolare, in –i e i casi diretti del plurale, in –ĭă.
singolare | plurale | |
Nominativo | mare | marĭă |
Genitivo | marĭs | marĭŭm |
Dativo | marī | marĭbŭs |
Accusativo | mare | marĭă |
Vocativo | mare | marĭă |
Ablativo | marī | marĭbŭs |
Mare, maris
singolare | plurale | |
Nominativo | animal | animalĭă |
Genitivo | animalĭs | animalĭŭm |
Dativo | animalī | animalĭbŭs |
Accusativo | animal | animalĭă |
Vocativo | animal | animalĭă |
Ablativo | animalī | animalĭbŭs |
Animal, animālis
Quarta declinazione
Della quarta declinazione fanno parte nomi maschili e femminili in –us e neutri con il tema vocalico in –ū.
- Maschili e Femminili
singolare | plurale | |
Nominativo | spiritŭs | spiritūs |
Genitivo | spiritūs | spiritŭŭm |
Dativo | spiritŭī | spiritĭbŭs |
Accusativo | spiritŭm | spiritūs |
Vocativo | spiritŭs | spiritūs |
Ablativo | spiritū | spiritĭbŭs |
Spiritus, spiritus; maschile
- Neutri
Cornu, cornus
singolare | plurale | |
Nominativo | cornū | cornŭă |
Genitivo | cornūs | cornŭŭm |
Dativo | cornū | cornĭbŭs |
Accusativo | cornū | cornŭă |
Vocativo | cornū | cornŭă |
Ablativo | cornū | cornĭbŭs |
Cornu, cornus
Alcuni nomi della quarta declinazione hanno il dativo e l'ablativo plurale in -ubus; in molti casi è per distinguerli da nomi della terza declinazione che altrimenti risulterebbero omografi (e omofoni): artus, -us, "arto", della quarta, ha dativo artubus per distinguerlo da artibus, da ars, artis. Così anche: arcus, -us, "arco" e partus, -us, "parto" per evitare confusione rispettivamente con arx, arcis, "rocca" e pars, partis, "parte". Inoltre tutti i nomi uscenti in -cus al nominativo fanno -ubus. Per esempio acus, -us f., "ago", lacus, -us m., "lago", portus, -us m., "porto", quercus, -us f., "quercia", specus, -us m., caverna, tribus, -us f., "tribù", ma porticus, -us m., "portico" fa porticibus.
Quinta declinazione
La quinta declinazione contiene nomi femminili e due maschili (dies e meridies) col tema vocalico e. Dies è femminile nel singolare quando significa "data", "giorno stabilito".
Da notare che i nomi con la i prima del tema in e (come dies, glacies, ecc.) hanno su genitivo e dativo singolare la "e" lunga (ē), mentre quelli che presentano una consonante prima della e (come res e fides) la hanno a genitivo e dativo singolare breve (ĕ).
Tutti i nomi, eccetto dies e res, sono dei singularia tantum.
- Nomi con la i prima dei suffissi
Dies, diei; maschile/femminile
singolare | plurale | |
Nominativo | diēs | diēs |
Genitivo | diēī | diērŭm |
Dativo | diēī | diēbŭs |
Accusativo | diĕm | diēs |
Vocativo | diēs | diēs |
Ablativo | diē | diēbŭs |
Dies, diei; maschile/femminile
- Nomi con consonanti prima dei suffissi
singolare | plurale | |
Nominativo | rēs | rēs |
Genitivo | rĕī | rērŭm |
Dativo | rĕī | rĕbŭs |
Accusativo | rĕm | rēs |
Vocativo | rēs | rēs |
Ablativo | rē | rēbŭs |
Res, rei
I nomi greci
I nomi greci sono molto frequenti tra le parole latine, soprattutto per quanto riguarda nomi di persone o di luoghi geografici. Di solito sono stati assorbiti nelle prime tre declinazioni latine, tuttavia rimangono tracce in alcune terminazioni delle desinenze greche.
Per la prima declinazione vanno ricordati: i maschili uscenti in -ās al nominativo singolare, che hanno accusativo singolare in -ān o -ăm e vocativo singolare in -ā; i maschili col nominativo singolare in -ēs, che hanno accusativo singolare in -ēn, vocativo singolare in -ā/-ē e ablativo singolare in -ē; infine, i femminili uscenti al nominativo singolare in -ē, che hanno genitivo, accusativo, vocativo e ablativo singolari rispettivamente in -ēs, -ēn, -ē, -ē.
Per al seconda declinazione vanno ricordati: i nomi che presentano un'uscita a nominativo e accusativo singolari rispettivamente in -ŏs e -ŏn, accanto alle forme regolari latine; i nomi propri in -eus, che, in alternanza alle forme latine, possono presentare genitivo, accusativo e vocativo singolari rispettivamente in -ĕŏs, -ĕā/ĕă, -eu; i genitivi plurali che possono presentare, con la regolare uscita in -ōrŭm, la forma -on.
Per la terza declinazione vanno ricordate molte particolarità.
- L'accusativo singolare in -ă oltre che in -ĕm per alcuni nomi come aër, aëris; aether, -ĕris; Hector, -ŏris; Lacedemon; -ŏnis.
- Nei nomi terminanti al nominativo singolare in -ĭs o -y̆s, gli accusativi singolari sono rispettivamente -ĭm/-ĭn e -y̆m/-y̆n.
- Il genitivo singolare in -ŏs, accanto al regolare -ĭs, che può essere immediatamente notato nel vocabolario.
- Nei nomi di popolo, o, più raramente, comuni, l'accusativo plurale, accanto al regolare -ēs, in -ās.
- Alcuni genitivi plurali in -on.
- Nei nomi in -ma, mătis, dativo e ablativo plurali in -is.
Alcuni nomi propri greci hanno poi una declinazione particolari: sono quelli che hanno uscita nominativo-genitivo -ō, -ūs, che hanno tutti gli altri casi in -ō.
Altri nomi stranieri
I nomi dei popoli gallici presentano l'accusativo plurale in -as.
I nomi propri ebrei sono o indeclinabili o assorbiti in una declinazione regolare latina.
Il nome Iesus presenta la seguente declinazione: Iesus, Iesu, Iesu, Iesum, Iesus, Iesu.
I nomi indeclinabili
Molti nomi, alcuni di origine straniera, sono indeclinabili (Abraham, Abramo), ovvero sono usati in una stessa forma per tutti i casi per cui sono usati. Spesso a questi si aggiunge una forma declinabile.
Aggettivi
Tutti gli aggettivi devono concordare col nome a cui si riferiscono in numero, caso e genere. Tutti i nomi possono essere maschili, femminili o neutri; i generi sono grammaticali, e non corrispondono necessariamente al sesso dell'oggetto. Gli aggettivi possono essere appartenenti alla prima o alla seconda classe.
Prima classe degli aggettivi
Gli aggettivi della prima classe hanno tre uscite, una per ogni genere: per il maschile viene usata la seconda declinazione maschile, per i femminile la prima, per i neutri la seconda dei neutri in -um.
Singolare
maschile | femminile | neutro | |
Nominativo | bonus | bona | bonum |
Genitivo | boni | bonae | boni |
Dativo | bono | bonae | bono |
Accusativo | bonum | bonam | bonum |
Vocativo | bone | bona | bonum |
Ablativo | bono | bona | bono |
Plurale
maschile | femminile | neutro | |
Nominativo | boni | bonae | bona |
Genitivo | bonorum | bonarum | bonorum |
Dativo | bonis | bonis | bonis |
Accusativo | bonos | bonas | bona |
Vocativo | boni | bonae | bona |
Ablativo | bonis | bonis | bonis |
Bonus, bona, bonum Ad esempio:
- puella bona (femminile) (la buona ragazza)
- puer bonus (maschile) (il buon ragazzo)
- mancupium bonum (neutro) (il buono schiavo)
La seconda classe degli aggettivi
Gli aggettivi che si declinano invece secondo la terza declinazione, sono detti aggettivi della seconda classe. Da notare che le terminazione di ablativo singolare, genitivo e casi neutri diretti plurali sono rispettivamente ī, ĭŭm e ĭă. Esistono tre gruppi della seconda classe: aggettivi a tre, due o una terminazione al nominativo singolare.
Ad esempio:
- puella fortis (femminile) (la forte ragazza)
- puer fortis (maschile) (il forte ragazzo)
- mancupium forte (neutro) (il forte schiavo)
1º gruppo: aggettivi a tre terminazioni
Sono gli aggettivi della seconda classe che presentano una terminazione diversa al nominativo singolare per tutti e tre i generi. In tutto sono tredici, tutti in -er, -ris, -re. Ad essi si aggiungono i nomi degli ultimi mesi dell'anno (September, October, November, December) perché in latino tutti i nomi dei mesi sono in realtà degli aggettivi.
Singolare
maschile | femminile | neutro | |
Nominativo | celer | celeris | celere |
Genitivo | celeris | celeris | celeris |
Dativo | celeri | celeri | celeri |
Accusativo | celerem | celerem | celere |
Vocativo | celer | celeris | celere |
Ablativo | celeri | celeri | celeri |
Plurale
maschile | femminile | neutro | |
Nominativo | celeres | celeres | celeria |
Genitivo | celerium | celerium | celerium |
Dativo | celeribus | celeribus | celeribus |
Accusativo | celeres | celeres | celeria |
Vocativo | celeres | celeres | celeria |
Ablativo | celeribus | celeribus | celeribus |
Celer, celeris, celere
2º gruppo: aggettivi a due terminazioni
Sono gli aggettivi della seconda classe, numerosissimi, che presentano al nominativo singolare una sola terminazione per maschile e femminile, in -is e un'altra per il neutro, in -e. Di essi fanno parte i nomi dei mesi Aprilis, Quintilis (luglio) e Sextilis (agosto).
Singolare
maschile e femminile | neutro | |
Nominativo | fortis | forte |
Genitivo | fortis | fortis |
Dativo | forti | forti |
Accusativo | fortĕm | forte |
Vocativo | fortis | forte |
Ablativo | forti | forti |
Plurale
maschile e femminile | neutro | |
Nominativo | fortes | fortia |
Genitivo | fortium | fortium |
Dativo | fortibus | fortibus |
Accusativo | fortes | fortia |
Vocativo | fortes | fortia |
Ablativo | fortibus | fortibus |
Fortis, forte
3º gruppo: aggettivi ad una terminazione
Sono aggettivi della seconda classe cha hanno una sola terminazione per il nominativo dei tre generi.
Singolare
maschile e femminile | neutro | |
Nominativo | felix | felix |
Genitivo | felicis | felicis |
Dativo | felici | felici |
Accusativo | felicĕm | felix |
Vocativo | felix | felix |
Ablativo | felici | felici |
Plurale
maschile e femminile | neutro | |
Nominativo | felices | felicia |
Genitivo | felicium | felicium |
Dativo | felicibus | felicibus |
Accusativo | felices | felicia |
Vocativo | felices | felicia |
Ablativo | felicibus | felicibus |
Felix, felicis
Comparativo e superlativo degli aggettivi
Comparativo di uguaglianza e minoranza
Il comparativo di uguaglianza è reso in latino con l'aggettivo introdotto da tam e il secondo termine di paragone introdotto da quam e nello stesso caso del primo termine. A tam/quam si possono sostituire anche ita/ut o aeque/ac.
Il comparativo di minoranza si forma invece mettendo l'aggettivo introdotto da minus e il secondo termine di paragone dal quam, sempre nel caso del primo termine.
Comparativo di maggioranza
Il comparativo di maggioranza invece implica spesso una modificazione dell'aggettivo. In generale, all'aggettivo va tolto il suffisso del genitivo singolare ( -i per la prima classe e -is per la seconda) e si aggiunge alla radice -ior per maschili e femminili e -ius per i neutri (così per esempio fortis diverrà fortior, fortius, altus diverrà altior, altius, e così via). Il comparativo va poi declinato come gli aggettivi della seconda classe, o, meglio, come i nomi del primo gruppo della terza declinazione, in quanto l'ablativo singolare è in -ĕ, il genitivo plurale in -ŭm e i casi diretti del neutro plurale in -ă.
Fortis, forte -> fortior, fortius.
Singolare
maschile e femminile | neutro | |
Nominativo | fortior | fortius |
Genitivo | fortioris | fortioris |
Dativo | fortiori | fortiori |
Accusativo | fortiorĕm | fortius |
Vocativo | fortior | fortius |
Ablativo | fortiore | fortiore |
Plurale
maschile e femminile | neutro | |
Nominativo | fortiores | fortiora |
Genitivo | fortiorum | fortiorum |
Dativo | fortioribus | fortioribus |
Accusativo | fortiores | fortiora |
Vocativo | fortiores | fortiora |
Ablativo | fortioribus | fortioribus |
Il secondo termine di paragone del comparativo di maggioranza
Il secondo termine di paragone è all'ablativo semplice oppure allo stesso caso del primo termine ma introdotto da quam. Questo secondo metodo va sempre applicato se il primo termine è nei casi obliqui (gen., dat. e abl.) o se il secondo è un verbo o una proposizione. Va sempre usato l'ablativo semplice se il secondo termine è un pronome relativo, e preferibilmente se la frase ha senso negativo.
Il superlativo
Il superlativo degli aggettivi va invece formato aggiungendo alla radice il suffisso -issimus, -issima, -issimum. Il superlativo va declinato come facente parte della prima classe degli aggettivi. Si noti che in latino il superlativo svolge entrambe le funzioni di assoluto e relativo. Il partitivo, usato dopo il superlativo relativo, può essere espresso con il genitivo, e/ex o de più l'ablativo o, sebbene non riscontrato nel latino classico, inter e l'accusativo. Quando però il gruppo è formato da due persone/cose, si utilizza il comparativo al posto del superlativo. Per esempio: Cesare era il più forte dei consoli. si tradurrà Caesar erat fortior inter consules/consulum/ex consulibus.
Comparativi e superlativi irregolari
- Gli aggettivi composti terminanti in -dicus, -ficus, -volus e providus, validus, egenus hanno il comparativo in -entior, -entius e il superlativo in -entissimus, -a, -um.
- Gli aggettivi terminanti in -ius, -eus, -uus della consonante finale non hanno comparativo né superlativo, ma li formano rispettivamente utilizzando magis e maxime. Ad esempio magis dubius o maxime idoneus. Non seguono questa regola gli aggettivi terminanti in -quus; insieme a maxime strenuus possiamo trovare anche strenuissimus e con maxime pius esiste anche piisimus
- Gli aggettivi bonus, malus, parvus, magnus, multus seguono la seguente tabella:
Positivo | Comparativo | Superlativo |
---|---|---|
bonus | melior, melius | optimus, -a, -um |
malus | peior, peius | pessimus, -a, -um |
parvus | minor, minus | minimus, -a, -um |
magnus | maior, maius | maximus, -a, -um |
multus | plus | plurimus, -a, -um |
- Gli aggettivi facilis, difficilis, similis, dissimilis, humilis, gracilis hanno il superlativo in -illimus, -a, -um quindi si avrà facillimus, facillima, facillimum e via di seguito.
- Gli aggettivi terminanti in -er hanno il superlativo in -errimus quindi da pulcher, pulchra, pulchrum si avrà pulcherrimus, pulcherrima, pulcherrimum.
Numerali
In latino esistono tre tipi di aggettivi numerali: cardinali, ordinali (rimasti anche in italiano) e distributivi. Inoltre il latino ha anche degli avverbi numerali.
Pronomi
I pronomi derivati da aggettivi seguono le normali declinazioni aggettivali.
I pronomi personali, dimostrativi, relativi, interrogativi e determinativi hanno declinazioni proprie, parzialemnte coincidenti con quella degli aggettivi della prima classe, ma con particolarità specie al nominativo singolare. Hanno inoltre il genitivo ed il dativo singolare rispettivamente in -ĭus e -ī
Esempi (il vocativo è sempre identico al nominativo): hic, haec, hoc: questo, questa
singolare | plurale | |
Nominativo | hic, haec, hoc | hi, hae, haec |
Genitivo | huius | horum, harum, horum |
Dativo | huic | his |
Accusativo | hunc, hanc, hoc | hos, has, haec |
Ablativo | hoc, hac, hoc | his |
ille, illa, illud: quello, quella
singolare | plurale | |
Nominativo | ille, illa, illud | illi, illae, illa |
Genitivo | illius | illorum, illarum, illorum |
Dativo | illi | illis |
Accusativo | illum, illam, illud | illos, illas, illa |
Ablativo | illo, illa, illo | illis |
alla stessa maniera si declinano iste, ista, istud ("codesto") e ipse, ipsa, ipsum (con -um al posto di -ud!)
qui, quae, quod: che (relativo); quis, quae, quod: chi, che cosa (interrogativo)
singolare | plurale | |
Nominativo | qui(s), quae, quod | qui, quae, quae |
Genitivo | cuius | quorum, quarum, quorum |
Dativo | cui | quibus |
Accusativo | quem, quam, quod | quos, quas, quae |
Ablativo | quo, qua, quo | quibus |
Come qui, quae, quo si declinano gli indeterminati quicumque, quaecumque, quodcumque: qualunque (si aggiunge sempre il suffisso invariato -cumque) e quisquis, quaequae, quodquod: qualunque (si raddoppia, in qualunque genere numero e caso)
Il pronome relativo può anche essere utilizzato in funzione di nesso relativo.
Verbi
Un verbo si compone di tre parti: una radice, che indica il vero e proprio significato del verbo, un tema (la parte centrale), che indica il tempo e il modo grammaticale e una desinenza (la parte terminale) che indica la persona e la diatesi (attiva o passiva). Ad esempio: laudabatur (veniva lodato) si divide in una radice laud-, che indica il vero significato del verbo, lodare; un tema -aba- che indica che il tempo e modo è imperfetto indicativo, mentre la desinenza -tur indica che è una terza persona passiva. Allo stesso modo, capiemus si divide in radice cap- = prendere, tema -ie- = futuro, desinenza -mus = prima persona plurale attiva. Il verbo significa quindi 'prenderemo'. Ogni verbo ha due radici, una del presente e una del perfetto.
Ci sono quattro coniugazioni grammaticali nella lingua latina; la prima coniugazione ha l'uscita dell'infinito presente in -āre, la seconda in -ēre, la terza in -ĕre, la quarta in -īre. Un verbo, se non si coniuga secondo una di queste quattro, è considerato irregolare.
Le forme verbali sono tre: attiva, passiva, deponente. I verbi deponenti hanno forma passiva ma significato attivo; vi sono poi i cosiddetti verbi semideponenti: essi hanno significato attivo e forma attiva nei tempi derivati dal presente (ind. e cong. presente e imperfetto, ind. futuro semplice) ma significato attivo e forma passiva nei tempi derivati dal perfetto (ind. e cong. perfetto e piuccheperfetto, ind. futuro anteriore). L'infinito deponente della prima coniugazione esce in -āri, quello della seconda in -ēri, della terza in -i, della quarta in -īri in analogia con l'infinito passivo delle quattro coniugazioni.
Morfologia del verbo
Ci sono sei tempi (latino: tempora) nella lingua Latina. Sono:
- Presente, (Latino: praesens) che indica azioni che stanno avvenendo nel momento in cui si parla: Lo schiavo porta la brocca di vino.
- Imperfetto, (Latino: imperfectum): descrive le azioni che stavano accendendo per un periodo di tempo: La folla stava incoraggiando i gladiatori.
- Futuro semplice, (Latino: futurum simplex) usato per azioni che non sono ancora iniziate, ma che lo saranno in un certo momento: Egli scriverà la lettera domani.
- Perfetto, (Latino: perfectum) descrive azioni del passato che sono concluse: Egli insegnò al ragazzo. Corrisponde ai tempi italiani del passato remoto, del passato prossimo e del trapassato remoto: Egli scrisse la lettera, Egli ha scritto la lettera, Egli ebbe scritto la lettera.
- Piuccheperfetto, (Latino: plusquamperfectum) corrisponde al trapassato prossimo italiano: Egli aveva scritto la lettera.
- Futuro anteriore, (Latino: futurum exactum) usato per azioni che saranno completate in un certo momento nel futuro: Per domani, egli avrà inviato la lettera.
Ci sono tre modi (Latino: modi):
- Indicativo, (Latino: indicativus) che afferma fatti indiscutibili: Lo schiavo porta le botti di vino
- Congiuntivo, (Latino: coniunctivus) usato per esprimere possibilità, necessità, intenzioni: È necessario che lo schiavo porti le botti di vino.
- Imperativo, (Latino: imperativus) usato per esprimere ordini: Tu, schiavo, porta le botti di vino!.
Non esiste il condizionale in latino: per esso si utilizzano due tempi del congiuntivo: l'imperfetto e il piuccheperfetto che traducono, rispettivamente, il condizionale presente e passato.
Ci sono cinque forme verbali nominali, dette anche modi verbali indefiniti:
- Nomi verbali:
- Aggettivi verbali:
Ci sono due diatesi (Latino: genus):
- Attiva, (Latino: activum) in cui il soggetto compie l'azione: Lo schiavo porta le botti.
- Passiva, (Latino: passivum) in cui il soggetto subisce l'azione: La botte è portata dallo schiavo.
Desinenze dei verbi
Modo indicativo
Presente
- Attivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-o | mon-eo | leg-o | aud-ĭo |
laud-as | mon-es | leg-is | aud-is |
laud-at | mon-et | leg-it | aud-it |
laud-āmus | mon-ēmus | leg-ĭmus | aud-īmus |
laud-ātis | mon-ētis | leg-ĭtis | aud-ītis |
laud-ant | mon-ent | leg-unt | aud-iunt |
- Passivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-or | mon-ĕor | leg-or | aud-ĭor |
laud-āris | mon-ēris | leg-ĕris | aud-īris |
laud-ātur | mon-ētur | leg-ĭtur | aud-ītur |
laud-āmur | mon-ēmur | leg-ĭmur | aud-īmur |
laud-amĭni | mon-emĭni | leg-imĭni | aud-imĭni |
laud-āntur | mon-ēntur | leg-ūntur | aud-iūntur |
Imperfetto
- Attivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-ābam | mon-ēbam | leg-ēbam | aud-iēbam |
laud-ābas | mon-ēbas | leg-ēbas | aud-iēbas |
laud-ābat | mon-ēbat | leg-ēbat | aud-iēbat |
laud-abāmus | mon-ebāmus | leg-ebāmus | aud-iebāmus |
laud-abātis | mon-ebātis | leg-ebātis | aud-iebātis |
laud-ābant | mon-ēbant | leg-ēbant | aud-iēbant |
- Passivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-ābar | mon-ēbar | leg-ēbar | aud-iēbar |
laud-abāris | mon-ebāris | leg-ebāris | aud-iebāris |
laud-abātur | mon-ebātur | leg-ebātur | aud-iebātur |
laud-abāmur | mon-ebāmur | leg-ebāmur | aud-iebāmur |
laud-abamĭni | mon-ebamĭni | leg-ebamĭni | aud-iebamĭni |
laud-abāntur | mon-ebantur | leg-ebāntur | aud-iebāntur |
Futuro semplice
- Attivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-ābo | mon-ēbo | leg-am | aud-ĭam |
laud-ābis | mon-ēbis | leg-es | aud-ĭes |
laud-ābit | mon-ēbit | leg-et | aud-ĭet |
laud-abĭmus | mon-ebĭmus | leg-ēmus | aud-ĭemus |
laud-abĭtis | mon-ebĭtis | leg-ētis | aud-iētis |
laud-ābunt | mon-ēbunt | leg-ent | aud-ĭent |
- Passivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-ābor | mon-ēbor | leg-ar | aud-ĭar |
laud-abĕris | mon-ebĕris | leg-ēris | aud-iēris |
laud-abĭtur | mon-ebĭtur | leg-ētur | aud-iētur |
laud-abĭmur | mon-ebĭmur | leg-ēmur | aud-iēmur |
laud-abimĭni | mon-ebimĭni | leg-emĭni | aud-iemĭni |
laud-abūntur | mon-ebūntur | leg-ēntur | aud-iēntur |
Perfetto
- Attivo
Per formare l'indicativo perfetto attivo si aggiungono le comuni desinenze al tema del perfetto, la cui formazione è varia. Il tema del perfetto è ricavabile dalla terza voce del paradigma. Come esempio prendiamo il verbo laudo, il cui tema del presente è laud- mentre quello del perfetto è laudav-:
laudav-i |
laudav-īsti |
laudav-it |
laudavi-ĭmus |
laudav-īstis |
laudav-ērunt |
- Passivo
Il perfetto passivo latino si forma in modo analogo al presente passivo italiano, ovvero con il verbo essere seguito dal participio passato, coniugato al genere e al numero. Il participio passato latino si forma aggiungendo al tema del supino (quarta voce del paradigma) le desinenze degli aggettivi della prima classe.
Maschile | Femminile | Neutro |
---|---|---|
laudātus sum | laudata sum | laudatum sum |
laudātus es | laudata es | laudatum es |
laudātus est | laudata est | laudatum est |
laudāti sumus | laudatae sumus | laudata sumus |
laudāti estis | laudatae estis | laudata estis |
laudāti sunt | laudatae sunt | laudata sunt |
Piuccheperfetto
- Attivo
Per tutte le quattro coniugazioni, si aggiungono al tema del perfetto le forme del verbo essere all'imperfetto.
laudav-ĕram |
laudav-ĕras |
laudav-ĕrat |
laudav-erāmus |
laudav-erātis |
laudav-ĕrant |
- Passivo
Per tutte le quattro coniugazioni, il piuccheperfetto passivo si forma in modo analogo al perfetto passivo, utilizzando l'imperfetto del verbo essere al posto del presente.
Maschile | Femminile | Neutro |
---|---|---|
laudātus eram | laudata eram | laudatum eram |
laudātus eras | laudata eras | laudatum eras |
laudātus erat | laudata erat | laudatum erat |
laudāti erāmus | laudatae erāmus | laudata erāmus |
laudāti erātis | laudatae erātis | laudata erātis |
laudāti erant | laudatae erant | laudata erant |
Futuro anteriore
- Attivo
Per tutte le quattro coniugazioni, si aggiugono al tema del perfetto le forme del verbo essere al futuro (a parte nella terza persona plurale, nella quale, per evitare la confusione con il perfetto, al posto di –ērunt viene aggiunto -ĕrint).
laudav-ěro |
laudav-ěris |
laudav-ěrit |
laudav-erĭmus |
laudav-erĭtis |
laudav-ěrint |
- Passivo
Per tutte le quattro coniugazioni, il futuro anteriore passivo si forma in modo analogo al perfetto passivo, utilizzando il futuro semplice del verbo essere al posto del presente.
Maschile | Femminile | Neutro |
---|---|---|
laudātus ero | laudata ero | laudatum ero |
laudātus eris | laudata eris | laudatum eris |
laudātus erit | laudata erit | laudatum erit |
laudāti erimus | laudatae erimus | laudata erimus |
laudāti eritis | laudatae eritis | laudata eritis |
laudāti erunt | laudatae erunt | laudata erunt |
Modo congiuntivo
Presente
- Attivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-em | mon-eam | leg-am | aud-ĭam |
laud-es | mon-eas | leg-as | aud-ĭas |
laud-et | mon-eat | leg-at | aud-ĭat |
laud-ēmus | mon-eāmus | leg-āmus | aud-iāmus |
laud-ētis | mon-eātis | leg-ātis | aud-iātis |
laud-ent | mon-eant | leg-ant | aud-ĭant |
- Passivo
1º Coniugazione | 2º Coniugazione | 3º Coniugazione | 4º Coniugazione |
---|---|---|---|
laud-er | mon-ear | leg-ar | aud-iar |
laud-ēris | mon-eāris | leg-āris | aud-iāris |
laud-ētur | mon-eātur | leg-ātur | aud-iātur |
laud-ēmur | mon-eāmur | leg-āmur | aud-iāmur |
laud-emĭni | mon-eamĭni | leg-amĭni | aud-iamĭni |
laud-ēntur | mon-eāntur | leg-āntur | aud-iāntur |
Imperfetto
- Attivo
Per ogni verbo, anche irregolare, si prende la forma dell'infinito presente e si aggiungono i suffissi personali -m, -s, -t, -mus, -tis, -nt
laudare-m |
laudare-s |
laudare-t |
laudare-mus |
laudare-tis |
laudare-nt |
- Passivo
Come per l'attivo, ma si aggiungono le desinenze tipiche del passivo (-r, -ris, -tur, -mur, -mini, -ntur)
laudare-r |
laudare-ris |
laudare-tur |
laudare-mur |
laudare-mĭni |
laudare-ntur |
Perfetto
- Attivo
Si forma prendendo il tema del perfetto aggiungendo -eri + -m, -s, -t, -mus, -tis, -nt
laudav-ĕrim |
laudav-ĕris |
laudav-ĕrit |
laudav-erĭmus |
laudav-erĭtis |
laudav-ĕrint |
- Passivo
Per tutte e 4 le coniugazioni, si prende il participio perfetto assieme al verbo sum coniugato al presente congiuntivo
Maschile | Femminile | Neutro |
---|---|---|
laudātus sim | laudata sim | laudatum sim |
laudatus sis | laudata sis | laudatum sis |
laudatus sit | laudata sit | laudatum sit |
laudāti simus | laudatae simus | laudata simus |
laudati sitis | laudatae sitis | laudata sitis |
laudati sint | laudatae sint | laudata sint |
Piuccheperfetto
- Attivo
Per tutte e 4 le coniugazioni, si prende la forma dell'infinito perfetto (formato dal tema del perfetto con la desinenza -īsse) e si aggiungono i suffissi personali.
laudavisse-m |
laudavisse-s |
laudavisse-t |
laudavisse-mus |
laudavisse-tis |
laudavisse-nt |
- Passivo
Per tutte e 4 le coniugazioni, si prende il participio perfetto con il verbo sum coniugato all'imperfetto congiuntivo.
Maschile | Femminile | Neutro |
---|---|---|
laudātus essem | laudata essem | laudatum essem |
laudatus esses | laudata esses | laudatum esses |
laudatus esset | laudata esset | laudatum esset |
laudāti essemus | laudatae essemus | laudata essemus |
laudati essetis | laudatae essetis | laudata essetis |
laudati essent | laudatae essent | laudata essent |
Modo imperativo
Presente
1º coniugazione | Singolare | Plurale |
2^ Persona | am-a | am-ate |
2º coniugazione | Singolare | Plurale |
2^ Persona | mon-e | mon-ete |
3º coniugazione | Singolare | Plurale |
2^ Persona | leg-e | leg-ite |
4º coniugazione | Singolare | Plurale |
2^ Persona | aud-i | aud-ite |
Gerundio e Gerundivo
Il gerundio latino, pur avendo una forma morfologica molto simile a quella del gerundio italiano, non ha la stessa funzione che ricopre nella lingua italiana, in quanto nella lingua latina funge da declinazione dell'infinito. È pertanto un sostantivo verbale che ha sempre valore attivo.
Il gerundio non presenta il caso nominativo (rappresentato infatti dall'infinito stesso), mentre nel resto dei casi si riconosce per la presenza del suffisso "-andi (gen.), -o (dat.), -um (acc.), -o (abl.)" per la prima coniugazione, "-endi (gen.), -o (dat.), -um (acc., solo in presenza di preposizioni, come complemento oggetto si usa l'infinito), -o (abl.)" per la seconda e la terza coniugazione e "-iendi (gen.), -o (dat.), -um (acc., vedi sopra), -o (abl.)" per la quarta. Si forma dal tema del presente.
- Declinazione del gerundio
Caso | Latino | Italiano | Note |
---|---|---|---|
Nominativo | laudare | il lodare | infinito |
Genitivo | laudandi | del lodare | |
Dativo | laudando | al lodare | |
Accusativo | (ad) laudandum | per il lodare | finale |
Ablativo | laudando | con il lodare |
Come si evince dalla tabella soprastante, il gerundio latino si traduce come il gerundio italiano solo nel caso ablativo, negli altri casi funge da declinazione dell'infinito solo nei casi in cui dipende da sostantivo o aggettivo:
Es: La speranza di vincere la battaglia: Spes vincendi bellum; l'arte di amare: ars amandi.
Il gerundio può essere accompagnato da un oggetto diretto solo nei casi genitivo o ablativo senza preposizione; negli altri casi (dat., acc. e abl. con preposizione) si utilizza di norma il gerundivo. Anche nei due casi in cui si può utilizzare il gerundio, si preferisce l'uso del gerundivo, eccetto quando l'oggetto è rappresentato da un pronome neutro.
L'infinito declinato dipendente da un verbo non si traduce con il gerundio: infatti nella frase Decisi di venire, non si esprime una declinazione dell'infinito, ma una subordinata oggettiva.
Il caso accusativo del gerundio è quasi esclusivamente utilizzato preceduto dalla preposizione ad, e serve ad esprimere una subordinata finale: Senatus misit legatos ad implorandum pacem si traduce come Il senato inviò gli ambasciatori per chiedere la pace. Si noti comunque che il latino classico rifugge dai concetti astratti e preferisce le forme gerundive ad pacem implorandam (letteralmente per la pace da chiedere).
Il gerundivo
Il gerundivo invece rappresenta un aggettivo verbale con valore passivo, che esprime il dovere o la necessità: Liber legendus si tradurrà appunto il libro da leggere, che deve essere letto. Si declina come un aggettivo della prima classe e si forma aggiungendo al tema del presente del verbo le terminazioni "-andus, -a, um" per la prima coniugazione, "-endus, -a, -um" per la seconda e la terza e "-iendus, -a, -um" per la quarta.
Il gerundivo è particolarmente utilizzato nella lingua latina all'interno della cosiddetta perifrastica passiva, formata da un gerundivo e da una voce del verbo essere. Questa particolare costruzione esprime l'idea passiva del dovere, della necessità:
Esempio: Carthago delenda est si tradurrà Cartagine deve essere distrutta.
È da notare che il complemento d'agente nella perifrastica passiva è espresso in caso dativo; in caso di confusione per la presenza di altri dativi, si segue la normale regola dell'a o ab + ablativo.
Esempio: Nobis de proelio cogitandum est va tradotto Noi dobbiamo riflettere sulla guerra (Letteralmente: È da riflettere sulla guerra da parte nostra).
Participio
Per la sensibilità grammaticale dei latini, il participio era una parte del discorso a sé, per la sua particolarità di avere caratteri della declinazione (genere e caso) e della coniugazione (i tempi e le diatesi). Infatti i suo nome, participium, è dovuto proprio al fatto che esso partecipa del nome e del verbo.
Nella lingua latina esistono tre tempi del participio: presente, perfetto e futuro.La traduzione del presente e del perfetto corrispondono a quella italiana (legens = che legge, actus = agito). Il participio futuro, invece, non esiste più nella nostra lingua, ma si può tradurre dal latino con una perifrasi del tipo che + futuro semplice indicativo. I participi futuri latini sono caratterizzati dalla terminazione in -urus, -ura, -urum. Ad esempio, laudaturus si traduce in italiano con che loderà. Sono presenti residui del participio futuro latino nella lingua italiana, come ad esempio venturo (= che verrà), nascituro (= che nascerà) ecc.
Il participio presente si coniuga come un aggettivo della seconda classe ad un'uscita, con la particolarità che l'ablativo singolare esce in -e quando il participio viene utilizzato come sostantivo, in -i quando è invece un aggettivo. Il participio futuro e quello perfetto si declinano come aggettivi della prima classe.
- Presente
Caso | Singolare | Plurale maschile o femminile | Plurale neutro |
---|---|---|---|
Nominativo | Laudans | Laudantes | Laudantia |
Genitivo | Laudantis | Laudantium | Laudantium |
Dativo | Laudanti | Laudantibus | Laudantibus |
Accusativo | Laudantem | Laudantes | Laudantia |
Vocativo | Laudans | Laudantes | Laudantia |
Ablativo | Laudanti / Laudante | Laudantibus | Laudantibus |
- Futuro
Caso | Masc. sing. | Femm. sing. | Neut. sing. | Masc. plur. | Femm. plur. | Neut. plur. |
---|---|---|---|---|---|---|
Nominativo | Laudaturus | Laudatura | Laudaturum | Laudaturi | Laudaturae | Laudatura |
Genitivo | Laudaturi | Laudaturae | Laudaturi | Laudaturorum | Laudaturarum | Laudaturorum |
Dativo | Laudaturo | Laudaturae | Laudaturo | Laudaturis | Laudaturis | Laudaturis |
Accusativo | Laudaturum | Laudaturam | Laudaturum | Laudaturos | Laudaturas | Laudatura |
Vocativo | Laudature | Laudatura | Laudaturum | Laudaturi | Laudaturae | Laudatura |
Ablativo | Laudaturo | Laudatura | Laudaturo | Laudaturis | Laudaturis | Laudaturis |
- Perfetto
Caso | Masc. sing. | Femm. sing. | Neut. sing. | Masc. plur. | Femm. plur. | Neut. plur. |
---|---|---|---|---|---|---|
Nominativo | Laudatus | Laudata | Laudatum | Laudati | Laudatae | Laudata |
Genitivo | Laudati | Laudatae | Laudati | Laudatorum | Laudatarum | Laudatorum |
Dativo | Laudato | Laudatae | Laudato | Laudatis | Laudatis | Laudatis |
Accusativo | Laudatum | Laudatam | Laudatum | Laudatos | Laudatas | Laudata |
Vocativo | Laudate | Laudata | Laudatum | Laudati | Laudatae | Laudata |
Ablativo | Laudato | Laudata | Laudato | Laudatis | Laudatis | Laudatis |
Infinito
Ci sono anche tre forme di infinito: presente, perfetto e futuro (che non esiste più in italiano). Questi vengono usati nelle frasi cosiddette infinitive, corrispondenti alle subordinate oggettive e soggettive.
Attivo | Passivo | |
Presente | laudare | laudari |
Perfetto | laudavisse | laudat-um esse (maschile singolare) laudat-am esse (femminile singolare) |
Futuro | laudatur-um esse (maschile singolare) laudatur-am esse (femminile singolare) |
laudatum iri |
Supino
Il supino è un modo nominale usato nella grammatica latina. Esso è la quarta voce del paradigma dei verbi (es. Laudo, as, avi, atum, are) e serve più che altro a formare altre voci verbali quali participio perfetto e participio futuro. Esso, tuttavia, ha un senso anche usato singolarmente. Esistono due tipi di supino, il supino attivo (talvolta chiamato accusativo) che è contraddistinto dalla desinenza -um (es. Laudatum) che ha valore finale con verbi di movimento (es. Venerunt petitum pacem = Vennero per chiedere la pace) e il supino passivo (detto anche ablativo), con desinenza in -u (es. Laudatu), di uso molto raro, viene usato per indicare limitazione (es. Res horrenda auditu est = È una cosa orrenda a sentirsi). Quest'ultimo, tuttavia, è di uso assai raro e viene usato perlopiù in espressioni come Facile dictu o Difficile factu, (Facile a dirsi e difficile a farsi.) I verbi deponenti godono di entrambi i supini.
Perifrastica attiva e passiva
Il latino gode di due costrutti, chiamati perifrastiche appunto perché formate da accordi tra particolari voci verbali e il verbo essere. La perifrastica attiva si compone dell'accordo tra il verbo essere e il participio futuro del verbo in questione, quella passiva col verbo essere e il gerundivo dal verbo in questione, talvolta col dativo d'agente o dal classico complemento d'agente in caso di due dativi nella frase.
Perifrastica attiva
Nella grammatica latina, si chiama perifrastica attiva (o coniugazione perifrastica attiva), un tipo di costruzione costituita dal participio futuro accompagnato dal verbo sum "essere" (in tutti i tempi dell'indicativo e del congiuntivo). Essa esprime l'idea di un'azione che si ha intenzione di fare o che è sul punto di avvenire.
Perifrastica passiva
La perifrastica passiva è il modo con cui viene chiamato un costrutto sintattico della lingua latina. Essa è una perifrasi che esprime il significato di dovere o necessità di compiere un'azione e si costruisce con il gerundivo del verbo seguito da sum coniugato al modo e tempo opportuno.
Parti invariabili del discorso
Le principali parti invariabili del discorso sono l'avverbio, le preposizioni, le congiunzioni e le interiezioni.
Avverbi
L' avverbio è legato al verbo o al nome o all'aggettivo o ad altro avverbio, ne modifica in parte il significato.
I gradi dell'avverbio
Il comparativo dell’avverbio coincide con il comparativo neutro dell’aggettivo. Quindi ha la terminazione in -ius.
Per esempio: cupid-e (avidamente) fa cupid-ius (più avidamente)
audac-iter (audacemente) fa audac-ius (più audacemente)
Il superlativo dell’avverbio si forma con la terminazione -e sostituita alla terminazione -i del genitivo singolare dell’aggettivo superlativo.
es.: celerrim-i (velocissimo) celerrim-e (velocissimamente) maxim-i (massimo) maxim-e (massimamente) maturrim-i (molto affrettato) maturrim-e (molto affrettatamente) maxime dubius (dubbiosissimo) maxime dubie (molto dubbiosamente)
Preposizioni
La preposizione si pone davanti (pre-posizione) al nome latino, determinandone il caso, per chiarire il suo rapporto con altre parti della proposizione. Esempi: a (ab), da; ad, verso, a; de, da, circa; e (ex), da, di; in, in, dentro; per, attraverso, per; pro, davanti, al posto di; post. Ogni preposizione è seguita da un particolare caso: certe vogliono l'accusativo, altre invece l'ablativo.
Congiunzioni
La congiunzione ha la funzione di collegare, congiungere tra loro elementi di una proposizione o di diverse proposizioni. Le congiunzioni vengono dette anche connettivi.
Esempi: et, atque, ac, quoque, e,ed; etiam, anche; aut, vel, o, oppure; nec, neque, né, neppure.
Interiezioni
Per interiezioni si tratta di esclamazioni inserite nel discorso. Si dicono proprie, quando esprimono emozioni e improprie, quando si tratta di nomi o frasi fatte.
Sintassi
Sintassi della frase semplice (analisi logica)
Si considera frase semplice un enunciato costituito, secondo la terminologia tradizionale dell'analisi logica, da soggetto e predicato. A questi due elementi (talora uno dei due può essere sottinteso) se ne possono aggiungere altri, ovvero i vari tipi di complemento. In latino il sistema dei casi, che si applica ai nomi, pronomi, aggettivi, permette di identificare la funzione attribuita a tali parole nella frase. In italiano, invece, è determinante l'ordine delle parole per distinguere il soggetto dal complemento oggetto, e l'uso delle preposizioni per formare i complementi indiretti.
Sintassi dei casi: Nominativo
Il nominativo compare nella lingua latina con diverse funzioni semplici:
- Soggetto (ed eventuali attributi e apposizioni del soggetto, valido per tutte le possibili traduzioni)
«Amicus meus aquam non timet.» |
«Il mio amico non teme l'acqua.» |
- Nome del predicato (in frasi con predicato nominale)
«Schola magistra vitae est.» |
«La scuola è maestra di vita.» |
- Complemento predicativo del soggetto
«Celtae nostra lingua Galli appellantur.» |
«Nella nostra lingua i Celti sono chiamati Galli.[1]» |
(vedi anche: Il doppio nominativo)
- Termine a sé, senza alcun rapporto sintattico con il resto della frase
«Resŏnent mihi «Cynthia» silvae.[2] » |
« «Cinzia» mi risuonino i boschi.» |
- Frasi nominali
«Quot homines tot sententiae.[3]» |
«Tanti i pareri quanti gli uomini.» |
- In esclamazioni
«Indigna homine dubitatio.[4]» |
«Dubbio non degno di un uomo.» |
Il doppio nominativo
Si tratta di un costrutto che richiede la presenza di un predicativo del soggetto. Questo costrutto è quindi ammesso da alcuni tipi di verbi, quali verbi appellativi, elettivi ed estimativi (solo se in forma passiva), che qui chiameremo copulativi. Il predicativo del soggetto rimane in nominativo anche quando il verbo copulativo è all'infinito, preceduto da un verbo servile.
« Vercingetŏrix rex a suis appellatur.[5] » |
« Vercingetorige è chiamato re dai suoi.» |
«Socrates [...] parens philosopiae iure dici potest.[6]» |
«Socrate può essere detto padre della filosofia a diritto.» |
Il verbo videor
Il verbo videor talvolta si comporta come un normale verbo copulativo
«Haec tibi ridicula videntur.[7]» |
«Queste cose ti sembrano ridicole.» |
In altri casi si può trovare quello che è comunemente definito costrutto personale, in cui il verbo videor è concordato con il soggetto, ed è seguito da un infinito:
- Del verbo sum in funzione di copula, seguito dal predicato nominale
- Di qualsiasi altro verbo. Se si tratta di infinito perfetto passivo o futuro attivo o passivo, la forma derivata dal supino (participio passato o futuro) in nominativo.
Il costrutto personale di videor si traduce in italiano con la forma impersonale del verbo sembrare, alla 3º persona singolare e seguito da una proposizione subordinata soggettiva che ha per soggetto il soggetto di videor: infatti la traduzione letterale risulta inaccettabile in italiano.
- Oltre al verbo videor, questo tipo di costrutto viene usato dai verbi che significano dire, raccontare, tramandare e da quelli che significano comandare, vietare, proibire, permettere, costringere se usati al passivo
«Tibi stultus esse videor.» |
«Ti sembra che io sia sciocco» |
«Pompeius 'visus est mihi vehementrer esse perturbatus [8]» |
« Mi è sembrato che Pompeo fosse molto turbato» |
«Prohibĭti estis in provincia vestra pedem ponere [9]» |
«Vi fu impedito di mettere piede nella vostra provincia» |
Talvolta il verbo videor compare inoltre nella costruzione apparentemente impersonale. In questo costrutto il verbo videor compare alla 3º persona singolare, ed è seguito da un verbo all'infinito, o da una intera proposizione infinitiva. Il nome apparentemente impersonale deriva infatti dal fatto che il verbo videor compare come nel costrutto impersonale, ma il soggetto esiste e consiste in un verbo all'infinito o in una intera proposizione infinitiva soggettiva. Videor compare in questo costrutto quando:
- ha valore deliberativo (sembrar bene, opportuno)
- si trova insieme a un aggettivo neutro (facile, utile, opportunum)
- è seguito da un verbo o una forma impersonali
- viene usato dai verbi che significano dire, raccontare, tramandare e da quelli che significano comandare, vietare, proibire, permettere, costringere se usati al passivo, nei casi di valore deliberativo, di aggettivo neutro, di verbo o forma impersonali
«Nunc mihi est visum de senectute aliquid ad te scribĕre [10]» |
«Adesso mi è sembrato opportuno scrivere per te qualcosa riguardo la vecchiaia.» |
«Mihi arduum videtur res gestas scribere.[11]» |
« Mi sembra arduo scrivere le vicende storiche.» |
«Mihi videtur [...] de genere belli esse dicendum.[12]» |
«Mi sembra che sia necessario parlare del tipo di guerra.» |
«Dicitur eo tempore matrem Pausaniae venixisse.[13]» |
«Si dice che la madre di Pausania sia vissuta in quel periodo.» |
Ancora il verbo videor e gli altri verbi di cui sopra può comparire nella costruzione totalmente impersonale, come accennato prima, in forma di locuzione incidentale (es.: come sembra, ut vedetur)
«Coniurati paratis -ut videbatur- magnis copiis constituerant un [...] [14]» |
«Dopo aver preparato -come sembrava- grandi truppe i congiurati avevano deciso che [...]» |
«Platonem ferunt in Italiam venisse» |
«Si racconta che Platone sia venuto in Italia» |
Sintassi dei casi: Genitivo
Il genitivo è usato in latino per determinare appartenenza a un determinato insieme, proprio o figurato. Può essere tradotto in italiano, a seconda dei casi, in diversi modi.
Genitivo epesegetico o dichiarativo
È il vero e proprio complemento di specificazione, in quanto esprime la specie di un genere, ossia specifica, determina un concetto generico.
Vulgare amici nomen sed rara est fides [15] |
Il nome di amico è comune ma la lealtà e rara |
Il concetto di "nome" è specificato dal genitivo amici, "di amico".
- Inimicus, amicus, aequalis, propinquus, familiaris quando sono usati come aggettivi reggono il dativo della cosa di cui si è amici o nemici ecc.(in alcuni dialetti italiani questa costruzione è ancora oggi usata, basti infatti pensare alla forma "essere amico a qualcuno" )
Boni improbis [...] amici esse non possunt [16] |
Gli onesti non possono essere amici dei malvagi |
- Il genitivo epesegetico, unito a causa o gratia, forma sintagmi usati per indicare il fine di un'azione.
Vercingetŏrix [...] Gallos hortatur ut communis libertatis causa arma capiant [17] |
Vercingetorige esorta i galli a impugnare le armi per la comune libertà |
Genitivo di possesso
Il genitivo di possesso precisa l'appartenenza di una persona o una cosa a un'altra.
Cimon atheniensis, Miltiădis filius |
Cimone ateniese, figlio di Milziade |
- Il genitivo di possesso può avere funzione:
- attributiva
- predicativa
Galea Marci lucida est. |
L'elmo di Marco è lucido |
Haec galea est Marci |
Quest'elmo è di Marco |
- In presenza del genitivo di possesso di un nome proprio, il termine che indica la parentela stretta è spesso sottointeso
Marcus Titi |
Marco [figlio] di Tito |
- In presenza del genitivo di un nome di divinità, il termine templum è spesso sottointeso: Ad Iovi = Ad templum Iovi.
- Il possesso può venire espresso con altre strutture sintattiche:
- genitivo in funzione attributiva
- dativo (In Pompeiano theatro = In theatro Pompeii - Si veda dativo di possesso più avanti)
Genitivo soggettivo
Metus hostium |
Il timore dei nemici |
Dal contesto si potrà capire se i nemici (hostium) sono il soggetto logico del "temere" (metus). Quindi la frase significherà "il timore che i nemici provano".
Genitivo oggettivo
Metus hostium |
Il timore dei nemici |
Dal contesto si potrà capire se i nemici (hostium) sono l'oggetto logico del "temere" (metus). Quindi la frase significherà "il timore per i nemici". spesso il genitivo oggettivo in italiano è preceduto dalle particelle <<per, verso, contro,riguardo a..>>
Genitivo di qualità
Indica le qualità morali possedute permanentemente da qualcuno. Si può trovare in due funzioni:
- attributiva
- predicativa (con verbo sum)
C. Volusenus [...] vir et consili magni et virtutis.[18] |
Gaio Volseno, uomo sia di grande senno che valore |
Vive memor quam sis aevi brevis.[19] |
Vivi memore di quanto sia tu di vita breve |
Questo costrutto espprime generalmente qualità permanenti. Per qualità non durature, si usa invece l'ablativo strumentale-sociativo.
Genitivo di pertinenza
Il genitivo di pertinenza (o di convenienza) indica la persona a cui si addice un compito, la persona che per convenienza sociale deve fare, o la qualità in cui rientra un certo comportamento. È usato sempre in funzione predicativa, con il verbo sum, ed è utile usare espressioni del tipo "è proprio di..." "è dovere di..." ecc.per tradurlo correttamente.
«Est adulescentis maiores natu verēri.[20]» |
«È dovere del giovane rispettare gli anziani.» |
«Cuiusvis hominis est errare nullīus nisi insipientis perseverare in errorem.[21]» |
«È proprio di tutti gli uomini sbagliare, di nessuno fuorchè degli stolti perseverare nell'errore.» |
- Quando la persona a cui tocca il compito o il dovere dovrebbe essere espressa con un pronome, esso è di norma sostituito da un possessivo, come accade peraltro in italiano, alla forma nominativa neutra. Alla terza persona si troverà solamente eius, eorum, a meno che non si tratti di un riflessivo. Nel caso si tratti di un riflessivo, si troverà suum.
«Ne mihi noceant (homines scelerati ac nefatii) vestrum est providere [22]» |
« È compito vostro provvedere a che non mi facciano alcun danno (quegli uomini scellerati ed empi).» |
Altri genitivi di specificazione e appartenenza
Alla funzione di specificazione e appartenenza si possono ricondurre anche:
- Genitivo di età, usato soprattutto in dipendenza da nomi come puer, adulescens, senex in espressioni del tipo puer decem anorum (un ragazzo di dieci anni - letteralmente dieci di anni)
- Genitivo di misura, in espressioni come classis ducentarum navium, (una flotta di duecento navi - letteralmente flotta di duecento di navi)
- Genitivo che segue una locuzione di tempo in espressioni come pridie eius diei (il giorno precedente - letteralmente il giorno prima di quel giorno.
«Secum duxit filium Hannibalem annorum novem [23]» |
«Condusse con se il figlio Annibale di nove anni» |
«Aggerem ac vallum XII pedum extruit.» |
«Costruì un terrapieno e una palizzata di 12 piedi.» |
Genitivo partitivo
La parola in genitivo indica la totalità, di cui si prende in considerazione una parte soltanto. È spesso usato per determinare sostantivi o pronomi interrogativi e indefiniti che indicano una parte, oltre che avverbi che indicano una quantità. Al suo posto può essere usato l'ablativo o l'accusativo preceduto dalla preposizione inter.
«Maior pars mortalium de naturae malignitate conquerĭtur.[24]» |
«La maggior parte dei mortali si lamenta della malignità della natura.» |
Il genitivo partitivo si trova inoltre comunemente usato:
- dopo un superlativo relativo
- dopo l'interrogativo uter e gli indefiniti plerique, uterque, neuter, quando seguiti da un pronome
- dopo avverbi di luogo e tempo
«Iugurtha homo omnium [...] sceleratissimus.[25]» |
«Giugurta, l'uomo più scellerato di tutti.» |
«Uter nostrum est cupidior? [26]» |
«Chi di noi è il più desideroso?» |
«Ubi terrarum sumus?[27]» |
«In quale parte della terra ci troviamo?» |
Il genitivo con gli aggettivi
Un sostantivo in genitivo riferito a un aggettivo specifica a che realtà è riferito l'aggettivo.
- Si può trovare il genitivo di relazione dopo aggettivi che indicano:
- Desiderio, passione, interesse, avversione
- Abbondanza, mancanza, privazione
- Partecipazione ed esclusione
- Conoscenza, ignoranza, esperienza, inesperienza
- Somiglianza e diversità
«Laudis avidi erant.[28]» |
«Erano avidi di gloria» |
«Plena errorum sunt omnia.[29]» |
«Tutto è pieno di errori» |
«Erant complures [...] consilii huiusce particĭpes nobiles [30]» |
« C'erano parecchi nobili al corrente di questo piano» |
«(Nostri erant) huius generis pugnae imperīti [31]» |
«(I nostri erano) inesperti di questo tipo di combattimento» |
«Me [...] tui similem existimasti [32]» |
«Mi hai considerato simile a te» |
- Possono essere seguiti da un genitivo di relazione anche alcuni participi, se usati con funzione di aggettivo.
«Corpus patiens inediae, algōris, vigiliae [33]» |
«Il (suo) corpo (era) capace di sopportare la fame, il freddo, il sonno» |
- Specialmente nel latino arcaico e poetico, è possibile trovare genitivi di relazione in dipendenza da sostantivi e aggettivi non segnalati precedentemente.
«Sanus mentis [34]» |
«Sano di mente» |
«Integer aevi [35]» |
«Non toccato dall'età [giovane]» |
«Fessi rerum» |
«Stanchi della situazione» |
Il genitivo in funzione di oggetto
In taluni verbi intransitivi in latino ma transitivi in italiano, il complemento obbligatorio o attante con funzione di oggetto compare in genitivo. Si tratta delle seguenti categorie:
- I verbi di memoria (memini, reminiscor, commoneo, obliviscor)
- I verbi di privazione (egeo, indigeo, careo)
- Il verbo potior nelle formule come potiri rerum (impadronirsi del potere). Talvolta compare anche in altri casi costruito con il genitivo, ma comunemente regge la costruzione con l'ablativo
- Verbi e aggettivi che indicano dominio. Va però osservato che mentre per gli aggettivi il genitivo è comune, per i verbi è raro e compare quasi solo in testi poetici
« Memini neque umquam obliviscar noctis illius [36]» |
« Ricordo e non dimenticherò mai quella notte » |
«Indigeo tui consilii [37]» |
«Ho bisogno del tuo consiglio » |
c) Rerum potiri volunt (Cic. Cat. 2, 19) Vogliono impadronirsi del potere d) Daunus agrestium regnavit populorum (Hor. Carm. 3, 30, 11-12) Dauno regnò su popoli contadini
Genitivo avverbiale con i verbi di stima
I verbi che significano stimare, considerare, valere, contare sono solitamente accompagnati da forme avverbiali con la terminazione in genitivo come magni, pluris, plurimi, maioris, maximi, parvi, minoris, minimi, nihili, tanti, quanti.
Voluptatem virtus minimi facit (Cic. Fin. 2, 42) La virtù non stima per nulla il piacere Parvi sunt foris arma nisi est consilium domi (Cic. Off. 1, 76) Valgono poco le armi all'esterno, se non c'è senno in patria.
Genitivo con verbi di accusa e condanna
I verbi che significano accusare, portare in giudizio, dimostrare la colpevolezza, condannare, assolvere sono quasi sempre seguiti dal genitivo del sostantivo indicante la colpa di cui si è assolti o accusati o condannati.
Nicomedes 'furti damnatus est (Cic. Flacc. 43) Nicomede fu condannato per furto
-per esprimere la colpa viene talvolta usato, al posto del genitivo, de + ablativo
Damnare aliquem de maiestāte Condannare qualcuno di lesa maestà
(Questo costrutto è sempre usato con il sostantivo vis che è privo di genitivo)
Il genitivo con interest e refert
I verbi impersonali interest e refert sono generalmente costruiti con il genitivo della persona a cui importa. La cosa che importa di norma viene invece espressa con un pronome neutro (hoc, id, illud), con un infinito o con una proposizione subordinata soggettiva.
Interest omnium recte facĕre (Cic. Fin. 2, 72) A tutti importa agire bene Non refert quam moltos (libros) sed quam bonos habeas
(Sen. Ep. 45, 1)
Non importa quanti (libri) hai, ma quanti (ne hai) di buoni.
Quando la persona a cui importa è espressa tramite un pronome personale, si usano le forme di 1º o 2º persona femminile del pronome possessivo (mea, tua, nostra, vestra). Per la terza persona è usato sua solo per i riflessivi, altrimenti si trova eius, eorum, earum ecc.
Magni mea interest hoc tuos omnes scire (Cic. Fam. 6, 10, 3) Mi interessa molto che tutti i tuoi amici sappiano ciò.
Il genitivo con i verbi impersonali miseret, paenitet, piget, pudet, taedet
I verbi impersonali miseret (avere compassione di), paenitet (pentirsi di), piget (dispiacersi di), pudet (vergognarsi di), taedet (annoiarsi di) richiedono il genitivo della cosa di cui una persona ha compassione, si pente ecc.La persona che ha compassione, si pente ecc.è invece espressa in accusativo
Me meorum factorum atque consiliorum [...] numquam paenitebit
(Cic. Cat. 4, 20)
Io non mi pentirò mai delle mie azioni e delle mie decisioni
Sintassi dei casi: Dativo
Sintassi dei casi: Accusativo
Costruzione dei verbi impersonali
Si costruiscono con l'accusativo due gruppi di verbi impersonali:
- I verbi assolutamente impersonali i quali non hanno il soggetto espresso e ammettono solo la terza persona;
- I verbi relativamente impersonali i quali se impersonali possono avere un soggetto che non sia di persona e ammettono anche la terza persona.
I verbi assolutamente impersonali sono 5:
- piget, piguit o pigitum est, pigere = provare rincrescimento
- pudet, puduit o puditum est, pudere = vergognarsi
- paenitet, paenituit, paenitere = pentirsi
- taedet, pertaesum est, taedere = annoiarsi
- miseret, miseruit o miseritum est, miserere = aver compassione
Con l'accusativo questi verbi costruiscono la persona che prova il sentimento mentre la cosa che determina il sentimento è espressa in genitivo.
Sintassi dei casi: Ablativo
Sintassi dei casi: Determinazioni di luogo
Per quanto riguarda le determinazioni di luogo abbiamo quattro elementi : 1) il complemento di stato in luogo 2) il complemento di moto a luogo 3) il complemento di moto da luogo 4) il complemento di moto per luogo
Stato in luogo Il complemento di stato in luogo indica il luogo, reale o figurato, all'interno del quale ci si trova . Esso viene solitamente espresso dal caso ablativo preceduto da in . Quando è rappresentato da un nome proprio abbiamo vari casi : - caso locativo = il nome proprio è singolare o appartiene alla 1° o alla 2° declinazione - ablativo semplice = il nome proprio è plurale o appartiene ad altre declinazioni
Sintassi dei casi: Determinazioni di tempo
Uso particolare di nomi, aggettivi, pronomi
Sintassi del verbo
Modi finiti
Indicativo
Congiuntivo
Modi non finiti
Infinito
Participio
Gerundio
Gerundivo
Supino
Sintassi della frase complessa (analisi del periodo)
La lingua latina ha una struttura sintattica molto articolata, nella quale i rapporti logici trovano puntuale espressione. Si osserva una forte corrispondenza tra la frase complessa e il periodo complesso: se nella frase (proposizione) gli elementi logici sono espressi dai complementi diretti e indiretti, nel periodo i medesimi elementi sono rappresentati da frasi complementari (a loro volta dirette o indirette) Nei periodi complessi, ovvero costituiti da più proposizioni che sono legate da rapporti di subordinazione e non di coordinazione, la lingua latina esprime in forma generalmente univoca sia la funzione (mediante ciò che nella grammatica tradizionale si definisce proposizione causale, finale, ecc.), sia i rapporti temporali tra una proposizione e la sovraordinata secondo la consecutio temporum, sia la prospettiva dell'enunciato, che può essere soggettiva o oggettiva.
Sintassi della frase latina e Consecutio temporum
La lingua latina è una lingua molto flessibile in cui la funzione sintattica di una parola non dipende dalla sua posizione, essendo espressa dalle terminazioni della parola stessa; generalmente l'ordine è: gruppo del soggetto, gruppo dell'oggetto (specificazioni del verbo), verbo (sinteticamente SOV) ma grazie alla flessione nominale di cui questa lingua è dotata, è permessa molta libertà. Si considerino gli esempi:
|
tutti significano "Marco ama Tullia." |
Un'altra caratteristica della lingua latina è la preminenza di espressioni concrete, questo in netto contrasto con la lingua greca molto più duttile ed icastica. Una frase del tipo: "Credo nell'esistenza di Dio" in latino diverrebbe "credo deum esse," che letteralmente significa: "Credo che Dio sia" o "Credo che Dio è".
Consecutio temporum
Uno tra i meccanismi più peculiari della lingua latina è la consecutio temporum (correlazione dei modi) ereditata con minor rigidità dall'italiano.
Questa struttura definisce il rapporto tra i tempi dei verbi nella subordinazione delle frasi di un periodo rispetto alle sovraordinate per esprimere i seguenti rapporti di relatività:
- contemporaneità,
- anteriorità,
- posteriorità
contemporaneità | anteriorità | posteriorità | |
---|---|---|---|
reggente presente | Congiuntivo presente | Congiuntivo perfetto | Perifrastica attiva + sim, sis, sit (cong.presente) |
reggente storica | Congiuntivo imperfetto | Congiuntivo piuccheperfetto | Perifrastica attiva + essem, esses, esset (cong.imperfetto) |
Esempi:
Ignoro quid agas | Non so cosa tu stia facendo |
Ignoro quid egeris | Non so cosa tu abbia fatto |
Ignoro quid acturus sis | Non so cosa farai |
Ignoravi quid ageres | Non seppi cosa tu stessi facendo |
Ignoravi quid egisses | Non seppi cosa tu avessi fatto |
Ignoravi quid acturus esses | Non seppi cosa avresti fatto |
Si può notare come in italiano vi sia corrispondenza nei tempi del congiuntivo eccetto per il rapporto di posteriorità che l'italiano esprime diversamente.
La consecutio temporum vale anche per le subordinate infinitive, che in italiano si definiscono oggettive e soggettive. I tempi dell'infinito saranno dunque:
contemporaneità | anteriorità | posteriorità |
---|---|---|
Infinito presente | Infinito passato | Infinito futuro |
Esempi:
Puto te bonum esse | Penso che tu sia buono |
Putabam te bonum esse | Pensavo che tu fossi buono |
Puto te bonum fuisse | Penso che tu sia stato buono |
Putabam te bonum fuisse | Pensavo che tu fossi stato buono |
Consecutio temporum delle subordinate di grado superiore al 1º
La consecutio temporum in latino agisce anche per le subordinate di grado superiore al 1º, ma in questo caso presenta delle regole specifiche leggermente differenti da quelle che valgono per le subordinate di 1º grado analizzate in precedenza. Innanzitutto le subordinate di grado superiore al 1º, come si può ben dedurre, non dipendono dal verbo della proposizione reggente del periodo, ma dalla subordinata di 1º grado; di conseguenza si troverà in dipendenza da tempi quali il congiuntivo e l'infinito (più raramente l'indicativo).
- Se la subordinata di 2º grado si trova in dipendenza di un verbo all'indicativo o al congiuntivo segue le medesime regole di consecutio di una subordinata di 1º grado. Vediamo qualche esempio:
- Nescio quid feceris ut mater tua valeret. (Non so cosa hai fatto perché tua madre stesse bene.)
In questo periodo l'imperfetto congiuntivo valeret della proposizione finale subordinata di 2º grado, dipende dal congiuntivo perfetto feceris, retto a sua volta dal verbo della principale nescio. La subordinata di 2º grado non ha alcun legame di consecutio con la principale.
- Canes aluntur in Capitolio, ut significent si fures venerint.[38] (Si mantengono cani sul Campidoglio perché diano il segnale, se si siano avvicinati dei ladri). Anche in questo caso il verbo della subordinata di 2º grado (venerint) dipende da quello della reggente di 1º grado (significent) e non da quello della principale (aluntur).
- Se la subordinata di 2º grado dipende da un infinito, il suo tempo si regola secondo quanto segue:
- se l'infinito è presente o futuro, il suo tempo si regola sul tempo della principale e non della subordinata di 1º grado
- se l'infinito è perfetto, il suo tempo segue la consecutio dei tempi storici come di consueto
Vediamo due esempi esplicativi:
- Cupio scire quid agas.[38] (Voglio sapere che cosa fai)
Il congiuntivo presente agas della subordinata di 2º grado dipende dal verbo della principale cupio.
- Puto te impetravisse omnia quae cuperes. (Credo che tu abbia ottenuto tutto ciò che volevi.)
Il congiuntivo imperfetto cuperes della subordinata di 2º grado dipende dall'infinito perfetto impetravisse della reggente di 1º grado.
Voci correlate
- Lingua latina
- Prima declinazione latina
- Seconda declinazione latina
- Terza declinazione latina
- Quarta declinazione latina
- Quinta declinazione latina
- Aggettivi della I classe latini
- Aggettivi della II classe latini
- Prima coniugazione latina
- Participio latino
- Pronomi latini
- Singularia tantum
- Pluralia tantum
- Verbi latini
- Verbi deponenti e semideponenti
- Verbi assolutamente impersonali
- Verbi relativamente impersonali
- Complementi in latino
- Consecutio temporum
- Attrazione modale
- Cum narrativo
- Periodo ipotetico latino
- Proposizione concessiva latina
- Proposizione consecutiva latina
- Proposizione finale latina
- Proposizione infinitiva latina
- Proposizione interrogativa latina
- Quam
Note
- ^ Caio Giulio Cesare, De bello Gallico, I, 1
- ^ Prop. 1, 18, 31
- ^ Ter. Phorm. 454
- ^ Marco Tullio Cicerone, De Amicitia 67
- ^ Caio Giulio Cesare, De Bello Gallico 7, 4, 5
- ^ Marco Tullio Cicerone, Fin. 2, 1, 1
- ^ Marco Tullio Cicerone, Fam. 7, 30
- ^ Marco Tullio Cicerone, Fam. 1, 5b, 1
- ^ Marco Tullio Cicerone, Lig. 24
- ^ Marco Tullio Cicerone, Sen. 1
- ^ Sallustio, Cat. 3, 2
- ^ Marco Tullio Cicerone, Man. 6
- ^ Nepote, Paus. 5, 3
- ^ Sallustio, Cat. 43, 1
- ^ Fedro 3,9,1
- ^ Marco Tullio Cicerone, De Amicitia, 74
- ^ Caio Giulio Cesare, De Bello Gallico 7, 4, 4
- ^ Caio Giulio Cesare, De Bello Gallico 3, 5, 2
- ^ Orazio, Sat. 2, 6, 97
- ^ Marco Tullio Cicerone, Off. 1, 122
- ^ Marco Tullio Cicerone, Phil. 12, 5
- ^ Marco Tullio Cicerone, Catilinarie 3, 27
- ^ Nepote, Ham. 3, 1
- ^ Seneca, Br. 1, 1
- ^ Sallustio, Iug. 14, 2
- ^ Marco Tullio Cicerone, Planc. 85
- ^ Marco Tullio Cicerone, Rab. Post. 37
- ^ Sallustio, Cat. 7, 6
- ^ Marco Tullio Cicerone, Tusc. 1, 105
- ^ Sallustio, Cat. 17, 5
- ^ Caio Giulio Cesare, De Bello Gallico 4, 24 4
- ^ Cornelio Nepote, Ep. 4, 3
- ^ Sallustio, Cat. 5, 4
- ^ Pl. Tri. 454
- ^ Publio Virgilio Marone, Eneide, 9, 255.
- ^ Marco Tullio Cicerone, Planc., 101
- ^ Marco Tullio Cicerone, Att. 12, 35, 2
- ^ a b da Cicerone