Saga di Oddr l'arciere

Saga islandese

Oddr l'arciere o La saga di Oddr l'arciere (norreno: Ǫrvar-Odds saga) è una saga islandese del XIII secolo,.

Oddr l'arciere
Titolo originaleǪrvar Odds Saga
Altri titoliLa saga di Oddr l'arciere
Oddr e Hjalmar si dicono addio, di Mårten Eskil Winge (1866)
Autoreautore islandese ignoto
1ª ed. originaleXIII secolo
Genereprosa frammista a poemi
Sottogenereepico
Lingua originalenorreno
AmbientazioneScandinavia, Mediterraneo, Aquitania, Ungheria
ProtagonistiOddr l'arciere

Fonti

La saga risale alla fine del XIII secolo e si crede sia opera di un autore islandese. La versione più antica della leggenda è conservata in un codice del XIV secolo nella Royal Library di Stoccolma e rappresenta la copia di un documento antecedente andato perso. Nella seconda metà dello stesso secolo compare un'altra versione della leggenda, che attualmente si trova a Reykjavik. L'edizione classica e più lunga è attestata sin dal XV secolo e contiene un materiale narrativo diverso, caratterizzato dall'inserimento di ulteriori episodi e tecniche narrative particolari.

Trama

 
Orvar Odd informa Ingeborg della morte di Hjalmar, di August Malmström (1859).

La Saga di Oddr l'arciere inizia con una profezia: una misteriosa völva (veggente) predice a Oddr una vita straordinariamente lunga ed errabonda che però lo porterà inevitabilmente a una morte senza gloria, ucciso dal suo cavallo Flaxi, nello stesso posto in cui è nato. Il giovane vichingo proviene da una famiglia di proprietari terrieri, figlio di Grim Lodinkinni e nipote di Ketil Höing (ci sono differenti saghe che trattano di queste persone), è largamente conosciuto per il fatto di essere il più forte e più bell'arciere tra tutti quelli che vivevano in Norvegia, e persino oltre, guadagnandosi il cognomen oddr (in norreno "punta di freccia", "picco"[1]).

Per sfuggire a questa previsione fece uccidere il cavallo, lo fece seppellire in profondità e lasciò casa propria, nella Norvegia meridionale, con l'intenzione di non tornare più, per immergersi in un vortice di avventure, viaggi in terre reali e immaginarie, spedizioni di pace, battaglie in cui non teme di affrontare nessun nemico. Oddr si dimostra un viaggiatore coraggioso, sconfigge senza difficoltà le sfide più dure, eccelle in ogni arte: da un lato è un guerriero imbattibile, un conquistatore irrefrenabile, dall'altro si dimostra un maestro nell'arte poetica, un irreprensibile uomo con solidi valori.

Convertitosi al cristianesimo, egli non crede più nel fato, rifiuta di onorare qualsiasi dio pagano, ama le spedizioni che lo conducono a vagare nelle più remote e misteriose terre: l'eroe viaggia per molti anni con la sua flotta dal Finnmörk al Bjarmaland[2], dall'Upplönd[3] all'Irlanda e alla Northumbria, dalla Sicilia alla Palestina, dall'Ungheria allo Hunaland[4] e Bjalkaland[5], lasciando sempre una sorta di eredità spirituale alle popolazioni che incontra e sconfigge. Oddr è protetto da un mantello magico ed è aiutato da frecce sovrannaturali regalate da suo padre adottivo prima della partenza, ma il lettore della saga gradualmente apprende che, nonostante la sua forza incalcolabile, egli è un uomo reale, in carne e ossa. Infatti, il vichingo sa cosa significa fallire, è vulnerabile al dolore, soffre per la spossatezza e la solitudine che si intensificano col passare degli anni, e la tragica morte di amici e compagni lascia un vuoto incolmabile in lui.

Tuttavia, né il suo valore come guerriero né la sua saggezza, e nemmeno la grande ricchezza delle esperienze potranno sottrarlo al suo destino verso la morte predetta: nonostante che nel frattempo fosse diventato re dello Húnaland, sposato con la principessa Silkisif e padre di diversi figli, col passare degli anni diventò nostalgico e volle tornare alla terra natale. Camminando sopra la tomba del vecchio cavallo Faxi, si fece beffe della vecchia profezia, ma inciampò sul teschio di un cavallo da cui spuntò un serpente. Il serpente lo morse provocandone la morte.

Letteratura in prosa nell'Islanda medievale del XIII secolo

Dal XII al XV secolo la letteratura fiorisce in Islanda, creando un corpus letterario molto consistente che, messo a confronto con la produzione continentale, è sorprendentemente vasto in proporzione alle dimensioni ridotte dell'isola. Il sistema letterario è ampiamente scritto in lingua volgare. Tra XII e XIII secolo in Islanda vengono inventate le prime "Saghe realistiche", resoconti in forma di prosa sull'esperienza di coloni islandesi vissuti tra il 900 e 1050, durante il periodo della colonizzazione. Tale genere narrativo mirava a rispecchiare fedelmente la realtà, non lasciando spazio all'immaginazione e lasciandone molto poco all'elemento soprannaturale. L'intenzione sottostante a tale progetto era legittimare il potere delle famiglie dominanti islandesi alla luce di un passato leggendario accettato e condiviso. Nonostante ciò, la maggior parte delle saghe islandesi risale al XIII secolo, periodo in cui incontriamo le "Saghe fantastiche", che contengono materiale leggendario e irreale. All'interno di esse si sviluppano due rami letterari: le Saghe del tempo antico (Fornaldarsögur) e le Saghe dei cavalieri (Riddarasögur). Le prime sono narrazioni di natura storiografica in prosa e riferiscono biografie di sovrani ed eroi norvegesi e danesi vissuti prima della colonizzazione islandese, secondo un approccio fittizio. Tra queste annoveriamo anche La saga di Oddr l'arciere. Le altre saghe sono traduzioni letterali di opere cortesi francesi, prive di qualsiasi connessione con il primo periodo originale, e si propongono di avvicinare la Norvegia al modello dell'aristocrazia europea continentale.

Rapporto tra la mitologia norrena e cristiana

In tutta la narrazione vi è una compresenza di elementi propri della mitologia nordico-norrena e cristiani che si relazionano fra loro, spesso in modo contrastante agli occhi di un lettore contemporaneo. A titolo di esempio, si noti che la profezia, pur pronunciata da una adoratrice di idoli, si rivelerà non solo veritiera, ma il protagonista, durante le battaglie e le tempeste si fa coraggio con essa (sul luogo dove morirà e sul molti più anni sono destinati a te più di qualunque altro), consapevole di non poter morire che in tali occasioni; dunque esiste un destino che governa le vicende umane conoscibile con mezzi rituali e magici, condannabili però dal punto di vista cristiano[6]. Tutta la saga è pervasa di magia pagana (i doni di Gusir, ovvero le frecce infallibili donate dal padre adottivo, i giganti nel Bjarmaland, la terra del nord, la veste invulnerabile donata dalla principessa irlandese, Tyrfing, ovvero la spada magica forgiata dai nani), che sembrano essere state recepite dal narratore cristiano senza che questi ne avvertisse l'incompatibilità logica. Eppure, il protagonista disprezza fin da fanciullo i culti pagani, irride all'uso di chinarsi di fronte ad un pezzo di legno o di pietra, insulta e colpisce la veggente, rivolge il suo astio verso il padre adottivo che la ha ospitata, ben prima della sua conversione al cristianesimo nella seconda parte della saga.

Tale contrasto non può risolversi che tenendo presente due aspetti. Innanzitutto il credo dell'islandese precristiano è un insieme di concezioni pagane come di pratiche comuni che pervadono, disegnano e governano l'universo, la natura come la società. Significativamente, il termine norreno che sta ad indicare quella che in tempi moderni si definisce "religione" è sidr (letteralmente "usanze", "mores"). Dopo la conversione, gli islandesi distingueranno tra inn forni sidr (il costume antico, cioè il paganesimo) e in nýi sidr (il costume nuovo, il cristianesimo)[7]. Se tra i due culti vi sono prese di posizione aspre, tra le concezioni del mondo dei due costumi non vi è una frattura netta, piuttosto tra essi si svolge l'intera saga.

Inoltre, la coesistenza di due credi, uno alto, cristiano, laudabile, con uno pagano, esecrabile, può ancora sussistere in una visone enoteista dell'universo. Ed infatti, il narratore non perde occasione per esaltare il nuovo credo e le virtù definibili come cristiane del protagonista prima ancora della sua conversione, mentre non arriva a definire i vecchi dei di ieri come i nuovi demoni di oggi, ma poco ci manca: definisce Odino uno skratti, che può indicare tanto uno stregone quanto un mostro, un demone[8]. Nella prima parte della saga gli Æsir erano indistintamente definiti come idoli dal culto vano. A conversione avvenuta li attacca nominandoli, facendosi beffe perché non sanno sottrarsi dall'incendio e condannando duramente a chi si affida a loro:

«A me non importa
perfido essere,
se di Freyr
mi prometti la furia;
è male avere Odino
come intimo amico,
non si fan sacrifici
ad uno skratti![9].
Io so che gli Æsir
ardono nel fuoco,
ti prendano i troll,
io credo nell'Unico Dio!»

A questi due aspetti occorre osservare come il narratore (vissuto nel XIII secolo) si trovi nella difficoltà di ricostruire e ridar vita ad un passato di alcuni secoli prima (la saga è ambientata nel IX e nel X secolo, sebbene il protagonista fu ospite di re Ingjald, del V secolo), eredita materiale antico[11], ricostruisce usi ormai cessati all'interno del testo scontrandosi con la differente morale del nuovo credo: si pensi al presunto "codice vichingo", dal sapore alquanto cristiano, che Hjálmarr e Oddr adottano come insieme di regole da attenersi, quando invece è piuttosto difficile eliminare razzie, saccheggi e violenze dalla biografia di un vichingo (infatti tale codice verrà poi in larga parte disatteso dal protagonista). Occorre quindi ricordare al lettore di trovarsi di fronte al riflesso di un riflesso: la saga non testimonia direttamente gli usi e i concezioni dell'epoca dell'eroe, ma quelli che l'epoca del narratore rammenta del passato[12].

Influenze e relazioni con altre opere

La morale della derisione della profezia da parte di Örvar-Oddr e della sua morte hanno paralleli con il precedente Manoscritto Nestoriano, il quale descrive la morte di Oleg in maniera simile. Parallelismi si possono riscontrare anche con l'Heimskringla, tra il viaggio nel Bjarmaland e il pellegrinaggio a Gerusalemme.

Il Canto di morte di Hjálmarr all'interno della saga é riportato con differenze di scarso rilievo anche dalla Saga di Hervör. Alcuni personaggi, come Grim Lodinkinni, re Ingjald, come la spada magica Tyrfing e la remota terra di Bjarmaland, appaiono in diverse altre saghe precedenti e successive.

Oddr é menzionato anche nel Gesta Danorum al riguardo della battaglia di Samsø.

La morte di Oleg causata dal "teschio di un cavallo" è il soggetto di una delle più famose ballate in lingua russa, scritta da Aleksandr Sergeevič Puškin nel 1826.

Entrambe le versioni della saga sono state tradotte in latino e sono state incluse nella prima edizione delle Fornaldarsögur Nordlanda, pubblicate tra il 1829 e il 1830. Nel 1970 Hermann Pállson e Paul Edwards hanno tradotto in inglese la versione più estesa della saga, e tale traduzione è stata pubblicata nuovamente nel 1985 in Seven Viking Romances.

Note

  1. ^ H. U. Schmid: Dictionary Icelandic - German. Buske, Hamburg, 2001, 172
  2. ^ Un'area compresa tra le coste meridionali del Mar Bianco e il bacino della Dvina Settentrionale
  3. ^ Una regione situata a nord di Stoccolma, circondata dal Lago Mälaren e dal Mar Baltico
  4. ^ Terra degli Unni, situata nell'Europa orientale
  5. ^ Un territorio a ovest dello Húnaland
  6. ^ Ferrari 1996, p.10
  7. ^ Ferrari 1996, p.13
  8. ^ Ferrari 1996, p.158
  9. ^ Nel testo tradotto è riportato stregone, ma con una nota esplicativa che avverte che il termine originale era, appunto, skratti
  10. ^ Ferrari 1996, p.142
  11. ^ Si vedano i parallelismi col Manoscritto Nestoriano
  12. ^ Ferrari 1996, pp.14-15

Bibliografia

  • Saga di Oddr l'arciere, traduzione di Fulvio Ferrari, Milano, Iperborea, 1996, ISBN 88-7091-043-1.
  • Ortalli, G., Storia d'Europa. Il Medioevo. Secoli V-XV, Torino, Giulio Einaudi editore, 1994.
  • (EN) Pálsson, H., Edwards, P., Arrow-Odd in Seven Viking Romances, London, Penguin Classic, 1985.

Collegamenti esterni

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