Camille Claudel
Camille Claudel (Fère-en-Tardenois, 8 dicembre 1864 – Montfavet, 19 ottobre 1943) è stata una scultrice e graphic designer francese. Era la sorella maggiore dello scrittore e diplomatico Paul Claudel.

Alla sua figura sono dedicati i film Camille Claudel del 1988 con Isabelle Adjani e il film del 2013, Camille Claudel 1915 del regista francese Bruno Dumont.
Biografia
La giovinezza e la relazione con Rodin
Già dodicenne dimostra forte interesse per la scultura ed inizia con la tecnica del modellato e i suoi lavori son di tal livello che suo padre lascia che si rechi a Parigi presso l'Académie Colarossi, dove sarà allieva del maestro Alfred Boucher. Diciottenne espone i suoi lavori al Salon e nell'immediato conosce Rodin, al tempo già quarantunenne.
Fra Rodin e la Claudel nacque un legame che travalicava il rapporto amoroso per sconfinare nel comune lavoro con reciproche influenze pur se Rodin aveva già un precedente legame con Rose Beuret[2] suggellato dalla nascita di un figlio di appena un paio d'anni più giovane della Claudel. Rose Beuret era "abituata" alle frequenti avventure di Rodin e quest'ultimo non aveva nessuna intenzione di lasciarla per un rapporto stabile con Camille. Da ciò è facile dedurre che il rapporto fra Rodin e la Claudel fu complesso e assai tormentato.
Rodin "narra" l'evolversi del suo amore verso la Claudel in numerosi disegni che sono allocati presso il Musée Rodin a Parigi: tali disegni hanno un rilevante contenuto erotico, così come alcuni lavori della stessa Camille che si rifanno a un Kāma Sūtra che fu rivisto e rielaborato da Kalidasa in un periodo ritenuto a cavallo tra il IV e il V secolo a.C.[3]. Camille Claudel sintetizza tutto questo insieme di sentimenti nel bronzo "La Valse" [4] del 1891, ovvero un valzer in cui la passione amorosa traspare senza indugio alcuno e che Camille eseguì dopo una fugace avventura con Claude Debussy. Scopo di tale breve rapporto amoroso con Claude Debussy fu di ingelosire Rodin in modo che lasciasse Rose Beuret, cosa che Rodin non fece e l'anno dopo, nel 1892, Rodin chiuse in modo definitivo il rapporto con Camille.
L'Âge Mûr
Una delle sculture più conosciute della Claudel sia per stile che per maestosità è il grande bronzo L'Âge Mûr di cui vi è una versione in gesso ed una in bronzo.[5] Camille Claudel fu abbandonata da Rodin, di cui era divenuta l'amante, ma questi cercò comunque di aiutarla facendole commissionare una scultura, L'Âge Mûr (L'Età matura), richiestale nel 1895 e messa in mostra nel 1899 come gesso mai consegnato al committente. Fu solo nel 1902 che il capitano Tissier ne fece fare a sue spese il bronzo. Il gruppo scultoreo fa richiamo al Rodin stesso "indeciso" fra la sua prima compagna, che poi sposerà, e Camille che nel gruppo scultoreo è simboleggiata dalla figura che tenta di trattenere il "vecchio" amante che ormai si sta rivolgendo verso la sua futura sposa dimostrando comunque un che di esitante.
Aspetti psichici nel lavoro di Camille Claudel
Alcuni studiosi hanno posto in relazione aspetti importanti del lavoro della Claudel con il suo difficile vissuto dovuto al complesso rapporto con la madre: quando la Claudel fu internata in manicomio appena una settimana dopo la morte del padre nel 1913, fu proprio la madre coadiuvata dal fratello che volle farla rimanere lì a dispetto del parere dei medici curanti che non ritenevano necessario un internamento per i problemi psichici veri o presunti che presentava la ragazza.
La madre non fece mai visita alla figlia durante la degenza nel sanatorio e lo psicanalista Luca Trabucco ipotizza che nel grande bronzo "l'età matura" il sottofondo non è l'abbandono da parte di Rodin ma un abbandono, dal punto di vista psichico, subito durante l'infanzia.
Quindi a fronte di una madre profondamente depressa e delusa ella si rivolge al padre, col quale si stabilisce una relazione di complicità e di idealizzazione, che, se da un lato la sostiene, dall'altro diviene, presumibilmente, la fonte primaria della sua fragilità. Tutta la sua vicenda umana sembra segnata da questo “trionfo” edipico, che tuttavia le toglie proprio la possibilità di una identificazione femminile: il suo carattere vigoroso, “solare”, pertinace, ha qualcosa che lo lega al cipiglio virile con cui affronta la scultura.[6]
Note
Bibliografia
- Anna Maria Panzera, Camille Claudel, Roma, L'Asino d'oro edizioni, 2016, ISBN 978-88-6443-295-3.
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Camille Claudel
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Camille Claudel
Collegamenti esterni
- Biografia, su letteraturaalfemminile.it.
- La passione "eccessiva" di Camille Claudel, su mclink.it.
- C. Valentini, Mostra delle opere di Camille Claudel ad Avignone, 2013, su espresso.repubblica.it.
- Galleria fotografica, su espresso.repubblica.it.
- (CA) «La dona artista i el poder : homenatge a Camille Claudel» (audio). l'Arxiu de la Paraula. Ateneu Barcelonès, 2014.
- Poème pour Camille Claudel, su pandesmuses.fr.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 66585142 · ISNI (EN) 0000 0001 2137 4309 · SBN BVEV047784 · Europeana agent/base/147235 · ULAN (EN) 500102192 · LCCN (EN) n82158800 · GND (DE) 118814516 · BNF (FR) cb12597326c (data) · J9U (EN, HE) 987007426834605171 · NSK (HR) 000716568 · NDL (EN, JA) 00620499 · CONOR.SI (SL) 8556643 |
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