Culdei

membri di comunità cristiane del Medioevo

I Culdei (gaelico: Céilí Dé, lett. "Compagni di Dio") erano membri di comunità cristiane monastiche ed eremitiche d'Irlanda, Scozia e Inghilterra nel Medioevo. L'etimologia del termine, le persone da esso designate, la loro origine, le loro dottrine, la regola o le regole sotto le quali vivevano e i limiti della loro autorità e dei loro privilegi sono state tutte materie oggetto di controversie. Tutti ammettono, tuttavia, che (all'inizio di tutti gli eventi) i Culdei era separati dalla massa dei fedeli, che le loro vite erano dedicate alla religione e che vivevano in comunità. Apparsi per la prima volta in Irlanda e successivamente in Scozia, collegati alle chiese cattedrali o collegiate, vivevano alla maniera monastica pur non prendendo voti monastici.[1] Dal XII secolo il cristianesimo scozzese e irlandese fu regolato sul modello romano e nel processo anche i Culdei persero qualsiasi tratto distintivo che potevano aver avuto precedentemente e furono ricondotti sotto la regola canonica.

Nome

Il nome è da alcuni considerato come una corruzione del latino cultores Dei, da altri più probabilmente come di lingua celtica (irlandese Ceile De, scozzese Kelidei, inglese Culdees) e significherebbe "servo di Dio" (latinizzato poi in Colidei). Tale nome, ignoto a Beda (morto nel 735), pare antecedente al X secolo.[2] Secondo Philip Schaff, infatti, il termine appare per la prima volta nell'VIII secolo. Pur "dando origine a molte controversie e teorie insostenibili", probabilmente significa servitori o adoratori di Dio. Fu applicato agli anacoreti, che, in totale isolamento dalla società, cercavano la perfezione della santità. Essi in seguito si associarono in comunità di eremiti, e furono infine portati sotto la regola canonica insieme al clero secolare, finché alla fine il nome di culdeo divenne quasi sinonimo di quello di canonico secolare.[3]

Storia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cristianesimo celtico.

Irlanda

Nel corso del IX secolo, sono menzionati nove luoghi in Irlanda (inclusi Armagh, Clonmacnoise, Clones, Devenish e Sligo) dove furono stabilite comunità di Culdei.[4]

Il più famoso culdeo fu Óengus di Tallaght, che visse nell'ultimo quarto dell'VIII secolo ed è più noto come l'autore del Félire Óengusso , "Il martirologio of Óengus". Maelruan, sotto cui visse Óengus, redasse una regola per i Culdei di Tallaght che prescriveva le loro preghiere, digiuni, devozioni e penitenze, ma non abbiamo testimonianze che questa regola fosse ampiamente accettata anche negli altri stabilimenti culdei. Si dice che Fedelmid mac Crimthainn, re di Munster (820-846) fosse stato un eminente culdeo.[5]

Secondo William Reeves, i Culdei erano analoghi ai canonici secolari e occupavano una posizione intermedia tra il clero monastico e parrocchiale. Ad Armagh se ne contavano circa dodici, guidati da un priore. Erano il clero officiante delle chiese and e divennero i ministri permanenti della cattedrale. Sembra che la cura del servizio divino e, in particolare, la pratica della venerazione corale siano state la loro funzione speciale e ne fece un elemento importante dell'economia della cattedrale.[6]

Tuttavia, dopo la morte di Maelruan nel 792, Tallaght è dimenticata, e il nome Ceile-De scompare dagli annali irlandesi fino al 919, quando i Quattro Maestri registrano che Armagh fu depredata dai Danesi ma che le case di preghiera, "con il popolo di Dio, cioè i Ceile-De", furono risparmiate. Successive annotazioni negli annali mostrano che c'erano Culdei a Clondalken, a Monahincha nel Tipperar e a Scattery Island.[1]

Le guerre danesi influenzarono le case culdee. Clondalken e Clones scomparvero completamente. A Clonmacnoise, fin dall'undicesimo secolo, i Culdei erano laici e sposati, mentre quelli a Monahincha e Scattery Island, essendo totalmente corrotti e incapaci, o indisponibili, a riformarsi lasciarono spazio ai canonici regolari. Ad Armagh i canonici regolari furono introdotti nella chiesa cattedrale nel dodicesimo secolo ed ebbero precedenza sui Culdei, sei di numero, un priore e cinque vicari. Questi continuarono ancora a condurre un'esistenza comunitaria, incaricati della celebrazione degli uffizi divini e della cura dell'edificio ecclesiastico: avevano terre separate e a volte la guida di parrocchie. Quando si formava un capitolo, nel 1160 circa, il priore di solito ricopriva l'ufficio di precentore, i suoi fratelli essendo vicari del coro, ed egli stesso venendo nel capitolo subito dopo il cancelliere. Era eletto dai suoi fratelli Culdei e confermato dal primate, e aveva voce nell'elezione dell'arcivescovo in virtù della sua posizione nel capitolo.[1]

Poiché l'Ulster fu l'ultima delle province irlandesi ad essere effettivamente portata sotto il dominio inglese, i Culdei di Armagh durarono più a lungo dei loro confratelli nel resto dell'Irlanda, formando una corporazione o collegio.[2] I Culdei di Armagh resistettero alla dissoluzione nel 1541 e godettero una fugace resurrezione nel 1627, subito dopo la quale la loro antica proprietà passò ai vicari del coro della cattedrale.[6]

Scozia

In Scozia i Culdei erano più numerosi che in Irlanda: tredici istituzioni monastiche erano popolate da loro, otto delle quali in collegamento con le cattedrali. I monaci ionani erano stati espulsi dal re pittico Nechtan figlio di Derile nel 717. Non c'è menzione di Culdei in alcun monastero colombano, né in Irlanda né in Scozia, fino a molto tempo dopo il periodo di Columba: è nel 1164 infatti che si menziona che i Culdei sono a Iona ma in posizione subordinata.[7] I Culdei di Loch Leven vivevano sull'Isola di St. Serf, che era stata donata loro da un principe pittico, Brudei, inforno al 700.[8] Nel 1093 cedettero la loro isola al vescovo di St. Andrews in cambio di vitto e vestiario perpetuo, ma il vescovo Roberto, nel 1144, trasferì tutti i paramenti sacri, libri e altre proprietà, insieme all'isola, ai canonici regolari appena fondati, nei quali i Culdei furono probabilmente incorporati.[4]

La cappella culdea di St. Andrews a Fife si può vedere a nord-est delle rovine della cattedrale e del muro della città. È dedicata a "Santa Maria sulla Rocca" (St. Mary on the Rock) ed è cruciforme. È usata dalle chiese locali di St. Andrews per la messa della mattina di Pasqua. Nei tempi antichi vi erano parecchie istituzioni culdee a Fife, probabilmente piccole e rozze strutture che alloggiavano 30 o 40 fedeli, ed è possibile che una struttura simile sorgesse sulla o vicino alla chiesa attuale. Nel 1075 d.C. fu concesso il decreto di fondazione della Chiesa di Dunfermline da re Malcolm III, e tra i possedimenti che egli conferì alla chiesa vi fu la contea di Kirkcaladinit, come era chiamata allora Kirkcaldy.[9] Crínán di Dunkeld, il nonno di Máel Coluim III, era un abate laico, e la tradizione vuole che anche i membri del clero fossero sposati, benché diversamente dai preti della Chiesa ortodossa orientale, vivessero separati dalle mogli durante il periodo del servizio sacerdotale.[4]

Le immagini che abbiamo della vita dei Culdei nel XII secolo variano considerevolmente. Le case principali in Scozia erano a St. Andrews, Scone, Dunkeld, Lochleven, Monymusk nell'Aberdeenshire, Abernethy e Brechin. Ciascuna era un'istituzione indipendente interamente controllata dal proprio abate e apparentemente divisa in due sezioni, una sacerdotale e l'altra laica e perfino sposata. A St. Andrews fino all'anno 1100 c'erano tredici Culdei che rivestivano la carica per possesso ereditario e che prestavano più attenzione alla propria prosperità e alla propria esaltazione che ai servizi della chiesa o ai bisogni della popolazione. A Loch Leven non c'è traccia di questa parziale indipendenza.[4]

Una controversa riforma fu inaugurata dalla regina Margherita e portata a termine dai suoi figli Alessandro I e Davide I. Gradualmente l'intera posizione passò nelle mani di Thurgot e dei suoi successori nel vescovato. Furono istituiti i canonici regolari e alcuni dei Culdei si unirono al nuovo ordine. A coloro che rifiutarono fu concessa una rendita vitalizia sulle loro entrate e permasero come corpo separato ma sempre più ridotto fino al principio del XIV secolo, quando, esclusi dalla possibilità di votare nell'elezione del vescovo, scompaiono dalla storia. Allo stesso modo i Culdei di Monymusk, originariamente forse una colonia di St. Andrews, divennero i Canonici regolari dell'ordine agostiniano all'inizio del XIII secolo, e quellii di Abernethy nel 1273. A Brechin, famosa come Abernethy per la sua torre rotonda, il priore culdeo e i suoi monaci contribuirono a formare il capitolo della diocesi findata da Davide I nel 1145, sebbene il nome abbia persistito per una generazione o due.[10]

Note

Bibliografia

  • B. Olsen, Sacred Places North America, CCC Publishing, Santa Cruz, California, 2003.
  • J. A. Wylie "History of the Scottish Nation", Londra: Hamilton/Adams, Edimburgo: A Elliot, 1886–1890, vol. ii e specialmente vol. iii, capitoli 17 e 21.
  • W. Reeves, The Culdees of the British Islands, Dublino, 1864.
  • W. F. Skene, Celtic Scotland (1876–1880), specialmente vol. ii.
  • W. Beveridge, Makers of the Scottish Church, 1908.
  • Nuccio D'Anna, Il cristianesimo celtico. I pellegrini della luce, Edizioni dell'Orso, 2010. ISBN 978-88-6274-240-5

Per la visione più vecchia, vedi J. Jamieson, Historical Account of the Ancient Culdees, 1811.

Questa voce incorpora testo da una pubblicazione ora nel dominio pubblico: Chisholm, Hugh, ed. (1911). "Culdees". Encyclopædia Britannica (11th ed.). Cambridge University Press.

Ulteriori letture

  • Rule of the Céli Dé, ed. E.J. Gwynn. In The Rule of Tallaght. Hermathena 44, Second Suppelement. 1927.
  • Follett, Westley. Céli Dé in Ireland. Monastic Writing and Identity in the Early Middle Ages. London, 2006. ISBN 978-1-84383-276-8
  • MacKinnon, Donald. "The Culdees of Scotland." Society of Friends of Dunblane Cathedral 3:2 (1939): 58–67.
  • O'Dwyer, Peter. Célí Dé. Spiritual reform in Ireland, 750–900. Dublin, 1981.
  • O'Dwyer, Peter. "The Céli Dé reform." In Irland und Europa – Ireland and Europe. Die Kirche im Frühmittelalter – the early Church, ed. Próinséas Ní Chatháin and Michael Richter. Stuttgart, 1984. 83-8.
  • Rumsey, Patricia. "A Study of Community in Eighth-Century Ireland Based on Navigatio Sancti Brendani Abbatis and the Céli Dé Rules." American Benedictine Review 58:2 (2007): 121–36.

Collegamenti esterni