Pubblicità e It's a Wonderful Life (album): differenze tra le pagine

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{{S|album rock alternativo}}
[[File:Cocacola-5cents-1900.jpg|thumb|right|250px|Un annuncio pubblicitario di fine Ottocento.]]
{{Album
Con il termine '''pubblicità''' si intende quella forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori economici (attraverso mezzi come la televisione, la radio, i giornali, le affissioni, la posta, Internet), che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e le scelte degli individui in relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi.
|titolo = It's a Wonderful Life
 
|artista = Sparklehorse
==Classificazioni==
|tipo album = Studio
Fra tutte le possibili classificazioni della pubblicità forse quella più semplice e basilare è la classificazione in relazione al fine ultimo ''profit/non-profit'' (e cioè se la réclame è più o meno a scopo di lucro):
|giornomese =
 
|anno = 2001
*''Pubblicità Commerciale'': è quella volta a reclamizzare un prodotto di mercato (o comunque la ditta che lo produce). È la forma di pubblicità più diffusa.
|postdata =
*''[[Pubblicità sociale|Pubblicità Sociale]]'': è quella volta a promuovere finalità socialmente rilevanti.
|etichetta =[[Capitol Records|Capitol]]/[[EMI Records]]
*''[[Advocacy advertising|Advocacy Advertising]]'': è quella volta a promuovere un consenso relativamente a tematiche su cui esiste una divergenza di opinioni.
|durata = 64:12
*''[[Pubblicità pubblica|Pubblicità Pubblica]]'': è quella impiegata dallo Stato o dalla Pubblica Amministrazione volta a comunicare informazioni relative ai diritti e ai doveri dei cittadini.
|genere = Alternative rock
*''[[Propaganda|Propaganda Politica]]'': è quella volta a reclamizzare un partito o un'idea politica.
|genere2 =Bassa fedeltà
 
|formati =Compact disc
Ovviamente esistono molte altre classificazioni, che non necessariamente si escludono a vicenda. Si può andare da classificazioni molto generiche come ad esempio quella in relazione al tipo di medium che veicola la réclame ([[radio]], [[televisione]], [[cinema]], [[Giornale|giornali]], [[Periodico (stampa)|periodici]], [[Poster|affissioni]], [[Internet]]) fino a classificazioni piuttosto specifiche come ad esempio quelle in relazione al tipo di [[Target (pubblicità)|target]] (ossia il destinatario).
|produttore =[[Mark Linkous]]<br />[[Dave Fridmann]]<br />[[John Parish]]
 
|registrato =
== Storia della pubblicità==
|numero di dischi = 1
La pubblicità ha radici antiche, almeno sotto forma di [[propaganda]].
|numero di tracce = 13
A [[Scavi archeologici di Pompei|Pompei]] si possono leggere ancora oggi delle scritte, sui muri delle case romane distrutte dal vulcano nel 79 d.C., che invitano i passanti a votare per un certo candidato alle elezioni politiche.
|numero dischi d'oro =
Ma di pubblicità vera e propria si può parlare solo dopo l'invenzione della stampa. Il primo annuncio pubblicitario si fa risalire al 1630 e apparve su un giornale dell'epoca: si trattava di una semplice inserzione che richiamava il nome del prodotto.
|numero dischi di platino =
Con la rivoluzione industriale, l'aumento della produzione di merci e lo sviluppo del consumismo si è imposto poi il modello pubblicitario che noi conosciamo: il prodotto di una scienza che usa tecniche raffinate e si avvale dell'apporto di psicologi, artisti, disegnatori e registi famosi.
|note =
È un fenomeno che coinvolge masse enormi di persone ed è un'industria che investe ingenti capitali, impiega intelligenze sopraffine e dà lavoro a milioni di persone.
|precedente = [[Good Morning Spider]]
 
|anno precedente = 1998
==Efficacia della Pubblicità==
|successivo = [[Dreamt for Light Years in the Belly of a Mountain]]
Uno dei quesiti di fondo della pubblicità è il seguente: ''la pubblicità funziona?'' (ovvero: la pubblicità serve, oppure il mercato funzionerebbe alla stessa identica maniera anche senza di essa?) Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto stabilire cosa s'intende per pubblicità efficace, e quindi stabilire qual è lo ''scopo'' della pubblicità stessa.
|anno successivo = 2006
A titolo illustrativo è utile (e parsimonioso) circoscrivere il ragionamento alla pubblicità commerciale classica.
 
È innegabile che agli occhi di un utente (ad esempio un'azienda) una pubblicità efficace è quella che fa guadagnare soldi, perciò lo scopo della pubblicità, il motivo per cui s'investe denaro in uno spot televisivo o quant’altro, è quello di vendere di più il proprio prodotto. Sebbene questa concezione sia legittima, non è corretta: <ref>Naccarato J. L., e Neuendorf K. A. ''Content Analysis as a Predictive Methodology: Recall, Readership, and Evaluations of Business-to-Business PrintAdvertising'', in “Journal of Advertising Research”, Vol. 38, No. 3, May/June 1998, pp. 19-33.</ref>
per il semplice fatto che, tra la messa in circolazione di quella réclame e il momento in cui un consumatore finalmente compra il prodotto pubblicizzato, intercorrono talmente tante variabili che non ha senso collegare questi due punti con una semplice freccia.
 
È pur vero che per una certa categoria di prodotti uno schema così semplice come quello [[Condizionamento operante|stimolo-risposta]] (vedi la pubblicità/compri il prodotto) può anche essere appropriato, ma i prodotti in questione sono quasi sempre beni che comportano un minimo investimento economico e soprattutto scarse implicazioni a livello emotivo, sono di solito i beni di largo consumo impiegati per le esigenze quotidiane come l’acqua minerale la benzina o la carta igienica, che vengono acquistati quindi con una certa regolarità e che hanno delle alternative altrettanto valide. E in ogni caso le forti associazioni, gli automatismi che si possono instaurare nella mente del consumatore grazie a questo tipo di pubblicità (''il livello delle vendite è in funzione della quantità di pubblicità'') sono assai fragili e contingenti. Per tutto il resto la questione è assai più complessa.
<ref name= Fabris > Giampaolo Fabris. ''La pubblicità. Teoria e prassi''. Milano, FrancoAngeli, 1997. ISBN 88-204-9648-8. </ref>
 
===Destinatario===
Tanto per iniziare tra lo stimolo e la risposta c’è una persona che pensa, che ha un suo modo di reagire ai tentativi di persuasione, che ha una suo modo di percepire la pubblicità, che ha le sue motivazioni nei confronti del prodotto reclamizzato, e che ha i suoi atteggiamenti nei confronti della marca in discussione. Più in generale che ha una propria [[personalità]] e che reagisce alla pubblicità in base ai tratti di tale personalità.
 
===Mittente===
Un altro elemento ad avere un rilievo importante è rappresentato dalla fonte dello stimolo, da chi proviene il messaggio.
In particolare, nel caso specifico della comunicazione pubblicitaria, è possibile ipotizzare tre principali categorie di fonti che possono interferire sul messaggio che comunicano:
*l’[[Impresa]], cioè l’utente che si sta servendo della pubblicità, identificabile a livello di [[Corporate identity|Corporate Image]] e contemporaneamente o alternativamente a livello di [[Brand Image]]
*Il [[Testimonial]] o l’[[Influente]], cioè un eventuale particolare personaggio che può rendere la comunicazione più veridica e conferirle una coloritura emotiva in virtù di una sua particolare autorevolezza o di una sua specifica competenza.
*Il [[Mezzi di comunicazione di massa|Medium]], cioè il mezzo con il quale viene veicolato l’annuncio, la cui immagine e il cui grado di specializzazione possono avere una loro incidenza sulla capacità di persuasione della pubblicità stessa.
 
===Medium===
Il [[Mezzi di comunicazione di massa|Medium]], tuttavia, è importante non solo per l’aura che riesce a dare alla pubblicità ma anche, e soprattutto,
per quelle che sono le sue caratteristiche tecniche (quindi per quella che è la sua capacità di veicolare o meno certe informazioni),
e per la sua capacità di integrarsi con il contenuto creativo dell’annuncio (in maniera neutra, potenziandolo, oppure ostacolandolo). <br>
Ogni medium ha una sua specificità, diversa da tutti gli altri, ha una propria grammatica ed una propria sintassi, ha un modo particolare di attrarre l’attenzione, di articolare il discorso pubblicitario.
 
===Messaggio===
Ha un rilievo importante il [[Messaggio]] che si sta comunicando.
*In generale: a livello di Contenuti (cosa si dice) e Struttura (come lo si dice).
*Più nello specifico: a livello del tipo utilizzato di [[Codice (semiotica)|Codice]] (che di norma stabilisce i significati denotativi del messaggio) e di Sottocodice (che di norma invece attribuisce i significati connotativi al messaggio), nella misura in cui la pubblicità può essere letta o riletta come sistema di segni secondo una prospettiva [[Semiotica|Semiotica Classica]]. Di base i codici impiegati in pubblicità sono quello Iconico, quello Linguistico e quello Sonoro, ciascuno con i rispettivi sottocodici.
**Oppure a livello del tipo di Testo al quale è riconducibile la pubblicità, nella misura in cui la pubblicità può essere invece ridotta a testo, anziché ad un sistema di segni, secondo una prospettiva sempre semiotica ma meno classificatoria e più volta a coglierne il senso, quindi più disposta ad andare in profondità, che prende il nome di [[Semiotica Testuale Planare]].
**O ad un altro livello ancora che è quello delle figure [[Retorica|retoriche]] che sono state impiegate. Molte figure retoriche hanno una loro incisività nel rendere persuasiva una pubblicità e non a caso [[Iperbole (figura retorica)|iperboli]], [[Antonomasia|antonomasie]], [[Metonimia|metonimie]] o [[Metafora|metafore]] sono parte integrante del linguaggio pubblicitario.
 
===Prodotto===
È fondamentale poi l’oggetto del messaggio pubblicitario, cioè il [[Prodotto (commercio)|Prodotto]] di cui si sta parlando, sia dal punto di vista del consumatore sia dal punto di vista dell’utente. Quindi:
 
Da un lato qual è l’immagine che i consumatori hanno di un dato prodotto ([[Product Image]]), perché non si deve sottovalutare che la comunicazione pubblicitaria è in larghissima parte condizionata dalle caratteristiche del prodotto che promuove e che la sua stessa efficacia è strettamente correlabile con le caratteristiche della categoria dei beni reclamizzati. In particolare ciascun prodotto viene valutato globalmente:
*sia in base alle proprie caratteristiche Fisiche (ha determinate caratteristiche strutturali o merceologiche, promette determinate prestazioni, ha determinati attributi funzionali),
*sia in base alle proprie caratteristiche Immateriali (ha determinate caratteristiche psicologiche e socioculturali)
 
Dall’altro lato qual è la strategia di marketing adottata dell’utente, quale [[posizionamento]] si vuol fare acquisire al prodotto per mezzo della pubblicità. La comunicazione varierà infatti a seconda:
*che si stia trattando il lancio di un prodotto nuovo
*che si stia trattando l’ampliamento del mercato, l’intensificazione del consumo o il rafforzamento della fedeltà alla marca di un prodotto in fase di espansione
*o infine che si stia trattando la difesa o il consolidamento delle posizioni già acquisite da un prodotto ormai maturo<br>
Tutto questo perché il posizionamento è ciò che permette:
*e di individuare il tipo di pubblico al quale rivolgersi, cioè il o i target da privilegiare (dal momento che una pubblicità che spera diparlare a tutti finisce quasi sempre col non parlare a nessuno!)
*e di definire il plesso di significati e attributi che devono caratterizzare il prodotto agli occhi del target (in questo secondo caso il posizionamento mira infatti alla ''Costruzione della Rappresentazione Mentale'' del prodotto o più in generale della marca ovvero mira ad attribuire al prodotto o alla marca caratteristiche uniche, facilmente riconoscibili, persistenti nel tempo, rilevanti per il consumatore). <br>
Questo ovviamente nella migliore delle ipotesi, perché non infrequentemente a complicare le cose c’è il fatto che il posizionamento cambia di continuo o è oscuro, quando non manca del tutto.
 
===Creatività===
Non ultime sono importanti le caratteristiche generali Tecniche e [[Creatività|Creative]] del messaggio pubblicitario, la sua architettura, la sua ingegneria e la sua fattura, quelle che globalmente permettono di dire "questa è una buona pubblicità", sebbene spesso non sia possibile individuare di preciso quali siano i singoli ingredienti e il peso che ciascuno di essi ha.
 
===Marketing Mix===
Già a questo livello appare evidente come le variabili in gioco siano talmente tante che pretendere che la pubblicità possa determinare in modo meccanico le vendite non è molto realistico. Senza contare poi il fatto che, in ogni caso, la pubblicità non è sola ma fa parte del cosiddetto [[Marketing Mix]], cioè a incidere sul volume delle vendite non vi è solo la réclame.
La pubblicità, per quanto valida possa essere, dovrà sempre fare i conti con:
*[[Prodotto (commercio)|Prodotto]] sia a livello della qualità (per un prodotto scadente non c’è campagna pubblicitaria che tenga) e sia a livello dei significati simbolici (cosa vuol dire possedere quel prodotto).
*Eventuale [[Disegno industriale|Design]] dell’oggetto, il [[Imballaggio|Packaging]] che lo confeziona, il Nome con rispettivo [[Logotipo]] (e [[Marchio]]) stampato sopra
*[[Brand Image]], [[Corporate Image]], e [[Made In Image]], che sono rispettivamente le immagini della marca del prodotto, dell’industria che produce quella marca, e del paese dove risiede quell’industria
*[[Prezzo]]
*[[Distribuzione]] (è difficile acquistare un prodotto irreperibile o esaurito)
*Incidenza che può avere il Punto Vendita a svariati livelli (quanto è simpatico o antipatico il negoziante)
*[[Promozione|Promozioni]] in atto (le offerte 3x2)
*Ritorno di immagine dovuto a [[Sponsor|Sponsorizzazioni]]
*[[Concorrenza (diritto commerciale)|Concorrenza]] (che vende un prodotto identico ma di un altro colore)
 
===Contesto===
Un altro aspetto ancora, fondamentale, è che il consumatore non è (di solito) un [[anacoreta]] che vive avulso dal resto del mondo, ma è un individuo che recepisce la pubblicità anche alla luce dei valori o degli orientamenti del [[Gruppo sociale|gruppo]] o dei gruppi di cui fa parte o ai quali aspira. Questi influenzano la sua esposizione alla comunicazione, l’interpretazione del messaggio, l’accettazione delle sue conclusioni. E spesso la comunicazione gli perverrà di seconda mano, distorta o potenziata da altri individui e più in generale dal sociale in cui vive. In questo senso due elementi emblematici sono rappresentati:
*da un lato dall’eroe un po’ decaduto dell’era pre-televisiva, ovvero l’[[Opinion leader]] che ha il duplice ruolo e di funzionare da relais diffondendo e rendendo più autorevoli col proprio avvallo quelle comunicazioni alle quali difficilmente gli altri membri del gruppo potrebbero avere accesso, e di operare un controllo selettivo nonché ostacolare la diffusione di quelle informazioni provenienti dai mass media che non si ritengono conformi al sistema di valori e di norme del gruppo
*dall’altro lato dalla ben più viva e vegeta Comunicazione Interpersonale, ossia i rumours, il [[Buzz marketing|passaparola]], la notizia che vola veloce di bocca in bocca, che è in grado non solo di trasmettere le informazioni che provengono dai mezzi di massa ma anche e soprattutto di attribuire loro un significato, divenendo di fatto un efficace filtro in grado di ridurre, potenziare o distorcere quanto detto dalla réclame
 
===Altre variabili===
Infine ulteriori elementi che possono avere una loro incidenza sull’efficacia della pubblicità sono rappresentati:
*da alcune misure ovvie ma imprescindibili dell’[[Audience (media)|Audience]], in primis quante persone sono state esposte ad una data pubblicità e quante volte
*da variabili intervenienti banali, ma neanche poi tanto, che possono compromettere la buona riuscita della comunicazione pubblicitaria a qualsiasi livello, come il [[Rumore (psicologia)|Rumore]], inteso sia in senso fisico che semantico: disturbi, interferenze, fraintendimenti, cripticità...
 
===Obiettivi della pubblicità: ''Goodwill'' e ''Life Style''===
A questo punto è quindi evidente come le variabili in gioco siano davvero tante e complesse. Pretendere quindi che una pubblicità di per sé riesca a vendere, o per converso a farci comprare, è un po’ troppo semplicistico.
*Scopo della pubblicità è piuttosto, secondo una visione più realistica, quello di stimolare una propensione al consumo o prima ancora un’intenzione all’acquisto. Per ''efficacia'' si intende quindi la capacità che ha una determinata pubblicità di creare ''goodwill'' verso il prodotto (letteralmente: benevolenza, amicizia, simpatia), cioè evocare il desiderio, la convinzione che quel prodotto rappresenti una soluzione valida e desiderabile, anzi la migliore delle soluzioni possibili.<ref name= Fabris />.
 
Ma sebbene questo resti l’obiettivo primario non bisogna trascurare però il fatto che nella nostra civiltà la Pubblicità ha assunto anche altre funzioni:
*Innanzitutto quella di attribuire, come già accennato, caratteristiche differenziali a Prodotti sempre meno riconoscibili l’uno dall’altro al momento della produzione e quella di valorizzare le Marche rispetto al generale appiattimento delle caratteristiche distintive obiettivamente riscontrabili
*Poi, più ambiziosamente, quella di trasformare i Prodotti e le Marche in segni, cioè riverberare sulla fisicità dei prodotti significati simbolici che vanno ben oltre le caratteristiche materiali.
Ciò è possibile in una società come la nostra dove è stata da tempo superata la fase disoddisfazione dei bisogni primari e il consumo appare progressivamente trasformarsi in comunicazione: la pubblicità sfrutta questo meccanismo essendone sì un effetto, ma divenendone anche al contempo una causa. Gli individui, infatti, ricercano nei beni che acquistano, oltre all’utilità funzionale:
*da un lato, che si può considerare storico, un modo per esprimere uno [[status sociale]] al quale si appartiene o al quale si vorrebbe appartenere, ostentare cioè un prestigio sociale
*da un altro lato, che è invece più attuale, un modo per esprimere una cultura moderna con la quale si è integrati o con la quale ci si vorrebbe integrare. Si parla in tal caso di ''consumo di cittadinanza''. Gli oggetti rivestono un significato sociale perché comunicano secondo convenzioni universalmente accettate, quindi alla stregua di una lingua, i valori degli individui che li possiedono, il loro ''life style'' (letteralmente: [[stile di vita]]), forse addirittura la loro reale identità. Il messaggio espresso dal singolo prodotto acquista un significato solo nei rapporti e nelle relazioni che instaura con altri messaggi, con il sistema complessivo della comunicazione degli oggetti. A sua volta il codice generale – la lingua degli oggetti – si articola secondo i codici subculturali dei diversi gruppi in cui si scompone il sociale. <ref name= Fabris />
 
==Agenzia pubblicitaria==
{{Vedi anche|Agenzia pubblicitaria}}
L'organizzazione professionale che fornisce servizi per lo studio, la progettazione e la realizzazione della pubblicità (o più in generale di una campagna pubblicitaria) è solitamente l'Agenzia pubblicitaria. Tale agenzia è costituita da vari reparti, ciascuno con funzioni ben specifiche. A sua volta ognuno di questi reparti è caratterizzato da determinate figure professionali. Si rimanda alla [[Agenzia pubblicitaria|voce dedicata]] per una descrizione esaustiva della struttura e del funzionamento.
 
==La pubblicità in Italia==
====Le origini====
La comunicazione pubblicitaria nasce e cammina parallelamente alle esigenze economiche, sociali, politiche e culturali di un paese.
 
Alla fine del XIX secolo l'Italia era ancora un paese prevalentemente ad economia agricola, con una situazione di povertà molto diffusa e con enormi differenze socio-economico tra il Nord e il Sud del paese ed un’alta percentuale di analfabetismo. Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate ''réclame'') iniziano a diffondersi con la nascita dei giornali tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Sulle ultime pagine dei quotidiani, quali la "''Domenica del Corriere''", la "''Tribuna Illustrata''" e l’"''Illustrazione Italiana''", appaiono i primi comunicati pubblicitari.
 
Agli inizi la pubblicità veniva fatta principalmente con solo testi e disegni, anche se la maggior parte della popolazione era analfabeta ed erano molto pochi coloro che potevano leggere i giornali, e la pubblicità era molto semplice ed immediata. Spesso si usavano i verbi all'imperativo: "''Bevete..''", "''prendete.."'', "''Al vostro farmacista chiedete.."''.
 
Con la ''[[pubblicità murale]]'' la comunicazione si sviluppa e grazie all’opera di artisti famosi quali [[Leonetto Cappiello]], [[Leopoldo Metlicovitz]] e [[Marcello Dudovich]], diventa una vera e propria forma d’arte.
 
====La Sipra e la pubblicità nella televisione italiana fino agli anni '80====
La pubblicità arrivò in televisione italiana il 3 febbraio del 1957, ma una norma della Concessione tra il Ministero delle Poste e la [[RAI]] prevedeva che gli spazi pubblicitari non potessero superare il tetto del 5% del tempo di trasmissione totale. Si pensò che una massiccia dose di pubblicità televisiva avrebbe potuto danneggiare gli altri mezzi (giornali, cinema, manifesti, eccetera) che traevano profitto, in parte o del tutto, dalla vendita di spazi pubblicitari. Inoltre la logica del “palinsesto pedagogizzante”, secondo la formulazione di [[Gianfranco Bettetini]], prevedeva pochi spazi per la pubblicità.
Le comunicazioni pubblicitarie vennero ghettizzate in un contenitore che ebbe, però, un grande successo e diventò anche occasione di sperimentazione di linguaggi e personaggi, nonché un vero fenomeno di costume: ''[[Carosello]]''.
{{nota
|larghezza=420px
|titolo=
|contenuto=
[[Immagine:Torino-Fiera del libro 2006-DSCF6945.JPG|left|175px|Carmencita]]
[[Immagine:Torino-Fiera del libro 2006-DSCF6946.JPG|right|175px|Miguel]]<br/>''Carmencita'' e ''Caballero'', popolari testimonial della [[Lavazza]] in un celebre - e celebrato - [[Carosello]] degli [[anni 1970|anni settanta]] ideato da [[Armando Testa]]
}}
'''''It's a Wonderful Life''''' è il terzo [[album discografico|album]] degli [[Sparklehorse]], pubblicato nel [[2001]]. Tra i musicisti che hanno collaborato all'album vi sono [[Tom Waits]], [[PJ Harvey]], [[John Parish]], [[Nina Persson]], e Dave Fridmann. È stato il loro album col maggiore successo commerciale, riuscendo a vendere più di 63,000 copie.<ref>{{Cita news|url=http://www.hollywoodreporter.com/news/remembering-sparklehorses-mark-linkous-65396 |pubblicazione=The Hollywood Reporter |nome=Sofia M. |cognome=Fernandez |titolo=Remembering Sparklehorse's Mark Linkous}}</ref>
 
== Tracce ==
Carosello conteneva quattro o cinque messaggi pubblicitari di una lunghezza che oggi sarebbe al di fuori del budget di qualsiasi investitore pubblicitario. Al suo interno si raccontavano vere e proprie storie da cui sono usciti modi di dire e personaggi celebri: dal celeberrimo "Ava, come lava!" pronunciato dal pulcino [[Calimero]], ad un irrimediabilmente calvo ispettore Rock che, dopo aver indotto i malfattori a tradirsi, concludeva con la fatidica frase "anch'io ho commesso un errore: non ho mai usato brillantina Linetti".
# ''It's a Wonderful Life'' - 3:00
La gestione degli spazi pubblicitari fu affidata alla [[Sipra]] (Società Italiana Pubblicità Radiofonica e Affini), una società con partecipazione maggioritaria dell’IRI e della RAI, che già esisteva dal 1926 con lo scopo di raccogliere e gestire i proventi pubblicitari per la radio.
# ''Gold Day'' - 4:14
Questa società ebbe, con l’avvento della televisione, un grande sviluppo e si trasformò in uno degli strumenti più potenti di sottogoverno del Paese e in un organo di censura.
# ''Piano Fire'' - 2:43
Ogni ciclo di spot costava circa 1 milione e mezzo di lire e la produzione era affidata completamente ai privati, ma con la supervisione della Sipra stessa che poteva decidere sulla messa in onda o meno del ciclo e che, quindi, svolgeva vere e proprie funzioni di censura.
# ''Sea of Teeth'' - 4:30
# ''Apple Bed'' - 4:55
# ''King of Nails'' - 4:15
# ''Eyepennies'' - 5:03
# ''Dog Door'' - 3:11
# ''More Yellow Birds'' - 4:57
# ''Little Fat Baby'' - 3:41
# ''Comfort Me'' - 5:03
# ''Devil's News'' - 3:32
#* Esclusa dalla versione Europea.
# "Babies on the Sun"&nbsp;– 4:37
# "Morning Hollow" [traccia nascosta]&nbsp;– 7:26
 
== Note ==
Ma l'importanza che assunse la Sipra per il mondo politico è legata al poco spazio destinato alla [[pubblicità televisiva]] dalla RAI, di gran lunga inferiore a quanto le imprese erano disposte ad investire. Tra domanda e offerta di spazi pubblicitari vi era una forte sproporzione che non poteva essere equilibrata dal libero gioco del mercato perché le tariffe pubblicitarie della RAI erano determinate da accordi tra il governo e gli editori di giornali e venivano tenute basse, al di sotto del prezzo di mercato, sempre per non danneggiare gli altri mezzi di comunicazione. Così la Sipra, grazie al meccanismo del “minimo garantito” e al sistema del “traino”, in modo del tutto discrezionale, gestiva la pubblicità non televisiva pilotando le concessioni di spazi pubblicitari anche verso veicoli pubblicitari poco appetibili come, ad esempio, alcuni giornali di partito. Il “minimo garantito” consiste nel garantire ai giornali che le affidavano la raccolta della propria pubblicità, ancora prima di iniziare la raccolta vera e propria, delle inserzioni con un minimo annuale. Non riuscendo a procurare l'eccessiva pubblicità garantita a certe testate, la Sipra ricorreva a una sorta di ricatto: ammetteva a far pubblicità in radio o in televisione quelle aziende che accettavano di stipulare contratti pubblicitari con giornali o riviste. “Qualche anno fa ditte di detersivi dovettero fare pubblicità sul Carabiniere, e la campagna della [[MiraLanza]] dell'olandesina finì sulle pagine dell<nowiki>'</nowiki>''[[Avanti!]]'', dove mi pare difficile ci possano essere lettori interessati al prodotto”, sostiene Renzo Zorzi, presidente dell'Upa, l'associazione che riunisce oltre 400 aziende che fanno l'80% della pubblicità circolante in Italia. [...]Stavamo pianificando la pubblicità di una penna alla televisione”, rincara Alberto Vitali, presidente dell'Otep, associazione d'una cinquantina di agenzie di pubblicità, e ci siamo sentiti chiedere 10 milioni di pubblicità di quotidiani, e 12 milioni per il Borghese e Successo”.
 
In un sistema monopolistico, i clienti si trovano, nei confronti della Sipra, nella spiacevole condizione di “prendere o lasciare”, così molte aziende erano costrette a vedersi destinare la propria pubblicità su spazi per i quali non avevano interessi.
 
Questo sistema ha permesso quello che spesso viene rimproverato alla Sipra, il finanziamento occulto dei partiti, infatti, nel cartello delle testate gestite dalla Sipra, fino alla fine di fatto del monopolio, vi erano organi ufficiali di partito: Il popolo della Dc, L'Unità e Rinascita del Pci, l'Avanti! e Mondoperaio del Psi, l'Umanità e Ragionamenti del Pli; la pubblicità in esubero nel sistema televisivo indirizzata verso queste testate favoriva economicamente i partiti interessati.
 
====L'avvento di Publitalia '80====
{{F|voci comuni|aprile 2008}}
La creazione di [[Publitalia '80]] era la risposta ad un insuccesso: Telemilano aveva scelto come propria concessionaria Publiepi, una concessionaria legata al gruppo San Paolo, che non riusciva a raggiungere risultati adeguati secondo gli obiettivi prefissati da [[Silvio Berlusconi]]. L’imprenditore di Milano 2, allora, decise di fondare una sua agenzia. Da subito, Publitalia iniziò ad avere successo, nel 1980, appena nata, raggiunse 12 miliardi di fatturato e l’anno successivo toccò i 78 miliardi di lire.
La nuova concessionaria di pubblicità sconvolgeva tutte le regole portando sul mercato degli spazi pubblicitari tre innovazioni di rilievo:
 
*Publitalia andava a ricercare i potenziali clienti
*non poneva grossi limiti quantitativi e proponeva sconti e incentivi
*alla sua base non vi erano agenti che lavoravano a percentuale, ma squadre di consulenti ben formati
 
La Sipra, per via del monopolio, era abituata ad aspettare i propri clienti che arrivavano alla concessionaria solo tramite le agenzie. I funzionari commerciali di Publitalia, invece, andando a scovare i possibili clienti, sollecitandoli con offerte spesso personalizzate e proponendo differenti combinazioni e sconti, permisero di scavalcare le agenzie, questo fece entrare nel circuito della pubblicità una larga fetta di quelle aziende, formatesi nell’espansione imprenditoriale degli anni settanta, che prima erano escluse garantendosi per sé questo tipo di clientela.
 
Nel regime monopolistico della Sipra dominavano i prezzi fissi, Publitalia fece sì che il mercato pubblicitario statico e privo di inventiva, diventasse fantasioso, estroverso, complicato. Questo nuovo modo di porsi stuzzicava gli investitori abituati ad avere contatti con il sistema rigido della Sipra, ad esempio, fu introdotto l’inedito metodo delle [[royalty]]: con l’azienda che ha stanziato un certo investimento, Publitalia concorda determinati obiettivi di vendita per i quali verifica, con propri controlli, la fattibilità in termini di distribuzione e l’efficacia di vendita; poi stima il volume di pubblicità televisiva necessario per raggiungere gli obiettivi e fornisce gli spazi occorrenti per colmare la differenza tra copertura ottenibile con l’investimento fissato dall’azienda e la copertura ottimale calcolata. Se le vendite superano gli obiettivi fissati, l’azienda riconosce alla concessionaria una percentuale progressiva sulle vendite; se, invece, la soglia non viene raggiunta, gli spazi pubblicitari restano gratuitamente. Un simile metodo per il mercato italiano fu una novità sconvolgente e molti investitori si rivolsero a Publitalia.
 
L’organizzazione interna basata su squadre di consulenti ben formate secondo i principi del [[marketing]] e secondo le nuove tecniche d’analisi del mercato, permetteva a Publitalia di attuare tutte le novità di cui era portatrice.
Grazie a Publitalia, Berlusconi vinse la concorrenza di Rusconi e Mondadori e intaccò in maniera sostanziale il monopolio esercitato dalla Sipra nel mercato della pubblicità e quindi quello della RAI nell’ambito televisivo.
Al tempo stesso, però, Publitalia riformò il sistema e ripropose il modello accentratore: la raccolta pubblicitaria viene compiuta a livello nazionale, gli investitori sono le grandi aziende nazionali, non viene stimolata la domanda decentrata né la collaborazione tra rivenditori, concessionari, ecc…
 
In questo modo Publitalia e Sipra tolgono alle emittenti televisive locali qualsiasi possibilità di affrancarsi dal loro controllo e di poter contare su di un sufficiente patrimonio d’ordini d’acquisto.
Publitalia rappresenta lo strumento che consente l’affermazione delle reti Fininvest e che, alla fine, determina l’immobilismo del mercato radiotelevisivo attraendo, assieme alla Sipra, tutte le risorse disponibili e quindi rendendo impossibile l’avvento di nuovi competitori. Ma mentre la RAI e quindi la Sipra, hanno subìto delle restrizioni e hanno avuto dei limiti per le imposizioni normative, Publitalia si è sviluppata ed espansa liberamente tanto che la concessionaria di Fininvest (oggi [[Mediaset]]), è stata più volte accusata di [[Antitrust|posizione dominante]]. Secondo dati UPA, Publitalia mantiene, infatti, una quota di mercato pari al 40%.
 
Oggi la principale concessionaria di pubblicità è decisamente Publitalia '80. Nel 2000 ha raggiunto un fatturato di 4.844 miliardi di Lire, pari a poco più di 2.500 milioni di euro, quasi il doppio di quello della Sipra che era di 2.800 miliardi di lire (1.446 milioni di euro).
Senza guardare a Publitalia non si riesce a comprendere come un imprenditore, per quanto bravo, sia riuscito ad insidiare il primato consolidato della RAI e a strutturare a proprio vantaggio il mercato televisivo.
 
===Limitazioni alla pubblicità televisiva in Italia===
Il tetto del 6% di spot pubblicitari rispetto al tempo globale delle trasmissioni giornaliere, è stato considerevolmente elevato nel tempo. Attualmente, il limite è al 18% della programmazione oraria. Un emendamento della stessa [[legge Gasparri]] prevede lo scorporo della [[televendita]] dall'attività pubblicitaria. Per tal motivo le televendite non sono più soggette a questo limite.
 
==Opposizione alla pubblicità==
All'inizio del XXI secolo, ogni francese <!--(l'articolo è tratto da Wikipedia Francese, ma la situazione è identica negli altri paesi sviluppati)--> viene a trovarsi esposto quotidianamente a circa ottocento messaggi pubblicitari: televisione, manifesti, radio, addirittura attraverso il contatto con qualcuno che indossi abbigliamento di marca, ecc. I marchi sono onnipresenti nella nostra società. Alcuni individui e movimenti sono contrari all'influenza di questo fenomeno, e militano contro di esso.
 
La critica si esercita a tre distinti livelli:
 
*il contenuto e il contenente
*gli abusi
*l'essenza stessa del fenomeno "Pubblicità"
 
===Critica del contenuto===
 
La pubblicità ha poco tempo per interagire, essa utilizza dunque dei mezzi criticabili per migliorare la propria efficacia.
 
====Necessità del ''cliché''====
 
Avendo poco tempo per far passare un'idea, la pubblicità utilizzerà spesso preconcetti. La pubblicità utilizza dunque spesso [[Stereotipo|stereotipi]] e cliché tradizionali: la donna (bionda) è in cucina, l'uomo (bianco) al lavoro, e i bambini (felici) in una casa confortevole, magari anche con un pizzico di simpatico esotismo. Tuttavia, a volte succede che essa utilizzi dei contro-ruoli, allo scopo di richiamare l'attenzione del consumatore. D'altra parte, se essa cerca a volte di essere provocatoria, perfino scioccante (vedi il caso della Gran Bretagna e la sua prevenzione stradale), essa non cessa di riproporre i suoi supporti, che sono passati dalla donna prosperosa al bambino del giorno d'oggi. Al di là dei cliché, la pubblicità cerca di sedurre attraverso una immagine "politicamente corretta", come il bambino, e più generalmente, il "bebè" che si ritrova adatto sia per l'automobile (Opel), sia per il fast-food (Mc Donald).
 
====Appello alle pulsioni elementari====
 
Cercando di essere efficace, essa utilizzerà ogni volta che sia possibile un richiamo, un appello a sentimenti o istinti forti, saltando a piè pari la riflessione ragionata. La pubblicità vedrà dunque un fiorire di offerte piene di pin-up, o di maschi super palestrati. Georges Bernanos va ancora oltre in questa visione, affermando che i motori di scelta della pubblicità sono semplicemente i sette peccati capitali, per la ragione che è molto più facile appoggiarsi sui vizi dell'uomo che sui suoi bisogni. Ancora la pubblicità a cui fa riferimento l'autore citato non esisteva ai suoi tempi nella forma attuale. Allora consisteva soprattutto di piccoli annunci e "réclame".
 
====Necessità della novità per la novità====
 
Non è facile farsi notare in mezzo a settemila messaggi pubblicitari. La pubblicità dunque cerca di provocare per incidere meglio sulla mente.
 
Il committente desidera spesso esprimere un'immagine di novità e audacia (tecnica o artistica). Una pubblicità spinta utilizzando simboli religiosi o simili, oppure che non esiti a fare uso della violenza, può essere una pubblicità vincente in termini di influenza sul pubblico. D'altra parte è noto che le scariche di adrenalina rendono più efficace la memorizzazione.
 
Si comprende dunque perché, tra stereotipi, sesso e violenza, la pubblicità sia criticata, e anche, talvolta, condannata penalmente.
 
====Deformazione dello spirito critico====
 
La pubblicità, per definizione, insiste sulle qualità di un prodotto, senza sottolinearne i difetti (non è in effetti il suo compito). Il pubblico sa generalmente che la pubblicità è una forma di menzogna, anche solo per il fatto di quanto omette di informazione,
 
* sia perché è sicuro delle scelte che sa di poter fare da solo
 
* sia perché se ne può infischiare, nella misura in cui essa non riguarda prodotti che lo interessino. Uno studio della Harvard Business Review ha confermato che l'impatto della pubblicità era grande per i prodotti nei confronti dei quali il consumatore è indifferente (esempio, detersivi), e nullo per quelli che gli stanno molto a cuore (religione, ecc).
 
====Manipolazione dell'inconscio====
 
Edward Bernays (1891-1955), pubblicitario, ammette nel suo libro "Propagande" (1928): "coloro che hanno in mano questo meccanismo [...] costituiscono [...] il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [...] Sono loro che manovrano i fili...
 
Bernays non si riferisce soltanto alla propaganda politica, bensì alla pubblicità, i cui strumenti sono gli stessi: la sua campagna per la American Tobacco Company negli anni 1920, per incitare le donne a fumare, consistette per esempio nell'associare visivamente in maniera costante la sigaretta e i diritti o la libertà della donna. Questa campagna fece aumentare le vendite a tal punto che la società Philips Morris riprese più tardi questa idea per gli uomini, e lanciò il famoso cow-boy Marlboro.
 
===Gli abusi===
 
Come ogni attività, la pubblicità è sottoposta ad una regolamentazione e ad una deontologia.
 
Nessuna regolamentazione protegge ancora (2006) il consumatore dal martellamento di un singolo messaggio ripetuto parecchie dozzine di volte in una settimana. Eppure la ripetizione a questo ritmo di messaggi monotoni e uguali al telefono o nella strada aprirebbe il diritto ad una querela per "assillamento" [harcèlement], reato riconosciuto e sanzionato.
 
Degli organi pubblici o privati si incaricano di fare rispettare le regole (ogni paese ha le proprie). Esistono anche organi di etichettamento (ad esempio, per la connotazione di pubblicità adatta a tutti), organi di controllo (nei paesi liberi questo controllo si esercita a posteriori, per non assumere la forma di censura), e anche i tribunali possono essere investiti di questo compito. Questo controllo si esercita sul contenuto (non troppo sesso o violenza, per esempio) o sulla forma (distinzione chiara tra ciò che è espresso come puro messaggio pubblicità promozionale e il contenuto con sottintesi informativi, ludici o altro). Possono ugualmente esistere regolamentazioni riguardanti certi mezzi di trasmissione di pubblicità, che non esisterebbero senza di essa (i pannelli pubblicitari stradali, ovviamente).
 
Succede anche che le regole non siano applicate affatto, e che le autorità preposte al controllo non diano prova di un grande zelo per porvi rimedio. Anche associazioni come Paysages de France (in Francia appunto), cercano di limitare l'estensione della pubblicità oltre i limiti permessi dalla legge, attuando questa difesa dagli abusi sia attraverso il gruppo di pressione presso le autorità, sia passando direttamente alle vie legali.
 
===Critica della pubblicità fine a sé stessa===
 
Dei movimenti (raggruppati in Francia sotto il termine di [[Antipub]], tra cui i famosi Adbusters) considerano la pubblicità nefasta di per sé, al di sopra delle critiche ai contenuti, che sono inevitabili.
 
* La pubblicità distrarrebbe in senso [[Blaise Pascal|pascaliano]], cioè essa farebbe perdere di vista cose più importanti.
 
* Martellando con messaggi su soggetti di minore importanza, essa porta inconsciamente a percepire come minori i soggetti che non sono esposti ([[Kurt Vonnegut]]).
 
* Essa farebbe parte di un sistema economico vizioso, erigendo a norma sociale il consumo di beni inutili, perfino pericolosi, e i comportamenti compulsivi e sedentari nocivi in generale per la salute fisica e mentale (che dovrebbero poi essere presi in carico da nuovi prodotti o dai servizi sociali).
 
* La pubblicità cercherebbe di manipolare lo spirito di chi la guarda o ascolta. Il disegnatore Willem usa l'espressione "colonizzare il nostro cervello". Questo argomento è in particolar modo diretto contro le campagne di imposizione dei marchi, il cui scopo è quello di incidere il nome di un marchio nello spirito del consumatore, piuttosto che descrivere le qualità del prodotto. Di fatto, è stabilito che una casalinga di meno di cinquanta anni può tenere a mente solamente tre marche di detersivi. Per un produttore di detersivi è vitale far parte dei tre.
 
* La pubblicità contribuirebbe a ridurre l'importanza dei lettori per i media. I media sono principalmente finanziati dalla pubblicità, a scapito crescente del contributo dei lettori, degli ascoltatori o degli spettatori. Questa posizione sottomette i media agli inserzionisti, sottraendoli alla critica, sul principio che "non si morde la mano che ti procura il cibo". Certi "media" confessano e riconoscono di fare, della collocazione di spazi pubblicitari, il cuore della loro attività. È così che Patrick Le Lay, P.D.-G. della catena privata televisiva francese TF1, ha affermato "Quello che noi vendiamo a Coca-Cola, è parte del tempo del cervello umano disponibile".
 
* La pubblicità darebbe vantaggio al committente piuttosto che al consumatore: il consumatore riceverebbe passivamente una informazione distorta (la pubblicità), che può solleticare i suoi gusti e i suoi interessi, ma che lo fa in funzione degli interessi del committente, dopo che, grazie a sondaggi e studi di mercato (o per sua esperienza), il venditore detiene una informazione chiara e oggettiva sul comportamento del consumatore, dei suoi desideri, dei suoi criteri di scelta, ecc. Nessuna pubblicità passerà un messaggio di educazione civica, perché rischierebbe di perdere d'efficacia. Quando dei ragazzi aprono una confezione di cioccolata, non li si vede mai, per esempio, gettare la carta in una pattumiera. Questo comportamento si trasmette nella quotidianità delle azioni, spesso all'insaputa degli interessati, visto che la pubblicità vende indirettamente uno stile di vita.
 
Allo scopo di far passare il loro messaggio antipub, questi movimenti utilizzano metodi pubblicitari classici: uso di stereotipi e slogans, affissioni, mobilizzazione in internet (pubblicità "virale"), propositi e azioni provocatorie miranti a ottenere visibilità sui media, offerta gratuitamente da giornalisti in cerca del sensazionale, ecc. Appare dunque che il loro bersaglio non è la pubblicità in senso ampio (la propaganda), di cui essi si servono senza complessi, ma solamente lal pubblicità in senso stretto (commerciale e privata), cosa che, al contrario, implica almeno una tolleranza per la propaganda non commerciale o controllata da una entità a loro convenienza. Questi movimenti reclutano essenzialmente nell'[[estrema sinistra]].
 
È da notare che questi movimenti sono seguiti con un certo interesse dalle stesse agenzie pubblicitarie, sempre pronte a recuperare tutto quanto permetta di veicolare una immagine di "fronde" e di libertà. Si sono quindi visti apparire manifesti pubblicitari ripieni di falsi graffiti antipub, con lo scopo di sollecitare l'attenzione.
 
La critica secondo la quale la pubblicità provoca poco a poco modifiche irrazionali della visione del mondo vede opporsi la critica inversa: modificare la visione spettatrice è ugualmente l'ambizione normale di ogni artista. Ma, come è molto spesso ripetuto agli studenti nelle scuole di pubblicità, e che spesso dimenticano, ''la pubblicità non è un'arte, e il pubblicitario non è un artista''.
 
===Azioni in Francia===
 
Delle azioni in un quadro di legalità sono condotte da gruppi come ''Resistance à l'Agression Publicitaire'', con i gruppi di pressione, o ''Paysages del France'', con promozione di azioni penali, che mirano a modificare i comportamenti o la legislazione. Per limitare la produzione di fogli pubblicitari, il ministero francese dell'[[ecologia]] ha addirittura prodotto un autoadesivo con scritto: "Pubblicità? No, grazie" da applicare alle cassette delle lettere.
 
Si sono verificate anche azioni illegali, che hanno condotto a incriminazioni e processi. Si tratta principalmente della distruzione di manifesti e della rimozione di messaggi pubblicitari nella [[metro]] di [[Parigi]]. Azioni simili avuto luogo anche in altre città francesi, [[Marsiglia]], [[Montpellier]], [[Grenoble]], [[Lyon]], [[Clermont-Ferrand]], [[Toulouse]], ma anche in [[Belgio]].
 
==Note e Riferimenti bibliografici==
<references />
 
==Bibliografia==
* Alberto Abruzzese, ''Metafore della pubblicità'', Genova, 1988, Costa&Nolan
* Alberto Abruzzese e Americo Bazzoffia, ''La casa delle idee'', Lupetti Editori di Comunicazione, Milano, 2001, ISBN 8883910516
* Alberto Abruzzese e Fausto Colombo, ''Dizionario della pubblicità'', Bologna, 1994, Zanichelli
* Luis Bassat e Giancarlo Livraghi. ''Il nuovo libro della pubblicità.'' Milano, Il Sole 24 Ore, 2005. ISBN 88-8363-725-9
* Ceserani G., ''Storia della pubblicità in Italia'', 1988, Laterza
* Vanni Codeluppi., ''Che cos'è la pubblicità'', 2003, Carocci Editore
* Vanni Codeluppi, ''La sfida della pubblicità'', 2006, Franco Angeli
* Giampaolo Fabris, ''La pubblicità: teorie e prassi'', 1997, Franco Angeli
* Falabrino G.L., ''Pubblicità serva padrona'', 1999, Il Sole 24 Ore
* Ferraro G., ''La pubblicità nell'era di internet'', 1999, Meltemi Editore, Roma
* Marco Giusti, ''Il grande libro di Carosello'', Milano, 1995, Sperling&Kupfer
* Perrucci A. - Richeri A. (a cura di), ''Il mercato televisivo italiano nel contesto europeo'', 2003, Il mulino
* Daniele Pitteri, ''La pubblicità in Italia. Dal dopoguerra ad oggi'', Bari-Roma, 2002/2006, Laterza, ISBN 8842079995
* Daniele Pitteri e Paola Papakristo, ''Archeologie della pubblicità'', Napoli, 2003, Liguori
* Volli U., ''Semiotica della pubblicità'', Bari-Roma, 2003, Laterza
* Assocomunicazione - ''Elenco associati''
 
== Voci correlate ==
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*[[Agenzia pubblicitaria]]
*[[Above the line]]
*[[Below the line]]
*[[Marketing mix]]
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* {{fr}} [http://www.lesartsdecoratifs.fr/fr/03museepublicite/index.html Museo della Pubblicità di Parigi] - pagina web ufficiale
* [http://www.telereclame.net/introduzione1.htm Breve storia della pubblicità televisiva in Italia]
* [http://www.italica.rai.it/index.php?categoria=altro&scheda=dreams Mostra tematica per i 50 anni di pubblicità televisiva ]
* [http://www.theothersmag.com/content/view/46/47 L’anima del commercial: Pubblicità e pubblicitari al cinema ]
* [http://www.primaonline.it/allegati/file121226230708464.pdf raccolta pubblicitaria nel S.I.C.]
* [http://www.pubblicitaitalia.it/rubriche/Dati-e-Ricerche.aspx Dati raccolta pubblicità in Italia aggiornati mensilmente ]
 
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