Prima guerra d'indipendenza italiana e Utente:Vendraminopaneevino: differenze tra le pagine

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{{BloccoInfinito}}
{{Conflitto
|nome del conflitto=Prima guerra di indipendenza italiana
|parte_di= [[Risorgimento]]
|immagine=[[File:Battaglia di Novara.jpg|300px]]
|didascalia=Battaglia di Novara
|data=[[23 marzo]] [[1848]] - [[24 marzo]] [[1849]]
|luogo=[[Lombardia]], [[Veneto]]
|casus=Moti del [[1848]]
|mutamenti_territoriali=
|esito=Ritirata piemontese, restituzione dei territori conquistati all'Austria
|schieramento1={{SAR 1851-1861}}<br />in alleanza con:<br /> [[File:It tosc2.gif|22px]] [[Granducato di Toscana]] <br />e in breve alleanza con:<br />{{PON}}<br />{{DUESIC 1848-1849}}
|schieramento2={{AUT 1804-1867}}
|comandante1=[[Carlo Alberto di Savoia]]
|comandante2=[[Josef Radetzky]]
|effettivi1=Regno di Sardegna: 30.000 <br /> Granducato di Toscana: 7.000 <br /> Stato della Chiesa: 7.000 <br /> Regno delle due Sicilie: 16.000
|effettivi2=
|perdite1=
|perdite2=
|note=
}}
 
La '''prima guerra di indipendenza italiana''' è un episodio del [[Risorgimento]] italiano: rappresentò il primo dei numerosi conflitti che opposero il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] (che in seguito diventerà il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]) all'[[Impero austriaco]] e che si sarebbero risolti, settant'anni più tardi, con la sparizione del secondo. Essa si divise in tre fasi: due campagne militari ([[23 marzo]]-[[9 agosto]] [[1848]], [[20 marzo|20]]-[[24 marzo]] [[1849]]), separate da un [[Armistizio di Salasco|periodo di tregua]] durato alcuni mesi, e la repressione delle [[Repubblica Romana (Risorgimento)|repubbliche di Roma]] e [[Invasione austriaca della Toscana (1849)|di Firenze]], completate dalla [[assedio di Venezia (1849)|riconquista di Venezia]].
 
== Prima campagna militare ==
=== Prologo ===
Il [[1848]] registrò una serie di moti insurrezionali che ebbero luogo prima a [[Palermo]] e [[Messina]], contro il potere [[Regno delle Due Sicilie|borbonico]], poi a [[Parigi]], [[Vienna]], ed infine [[Venezia]] e [[Milano]]. La popolazione veneziana risultava sempre più insofferente nei confronti del dominio austriaco, così che insorse e liberò due noti patrioti, cioè [[Daniele Manin]] e [[Niccolò Tommaseo]], che si posero a capo dell'insurrezione popolare e proclamarono la repubblica dopo aver costretto gli austriaci ad abbandonare la città. I combattimenti furono particolarmente aspri a [[Milano]], dove il comandante dell'esercito del [[Regno Lombardo-Veneto|Lombardo-Veneto]], [[feldmaresciallo]] [[Josef Radetzky|Radetzky]], si vide costretto ad abbandonare la [[Milano|città]] dopo cinque giorni di furiosi scontri ([[Cinque giornate di Milano]]). Contemporaneamente si ebbero diverse manifestazioni in molte città del [[Regno Lombardo-Veneto|Regno]] e a [[cinque giornate di Como|Como]] l'intera guarnigione si consegnò agli insorti.
 
Appunto il giorno dopo la conclusione delle [[cinque giornate di Milano]], del [[18 marzo|18]]-[[22 marzo]] [[1848]], il [[Regno di Sardegna|re di Sardegna]] [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] dichiarò guerra all'[[Impero Austriaco|Austria]] ed ebbe inizio la prima guerra di indipendenza.
 
=== L'avanzata dal Ticino al Mincio ===
Il [[23 marzo]] [[1848]] i primi contingenti dell'esercito [[Regno di Sardegna (1720-1861)|sardo-piemontese]] varcarono il [[Ticino (fiume)|Ticino]], seguiti dal grosso dell'esercito il [[26 marzo|26]]. Si trattava di cinque [[Divisione (militare)|divisioni]] che, al passaggio del Ticino, ricevettero una nuova bandiera: il [[Bandiera italiana|tricolore]].
 
Con una improvvisa lentezza, Carlo Alberto mosse all'inseguimento del feldmaresciallo Radetzky e, avanzando lungo la direttrice [[Pavia]]-[[Lodi]]-[[Crema (Italia)|Crema]]-[[Brescia]], lo raggiunse al di là del fiume [[Mincio]], sotto le [[Fortezze del Quadrilatero|fortezze del quadrilatero]].
 
In questa fase il [[Carlo Alberto di Savoia|re]] si giovò della partecipazione al conflitto dello [[Stato Pontificio]], del [[Granducato di Toscana]] e del [[Regno delle Due Sicilie]]: ai circa 30.000 soldati [[Regno di Sardegna (1720-1861)|piemontesi]] se ne aggiunsero 7.500 pontifici, 7.000 toscani e 16.000 [[Regno delle Due Sicilie|napoletani]]. Questi ultimi il [[15 maggio]] [[1848]] vennero richiamati in patria; tuttavia numerosi appartenenti ai corpi dell'artiglieria e del genio, fra cui lo stesso comandante [[Guglielmo Pepe]], proseguirono la guerra come [[#La guerra dei volontari|volontari]].
 
La carica del [[30 aprile]] dello Squadrone dei Reali [[Carabinieri]] di scorta al re Carlo Alberto, che aprì la strada alla [[battaglia di Pastrengo]], non fu assolutamente decisiva ma dette morale ai Piemontesi e ai patrioti di tutta Italia. La storica [[Carica di Pastrengo|carica]] dello [[Squadrone Carabinieri a cavallo|Carabinieri a cavallo]], e poi la [[battaglia di Santa Lucia]], sotto le [[Mura austriache di Verona|mura di Verona]], il [[6 maggio]], ispirò un eccessivo ottimismo alle forze anti-austriache. L'esercito sabaudo, infatti, non seppe sfruttare il successo ottenuto. Respinse una controffensiva [[Impero Austriaco|austriaca]] partita da [[Mantova]], il [[30 maggio]] nella [[battaglia di Goito]], aiutato dall'eroica resistenza dei volontari toscani a [[battaglia di Curtatone e Montanara|Curtatone e Montanara]], il [[28 maggio|28]]. Lo stesso [[30 maggio]] si arrese la [[fortezza di Peschiera|fortezza]] austriaca di [[Peschiera del Garda|Peschiera]]. Quel giorno Carlo Alberto venne acclamato dalle sue truppe "Re d'Italia".
 
=== Uscita dal conflitto dell'esercito pontificio e dell'esercito borbonico ===
A questo punto, [[Papa Pio IX|Pio IX]] pronunciò la famosa [[allocuzione]] ''[[Non semel]]'' al [[concistoro]] del [[29 aprile]], in cui sconfessò l'azione del suo esercito, nel frattempo penetrato in [[Veneto]], su [[Padova]] e [[Vicenza]], a copertura della città-fortezza di [[Venezia]]. Cosa ancor più grave, egli sconfessò per intero la guerra all'[[Impero Austriaco|Austria]]. Il papa si trovava, infatti, nell'insostenibile imbarazzo di combattere una grande potenza cattolica ed era impaurito da un possibile scisma dei cattolici austriaci.<ref>Come scrive lo stesso Pontefice nella allocuzione: ''Sapemmo altresì che alcuni nemici della religione cattolica ne presero occasione ad infiammare gli animi dei Germani nel fervore della vendetta dall'unità di questa Santa Sede'', cit. in [[Lucio Villari]], ''Il Risorgimento'', vol. 4, Bari, 2007.</ref> Il discorso del 29 aprile 1848 mise in evidenza le contraddizioni e le incompatibilità della posizione del Papa come capo della Chiesa Universale ed allo stesso tempo Capo di uno Stato italiano, cioè tra il potere spirituale e quello temporale.
 
Le truppe del [[Giacomo Durando|Durando]] non gli ubbidirono, ma l'allocuzione diede l'occasione a [[Ferdinando II di Borbone]] per predisporre la ritirata dal conflitto, proprio quando le sue truppe avevano ormai raggiunto il [[Po]] ed erano in procinto di entrare in [[Veneto]], a sostegno dell'esercito [[Stato della Chiesa|romano]] inviato da Pio IX.
 
Certamente, l'azione di Ferdinando II fu determinata dalle ambiguità di Carlo Alberto riguardo il [[Ducato di Parma]] (retto da una dinastia [[Borbone|borbonica]] ma che la popolazione voleva annettere al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]]) e la [[Sicilia]] (sconvolta, sin da gennaio, da una rivoluzione che aveva relegato il "Regio Esercito" nella sola piazzaforte di [[Messina]], aveva resuscitato l'antico Regno ed inviato una delegazione a [[Torino]] per offrire la Corona a un Principe [[Casa Savoia|sabaudo]], pur senza incontrare alcun incoraggiamento da parte di Carlo Alberto). Tuttavia, è certo che egli non avrebbe potuto permettersi tanto, in assenza del passaggio di campo papale.
 
=== La guerra dei volontari ===
Del corpo di spedizione [[Regno delle Due Sicilie|napoletano]] rifiutarono l'ordine l'[[artiglieria]] e il [[genio]] (le «armi dotte»); pertanto sotto la guida del generale [[Guglielmo Pepe]], un vecchio patriota, e la partecipazione di giovani quali i fratelli [[Luigi Mezzacapo|Luigi]] e [[Carlo Mezzacapo]], [[Enrico Cosenz]], [[Cesare Rosaroll]], [[Alessandro Poerio]], [[Girolamo Calà Ulloa]] e numerosi altri, parte del corpo di spedizione [[Regno delle Due Sicilie|napoletano]] raggiunse [[Venezia]] dove diede un meraviglioso contributo lungo l'intero corso dell'[[assedio di Venezia|assedio]].
 
Molti altri volontari parteciparono al conflitto. Si possono ricordare: l'[[Granducato di Toscana|esercito toscano]] ed i moltissimi volontari inquadrati dal [[governo provvisorio della Lombardia]], i volontari romani comandati dal generale [[Andrea Ferrari (generale)|Andrea Ferrari]], ma anche moltissimi cittadini, più o meno noti, come i pittori [[Silvestro Lega]] e [[Pompeo Randi]]. [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] e [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]] rientrarono in [[Italia]] per partecipare alla guerra, ma la loro accoglienza da parte dei [[Casa Savoia|Savoia]] fu tiepida. Tanto che [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] poté partecipare solo alle ultime fasi, conducendo una piccola guerriglia in [[provincia di Como]], al confine con il [[Canton Ticino]].
 
=== La controffensiva dell'Austria ===
Nel frattempo la linea del fronte restava fra il [[Mincio]] e [[Verona]]. Nessuno dei successi ottenuti da Carlo Alberto era stato decisivo e, sfruttando i timori del generale [[Eusebio Bava]] (e non assecondando l'indubbia audace capacità tattica e strategica del gen. [[Ettore De Sonnaz]]), l'esercito piemontese si limitò a tallonare da presso quello austriaco in piena ritirata dopo le [[Cinque giornate di Milano]], con Radetzky che non faceva mistero di considerare perso il Lombardo-Veneto. L'incapacità di assumere l'iniziativa da parte piemontese dette invece modo agli austro-ungarici di ritirarsi senza perdite nel [[Fortezze del Quadrilatero|Quadrilatero]], potentemente difeso. La posizione strategica di Radetzky a questo punto si era notevolmente rinforzata, anche grazie all'arrivo di un corpo d'armata formato dal conte [[Laval Nugent|Nugent]] sull'[[Isonzo]] e di altri rinforzi dal [[Tirolo]]. Ciò gli permise di riconquistare [[battaglia di Vicenza|Vicenza]], il [[10 giugno]] e di riprendere l'offensiva, battendo l'esercito [[Regno di Sardegna (1720-1861)|sardo-piemontese]] il [[23 luglio|23]]-[[25 luglio]] in una serie di scontri passati alla storia come [[battaglia di Custoza (1848)|prima battaglia di Custoza]].
 
Proprio il [[10 giugno]] Carlo Alberto ricevette una delegazione guidata dal podestà di [[Milano]] [[Gabrio Casati|Casati]], che recava l'esito trionfale del [[Plebiscito per l'unione Lombardo-Piemontese (1848)|Plebiscito]] che sanciva l'unione della [[Lombardia]] al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]].
 
=== La ritirata da Verona a Milano ===
Di lì cominciò una veloce, ma ordinata, ritirata verso l'[[Adda]] e [[Milano]], dove si svolse, il [[4 agosto]] la [[battaglia di Milano]], al termine della quale Carlo Alberto si risolse a chiedere un armistizio.
 
=== L'armistizio ===
{{vedi anche|Armistizio di Salasco}}
Il [[5 agosto]] venne firmata la capitolazione. Il [[6 agosto]] gli Austriaci rientrarono a Milano da [[Porta Romana (Milano)|Porta Romana]]. Il [[9 agosto]] la tregua venne ratificata con la firma, a [[Vigevano]], dell'[[armistizio di Salasco]] (dal nome del [[generale]] [[Carlo Canera di Salasco]]). L'[[Impero Austriaco]] rientrava nei suoi antichi confini, stabiliti nel [[1815]] dal [[congresso di Vienna]]. Tutte le città liberate tornavano nelle mani degli austriaci, con l'eccezione di [[Venezia]], che si preparava a subire un lungo [[Assedio di Venezia (1848)|assedio]].
 
=== Provvisorietà della tregua ===
Aveva così fine la prima fase moderata del '48 italiano. L'articolo 6 dell'armistizio prevedeva una durata minima di sei settimane: entrambi i contendenti principali (Carlo Alberto e Radetzky) sapevano che la tregua era temporanea, in quanto, essendo mancata una decisiva sconfitta sarda si sarebbe giunti, presto o tardi, alla ripresa delle ostilità.
Il prestigio militare di Carlo Alberto era tuttavia fortemente indebolito. Al [[Parlamento Subalpino]] avevano ripreso vigore le tendenze radicali e, l'anno successivo, si sarebbe assistito alla iniziativa «democratica».
 
== Seconda campagna militare ==
=== Le rivoluzioni democratiche a Roma e Firenze ===
{{vedi anche|Storia della Repubblica Romana}}
Si aprì, quindi, un complesso periodo in cui l'intera politica italiana venne dominata alla prossima ripresa delle ostilità con l'[[Impero Austriaco]]: il governo sardo e i patrioti democratici cercavano di profittare della tregua per allineare quante più forze possibili. Persa ogni illusione rispetto a [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]] delle [[Regno delle Due Sicilie|Due Sicilie]], la questione fondamentale riguardava l'atteggiamento di [[Firenze]] e [[Roma]]. Si aprì, quindi, un complesso periodo in cui l'intera politica italiana venne dominata dalla potenze straniere.
 
Nel [[Granducato di Toscana|Granducato]] le cose si erano chiarite a favore della [[Risorgimento italiano|causa nazionale]] quando [[Leopoldo II di Toscana|Leopoldo II]] aveva, il [[27 ottobre]], conferito l'incarico al democratico [[Giuseppe Montanelli|Montanelli]], che inaugurò una politica ultrademocratica, ovvero, nella terminologia politica dell'epoca, volta alla unione con gli altri stati italiani ed alla ripresa congiunta della guerra all'[[Impero Austriaco|Austria]].
 
Nello [[Stato della Chiesa]], il partito democratico trionfò solo con l'assassinio di [[Pellegrino Rossi]], il [[15 novembre]] e la successiva fuga di [[Papa Pio IX|Pio IX]] nella fortezza [[Regno delle Due Sicilie|napoletana]] di [[Gaeta]], il [[24 novembre]]. Di lì a poco lo raggiunse [[Leopoldo II di Toscana]], fuggito da [[Firenze]] il [[30 gennaio]] per [[Gaeta]], verso cui salpò anch'egli il [[21 febbraio]]. A Roma venne costituito un governo provvisorio, che convocò nuove elezioni per il [[21 gennaio|21]]-[[22 gennaio]] [[1849]]: la nuova assemblea venne inaugurata il [[5 febbraio]] e, il [[9 febbraio]] votò il ''decreto fondamentale'' di proclamazione della [[Repubblica Romana (Risorgimento)|Repubblica Romana]]. In questo clima, il [[12 dicembre]] entrava in [[Roma]] [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]], con una legione di volontari. Giunti a [[Gaeta]], Pio IX e Leopoldo II accettarono le offerte di protezione delle grandi potenze straniere.
 
=== La ripresa della guerra regia ===
Carlo Alberto ruppe la tregua con l'Austria il 20 marzo, solo per venire pesantemente sconfitto a [[battaglia di Novara (1849)|Novara]], il [[22 marzo|22]]-[[23 marzo]], ed abdicò in favore di [[Vittorio Emanuele II]]. La fine della guerra fu segnata dall'[[armistizio di Vignale]], concordato il [[24 marzo]], firmato il [[26 marzo|26]] e seguito dalla [[pace di Milano]] del [[6 agosto]] [[1849]]. <br />
La [[battaglia di Novara (1849)|battaglia di Novara]] decise definitivamente della supremazia in [[Lombardia]] e costrinse il nuovo sovrano sardo, [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]], a concentrarsi sulla caotica situazione politica interna. <br />
 
Nelle giornate successive Radetzky chiuse anche la partita con i patrioti lombardi, soffocando sul nascere alcuni tentativi di ribellione ([[Comitato Provvisorio di Como (1849)|Como]]) e soffocandone nel sangue altri ([[Dieci giornate di Brescia|Brescia]]). Mentre continuava unicamente l'[[assedio di Venezia (1849)|assedio]] di [[Venezia]].
 
=== La nuove invasioni straniere ===
{{vedi anche|Invasione austriaca della Toscana (1849)}}
La strada era, quindi, libera per le nuove invasioni straniere. Il primo a muovere fu [[Napoleone III di Francia|Luigi Napoleone]], che il [[24 aprile]] fece sbarcare a [[Civitavecchia]] un corpo di spedizione [[Seconda Repubblica francese|francese]], guidato dal generale [[Nicolas Charles Victor Oudinot|Oudinot]]. Questi tentò l'assalto a [[Roma]] il [[30 aprile]], ma venne malamente sconfitto. Ripiegò a [[Civitavecchia]] e chiese rinforzi. La strada era, quindi, libera per le nuove invasioni di Radetzky in [[Toscana]], [[Emilia]], [[Marche]]. Tutto ciò indusse [[Napoleone III di Francia|Luigi Buonaparte]], non ancora [[Secondo Impero francese|Imperatore]], ad inviare contro [[Roma]] complessivamente oltre 30.000 soldati ed un possente parco d'assedio. Il [[1º giugno]] il generale [[Seconda Repubblica francese|francese]] [[Nicolas Charles Victor Oudinot|Oudinot]], piegò dopo una lunghissima resistenza la Repubblica Romana. Stremata dall'[[Assedio di Venezia (1849)|assedio]] [[Impero Austriaco|austriaco]], dalla fame e da un'epidemia di colera, anche Venezia dovette alla fine arrendersi, sottoscrivendo la resa il [[23 agosto]] [[1849]].
 
Seguì un corpo di spedizione [[Regno delle Due Sicilie|napoletano]], fermato da [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] a [[Palestrina]], il [[9 maggio]]. Poi una prima armata [[Impero Austriaco|austriaca]], guidata dal [[Costantino d'Aspre|d'Aspre]], che assalì e saccheggiò [[Livorno]] l'[[11 maggio]] ed occupò [[Firenze]] il [[25 maggio]], seguita da una seconda, che assediò e prese [[Bologna]] il [[15 maggio]]. Verso la fine di maggio arrivò a [[Gaeta]] un corpo di spedizione [[Spagna|spagnolo]], che giunse solo, e era stato inviato ad occupare l'[[Umbria]], cosa che avvenne senza scontri memorabili.
 
=== L'assedio e la resa di Ancona ===
Gli Austriaci si diressero allora verso [[Ancona]] per occupare anche questa città che aveva aderito alla [[Repubblica Romana]] ed aveva promesso a [[Garibaldi]] concreto aiuto nel difenderla. Gli Austriaci incontrarono però un'eroica ed imprevista resistenza (premiata nel 1899 con medaglia d'oro al valor militare). L'assedio vide impegnati nella difesa di [[Ancona]] italiani provenienti da tutte le [[Marche]] e dalla [[Lombardia]], in totale circa cinquemila uomini contro più di cinquantamila austriaci. Era chiaro che in gioco non era né la sorte di una città, ormai quasi segnata a causa della sproporzione di forze, né solo quella della [[Repubblica Romana]]; fu invece una prova di forza che gli Italiani affrontarono senza reali speranze di ottenere la vittoria, allo scopo di dimostrare l'attaccamento ai propri ideali di libertà ed indipendenza. L'assedio fu navale e terrestre contemporaneamente, e si segnalarono [[Antonio Elia|Antonio]] ed [[Augusto Elia]], padre e figlio, molto legati a [[Garibaldi]]. Ora, a resistere agli Austriaci, in Italia erano rimaste solo [[Roma]], [[Venezia]] ed [[Ancona]]. Dopo 26 giorni di aspri combattimenti (cadde il capitano cremonese [[Giovanni Gervasoni]]) il [[21 giugno]] il capoluogo marchigiano deve cedere, e gli Austriaci concedono l'onore delle armi ai difensori. La brutale fucilazione di [[Antonio Elia]] mostrò che oramai Ancona aveva fatto il possibile; ora il vessillo della libertà doveva essere difeso a [[Roma]] e a [[Venezia]] <br />
 
=== L'assedio e la resa di Roma ===
{{vedi anche|Assedio di Roma (1849)}}
La necessità di riscattare la sconfitta del [[30 aprile]], e il desiderio di compensare i successi del Radetzky in [[Toscana]], [[Emilia]], [[Marche]], indussero [[Napoleone III di Francia|Luigi Buonaparte]], non ancora [[Secondo Impero francese|Imperatore]], ad inviare contro [[Roma]] complessivamente oltre 30.000 soldati ed un possente parco d'assedio. Il [[1º giugno]] il generale [[Seconda Repubblica francese|francese]] [[Nicolas Charles Victor Oudinot|Oudinot]] rinnegò un trattato di alleanza negoziato dal [[Ferdinando di Lesseps|Lesseps]] ed annunciò la ripresa delle ostilità: [[Roma]] venne assaltata all'alba del [[3 giugno]]. La [[Assedio di Roma (1849)|resistenza]] fu assai più ostica del previsto, nonostante i duri bombardamenti, tanto da ottenere la resa della [[Repubblica Romana (Risorgimento)|Repubblica]] solo il [[2 luglio]]. <br />Lo stesso giorno Garibaldi radunò in [[piazza San Pietro]] 4.700 volontari ed uscì verso est con il vago intento di sollevare le province per poiraggiungere [[Venezia]] [[assedio di Venezia (1849)|assediata]]; venne inseguito dal [[Costantino d'Aspre|d'Aspre]] sino a [[Marcia di Garibaldi da Roma a Comacchio|Comacchio]], perse la [[Anita Garibaldi|moglie]], fuggì miracolosamente sino in [[Liguria]] e, di lì, nel [[1850]] passò a [[New York]] presso [[Antonio Meucci]].
 
=== L'assedio e la resa di Venezia ===
{{vedi anche|Assedio di Venezia (1849)}}
Dopo la resa di [[Ancona]] e di [[Roma]], la città di [[Venezia]] rimase l'ultima a non aver ancora ceduto ai nemici dell'indipendenza italiana. Gli Austriaci avevano tentato di avvicinarsi alla città lagunare lungo il ponte della ferrovia, ma, a causa della forte resistenza, furono costretti a retrocedere. Iniziarono allora un pesante bombardamento contro la città stessa. Una prima richiesta di resa da parte del comandante in capo delle forze austriache, feldmaresciallo [[Radetzky]], fu sdegnosamente respinta. Dopo lunghissima resistenza, ultima tra tutte le città italiane, stremata anche dalla fame e da un'epidemia di colera, dovette infine arrendersi, sottoscrivendo la resa il [[23 agosto]] [[1849]].
 
== Note ==
<references/>
 
== Voci correlate ==
* [[Operazioni navali italiane nella prima guerra d'indipendenza]]
* [[Guerra regia e guerra di popolo]]
* [[Seconda guerra di indipendenza italiana|Seconda guerra di indipendenza]]
* [[Terza guerra di indipendenza italiana|Terza guerra di indipendenza]]
 
== Altri progetti ==
{{Interprogetto|s=:Categoria:Prima guerra di indipendenza italiana|s_oggetto=|s_preposizione=sulla|s_etichetta=}}
 
{{portale|guerra}}
 
[[Categoria:Prima guerra di indipendenza italiana|*]]
[[Categoria:Guerre italiane]]
 
[[en:First Italian War of Independence]]
[[fr:Première guerre d'indépendance italienne]]
[[la:Bellum primum de libertate Italica]]
[[lmo:Prima Guerra de Indipendenza italiana]]
[[ru:Австро-итальянская война]]
[[uk:Австро-італійська війна 1848—1849]]
[[vec:Prima guera d'indipendensa]]