Tiberio e Vientiane: differenze tra le pagine

(Differenze fra le pagine)
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
 
superficie
 
Riga 1:
{{Avvisounicode}}
{{Nota disambigua2|'''Tiberio Claudio Nerone''' e '''Tiberio''' reindirizzano qui. Se cerchi altri significati, vedi le voci '''[[Tiberio Claudio Nerone (pretore 42 a.C.)]]''' e '''[[Tiberio (nome)]]'''.}}
{{Divisione amministrativa
{{Monarca
|Nome = Vientiane
| nome =Tiberio
|Nome ufficiale = ວຽງຈັນ<br />Vìangciàn
| titolo =[[Imperatore romano]]
|Panorama = Vientiane montage.jpg
| immagine =[[Immagine:Tiberius palermo.jpg|250px|Busto di Tiberio]]
|Didascalia =
| legenda =Busto di Tiberio
|Bandiera =
| regno =[[14]] – [[16 marzo]] [[37]]
|Stemma =
| incoronazione =
|Stato = LAO
| investitura =
|Grado amministrativo = 2
| nome completo =Tiberius Claudius Nero<br />Tiberius Iulius Caesar<br />Tiberius Caesar Augustus
|Divisione amm grado 1 = Prefettura di Vientiane
| altrititoli =
|Amministratore locale = [[Sombath Yialiheu]]
| data di nascita =[[16 novembre]] [[42 a.C.]]<ref name="Data_nascita">Svetonio (''Tiberio'', 5) riferisce che alcuni autori, contraddicendo i documenti ufficiali, raccontarono che Tiberio fosse nato nel [[43 a.C.|43]] o nel [[41 a.C.]]</ref>
|Partito =
| luogo di nascita=[[Roma]]<ref name="Luogo_di_nascita">A lungo si è creduto che Tiberio fosse nato nella città [[Aurunci|aurunca]] di [[Fondi]], dove la nonna possedeva una villa. Nacque in realtà, come testimoniano i Fasti e gli atti ufficiali, a Roma sul Palatino, nell'antica casa degli avi (Svetonio, ''Tiberio'', 5; Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 16).</ref>
|Data elezione = 2011
| data di morte =[[16 marzo]] [[37]]
|Data istituzione =
| luogo di morte =[[Miseno]]
|Data soppressione =
| sepoltura =[[mausoleo di Augusto]]<ref name="Scarre35"/>
|Altitudine =
| predecessore =[[Augusto (imperatore romano)|Augusto]]
|Superficie = 130
| successore =[[Caligola]]
|Note superficie =
| erede =
|Abitanti = 754000
| consorte =
|Note abitanti =
| consortedi =
|Aggiornamento abitanti = 2009
| coniuge 1 =[[Vipsania Agrippina]] (20 a.C.-12 a.C.)<ref name="Scarre29">C.Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', p.29.</ref>
|Sottodivisioni =
| coniuge 2 =[[Giulia maggiore]] (12 a.C.–2 a.C.)<ref name="Scarre29"/>
|Divisioni confinanti =
| coniuge 3 =
|Lingue =
| coniuge 4 =
|Codice postale =
| coniuge 5 =
|Prefisso =
| figli =[[Druso minore|Giulio Cesare Druso]] (da Vipsania);<br />un figlio morto infante (da Giulia);</br>[[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico]] per adozione, figlio del fratello [[Druso maggiore]]<ref name="Scarre29"/>
|Fuso orario =
| dinastia =[[dinastia giulio-claudia|giulio-claudia]]
|Codice statistico =
| padre =[[Tiberio Claudio Nerone (pretore 42 a.C.)|Tiberio Claudio Nerone]]
|Codice catastale =
| madre =[[Livia Drusilla]]
|Targa =
|}}
|Nome abitanti =
 
|Patrono =
{{Bio
|Festivo =
|Nome = Tiberio Giulio Cesare Augusto
|Mappa =
|ForzaOrdinamento = Tiberio
|Didascalia mappa =
|PreData = in [[lingua latina|latino]]: ''Tiberius Iulius Caesar Augustus''
|SessoSito = M
|LuogoNascita = Roma
|GiornoMeseNascita = 16 novembre
|AnnoNascita = 42 a.C.
|LuogoMorte = Miseno
|GiornoMeseMorte = 16 marzo
|AnnoMorte = 37
|FineIncipit = fu il secondo [[imperatore romano]], appartenente alla [[dinastia giulio-claudia]], e governò dal [[14]] al [[37]]
|Categorie = [[Categoria:Imperatori romani]] [[Categoria:Generali romani]] [[Categoria:Personalità legate a Capri]] [[Categoria:Personalità legate ai Campi Flegrei]]
}}
'''Vientiane''' (in [[lingua lao]] ວຽງຈັນ, traslitterato ''Vìangciàn'') è la capitale del [[Laos]], che si affaccia sul fiume [[Mekong]], al centro di una vasta pianura coltivata a [[Riso (alimento)|riso]]. Si stima che la popolazione della città sia di circa 200.000 abitanti [[2005]], mentre la popolazione che vive nell'area metropolitana (l'intera prefettura di Vientiane è parte della provincia di Vientiane) è di circa 730.000 abitanti. Vientiane è localizzata a 17°58' Nord, 102°36' Est (17.9667, 102.6). [https://web.archive.org/web/20050812023000/http://earth-info.nga.mil/gns/html/cntry_files.html]
 
== Geografia fisica ==
Discendente della [[Gens Claudia|gens Claudia]], alla nascita ebbe il nome di '''Tiberio Claudio Nerone''' (''Tiberius Claudius Nero''). Fu adottato da [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]] nel [[4]], ed il suo nome mutò in '''Tiberio Giulio Cesare''' (''Tiberius Iulius Caesar''); alla morte del padre adottivo, il [[19 agosto]] [[14]], ottenne il nome di '''Tiberio Giulio Cesare Augusto''' (''Tiberius Iulius Caesar Augustus'') e poté succedergli ufficialmente nel ruolo di ''[[princeps]]'', sebbene già dall'anno [[12]] fosse stato associato nel governo dell'[[impero romano|impero]].
Vientiane è situata presso un'ansa del fiume [[Mekong]], al confine con la [[Thailandia]].
 
== Origini del nome ==
In gioventù Tiberio si distinse per il suo talento militare conducendo brillantemente numerose campagne lungo i confini settentrionali dell'Impero e in [[Dalmazia (provincia romana)|Illirico]]. Dopo un periodo di volontario esilio sull'isola di Rodi, rientrò a Roma nel [[4]] e condusse altre spedizioni in Illirico e in Germania, dove pose rimedio alle conseguenze della [[battaglia della foresta di Teutoburgo|battaglia di Teutoburgo]]. Asceso al trono, operò alcune importanti riforme in ambito economico e politico, e pose fine alla politica di espansione militare, limitandosi a mantenere sicuri i confini grazie anche all'opera del nipote [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]]. Dopo la morte di quest'ultimo, Tiberio favorì sempre più l'ascesa del [[prefetto del pretorio]] [[Lucio Elio Seiano|Seiano]], allontanandosi da Roma per ritirarsi nell'isola di [[Capri]]. Quando il prefetto mostrò di volersi impadronire del potere assoluto, Tiberio lo fece destituire e uccidere, ma evitò ugualmente di rientrare nella capitale.
La città viene chiamata Vìangciàn (in [[lingua lao]]: ວຽງຈັນ) dai laotiani e dai thai. Il nome è derivato da un vocabolo [[pāli]], la [[lingua liturgica]] del locale [[Buddhismo Theravada]], il cui significato è "La foresta degli alberi di [[Santalum album|sandalo]] del re", alberi famosi in [[India]] per la loro fragranza. Si pensa anche che il nome della città significhi "Città della Luna". La pronuncia e l'[[ortografia]] del [[lingua lao|lao]] moderno non rivela chiaramente l'[[etimologia]] Pali. Il termine "Vientiane" rappresenta la storpiatura in [[lingua francese]] di Vìangciàn, e riflette la difficoltà di pronuncia della sillaba "cia" da parte dei francesi.
 
== Storia ==
Tiberio fu duramente criticato dagli storici antichi, quali [[Publio Cornelio Tacito|Tacito]] e [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], ma la sua figura è stata rivalutata dalla storiografia moderna come quella di un politico abile e attento.
[[File:Vientiane-pha that luang.jpg|thumb|left|Il tempio Pha That Luang a Vientiane.]]
Il grande poema epico laotiano [[Phra Lak Phra Lam]], basato su uno dei racconti di [[Buddha]],<ref name=phralak>{{en}} [http://www.seasite.niu.edu/lao/othertopics/phralakphralam/page01.htm Phra Lak-Phra Lam - A Previous Life of the Buddha], sul sito seasite.niu.edu</ref> narra che il Principe Thattardhta fondò la città dopo che abbandonò il leggendario regno Lao di ''Muong Inthapatha Maha Nakhone'' dopo che il padre assegnò il trono al fratello più giovane.
 
Thattaradtha prima fondò ''Maha Thani Si Phan Phao'', l'odierna [[Udon Thani]] in [[Thailandia]], situata sulla sponda occidentale del fiume [[Mekong]]. Un giorno il ''[[nāga]]'' dalle sette teste gli disse di fondare una nuova città sulla sponda orientale del fiume. Il principe la chiamò ''Chanthabuly Si Sattanakhanahud'', l'antico nome dell'attuale Vientiane, letteralmente: la 'bellissima città del Naga dalle sette teste'.<ref name=phralak/>[[File:Patuxay, Vientiane, Laos.jpg|thumb|destra|L'arco Patuxay di Vientiane]]
==Biografia==
=== Origini famigliari e giovinezza ===
{{vedi anche|Albero genealogico giulio-claudio|Gens Claudia|Dinastia giulio-claudia}}
Tiberio nacque a Roma<ref name="Luogo_di_nascita" /> il [[16 novembre]] [[42 a.C.]]<ref name="Data_nascita" /> dall'omonimo [[Tiberio Claudio Nerone (pretore 42 a.C.)|Tiberio Claudio Nerone]], cesariano, [[pretore (storia romana)|pretore]] nello stesso anno, e da [[Livia Drusilla]], di circa trent'anni più giovane del marito. Tanto dal ramo paterno che da quello materno, apparteneva alla ''[[gens Claudia]]'', un'antica famiglia patrizia giunta a [[Roma]] nei primi anni dell'[[repubblica romana|età repubblicana]] e distintasi nel corso dei secoli per il raggiungimento di numerosi onori e alte [[magistratura (storia romana)|magistrature]].<ref name="Svetonio_1">Svetonio, ''Tiberio'', 1.</ref> Fin dall'origine, la gens Claudia si era divisa in numerose famiglie, tra le quali si distinse quella che assunse il ''[[Convenzione dei nomi romani#Cognomen|cognomen]]'' ''Nero'' (''Nerone'', che in lingua [[sabini|sabina]] significa "forte e valoroso"),<ref name="Svetonio_1" /> a cui apparteneva Tiberio. Egli poteva dunque dirsi membro di una stirpe che aveva dato alla luce personalità di altissimo rilievo,<ref name="Svetonio_2">Svetonio, ''Tiberio'', 2.</ref> come [[Appio Claudio Cieco]],<ref>[[Console (storia romana)|Console]] e [[censore]] nella prima metà del [[III secolo a.C.]], diede, tra l'altro, inizio alla costruzione della [[via Appia]] e dell'omonimo [[Acquedotti di Roma#Aqua Appia|acquedotto]].</ref> e che annoverava tra i più grandi assertori della superiorità del [[Patrizio (storia romana)|patriziato]].<ref name="Svetonio_3">Svetonio, ''Tiberio'', 3. Lo stesso Svetonio fa notare che l'unico Claudio a non appartenere alla fazione aristocratica fu il [[tribuno della plebe]] [[Publio Clodio Pulcro]], cesariano, che mutò infatti il suo ''[[Convenzione dei nomi romani#Nomen|nomen]]'' da Claudio in Clodio.</ref>
 
Studi compiuti dal Ministero Laotiano dell'Informazione e della Cultura e dalla [[Fondazione Rockefeller]],<ref>{{en}} [http://www.culturalprofiles.net/laos/Directories/Laos_Cultural_Profile/-20.html Laos Cultural Profile], sul sito culturalprofiles.net</ref> ipotizzano che la città fosse la capitale del Regno di Candapuri, fondato dai [[Mon (gruppo etnico)|mon]] nell'VIII d.C. Tale [[città-stato]] ''([[muang]])'' era subordinata al più potente Regno di Sri Gotapura, la cui capitale si trovava tra le odierne [[Thakhek]] e [[Savannakhet]].<ref name=monkhmer>{{en}} [http://www.culturalprofiles.net/laos/Directories/Laos_Cultural_Profile/-1060.html Mon-Khmer kingdoms], sul sito culturalprofiles.net</ref> Tuttora il nucleo centrale di Vientiane forma il ''[[muang]]'' di [[Chantaburi]]. Candapuri era dotata di 2 cerchia di mura e di un bastione intermedio di cui ancora oggi si possono vedere dei frammenti. Nell'XI secolo si intensificarono i rapporti con il vicino Regno di Xaifong, situato a circa 25&nbsp;km a sud-est di Chantaburi, un altro sviluppato insediamento di origine mon.<ref name=candapuri>{{en}} [http://www.culturalprofiles.net/laos/Units/999.html Candapuri], sul sito culturalprofiles.net</ref> Un preesistente tempio [[indù]] fu sostituito successivamente dall'odierno [[Pha That Luang]], emblema della città.
[[Immagine:Giulio-Claudia.png|thumb|375px|right|La genealogia della ''gens'' giulio-claudia.]]
 
Verso l'XI secolo, l'emergente [[Impero Khmer]] estese la sua influenza a nord fino a conquistare Vientiane, come confermano iscrizioni khmer ritrovate nel centrale tempio Wat Simuang.<ref name=monkhmer/> Tra l'XI ed il XIII secolo vi fu la migrazione dal sud della Cina dei popoli di etnia [[tai kadai]], che presero gradualmente il sopravvento sui khmer formando una rete di principati laotiani.<ref name=monkhmer/> Estesero la propria influenza su tutto il medio bacino del Mekong e nella zona di Vientiane si formarono i principati lao di Vientiane e di Vieng Kham, situato pochi chilometri a nord di Vientiane.<ref name=candapuri/>
Il padre era stato tra i più ferventi sostenitori di [[Gaio Giulio Cesare]], e, dopo la sua [[cesaricidio|morte]], si era schierato dalla parte di [[Marco Antonio]], luogotenente di Cesare in Gallia, entrando in contrasto con [[Augusto|Ottaviano]], [[Gaio Giulio Cesare#La successione|erede designato]] dallo stesso Cesare. Dopo la costituzione del [[secondo triumvirato]] tra Ottaviano, Antonio e [[Marco Emilio Lepido]] e le conseguenti [[proscrizioni]], i contrasti tra i sostenitori di Ottaviano e quelli di Antonio si concretizzarono in una situazione di [[Guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio|conflitto]], ma il padre di Tiberio continuò ad appoggiare l'ex luogotenente di Cesare. Allo scoppio del ''[[bellum Perusinum]]'', suscitato dal console Lucio Antonio e da [[Fulvia (moglie di Marco Antonio)|Fulvia]], moglie di Marco Antonio, il padre di Tiberio si unì dunque agli antoniani, fomentando il malcontento che stava nascendo in molte regioni d'Italia. Dopo la vittoria di Ottaviano, che riuscì a sconfiggere Fulvia asserragliata a Perugia e a restaurare il proprio controllo su tutta la [[penisola italica]], egli fu costretto a fuggire, portando assieme a sé la moglie e il figlio omonimo. La famiglia si rifugiò dunque a [[Napoli]], e partì poi alla volta della [[Sicilia (provincia romana)|Sicilia]], controllata da [[Sesto Pompeo]]. Da qui, poi, i tre furono costretti a raggiungere l'[[Acaia (provincia romana)|Acaia]], dove si stavano radunando le truppe antoniane che avevano lasciato l'Italia. Il piccolo Tiberio, costretto a prendere parte alla fuga e a patire le insicurezze del viaggio, ebbe dunque un'infanzia disagevole e agitata,<ref name="Svetonio_6">Svetonio, ''Tiberio'', 6.</ref> fino a quando gli [[Guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio#Il triumvirato si incrina. La guerra di Perugia|accordi di Brindisi]], che ristabilivano una pace precaria, permisero agli antoniani fuoriusciti di fare ritorno in Italia.
[[File:VillaColVientiane.jpg|thumb|Un esempio di architettura coloniale francese in città]]
[[File:Centre culturel Vientiane.jpg|thumb|left|Il moderno centro culturale laotiano a Vientiane]]
Nel [[1354]], quando Re [[Fa Ngum]] di Muang Sua (l'odierna [[Luang Prabang]]) unificò i principati laotiani fondando il regno di [[Lan Xang]], Vientiane e Vieng Kham furono gli ultimi di tali principati a capitolare. La battaglia decisiva si svolse a Vientiane, dove le armate di Muang Sua trionfarono e Fa ngum si fece incoronare sovrano del nuovo regno. Vientiane divenne un'importante città amministrativa di Lan Xang, e ne divenne la capitale nel [[1560]], quando il re [[Setthathirath]] la scelse per la sua posizione, che garantiva un maggiore controllo sui territori meridionali ed una maggiore protezione dalle incursioni degli emergenti birmani del [[Dinastia di Toungoo|Regno di Toungoo]].
 
Le lotte tra la aristocrazia portarono allo smembramento di Lan Xang nel [[1707]], e Vientiane divenne la capitale dell'[[Regno di Vientiane|omonimo regno]]. L'indebolimento della nazione Lao ne decretò la sottomissione ai [[siam]]esi nel secolo successivo. Nel [[1779]] Vientiane fu conquistata dal generale [[Buddha Yodfa Chulaloke|Chakri]] del [[Regno di Thonburi]], e divenne uno stato vassallo del Siam. Il vasto territorio dell'[[altopiano di Korat]] venne annesso dai siamesi, diventando la tuttora esistente regione dell'[[Isan]]. Nel [[1829]] la città fu rasa al suolo dall'esercito siamese dopo che il re [[Anouvong]] di Vientiane si era ribellato al potere centrale tentando di marciare su [[Bangkok]]. Il regno di Vientiane fu annesso a sua volta al [[Regno di Rattanakosin|Siam]] e centinaia di migliaia di laotiani furono deportati in Isan, fino a quel momento relativamente spopolato.<ref name=thaicov>{{en}} [http://www.thaicov.org/resources/documents/underdevelop.html NORTHEAST THAILAND: THE UNDERDEVELOPMENT OF A MARGINALIZED PERIPHERY] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160305025156/http://thaicov.org/resources/documents/underdevelop.html |data=5 marzo 2016 }} studi del 1994 sulle condizioni di vita in Isan, su thaicov.org</ref>
Nel [[39 a.C.]], [[Augusto|Ottaviano]], decise di divorziare da sua moglie [[Scribonia]], dalla quale aveva avuto la figlia [[Giulia maggiore|Giulia]], per prendere in sposa la madre del piccolo Tiberio, [[Livia Drusilla]], della quale era sinceramente innamorato.<ref>Le nozze ebbero tuttavia un notevole significato politico: Ottaviano sperava così di riavvicinarsi alla fazione degli antoniani, mentre l'anziano padre di Tiberio intendeva, concedendo sua moglie a Ottaviano, allontanare sempre più il rivale da Sesto Pompeo, che era lo zio di Scribonia (Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 22-23).</ref> Il triumviro chiese per le nozze l'autorizzazione del collegio dei [[pontefice (storia romana)|pontefici]], dal momento che Livia aveva già un figlio ed era in attesa di un secondo. I sacerdoti acconsentirono al matrimonio tra i due, ponendo, come unica clausola, che fosse accertata la paternità del nascituro. Il [[17 gennaio]] del [[38 a.C.]], dunque, Ottaviano sposò Livia, che dopo tre mesi partorì un figlio a cui fu imposto il nome di [[Druso maggiore|Druso]]. La questione della paternità, in realtà, rimase incerta: alcuni sostenevano che Druso fosse nato da un rapporto adulterino tra Livia e Ottaviano, mentre altri lodavano il fatto che il neonato fosse stato generato nei soli novanta giorni che erano intercorsi tra il matrimonio e la sua nascita.<ref>Svetonio, ''Claudio'', 1.</ref><ref name="Nascita_Druso">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 22.</ref> Si poté in un secondo momento accertare come la paternità di Druso dovesse spettare al padre di Tiberio, poiché Livia e Ottaviano non si erano ancora incontrati nel momento in cui il bambino fu concepito.<ref name="Nascita_Druso" />
 
Il Laos passò sotto il governo della [[Francia]] nel [[1893]], e Vientiane divenne la capitale del protettorato francese del riunificato Laos sei anni dopo, quando fu istituita la colonia dall'[[Indocina Francese]]. La permanenza dei francesi si protrasse fino al 1953 e diede luogo ad un'apprezzabile architettura coloniale tuttora conservata in buono stato in città. Dopo l'ottenimento dell'indipendenza dai francesi, Vientiane rimase la capitale. Fu preservata dai bombardamenti americani che distrussero il Laos orientale durante la [[guerra civile laotiana]], grazie all'appoggio che il governo laotiano diede alle forze statunitensi nel combattere i ribelli del [[Pathet Lao]] e gli infiltrati nord-vietnamiti.
[[Immagine:Bust Tiberius Glyptothek Munich 314.jpg|thumb|left|Busto di Tiberio conservato alla [[Gliptoteca di Monaco|Gliptoteca]] di [[Monaco di Baviera]].]]
 
Con la sconfitta degli americani nella [[guerra del Vietnam]], le forze comuniste del Pathet Lao si impossessarono nel 1975 di Vientiane, dove il 2 dicembre venne istituita la Repubblica Democratica Popolare del Laos, a seguito dell'abdicazione dell'ultimo Re [[Savang Vatthana]]. Dopo anni di difficoltà economiche legate all'embargo americano ed alla crisi degli alleati [[Unione Sovietica|sovietici]], con l'apertura del paese all'[[economia di mercato]] avvenuta negli anni novanta, Vientiane si è trasformata in una moderna città. Grande sviluppo hanno avuto le infrastrutture e l'industria del turismo, che ha fatto di Vientiane uno dei siti più visitati nel [[sudest asiatico]].
Mentre Druso fu allevato dalla madre nella casa di Ottaviano, Tiberio rimase presso l'anziano padre fino all'età di nove anni: nel [[33 a.C.]], infatti, quest'ultimo morì, e fu il giovanissimo figlio a pronunciarne la ''laudatio funebris'' dai [[rostri]]<ref>Erano le tribune da cui parlavano gli oratori.</ref> del [[Foro Romano|Foro]].<ref name="Svetonio_6" /> Tiberio si trasferì dunque nella casa di Ottaviano assieme alla madre e al fratello, proprio mentre le tensioni tra Ottaviano e Antonio sfociavano in un nuovo [[Guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio#Ottaviano contro Antonio: battaglia di Azio e vittoria di Ottaviano|conflitto]], che si concluse nel [[31 a.C.]] con lo [[Battaglia di Azio|scontro decisivo di Azio]]. Nel [[29 a.C.]], durante la cerimonia del [[trionfo]] di [[Augusto (imperatore romano)|Ottaviano]] dopo la definitiva vittoria su Antonio ad Azio, fu Tiberio a precedere il carro del vincitore, conducendo il cavallo interno di sinistra, mentre [[Marco Claudio Marcello (nipote di Augusto)|Marcello]], nipote di Ottaviano, montava quello esterno di destra, trovandosi dunque al posto d'onore.<ref name="Svetonio_6" />
Diresse in seguito anche i giochi urbani e prese parte a quelli troiani, tenuti nel circo, come capo della squadra dei fanciulli più grandi.<ref name="Svetonio_6" />
 
== Monumenti e luoghi d'interesse ==
All'età di quindici anni fu vestito della [[toga|toga virile]], e fu dunque iniziato alla vita civile: si distinse come difensore ed accusatore in numerosi processi giudiziari,<ref name="Svetonio_8">Svetonio, ''Tiberio'', 8.</ref> e si dedicò contemporaneamente all'apprendimento dell'arte militare, distinguendosi in particolare per la sua abilità nell'equitazione.<ref name="Addestramento_militare">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 28.</ref> Si dedicò inoltre, con grande interesse, a studi di [[oratoria]] latina, [[retorica]] greca e [[diritto romano|diritto]]; frequentava i circoli culturali legati ad Augusto, dove si parlava tanto in [[lingua greca|greco]] quanto in [[lingua latina|latino]]: conobbe dunque [[Gaio Cilnio Mecenate]] e gli artisti che egli finanziava, come [[Quinto Orazio Flacco]], [[Publio Virgilio Marone]] e [[Sesto Properzio]]. Si dedicò con altrettanta passione alla composizione di testi poetici, a imitazione del poeta greco [[Euforione di Calcide]], su soggetti mitologici, in uno stile tortuoso e arcaizzante, con grande uso di vocaboli rari e desueti.<ref>Svetonio, ''Augusto'', 86.</ref><ref name="Stile_Tiberio">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 29.</ref>
*[[Parco di Buddha]], un [[parco tematico]] religioso di ca. 200 statue buddiste e induiste. La statua più grande ha 40 metri: un Buddha sdraiato. Il parco è situato a 24 chilometri della città, e si raggiunge con l’autobus n. 14 (parte dalla stazione degli autobus Talat Sao vicino al mercato Khua Din Market). <ref> {{it}} [https://wanderlemon.com/vientiane-laos-cosa-vedere-fare/ Buddha Park - Vientiane, Laos], sul sito https://wanderlemon.com </ref>
*[[Ho Pha Keo]], un museo di arte sacra che in precedenza era un tempio chiamato [[Wat]] Pha Keo, costruito nel XVI secolo e consacrato al venerato [[Buddha di Smeraldo]], una statua particolarmente sacra per il [[Buddhismo Theravada]]. La scultura venne portata via dai [[siam]]esi quando conquistarono Vientiane nel 1778, ed il tempio prese il nome attuale (letteralmente altare del Buddha di Smeraldo). Distrutto assieme a tutta la capitale dai siamesi nel 1828, questo brillante esempio di architettura classica di Lan Xang venne ricostruito dai colonizzatori francesi negli [[anni 1930|anni trenta]] secondo il disegno originale
*[[Museo nazionale del Laos]], tipico palazzo coloniale ed ex residenza del governatore francese costruito negli [[anni 1920|anni venti]], fu convertito in museo dopo la presa del potere del Pathet Lao negli anni settanta. Contiene principalmente testimonianze della vittoriosa guerra di resistenza laotiana contro le potenze occidentali, oltre ad importanti ed antichi reperti archeologici.<ref>{{en}} [http://www.visit-mekong.com/laos/vientiane/lao-national-museum.htm Lao national museum in Vientiane], sul sito visit-mekong.com</ref>
*[[Patuxay]], l'arco di trionfo laotiano, dedicato ai caduti nella lotta per l'indipendenza dalla Francia
*[[Pha That Luang]], uno dei più famosi complessi templari laotiani, costruito nel XVI secolo e situato a pochi chilometri dal centro cittadino
*[[Talat Sao]], il variopinto mercato del mattino, situato nel centro della città.
*[[That Dam]], letteralmente: ''[[stupa]]'' nero, particolarmente venerato dai laotiani; secondo la leggenda locale ospita lo spirito del '[[Nāga]] dalle sette teste', che protegge la città
*[[Wat Ong Teu Mahavihan]], tempio del XVI secolo ricostruito dai francesi, contenente la più grande statua in bronzo del Buddha in Laos
*[[Wat Si Muang]]
*[[Wat Si Saket]], complesso templare costruito nel 1818 durante l'occupazione siamese nel primo stile di [[regno di Rattanakosin|Rattanakosin]]. Fu risparmiato dai siamesi quando distrussero la capitale, ed è probabilmente l'edificio originale più antico di Vientiane
*[[Wat Sok Pa Luang]]
*[[Haw Phra Kaew]]
 
==Cultura==
=== Carriera militare (25 - 6 a.C.) ===
Vientiane ospita l'[[Università nazionale del Laos]].
Se Tiberio dovette molto della sua ascesa politica alla madre [[Livia Drusilla]], terza moglie di [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]], restano indubbie le sue capacità militari di comandante e stratega: egli rimase imbattuto nel corso di tutte le sue lunghe e frequenti campagne, tanto da divenire, nel corso degli anni, uno dei migliori luogotenenti del patrigno.
 
== Infrastrutture e trasporti ==
==== Incarichi in Iberia ed Oriente (25 - 16 a.C.) ====
Il [[primo ponte dell'amicizia thai-lao]], inaugurato nel 1994 circa 20&nbsp;km a sud-est di Vientiane, attraversa il [[Mekong]] in corrispondenza della città thai di [[Nong Khai]] e costituisce uno dei maggiori punti di collegamento con la Thailandia. Il ponte è percorso anche dall'unico breve tratto ferroviario funzionante nel paese; è lungo 3.5&nbsp;km ed unisce la linea nord-orientale della [[Ferrovia di Stato della Thailandia]] alla [[stazione di Thanaleng]], situata nel villaggio di Dongphosy, 20&nbsp;km ad est di Vientiane. La linea, che parte dalla [[stazione di Nong Khai]],<ref name=linklaunched>{{en}} [http://www.railwaygazette.com/news/single-view/view/10/laos-link-launched.html Laos link launched], sul sito railwaygazette.com</ref> è stata inaugurata il 5 marzo 2009 dalla Principessa [[Sirindhorn]] di Thailandia.<ref name="guardian-09">{{en}} [http://www.guardian.co.uk/travel/2009/feb/26/first-train-laos-thailand-rail First train to Laos], sul sito di [[The Guardian]]</ref>
[[Immagine:Statue-Augustus.jpg|thumb|right|L'[[Augusto loricato]] o "di Prima Porta", statua dell'imperatore [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]], ritratto in tenuta militare da parata. Il rilievo sulla corazza rappresenta la scena della consegna delle insegne legionarie di [[Marco Licinio Crasso]] da parte del re dei [[Parti]], [[Fraate IV]], a un generale romano, probabilmente Tiberio, accompagnato da un cane. Le figure ai lati rappresenterebbero quindi le province di [[Germania (provincia romana)|Germania]] e [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]], conquistate dallo stesso Tiberio tra il [[12 a.C.|12]] e l'[[8 a.C.]]<ref>[[Santo Mazzarino|Mazzarino]], ''L'impero romano'', p. 80;</br>Kohl, ''Klio'', 1938, p.269.</ref>]]
 
Vientiane è servita dall'[[Aeroporto di Vientiane-Wattay]], uno scalo internazionale che la collega a diversi aeroporti asiatici. È l'unica città laotiana ad avere un regolare servizio di autobus urbani. Sono inoltre presenti servizi taxi privati effettuati anche dai [[tuk-tuk]], dai più capienti jumbo tuk-tuk, dai ''[[songthaew]]''e da moto-taxi. Vi sono 3 stazioni degli autobus interurbani:
{{vedi anche|[[Guerre cantabriche]]|sezione=s|[[Guerre romano-persiane#Augusto recupera le insegne di Crasso (20 a.C.)|Guerre romano-persiane]]}}
* Stazione di Vientiane, la più vecchia tra le stazioni cittadine, situata nel centro cittadino di fronte al [[mercato del mattino]]. Attualmente è il capolinea per gli autobus comunali, provinciali e per quelli diretti in Thailandia via [[Nong Khai]]
* Stazione settentrionale, situata nella strada T2, nel nord della città, collega Vientiane con le località settentrionali del paese
* Stazione meridionale, situata nel quartiere di Dong Dok lungo la statale 13 sud, collega la capitale con le località del sud del paese
 
La navigazione fluviale sul Mekong è possibile tra maggio e novembre, durante la stagione delle piogge, quando i fondali dei fiumi sono alti a sufficienza.<ref name=vientiane>{{en}} [http://www.lonelyplanet.com/laos/vientiane/transport/getting-there-away#306169 Vientiane - Getting there & away - boat] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120621044449/http://www.lonelyplanet.com/laos/vientiane/transport/getting-there-away |data=21 giugno 2012 }}, sul sito della [[Lonely Planet]]</ref> Si può raggiungere a nord Houay Xay, nella [[provincia di Bokeo]], e [[Jinghong]], nella provincia cinese dello [[Yunnan]]. Verso sud, si può arrivare a Savannakhet con chiatte mercantili. Il porto fluviale si trova a Kiaw Liaw, vicino a Vientiane.<ref name= vientiane/>
Non esistevendo delle vere e proprie scuole militari che permettessero di fare esperienza, nel [[25 a.C.]] Augusto decise di inviare [[Spagna|Iberia]] il sedicenne Tiberio e Marcello, in qualità di [[tribuno militare|tribuni militari]].<ref>R. Syme, ''L'aristocrazia augustea'', pp.92 e 147.</ref> Lì i due giovani, che Augusto vedeva come suoi possibili successori, parteciparono alle fasi iniziali della [[Guerre cantabriche|guerra cantabrica]], iniziata dallo stesso [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]] nell'anno precedente, e portata a termine, nel [[19 a.C.]], dal generale [[Marco Vipsanio Agrippa]].<ref name="Svetonio_9">Svetonio, ''Tiberio'', 9.</ref><ref name="Spinosa_38">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 38.</ref><ref name="Scarre29"/>
 
== Amministrazione ==
Due anni più tardi, nel [[23 a.C.]], all'età di diciotto o diciannove anni, Tiberio fu nominato [[Questore (storia romana)|questore]] dell'[[annona (economia)|annona]], in anticipo di cinque anni rispetto al tradizionale ''[[cursus honorum]]'' delle magistrature.<ref name="Svetonio_8" /><ref>R. Syme, ''L'aristocrazia augustea'', p. 464.</ref> Si trattava di un incarico particolarmente delicato, a cui spettava garantire l'approvvigionamento di frumento per l'intera città di Roma, che contava allora oltre un milione di abitanti, duecentomila dei quali potevano sopravvivere solo grazie alle distribuzioni gratuite di grano da parte dello stato; l'Urbe, inoltre, si trovava ad attraversare un periodo di carestia dovuta a una piena del [[Tevere]] che aveva distrutto buona parte dei raccolti nelle campagne [[Latium|laziali]], impediendo anche alle navi onerarie di giungere fino a Roma con le loro le derrate alimentari.<ref name="Spinosa_38" /> Tiberio affrontò la situazione con vigore: acquistò a sue spese il grano che gli speculatori ammassavano nei loro depositi e lo distribuì gratuitamente, tanto da essere salutato come benefattore di Roma.<ref name="Spinosa_38" /> Fu dunque incaricato di condurre le ispezioni negli ''ergastula'', prigioni sotterranee in cui venivano rinchiusi gli schiavi, i viaggiatori e coloro che chiedevano rifugio per evitare il servizio militare.<ref name="Svetonio_8" /><ref name="Spinosa_38" /> Si trattava, questa volta, di un compito non particolarmente prestigioso, ma ugualmente delicato,<ref name="Spinosa_38" /> poiché i padroni degli ''ergastula'' si erano resi odiosi a tutta la popolazione dell'Italia, creando così una situazione di tensione.<ref name="Svetonio_8" />
Vientiane è il capoluogo della [[prefettura di Vientiane]] (in lao: ນະຄອນຫຼວງວຽງຈັນ, trasl. ''Nàkhòon Lùang Vìangciàn''). La prefettura venne scorporata dalla tuttora esistente [[provincia di Vientiane]] nel [[1989]].
 
La città di Vientiane comprende i seguenti 5 distretti ''(muang)'' del totale di 9 che compongono la prefettura:
Nell'inverno del [[21 a.C.|21]]-[[20 a.C.]] Augusto ordinò al ventunenne Tiberio di condurre un esercito legionario, reclutato in [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]] ed [[Illirico]], e di muovere in Oriente, verso l'[[Regno d'Armenia|Armenia]].<ref>Strabone, ''Geografia'', XVII, 821;</br>Cassio Dione, LIV, 9, 4-5;</br>Velleio Patercolo, ''Storia di Roma'', II, 94;</br>Svetonio, ''Tiberio'', 9,1.</ref><ref name="Scarre29"/> Essa era, infatti, una regione di fondamentale importanza per l'equilibrio politico di tutta l'area orientale: svolgeva un ruolo di [[stato cuscinetto|cuscinetto]] tra l'impero romano ad ovest e quello dei [[Parti]] ad est, ed entrambi volevano farne un proprio stato vassallo, che assicurasse la protezione dei confini dai nemici.<ref name="Spinosa_39">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 39.</ref><ref>R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', pp.128 e 147.</ref> Dopo la sconfitta di [[Marco Antonio]] e la caduta del sistema che egli aveva imposto in Oriente, l'Armenia era tornata sotto l'influenza dei Parti, che favorirono l'ascesa al trono di [[Artaxias II]]. Augusto ordinò dunque a Tiberio di scacciare Artaxias, di cui gli Armeni filoromani chiedevano la deposizione, e imporre sul trono il fratello minore [[Tigrane III|Tigrane]], di tendenze filoromane; i Parti, spaventati dall'avanzata delle [[legione romana|legioni romane]], scesero a compromessi e sottoscrissero una pace con lo stesso Augusto, giunto intanto in Oriente da [[Samo]], restituendo le insegne e i prigionieri di cui si erano impossessati dopo la vittoria su [[Marco Licinio Crasso]] nella [[battaglia di Carre]] del [[53 a.C.]]<ref>Augusto, ''Res Gestae Divi Augusti'', 29:{{quote|Costrinsi i Parti a restituirmi spoglie e insegne di tre eserciti romani e a chiedere supplici l'amicizia del popolo romano.||Parthos trium exercitum Romanorum spolia et signa re[ddere] mihi supplicesque amicitiam populi Romani petere coegi.|lingua=la}}</ref> Ugualmente, anche la situazione armena si risolse prima dell'arrivo di Tiberio e del suo esercito grazie al trattato di pace tra Augusto e il sovrano partico [[Fraate IV]]: il partito filoromano poté prendere il sopravvento e alcuni agenti inviati da Augusto eliminarono Artaxias. Al suo arrivo, dunque, Tiberio non dovette far altro che incoronare Tigrane, che prese il nome di Tigrane III, come re cliente, in una cerimonia pacifica e solenne, tenutasi davanti agli occhi delle legioni romane.<ref name="Spinosa_39" /> Al suo ritorno a Roma, il giovane generale fu celebrato con grandi feste e con la costruzione di monumenti in suo onore, mentre [[Ovidio]], [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] e [[Properzio]] scrissero composizioni in versi per celebrarne l'impresa.<ref name="Spinosa_40">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 40.</ref> Il merito della vittoria spettò comunque ad Augusto, quale comandante in capo dell'esercito:<ref name="Spinosa_40" /> egli fu infatti proclamato ''[[imperator]]'' per la nona volta,<ref>Cassio Dione, ''Storia di Roma'' LIV, 8, 1;</br>Velleio Patercolo ''Storia di Roma'', II, 91;</br>Tito Livio, ''Ab Urbe condita'', Epitome, 141</br>Svetonio, ''Augusto'', 21; ''Tiberio'', 9.</ref> poté annunciare in [[Senato romano|senato]] il vassallaggio dell'Armenia senza tuttavia decretarne l'[[provincia romana|annessione]]<ref>Floro, ''Epitome di storia romana'', 2.34.</ref> e scrisse infine nelle sue ''[[Res Gestae Divi Augusti]]'':{{quote|Pur potendo fare dell'Armenia maggiore una provincia dopo l'uccisione del suo re Artasse, preferii, sull'esempio dei nostri antenati, affidare quel regno a Tigrane, figlio del re Artavaside e nipote di re Tigrane, per mezzo di Tiberio Nerone, che allora era mio figliastro.|[[Augusto]], ''[[Res Gestae Divi Augusti]]'', 27.|Armeniam maiorum, interfecto rege eius Artaxe, c[u]m possem facere provinciam, malui maiorum nostrorum exemplo regn[u]m id Tigrani, regis Artavasdis filio, nepoti autem Tigranis regis, per T[i. Ne]ronem trad[er], qui tum mihi priv[ig]nus erat.|lingua=la}}
*[[Chantabuly]], il centro cittadino
*[[Hadxaifong]]
*[[Sikhottabong]]
*[[Sisattanak]]
*[[Xaysetha]]
 
=== Gemellaggi ===
Nel [[19 a.C.]] fu conferito a Tiberio il rango di ex-pretore, ovvero gli ''ornamenta praetoria'', ed egli poté dunque sedere in [[Senato romano|Senato]], tra gli ''ex-praetores''.<ref>R. Syme, ''L'aristocrazia augustea'', pp. 587 seguenti</ref>
* {{Gemellaggio|Thailandia|Bangkok|}}
 
* {{Gemellaggio|Bangladesh|Chittagong|}}
==== Rezia, Illirico e Germania (16 - 7 a.C.) ====
* {{Gemellaggio|Cambogia|Phnom Penh|}}
===== Rezia e Vindelicia =====
* {{Gemellaggio|USA|Orlando (Florida)|}}
[[Immagine:8095 - Roma - Ara Pacis - Tiberio - Foto Giovanni Dall'Orto - 28-Mar-2008.jpg|thumb|left|Busto di Tiberio ([[Roma]], [[Ara Pacis|Museo dell'Ara Pacis]], calco dell'originale di età augustea conservato alla [[Ny Carlsberg Glyptotek]] di [[Copenaghen]]).]]
* {{Gemellaggio|Vietnam|Ho Chi Minh (città)|}}
 
* {{Gemellaggio|Indonesia|Cirebon|}}
Sebbene Augusto, dopo la campagna in Oriente, avesse ufficialmente dichiarato in senato che avrebbe abbandonato la politica di espansione, ben sapendo che un'estensione territoriale eccessiva sarebbe stata letale per l'''imperium'' romano, decise comunque di attuare altre campagne per rendere sicuri i confini. Nel [[16 a.C.]] Tiberio, appena nominato [[Pretore (storia romana)|pretore]], accompagnò Augusto in [[Gallia]], dove trascorse i tre anni successivi, fino al [[13 a.C.]], per assisterlo nell'organizzazione e governo delle province galliche.<ref name="Scarre29"/><ref>R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', p.587.</ref> Il ''princeps'' fu accompagnato dal figliastro anche in una campagna punitiva oltre il [[Reno]], contro le tribù dei [[Sigambri]] e dei loro alleati, [[Tencteri]] ed [[Usipeti]], che nell'inverno del [[17 a.C.|17]]-[[16 a.C.]] avevano causato la sconfitta del [[proconsole]] [[Marco Lollio (console 21 a.C.)|Marco Lollio]] e la parziale distruzione della [[legio V Alaudae]] e la perdita delle insegne legionarie.<ref>Floro, ''Epitome di storia romana'', II, 30, 23-25;</br>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 20;</br>Velleio Patercolo, ''Storia di Roma'', II, 97;</br>Svetonio, ''Augusto'', 23;</br>Tacito, ''Annales'', I, 10.</ref>
 
Nel [[15 a.C.]] Tiberio, insieme al fratello [[Druso maggiore|Druso]], condusse una campagna contro le popolazioni di [[Rezia|Reti]], stanziati tra il [[Norico]] e la Gallia,<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 22, 1.</ref> e [[Vindelici]].<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 9; ''Claudio'', 1.</ref> Druso aveva già in precedenza scacciato dal territorio italico i Reti, resisi colpevoli di numerose scorrerie, ma Augusto decise di inviare anche Tiberio affinché la situazione fosse definitivamente risolta.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 22, 2.</ref> I due, nel tentativo di accerchiare il nemico attaccandolo su due fronti senza lasciargli vie di fuga, progettarono una grande "operazione a tenaglia" che misero in pratica anche grazie all'aiuto dei loro luogotenenti:<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 22, 4.</ref> Tiberio mosse dall'[[Elvezia]], mentre il fratello minore da [[Aquileia]] e [[Trento|Tridentum]], percorrendo la valle dell'[[Adige]] e dell'[[Isarco]] (alla cui confluenza costruì il ''Pons Drusi'', presso l'attuale [[Bolzano]]), e risalendo infine l'[[Inn]]. Tiberio, che avanzava da ovest, sconfisse i Vindelici nei pressi di [[Basilea]] e del [[lago di Costanza]]; in quel luogo i due eserciti poterono riunirsi e prepararsi a invadere la [[Baviera]]. L'azione congiunta permise ai due fratelli di avanzare fino alle sorgenti del [[Danubio]], dove ottennero l'ultima e definitiva vittoria sui Vindelici.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 41.</ref> Questi successi permisero ad Augusto di sottomettere le popolazioni dell'arco alpino fino al Danubio, e gli valsero una nuova acclamazione imperatoria,<ref>{{CIL|3|3117}}.</ref> mentre Druso, figliastro prediletto di Augusto, per questa ed altre vittorie, poté più tardi ottenere il trionfo. Su una montagna vicino a [[Principato di Monaco|Monaco]], presso l'attuale [[La Turbie]], venne eretto un [[trofeo delle Alpi|trofeo di Augusto]], per commemorare la pacificazione delle Alpi da un estremo all'altro e per ricordare i nomi di tutte le tribù sottomesse.
 
=====Dall'Illirico alla Macedonia, alla Tracia=====
Nel [[13 a.C.]], guadagnatosi ormai la reputazione di ottimo comandante,<ref name="Spinosa_41">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 41.</ref> fu nominato [[Console (storia romana)|console]]<ref name="Svetonio_9" /><ref name="Spinosa_42">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 42.</ref> ed inviato da Augusto nell'[[Illiria|Illirico]]:<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 31, 1-2.</ref> il valoroso [[Marco Vipsanio Agrippa|Agrippa]], infatti, che aveva a lungo combattuto contro le popolazioni ribelli della [[Pannonia]], morì appena tornato in Italia.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 28.</ref> La notizia della morte del generale provocò una nuova ondata di ribellioni tra le genti sconfitte da Agrippa,<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 31, 2.</ref> in particolare [[Dalmati]] e [[Breuci]], ed Augusto assegnò al figliastro il compito di pacificarle. Tiberio, assunto il comando dell'esercito nel [[12 a.C.]], sgominò le forze nemiche e attuò una politica di durissima repressione contro gli sconfitti;<ref name="Svetonio_9" /> grazie alla sua abilità strategica e all'astuzia che dimostrò<ref name="Spinosa_42" /> poté ottenere una vittoria totale, anche avvalendosi dell'aiuto di generali esperti come [[Marco Vinicio (console 19 a.C.)|Marco Vinicio]], governatore della [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]] e [[Lucio Calpurnio Pisone (console 15 a.C.)|Lucio Calpurnio Pisone]], nel giro di soli quattro anni. Nel 12 a.C. sottomise, dunque, i pannoni Breuci, avvalendosi anche dell'aiuto fornitogli dalla tribù degli [[Scordisci]], sottomessa poco tempo prima dal proconsole Marco Vinicio:<ref>Velleio Patercolo, ''Storia di Roma'', II, 39, 3;</br>Cassio Dione , ''Storia di Roma'', LIV, 31, 3.</ref> Privò i suoi nemici delle armi e vendette come schiavi la maggior parte dei loro giovani, dopo averli deportati. Contemporaneamente, lungo il fronte orientale, il governatore di [[Galazia]] e [[Licia e Panfilia|Panfilia]], [[Lucio Calpurnio Pisone (console 15 a.C.)|Lucio Calpurnio Pisone]], era stato costretto ad intervenire in [[Tracia]], poiché le [[Traci|genti]] del luogo, in particolare i [[Bessi]], minacciavano il sovrano trace, [[Remetalce I]], alleato di [[Roma]].
 
[[Immagine:8099 - Roma - Ara Pacis - Druso Maggiore - Foto Giovanni Dall'Orto - 30-Mar-2008.jpg|thumb|right|Busto di [[Druso maggiore]], fratello di Tiberio ([[Roma]], [[Ara Pacis|Museo dell'Ara Pacis]], calco dell'originale di età tiberiana conservato ai [[Musei Capitolini]] di Roma.]]
 
L'[[11 a.C.]] vide Tiberio impegnato prima contro i [[Dalmati]], che si erano nuovamente ribellati, e poco dopo ancora contro i [[Pannoni]] che avevano approfittato della sua assenza per cospirare nuovamente. Il giovane generale fu dunque notevolemente impegnato nel combattere contemporaneamente contro più popoli nemici, e fu costretto più volte a spostarsi da un fronte all'altro. Nel [[10 a.C.]] i [[Daci]] si spinsero oltre il [[Danubio]], effettuando gravi razzie nei territori di [[Pannoni]] e [[Dalmati]]. Questi ultimi, dunque, vessati anche dai tributi imposti loro da Roma, si ribellarono nuovamente. Tiberio, che si era recato in [[Gallia]] insieme ad Augusto al principio dell'anno, fu così costretto a far ritorno sul fronte illirico, per affrontarli e batterli ancora una volta. Al termine dell'anno poté finalmente fare ritorno a [[Roma]] insieme al fratello Druso e ad Augusto.
 
Conclusasi la lunga campagna, anche la [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]], ormai definitivamente inglobata nello stato romano e avviata al processo di romanizzazione, fu affidata come [[provincia imperiale]] al diretto controllo di Augusto: era infatti necessario che vi fosse stanziato permanentemente un esercito pronto a respingere eventuali assalti lungo i confini e a reprimere possibili nuove rivolte.<ref name="Spinosa_42" /> Augusto, tuttavia, evitò in un primo momento di ufficializzare la ''[[imperator|salutatio imperatoria]]'' che i legionari avevano tributato a Tiberio, e si rifiutò di tributare al figliastro anche la cerimonia del [[trionfo]], contro il parere che il senato aveva espresso.<ref name="Dione_Onori">Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 31, 4.</ref>
A Tiberio fu comunque concesso di percorrere la [[via Sacra]] su di un carro ornato delle insegne trionfali e di celebrare un'[[ovazione]]:<ref name="Dione_Onori" /> si trattò di un uso del tutto nuovo, che, sebbene inferiore al festeggiamento del trionfo vero e proprio, costituiva comunque un notevole onore.<ref name="Svetonio_9" /><ref name="Spinosa_43">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 43.</ref>
 
Nel [[9 a.C.]] Tiberio si dedicò interamente alla riorganizzazione della nuova provincia dell'[[Illiria|Illirico]]. Mentre da Roma, dove aveva festeggiato la sua vittoriosa campagna, tornava ai confini orientali, Tiberio fu avvisato che il fratello Druso, mentre si trovava sulle rive dell'[[Elba (fiume)|Elba]] a combattere contro le popolazioni germaniche,<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 1.</ref> era caduto da cavallo fratturandosi il femore.<ref name="Spinosa_43" /> L'incidente sembrò di poco conto, e fu dunque trascurato; le condizioni di Druso, tuttavia, peggiorarono repentinamente nel [[settembre]], e Tiberio lo raggiunse a ''[[Mogontiacum]]'' per portargli conforto, dopo aver percorso, in un giorno solo, oltre duecento miglia.<ref name="Dione_morte_Druso">Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 2, 1.</ref> Druso, alla notizia dell'arrivo del fratello, ordinò che le legioni lo accogliessero degnamente, e spirò più tardi tra le sue braccia.<ref name="Spinosa_44">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 44.</ref> Fu dunque lo stesso Tiberio condurre il corteo funebre che riportò la salma di Druso a Roma, precedendo tutti a piedi.<ref name="Svetonio_7">Svetonio, ''Tiberio'', 7.</ref><ref name="Dione_morte_Druso" /> A Roma, pronunciò una ''laudatio funebris'' per il fratello defunto nel [[Foro Romano|Foro]], mentre Augusto pronunciò la sua nel [[Circo Flaminio]]; il corpo di Druso fu poi cremato nel [[Campo Marzio]] e deposto nel [[Mausoleo di Augusto]].<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 2, 2.</ref>
 
===== Germania =====
{{vedi anche|sezione=s|[[Occupazione romana della Germania sotto Augusto#Campagne di Tiberio (8-7 a.C.)|Occupazione romana della Germania sotto Augusto: campagne di Tiberio (8-7 a.C.)]]}}
 
Negli anni [[8 a.C.|8]] - [[7 a.C.]] Tiberio si recò nuovamente, mandato da Augusto, in [[Germania]] per continuare l'opera iniziata dal fratello Druso e combattere le popolazioni germaniche, dopo la sua prematura scomparsa. Attraversò, dunque, il [[Reno]],<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 6, 1.</ref> e, spaventate, le tribù dei barbari, ad eccezione dei [[Sigambri]], avanzarono proposte di pace, ma ricevettero un netto rifiuto, in quanto sarebbe stato inutile concludere una pace senza l'adesione dei pericolosi Sigambri stessi; quando anch'essi inviarono degli uomini, Tiberio li fece massacrare e deportare.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 6, 3.</ref> Per i risultati ottenuti in Germania, Tiberio ed Augusto guadagnarono nuovamente l'acclamazione ad ''imperator''<ref name="Dione_6_4">Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 6, 4.</ref> e Tiberio fu designato console per il [[7 a.C.]]<ref name="Dione_6_5">Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 6, 5.</ref> Poté dunque portare a termine l'opera di consolidamento del potere romano sulla regione costruendo numerosi forti, tra cui quelli di [[Oberaden (accampamento romano)|Oberaden]] e [[Haltern (accampamento romano)|Haltern]],<ref>Secondo Cassio Dione (''Storia romana'', LIV, 33) i due ''castra'' furono fondati da Druso nell'[[11 a.C.]]</ref> ed espandendo dunque l'influenza romana fino al fiume [[Weser]].
 
=== Allontanamento dalla vita politica (6 a.C. - 4 d.C.) ===
[[Immagine:Tiberius bust.jpg|thumb|left|Un busto di Tiberio conservato a [[Parigi]], nel [[Museo del Louvre]].]]
 
Perseguendo gli interessi politici della famiglia, Tiberio fu spinto da Augusto nel [[12 a.C.]] a divorziare dalla prima moglie, [[Vipsania Agrippina]], figlia di [[Marco Vipsanio Agrippa]], che aveva sposato nel [[16 a.C.]] e da cui aveva avuto un figlio, [[Druso minore]]; l'anno successivo sposò infatti [[Giulia maggiore]], figlia dello stesso Augusto e quindi sua sorellastra, vedova dello stesso Agrippa.<ref name="Augusto_63" /><ref>R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', pp.204 e 473.</ref><ref name="Grant23">M.Grant, ''Gli imperatori romani'', p.23.</ref> Tiberio era sinceramente innamorato della prima moglie Vipsania, e se ne allontanò con grande rammarico;<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 7. Svetonio racconta anche che, incontrando Vipsania dopo la separazione, Tiberio rimase commosso:{{quote|Per quanto concerne Agrippina, non soltanto soffrì all'atto della separazione, ma, dopo il divorzio, avendola vista una sola volta per caso, la seguì con uno sguardo tanto felice e tanto commosso, che si ebbe cura di non farla più venire in sua presenza.|Trad. di Felice Dessì, ''Vite dei Cesari'', BUR.|Sed Agrippinam et abegisse post diuortium doluit et semel omnino ex occursu uisam adeo contentis et [t]umentibus oculis prosecutus est, ut custoditum sit ne umquam in conspectum ei posthac ueniret.|lingua=la}}</ref> il sodalizio con Giulia, poi, vissuto dapprima con concordia e amore,<ref name="Svetonio_7" /> si guastò ben presto, dopo la morte del figlio ancora infante che era nato loro ad [[Aquileia]].<ref name="Svetonio_7" /> Al carattere di Tiberio, inoltre, particolarmente riservato, si contrapponeva quello licenzioso di Giulia, circondata da numerosi amanti.<ref name="Spinosa_48">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 48.</ref>
 
Nel [[6 a.C.]], Augusto decise di conferire a Tiberio la ''[[Tribuno della plebe|tribunicia potestas]]'' (''potestà tribunizia'') per 5 anni:<ref name="Svetonio_9" /><ref name="Dione_Tribunicia">Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 9, 4.</ref><ref name="Mazzarino_Tribunicia_potestas">Mazzarino, ''L'impero romano'', p.79.</ref> essa rendeva sacra e inviolabile la persona di Tiberio, e conferiva inoltre il diritto di veto. In questo modo Augusto sembrava voler avvicinare a sé il figliastro, e poteva inoltre porre un freno all'esuberanza dei giovani nipoti, [[Gaio Cesare|Gaio]] e [[Lucio Cesare]], figli di Agrippa, che aveva adottato e che apparivano come i favoriti nella successione.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 9, 1.</ref>
 
Malgrado questo onore, Tiberio decise di ritirarsi dalla vita politica e abbandonare la città di Roma, per andarsene in un volontario esilio sull'isola di [[Rodi]], che lo aveva affascinato fin dai giorni in cui vi era approdato, di ritorno dall'Armenia.<ref name="Svetonio_11">Svetonio, ''Tiberio'', 11.</ref><ref name="Scarre29"/> Alcuni sostengono come il Grant, che fosse indignato e sconcertato dalla situazione,<ref name="Grant23"/> altri che sentiva la scarsa considerazione di Augusto nei suoi confronti per essere stato usato quale tutote dei suoi due nipoti, Caio e Lucio Cesare, gli eredi designati, oltre ad un crescente disagio e disgusto nei confronti della nuova moglie.<ref>Howard H. Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.323.</ref>
 
Si trattava di una scelta strana e improvvisa, che Tiberio prese proprio nel momento in cui stava ottenendo numerosi successi, mentre si trovava nel mezzo della giovinezza ed in piena salute.<ref name="Svetonio_10">Svetonio, ''Tiberio'', 10.</ref> Augusto e Livia tentarono inutilmente di trattenerlo, e il ''princeps'' arrivò addirittura a parlare della questione in senato; Tiberio, in risposta, decise di smettere di mangiare e rimase a digiuno per quattro giorni, fino a quando non gli fu concesso di lasciare l'Urbe per recarsi dove desiderava.<ref name="Svetonio_10" /> Gli storici antichi non seppero dare un'interpretazione univoca della vicenda, che appariva, in effetti, abbastanza strana. Svetonio riassunse tutte le motivazioni che potevano aver portato Tiberio a lasciare Roma:{{quote|[...] è dubbio se per disgusto di sua moglie, che non osava né ripudiare né incriminare, ma che non poteva sopportare più oltre, o se, invece, per affermare o anche accrescere, con la lontananza, la sua autorità, nel caso che lo stato avesse bisogno di lui, evitando di stancare con la sua continua presenza. Certi stimano che, essendo allora adulti i figli di Augusto,<ref>Si tratta di Gaio e Lucio Cesare.</ref> cedette loro il passo spontaneamente, come se il secondo rango fosse stato un patrimonio a lungo usurpato, seguendo così l'esempio di Marco Agrippa che, quando aveva visto Marco Marcello chiamato a incarichi pubblici, si era ritirato a Mitilene per non sembrare, con la sua presenza in Roma, atteggiarsi a suo concorrente o a suo censore. Questa è, del resto, la versione che diede egli stesso, ma solo più tardi. In quell'epoca egli chiese un congedo motivandolo con il fatto che era sazio di onori e che voleva trovare riposo [...]|[[Svetonio]], ''Tiberio'', 10; trad. di Felice Dessì, ''Le vite dei Cesari'', BUR.|[...] dubium uxorisne taedio, quam neque criminari aut dimittere auderet neque ultra perferre posset, an ut uitato assiduitatis fastidio auctoritatem absentia tueretur atque etiam augeret, si quando indiguisset sui res p. Quidam existimant, adultis iam Augusti liberis, loco et quasi possessione usurpati a se diu secundi gradus sponte cessisse exemplo M. Agrippae, qui M. Marcello ad munera publica admoto Mytilenas abierit, ne aut obstare aut obtrectare praesens uideretur. Quam causam et ipse, sed postea, reddidit. Tunc autem honorum satietatem ac requiem laborum praetendens commeatum petit; [...]|lingua=la}}
 
[[Cassio Dione Cocceiano|Cassio Dione]] scrisse, invece, che l'allontanamento di Tiberio era stato decretato da Augusto, poiché Lucio e Gaio «ritenevano di essere stati declassati, e Tiberio iniziava a temere il loro risentimento.»<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 9, 5.</ref>
[[Immagine:8089 - Roma - Ara Pacis - Caio Cesare - Foto Giovanni Dall'Orto - 28-Mar-2008.jpg|thumb|Busto di [[Gaio Cesare]] da bambino ([[Roma]], [[Ara Pacis|Museo dell'Ara Pacis]], calco dell'originale di età augustea conservato al [[Museo archeologico oliveriano|Museo Oliveriano]] di [[Pesaro]]).]]
Per tutto il periodo della sua permanenza a Rodi (per quasi otto anni<ref name="Scarre29"/>), Tiberio mantenne un atteggiamento sobrio e defilato, evitando di porsi al centro dell'attenzione o di prender parte alle vicende politiche dell'isola: se non in un unico caso, infatti, non fece mai uso dei poteri che gli derivavano dalla ''tribunicia potestas'' di cui era stato investito.<ref name="Svetonio_11" /> Quando, tuttavia, nell'[[1 a.C.]] smise di goderne, decise di chiedere il permesso di rivedere i suoi parenti: stimava, infatti, che, seppure partecipe delle vicende politiche, non avrebbe più potuto in alcun modo mettere a repentaglio il primato di Gaio e Lucio Cesare. Ricevette tuttavia un rifiuto<ref name="Svetonio_11" /> Decise allora di fare appello alla madre, che tuttavia non poté ottenere altro che Tiberio venisse nominato legato di Augusto a Rodi, e che dunque la sua disgrazia fosse almeno in parte celata.<ref name="Svetonio_12">Svetonio, ''Tiberio'', 12.</ref> Si rassegnò dunque a continuare a vivere come un privato cittadino, timoroso e sospetto, evitando tutti coloro che venivano a fargli visita sull'isola. Nel [[2 a.C.]] la moglie Giulia fu condannata all'esilio sull'isola di [[Ventotene]], e il suo matrimonio con lei fu di conseguenza annullato da Augusto: Tiberio, per quanto contento della notizia, cercò di dimostrarsi magnanimo nei confronti della lussuriosa Giulia, nel tentativo di riconquistare la stima di Augusto.<ref name="Svetonio_11" /> Nell'[[1 a.C.]] decise di far visita a Gaio Cesare che era appena giunto a [[Samo]], dopo che Augusto gli aveva conferito l'''imperium'' proconsolare e lo aveva incaricato di compiere una missione in Oriente, dove, morto [[Tigrane III]], il problema armeno si era riaperto. Tiberio lo onorò mettendo da parte ogni rivalità ed umiliandosi, ma Gaio, spinto dall'amico [[Marco Lollio (console 21 a.C.)|Marco Lollio]], fermo oppositore di Tiberio, lo trattò con distacco.<ref name="Svetonio_12" />
Soltanto nel [[1|1 d.C.]], dopo sette anni dalla sua partenza, a Tiberio fu concesso di fare ritorno a Roma, grazie anche all'intercessione della madre Livia, ponendo fine a quello che aveva smesso di essere un esilio volontario: Gaio Cesare, infatti, che si era allontanato da Lollio, decise di acconsentire al ritorno, e Augusto, che aveva rimesso la questione nelle mani del nipote, lo richiamò in patria, facendogli però giurare che non si sarebbe interessato in alcun modo al governo dello stato.<ref name="Svetonio_13">Svetonio, ''Tiberio'', 13.</ref>
 
A Roma, intanto, i giovani ''nobiles'', che sostenevano i due Cesari, avevano sviluppato un forte sentimento di odio verso Tiberio, e continuavano a vederlo come un ostacolo all'ascesa di Gaio Cesare. Lo stesso Marco Lollio, prima dell'allontanamento da Gaio Cesare, si era offerto per andare a Rodi ad uccidere Tiberio,<ref name="Svetonio_13" /> e molti altri nutrivano lo stesso proposito.<ref name="Spinosa_61">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 61.</ref> Al suo ritorno nell'Urbe, dunque, Tiberio dovette agire con grande cautela, senza mai abbandonare il proposito di riacquisire il prestigio e l'influenza che aveva perduto nell'esilio di Rodi.<ref>Svetonio (''Tiberio'', 14) racconta che Tiberio poté tornare a Roma nell'agosto del [[2]], sicuro di poter raggiungere il supremo potere grazie ad una serie di presagi che gli si presentarono.</ref><ref name="Scarre29"/><ref name="Spinosa_66">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 66.</ref>
 
Proprio quando la loro popolarità aveva raggiunto i massimi livelli, Lucio e Gaio Cesare morirono, rispettivamente nel [[2]] e nel [[4]], non senza che si sospettasse che Livia Drusilla avesse avuto qualche ruolo nella loro morte: il primo si era misteriosamente ammalato, mentre il secondo era stato colpito a tradimento in Armenia, mentre discuteva con i nemici una proposta di pace.<ref name="Spinosa_67">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 67.</ref> Tiberio, dunque, che al suo ritorno aveva lasciato la sua vecchia casa per trasferirsi nei giardini di [[Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]] (dei quali resta oggi il cosiddetto [[Auditorium di Mecenate|Auditorium]], fatto forse decorare con [[pittura romana di giardino|pitture di giardino]] proprio da Tiberio) e aveva evitato in ogni modo di partecipare alla vita pubblica,<ref name="Svetonio_15">Svetonio, ''Tiberio'', 15.</ref> fu adottato da Augusto, che non aveva ormai altri eredi. Il ''princeps'' lo costrinse, però, ad adottare a sua volta il nipote [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]], figlio del fratello Druso maggiore, sebbene Tiberio avesse già un figlio, concepito dalla prima moglie, Vipsania, di nome [[Druso minore]] e più giovane di un anno soltanto.<ref>R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', p.146.</ref><ref name="Grant23"/> L'adozione di Tiberio, che prese il nome di Tiberio Giulio Cesare, fu celebrata il [[26 giugno]] del [[4]] con grandi festeggiamenti, e Augusto ordinò che si distribuisse alle truppe oltre un milione di sesterzi.<ref name="Svetonio_15" /><ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 13.</ref><ref name="Spinosa_68">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 68.</ref> Il ritorno di Tiberio al potere supremo dava, infatti, non solo al [[Principato]] una naturale stabilità, continuità e una concordia interna, ma nuovo slancio alla politica augustea di conquista e gloria all'esterno dei [[limes romano|confini imperiali]].<ref name="Syme156"/>
 
=== Nuovi successi militari (4 - 11) ===
==== In Germania (4 - 6) ====
{{vedi anche|sezione=s|[[Occupazione romana della Germania sotto Augusto#Ritorno di Tiberio in Germania (4-5)|Occupazione romana della Germania sotto Augusto: campagne di Tiberio (4-5)]]|[[Occupazione romana della Germania sotto Augusto#Tiberio e Maroboduo (6)|campagne di Tiberio (6)]]}}
[[Immagine:Germania_Enobarbo_e_Tiberio_jpg.jpg|380px|right|thumb|Le campagne di Tiberio e del suo legato, [[Gaio Senzio Saturnino (console 19 a.C.)|Gaio Senzio Saturnino]], in Germania nel [[4]] - [[6]].]]
 
Subito dopo la sua adozione, Tiberio fu nuovamente investito dell'''imperium'' proconsolare e della ''tribunicia potestas'' quinquennale<ref name="Svetonio_16">Svetonio, ''Tiberio'', 16.</ref> o decennale<ref name="Spinosa_68" /> e inviato da Augusto in Germania, poiché i precedenti generali ([[Lucio Domizio Enobarbo (console 16 a.C.)|Lucio Domizio Enobarbo]], legato dal [[3 a.C.|3]] all'[[1 a.C.]], e [[Marco Vinicio (console 19 a.C.)|Marco Vinicio]] dall'[[1]] al [[3]]) non erano riusciti a espandere ulteriormente la zona d'influenza romana rispetto alle conquiste che Druso maggiore aveva portato a termine tra il [[12 a.C.|12]] e il [[9 a.C.]]. Tiberio desiderava inoltre riacquistare il favore delle truppe dopo un decennio di assenza.<ref name="Syme155">R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', p.155.</ref>
 
Dopo un trionfale viaggio durante il quale fu più volte festeggiato dalle legioni che già aveva comandato in precedenza, Tiberio giunse in Germania, dove, nel corso di due campagne svolte tra il [[4]] e il [[5]], occupò in modo permanente, con nuove azioni militari, tutte le terre della zona settentrionale e centrale comprese tra i fiumi [[Reno]] ed [[fiume Elba|Elba]].<ref name="Spinosa_69">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 69.</ref> Nel 4 sottomise [[Canninefati]], [[Cattuari]] e [[Bructeri]], e riportò sotto il dominio romano i Cherusci, che se ne erano sottratti. Assieme al legato [[Gaio Senzio Saturnino (console 19 a.C.)|Gaio Senzio Saturnino]], decise di avanzare ancora di più nel territorio germanico per superare il fiume Weser, e organizzò nel 5 una grande operazione che prevedeva l'impiego delle forze terrestri e della flotta proveniente dal [[Mare del Nord]]: poté così stringere in una morsa letale i temibili [[Longobardi]] assieme a [[Cimbri]], [[Cauci]] e [[Senoni]], che furono costretti a deporre le armi e ad arrendersi al potere di Roma.<ref>Velleio Patercolo, ''Storia di Roma'', II, 107, 2-3.</ref><ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', pp. 69-70.</ref>
 
L'ultimo atto necessario era quello di occupare anche la parte meridionale della Germania, ovvero la [[Boemia]] dei [[Marcomanni]] di [[Maroboduo]], al fine di completare il progetto di annessione e portare il confine dal fiume Reno all'Elba.<ref name="Syme156">R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', p.156.</ref><ref>Velleio Patercolo, ''Storia di Roma'', II, 108, 1.</ref> Tiberio aveva progettato un complesso piano d'attacco che prevedeva l'impiego di numerose legioni, quando scoppiò una grande rivolta in [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]] e [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]], che fermò dunque l'avanzata di Tiberio e del suo legato Senzio Saturnino in [[Moravia (Repubblica Ceca)|Moravia]]. La campagna, progettata come una "manovra a tenaglia", costituiva infatti una grande operazione strategica in cui gli eserciti di Germania (2-3 legioni), Rezia (2 legioni) ed Illirico (4-5 legioni) dovevano riunirsi in un punto convenuto e sferrare l'ultimo attacco.<ref name="Spinosa_70">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 70.</ref> Lo scoppio della rivolta dalmato-pannonica, però, impediva che le legioni dell'Illirico raggiungessero la Germania, e c'era inoltre il rischio che Maroboduo si alleasse ai ribelli per marciare contro Roma: Tiberio, dunque, quando era a pochi giorni di marcia dal territorio nemico, concluse in fretta un trattato di pace con il capo marcomanno, e si diresse al più presto in Illirico.<ref name="Svetonio_16" /><ref name="Spinosa_70" />
 
==== Nell'Illirico (6 - 9) ====
{{vedi anche|Rivolta dalmato-pannonica del 6-9}}
Dopo un quindicennio di relativa tranquillità, nel [[6]] l'intero settore [[Dalmazia (provincia romana)|dalmato]]-[[Pannonia (provincia romana)|pannonico]] riprese le armi contro il potere di [[Impero romano|Roma]]:<ref name="Syme156"/> la causa della nuova insurrezione era il malgoverno dei magistrati inviati da Roma a gestire le province, che erano state vessate mediante l'imposizione di gravosi tributi.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LVI, 16, 3.</ref> L'insurrezione ebbe inizio nella zona sudorientale dell'[[Illiria|Illirico]], fra il popolo dei dalmati [[Desiziati]], comandati da un certo Batone,<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 29, 2.</ref> a cui si unirono le tribù dei pannoni [[Breuci]], sotto il comando di un certo Pinnes e di un secondo Batone.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 29, 3.</ref>
 
Con il timore di altre ribellioni ovunque nell'Impero, il reperimento delle reclute diventò problematico, tanto da dover essere utilizzata la "ferma" obbligatoria e nuove tassazioni per far fronte a una simile emergenza.<ref name="Syme156"/> Le forze messe in campo dai Romani furono tanto ingenti, come dai tempi delle [[seconda guerra punica|guerre annibaliche]] o [[Cimbri|cimbriche]] di [[Gaio Mario]] non si ricordava: dieci [[legione romana|legioni]] ed oltre ottanta [[truppe ausiliarie dell'esercito romano|unità ausiliarie]], pari a circa cento/centoventimila armati.<ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', p.180.</ref>
 
Tiberio mandò avanti i suoi luogotenenti perché sbarrassero la strada ai nemici nel caso avessero deciso di marciare contro l'Italia:<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 30, 1.</ref> [[Marco Valerio Messalla Messallino]] riuscì a sconfiggere un esercito di 20 000 uomini e si asserragliò a ''[[Siscia]]'', mentre [[Aulo Cecina Severo]] difese la città di ''[[Sirmium]]'' (Sirmio) evitandone la caduta, e respinse Batone il Pannone presso il fiume [[Drava]].<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 30, 4.</ref> Tiberio giunse sul teatro della guerra sul finire dell'anno, quando gran parte del territorio, ad eccezione di poche piazzeforti, era nelle mani dei ribelli, e anche la Tracia era scesa in guerra a fianco dei Romani.
[[Immagine:Rivolta pannonica 9 jpg.jpg|thumb|475px|left|La campagna di Tiberio in Illirico nel [[9]].]]
Poiché a Roma si temeva che Tiberio indugiasse nella risoluzione del conflitto,<ref name="Spinosa_71">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 71.</ref> nel [[7]] Augusto inviò presso di lui [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]] in qualità di [[questore (storia romana)|questore]];<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 31, 1.</ref> il generale, intanto, meditava di riunire gli eserciti romani impegnati della regione lungo il fiume [[Sava]], in modo tale da poter disporre di oltre dieci legioni. Da Sirmio, dunque, Cecina e [[Marco Plauzio Silvano]] condussero l'esercito verso Siscia, sconfiggendo le forze congiunte dei ribelli nella battaglia delle paludi Volcee.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 32, 3.</ref> Ricongiunte le forze, Tiberio inflisse ripetute sconfitte ai nemici, ristabilendo l'egemonia romana sulla valle del Sava e consolidando le conquiste ottenute mediante la costruzione di alcuni forti. In previsione dell'inverno, dunque, separò nuovamente le legioni, inviandole a presidiare i confini, e trattenendone cinque con sé a Siscia.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 32, 3.</ref>
 
Nell'[[8]] Tiberio riprese le manovre militari e sconfisse in agosto un nuovo esercito pannone; a seguito della sconfitta, Batone il Pannone tradì Pinnes consegnandolo ai Romani, ma fu poi catturato e giustiziato per ordine di Batone il Dalmata, che prese il comando anche delle forze dei Pannoni.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 34, 4.</ref> Tuttavia Silvano, poco più tardi, riuscì a sconfiggere gli stessi pannoni Breuci, che erano stati tra i primi popoli a ribellarsi.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LV, 34, 7.</ref> Iniziata ormai la penetrazione romana in Dalmazia, Tiberio dispose le truppe in modo tale da poter sferrare l'attacco finale nell'anno successivo.
 
Nel [[9]] Tiberio riprese le ostilità suddividendo in tre colonne l'esercito e ponendosi assieme a Germanico alla guida di una di esse. Mentre i suoi luogotenenti spegnevano gli ultimi residui focolari di ribellione, egli si addentrò nel territorio dalmata alla ricerca del capo ribelle Batone il Dalmata:<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LVI, 12, 2.</ref> ricongiuntosi con la colonna guidata dal nuovo legato [[Marco Emilio Lepido (console 6)|Marco Emilio Lepido]], lo raggiunse nella città di ''[[Andretium]]'', dove il ribelle si arrese ponendo fine, dopo quattro anni, al conflitto.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LVI, 16.</ref>
 
Per la vittoria, Tiberio fu insiginito ancora una volta del titolo di ''imperator'' e ottenne il trionfo, che celebrò tuttavia solo più tardi,<ref name="Dione_51_17">Cassio Dione, ''Storia romana'', LVI, 17, 1.</ref> mentre a Germanico furono concessi gli ''ornamenta triumphalia''.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LVI, 17, 2.</ref>
 
==== Ancora in Germania (9 - 11) ====
Nel [[9]], dopo che Tiberio aveva brillantemente sconfitto i ribelli dalmati, l'esercito romano di stanza in Germania, guidato da [[Publio Quintilio Varo]],<ref>Velleio Patercolo, ''Storia di Roma'', II, 119, 4.</ref> fu attaccato e sconfitto in un'imboscata da un esercito germanico guidato da [[Arminio]] mentre attraversava la [[battaglia della foresta di Teutoburgo|selva di Teutoburgo]]. Tre legioni, costituite dagli uomini più esperti e addestrati, furono totalmente annientate,<ref>Velleio Patercolo, ''Storia di Roma'', II, 119.</ref> e le conquiste romane oltre il Reno andarono perdute, poiché rimasero del tutto prive di un esercito di guarnigione che le custodisse. Augusto, inoltre, temeva che dopo una simile disfatta romana Galli e Germani, alleatisi, marciassero contro l'Italia; fondamentale perché questo timore potesse risultare vano fu l'apporto del sovrano dei Marcomanni [[Maroboduo]], che tenne fede ai patti stipulati con Tiberio nel [[6]] e rifiutò l'alleanza con Arminio.
 
Tiberio, pacificato l'Illirico, tornò a Roma, dove decise di posticipare la celebrazione del trionfo che gli era stato tributato in modo tale da rispettare il lutto imposto per la disfatta di Varo.<ref name="Svetonio_17" /> Il popolo avrebbe comunque desiderato che prendesse un soprannome, come Pannonico, Invitto o Pio, che ricordasse le sue grandi imprese; Augusto, tuttavia, respinse le richieste rispondendo che un giorno avrebbe preso anch'egli l'appellativo di Augusto,<ref name="Svetonio_17" /> e poi lo inviò sul [[Reno]], per evitare che il nemico germanico attaccasse la [[Gallia]] e che le province appena pacificate potessero rivoltarsi nuovamente ancora una volta in cerca dell'indipendenza.
 
Giunto in Germania, Tiberio poté constatare la gravità della disfatta di Varo e delle sue conseguenze, che impedivano di progettare una nuova riconquista delle terre che andavano fino all'Elba.<ref name="Svetonio_18">Svetonio, ''Tiberio'', 18.</ref><ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LVI, 24, 6.</ref> Adottò, dunque, una condotta particolarmente prudente, prendendo ogni decisione assieme al consiglio di guerra ed evitando di far ricorso, per la trasmissione di messaggi, a uomini del luogo come interpreti; sceglieva allo stesso modo con cura i luoghi in cui erigere gli accampamenti, in modo tale da fugare qualsiasi pericolo di rimanere vittima di una nuova imboscata;<ref name="Svetonio_18" /> mantenne, infine, tra i legionari una disciplina ferrea, punendo in modo estremamente rigoroso tutti coloro che trasgredivano i suoi rigidi ordini.<ref name="Svetonio_19">Svetonio, ''Tiberio'', 19.</ref> In questo modo poté ottenere numerose vittorie e confermare il confine lungo il fiume Reno, mantenendo fedeli a Roma i popoli germanici, tra cui [[Batavi]], [[Frisoni]] e [[Cauci]], che abitavano quei luoghi.<ref name="Svetonio_19" />
 
===La successione (12 - 14)===
[[Immagine:RomaAraPacis ProcessioneSudParticolare.jpg|thumb|right|325px|La processione della famiglia di Augusto sul lato sud dell'[[Ara Pacis]].]]
La successione fu una delle più grandi preoccupazioni della vita di Augusto, spesso affetto da malattie che avevano fatto più volte temere una sua morte prematura. Il ''princeps'' aveva sposato nel [[42 a.C.]] [[Clodia Pulcra]], figliastra di Antonio, ma l'aveva poi ripudiata l'anno successivo (41 a.C.), per sposare prima Scribonia e, poco dopo, Livia Drusilla.
 
Per alcuni anni Augusto sperò di avere come erede il genero [[Marco Claudio Marcello (nipote di Augusto)|Marco Claudio Marcello]], figlio di sua sorella Ottavia, che fece sposare con sua figlia Giulia, nel 25 a.C.<ref name="Augusto_63">Svetonio, ''Augusto'', 63.</ref> Marcello fu così adottato, ma morì ancora in giovanissima età due anni più tardi. Augusto costrinse allora Agrippa a sposare la giovanissima Giulia, scegliendo dunque come successore il fidato amico, cui attribuì l'''imperium'' proconsolare e la ''tribunicia potestas''.<ref name="Augusto_63" /> Tuttavia anche Agrippa morì prima di Augusto, nel [[12 a.C.]], mentre si distinguevano per le loro imprese Druso, favorito dello stesso Augusto, e Tiberio.<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LIV, 33, 5; 34, 3.</ref> Dopo la prematura morte di Druso, il ''princeps'' diede la figlia Giulia in sposa a Tiberio,<ref name="Augusto_63" /> ma adottò i figli di Agrippa, Gaio e Lucio Cesare:<ref name="Augusto_64">Svetonio, ''Augusto'', 64.</ref> anche'essi morirono però in giovane età, non senza che si sospettasse un coinvolgimento di Livia. Augusto, dunque, non poté che adottare Tiberio, poiché l'unico altro discendente diretto di sesso maschile ancora in vita, il figlio di Agrippa, [[Agrippa Postumo]], appariva brutale e del tutto privo di buone qualità, ed era stato mandato al confino nell'isola di [[Pianosa]].<ref>Tacito, ''Annales'', I, 3, 4;</br>Svetonio, ''Augusto'', 19; 65.</ref>
 
Secondo Svetonio,<ref name="Svetonio_21" /> tuttavia, Augusto, per quanto affezionato al figliastro, ne biasimava spesso alcuni aspetti, ma scelse comunque di adottarlo per più motivi:{{quote|[...] E non ignoro nemmeno che, secondo alcuni, [...] acconsentì ad adottarlo solo per le preghiere di sua moglie, e anche spinto dal desiderio di farsi maggiormente rimpiangere, dandosi un simile successore. Non posso però credere che quel principe tanto circospetto e prudente abbia agito alla leggera in un caso di così grande importanza; credo piuttosto che abbia accuratamente pesato le virtù e i vizi di Tiberio e trovato maggiori le virtù, soprattutto tenendo conto che aveva giurato in assemblea di adottarlo nell'interesse dello stato, e che in molte sue lettere lo celebrò come un grande comandante militare e l'unico sostegno del popolo romano. [...]|[[Svetonio]], ''Tiberio'', 21; trad. di Felice Dessì, ''Vite dei Cesare'', BUR.|[...] Ne illud quidem ignoro aliquos tradidisse [...] expugnatum precibus uxoris adoptionem non abnuisse, uel etiam ambitione tractum, ut tali successore desiderabilior ipse quandoque fieret. Adduci tamen nequeo quin existimem, circumspectissimum et prudentissimum principem in tanto praesertim negotio nihil temere fecisse; sed uitiis Tiberi[i] uirtutibusque perpensis potiores duxisse uirtutes, praesertim cum et rei p. causa adoptare se eum pro contione iurauerit et epistulis aliquot ut peritissimum rei militaris utque unicum p. R. praesidium prosequatur. [...]|lingua=la}}
 
Tiberio, dunque, dopo aver portato a termine le operazioni in Germania, celebrò in Roma il trionfo per la campagna in Dalmazia e Pannonia nell'ottobre del [[12]],<ref name="Scarre30">C.Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', p.30.</ref> in occasione del quale si prostrò pubblicamente di fronte ad Augusto,<ref name="Svetonio_20">Svetonio, ''Tiberio'', 20.</ref> e ottenne nel [[13]] il rinnovo della ''tribunicia potestas'' e l'''imperium proconsulare maius'', titoli che ne completavano di fatto la successione, elevandolo al rango effettivo di coreggente, insieme allo stesso Augusto:<ref name="Grant23"/><ref name="Scullard324">Howard H. Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.324.</ref> poteva, dunque, amministrare le province, comandare gli eserciti, ed esercitare pienamente il potere esecutivo. Tuttavia già dal momento della sua adozione Tiberio aveva iniziato a prendere parte attiva al governo dello stato, coadiuvando il patrigno nella promulgazione delle leggi e nell'amministrazione.<ref name="Spinosa_77">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 77.</ref>
 
Nel [[14]], Augusto, ormai prossimo alla morte, chiamò con sé Tiberio sull'isola di [[Capri]]: l'erede, che non ci era mai stato, ne rimase profondamente affascinato. Lì si decise che Tiberio si sarebbe nuovamente recato in Illirico per dedicarsi alla riorganizzazione amministrativa della provincia; i due ripartirono assieme per Roma, ma Augusto, colto da un improvviso malore, fu costretto a fermarsi nella sua villa di Nola, l'''Octavianum'', mentre Tiberio proseguì per l'Urbe e partì poi per l'Illirico, com'era stato concordato.<ref name="Spinosa_79">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 79.</ref> Proprio mentre si avvicinava alla provincia Tiberio fu urgentemente richiamato indietro perché il patrigno, che non si era più potuto spostare da Nola, era ormai in fin di vita.<ref name="Svetonio_21">Svetonio, ''Tiberio'', 21.</ref> L'erede poté giungere da Augusto e i due tennero assieme ancora un ultimo colloquio, prima che il principe morisse.<ref name="Svetonio_21" /> Secondo altre versioni, invece, Tiberio giunse a Nola quando Augusto era già morto.<ref>Cassio Dione (''Storia romana'', LVI, 30-33) racconta che fu Livia a causare la morte del marito avvelenandolo, e che Tiberio giunse a Nola quando Augusto era già morto. Tacito (''Annales'', I, 5) racconta che fu Livia a far uccidere Augusto, che si era recentemente riavvicinato al nipote Agrippa Postumo, temendo che la successione di Tiberio potesse esser messa in discussione.</ref>
 
Tiberio annunciò dunque la morte di Augusto, mentre sopraggiungeva anche la notizia del misterioso assassinio di Agrippa Postumo da parte del centurione addetto alla sua custodia.<ref>Tacito (''Annales'', I, 7, 1-2) riferisce che l'assassinio fu commissionato da Tiberio o da Livia; Svetonio (''Tiberio'', 22) racconta che non si sa se l'ordine dell'assassinio fu dato da Augusto morente o da altri, e che Tiberio sostenne la sua totale estraneità.</ref> Temendo inoltre eventuali attentati alla sua persona, Tiberio si attribuì una scorta militare, e convocò il senato per il [[17 settembre]] perché si discutesse delle onoranze funebri da rendere ad Augusto e se ne leggesse il testamento: egli lasciava come eredi del suo patrimonio Tiberio e Livia (che assumeva il nome di Augusta), ma assegnava numerosi donativi anche al popolo di Roma e ai legionari che militavano negli eserciti.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 8, 1;</br>Svetonio, ''Augusto'', 101.</ref> I senatori decisero allora di tributare solenni onoranze funebri al ''princeps'' defunto, il cui corpo fu [[cremazione|cremato]] nel [[Campo Marzio]],<ref>Tacito, ''Annales'', I, 8, 3-6.</ref> e iniziarono poi a rivolgere preghiere a Tiberio perché assumesse il ruolo e il titolo che era stato di suo padre, e guidasse dunque lo stato romano; Tiberio inizialmente rifiutò, secondo Tacito<ref>Tacito, ''Annales'', I, 11-13.</ref> e Svetonio<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 24.</ref> volendo in realtà essere supplicato dai senatori, perché non sembrasse che il governo dello stato subisse svolte in senso autocratico e perché il sistema repubblicano rimanesse almeno formalmente intatto. Alla fine Tiberio accettò l'offerta dei senatori, prima di irritarne gli stessi animi,<ref name="Scarre30"/> probabilmente essendosi reso conto che vi era l'assoluta necessità di un'autorità centrale: il corpo (l'Impero) aveva bisogno di una testa (Tiberio). Risulta, pertanto, più probabile la tesi sostenuta dagli autori filotiberiani, che raccontano che le esitazioni di Tiberio nell'assumere la guida dello stato furono dettate da una reale modestia, più che da una premeditata strategia, forse suggerita dallo stesso Augusto.<ref>Santo Mazzarino, ''L'impero romano'', p. 136</ref><ref>R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', pp.660-661.</ref>
 
=== Il principato (14-37) ===
====Il ''princeps'' e Germanico (14-19)====
[[Immagine:Tiberius of a coin by Herod Philip.jpg|thumb|right|200px|Moneta del re [[Erode Filippo]] raffigurante Tiberio.]]
 
Dopo la seduta del Senato del 17 settembre del [[14]], dunque, Tiberio divenne il successore di Augusto alla guida dello stato romano, mantenendo la ''tribunicia potestas'' e l'''imperium proconsulare maius'' insieme agli altri poteri di cui aveva usufruito Augusto, e assumendo il titolo di ''princeps''. Rimase imperatore per quasi ventitré anni, fino alla sua morte, nel [[37]]. Il suo primo atto fu quello ratificare la divinizzazione di suo padre adottivo, [[Augusto]] (''divus Augustus''), come in precedenza era stato fatto con [[Gaio Giulio Cesare]], confermandone inoltre il lascito ai soldati.<ref name="Grant24">M.Grant, ''Gli imperatori romani'', p.24.</ref><ref name="Scullard324"/>
 
Fin dall'inizio del suo principato, Tiberio si trovò a dover convivere con l'incredibile prestigio che [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]], il figlio di suo fratello, Druso maggiore, che egli stesso aveva adottato per ordine di Augusto, andava acquisendo presso tutto il popolo di Roma.<ref name="Caligola_4">Svetonio, ''Caligola'', 4.</ref> Quando questi ebbe portato a termine le sue [[Tiberio Claudio Nerone#In Germania|campagne sul fronte settentrionale]], dove si era guadagnato la stima dei suoi collaboratori e dei legionari, riuscendo a recuperare due delle tre [[legione romana|''Aquile legionarie'']] perdute nella [[battaglia della foresta di Teutoburgo|battaglia di Teutoburgo]],<ref name="Scarre31">C.Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', p.31.</ref> la sua popolarità era tale da consentirgli, se avesse voluto, di prendere il potere scacciando il padre adottivo, che in alcuni contesti era già malvisto poiché la sua ascesa al principato era stata segnata dalla morte di tutti gli altri parenti che Augusto aveva indicato come eredi.<ref name="Caligola_1">Svetonio, ''Caligola'', 1.</ref> Il risentimento<ref name="Caligola_6">Svetonio, ''Caligola'', 6.</ref> spinse quindi Tiberio ad affidare al figlio adottivo uno speciale compito in [[Tiberio Claudio Nerone#In Oriente|Oriente]], in modo da allontanarlo ulteriormente da Roma; il Senato decise di conseguenza di conferire al giovane l'''imperium proconsulare maius'' su tutte le province orientali.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 100-101.</ref> Tiberio, tuttavia, non aveva fiducia in Germanico, che in Oriente si sarebbe trovato lontano da qualsiasi controllo ed esposto alle influenze dell'intraprendente moglie [[Agrippina maggiore]], e decise dunque di affiancargli un uomo di sua fiducia:<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 104.</ref> la scelta di Tiberio ricadde su [[Gneo Calpurnio Pisone]], che era stato collega nel consolato dello stesso Tiberio nel [[7 a.C.]], aspro ed inflessibile. Germanico, dunque, partì nel [[18]] verso l'Oriente assieme a Pisone, che fu nominato governatore della [[Siria (provincia romana)|provincia di Siria]].<ref>Tacito, ''Annales'', II, 43, 2-6.</ref>
[[Immagine:DSC04499 Istanbul - Museo archeol. - Agrippina maggiore sec. I d.C. - Foto G. Dall'Orto 28-5-2006.jpg|thumb|left|Busto di [[Agrippina maggiore]] realizzato nel [[I secolo|I secolo d.C.]]([[Istanbul]], [[Museo archeologico di Istanbul|Museo archeologico]]).]]
Germanico, tornato in Siria nel [[19]] dopo aver soggiornato in [[Egitto (provincia romana)|Egitto]] durante l'inverno, entrò in aperto conflitto con Pisone, che aveva annullato tutti i provvedimenti che il giovane figliastro di Tiberio aveva preso;<ref>Tacito, ''Annales'', II, 69.</ref> Pisone, in risposta, decise di lasciare la provincia per fare ritorno a Roma. Poco dopo la partenza di Pisone, Germanico cadde malato ad Antiochia e morì il 10 ottobre dopo lunghe sofferenze;<ref name="Caligola_1" /> prima di spirare, lo stesso Germanico confessò la propria convinzione di essere stato avvelenato da Pisone, e rivolse un'ultima preghiera ad Agrippina affinché vendicasse la sua morte.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 72.</ref> Officiati i funerali, dunque, Agrippina tornò con le ceneri del marito a Roma, dove grandissimo era il compianto di tutto il popolo per il defunto.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 82.</ref> Tiberio, tuttavia, evitò di manifestare pubblicamente i suoi sentimenti, e non partecipò neppure alla cerimonia in cui le ceneri di Germanico furono riposte nel [[mausoleo di Augusto]].<ref>Tacito, ''Annales'', III, 3.</ref>In effetti Germanico potrebbe essere deceduto di morte naturale, ma la popolarità crescente enfatizzò molto l'avvenimento, che comunque è anche ingigantito dallo storico Tacito.<ref name="Grant24"/>
 
Fin da subito, però, si manifestò il sospetto, alimentato dalle parole pronunciate da Germanico morente, che fosse stato Pisone a causarne la morte avvelenandolo. Si diffuse dunque anche la voce di un coinvolgimento dello stesso Tiberio, quasi fosse il mandante del delitto di Germanico, avendo lo stesso scelto personalmente di inviare Pisone in Siria:<ref>Tacito, ''Annales'', III, 10; 12.</ref><ref name="Scarre31"/><ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.327.</ref> quando dunque lo stesso Pisone fu processato, accusato anche di aver commesso numerosi reati in precedenza, l'imperatore tenne un discorso particolarmente moderato, in cui evitò di schierarsi a favore o contro la condanna del governatore.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 11.</ref> A Pisone non poté comunque essere imputata l'accusa di veneficio, che appariva, anche agli accusatori, impossibile da dimostrare; il governatore, tuttavia, certo di dover essere condannato per gli altri reati che aveva commesso, decise di suicidarsi prima che venisse emesso un verdetto.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 15.</ref><ref>Svetonio (''Caligola'', 2) racconta che, a causa della sospetta implicazione nella morte di Germanico, Pisone fu quasi linciato dalla folla e condannato a morte dal senato.</ref><ref name="Scarre31"/>
 
La popolarità di Tiberio, dunque, uscì danneggiata dall'episodio, proprio perché Germanico era molto amato. Tacito scrisse così di lui, decenni dopo la sua morte:
{{Quote|[Germanico] ...giovane, aveva sentimenti liberali ed una straordinaria affabilità, che contrastava con il linguaggio e l'atteggiamento di Tiberio, sempre arroganti e misteriosi...|[[Publio Cornelio Tacito|Tacito]], ''[[Annales di Tacito|Annales]]'', I, 33}}
I due, infatti, avevano modi di fare particolarmente contrastanti: Tiberio si distingueva per la freddezza, la riservatezza e pragmatismo, Germanico per la sua popolarità, la semplicità ed il fascino.<ref name="Caligola_1" />
 
Il Syme sostiene che sia indubbiamente vero che Tiberio scelse Pisone quale suo confidente, conferendogli un ''secreta mandata'' per evitare che la giovane età dell'erede al trono potesse portare Germanico ad una inutile e dispendiosa guerra contro i [[Parti]]. La situazione, però, sfuggì di mano a Pisone, forse anche a causa degli attriti tra le mogli del legato imperiale e del detentore dell'''imperium proconsolare'', tanto che l'inimicizia tra i due degenerò in un conflitto aperto. E la successiva morte di Germanico, non fece altro che determinare ripercussioni negative sulla figura del ''princeps'' nella storiografia successiva<ref>R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', pp.551-554.</ref>
 
====Successione di Druso (19-23)====
[[Immagine:Villa Di Tiberio plan.jpg|thumb|350px|rignt|La villa di Tiberio nei pressi di [[Sperlonga]].]]
La morte di Germanico aprì la strada per la successione all'unico figlio naturale di Tiberio, [[Druso minore|Druso]], che aveva, fino a quel momento, accettato un ruolo secondario rispetto al cugino Germanico.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 114.</ref> Egli era soltanto di un anno più giovane del defunto, ma ugualmente abile, come risulta dal modo con cui fronteggiò la [[Tiberio Claudio Nerone#Nell'area Illirico-balcanica|rivolta in Pannonia]].
 
Intanto, [[Lucio Elio Seiano]], nominato [[prefetto del Pretorio]] insieme al padre nel [[16]], riuscì presto a conquistarsi la fiducia di Tiberio. Accanto a Druso, dunque, favorito per la successione, si andò a collocare anche la figura di Seiano, che acquisì un grande influsso sull'opera di Tiberio: il prefetto del Pretorio, infatti, che mostrava nel carattere una riservatezza del tutto simile a quella dell'imperatore, era invece animato da un forte desiderio di potere, e ambiva lui stesso a divenire il successore di Tiberio.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 1.</ref> Seiano vide inoltre crescere enormemente il suo potere quando le nove coorti pretoriane furono raggruppate nella stessa città di Roma, presso la ''Porta Viminalis''.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 2.</ref> Tra Druso e Seiano si venne quindi a creare una situazione di aperta rivalità;<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 130.</ref> il prefetto, allora, iniziò a meditare l'ipotesi di assassinare Druso e gli altri possibili successori di Tiberio,<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 3.</ref> sedusse la moglie dello stesso Druso, [[Claudia Livilla]] e intraprese con lei una relazione.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 3, 4.</ref> Poco tempo dopo, nel [[23]], lo stesso Druso morì avvelenato; l'opinione pubblica arrivò a sospettare, pur senza alcun fondamento, che potesse essere stato Tiberio a ordinare l'assassinio di Druso, ma appariva più verosimile che vi fosse stata coinvolta Claudia Livilla.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 10.</ref> Otto anni più tardi Tiberio venne a sapere che ad uccidere il figlio era stata proprio la nuora Livilla, insieme al suo più fidato consigliere, Seiano.<ref name="Scarre32">C.Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', p.32.</ref><ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.334.</ref>
 
====Dopo Druso: il ritiro a Capri e l'ascesa di Seiano (23-31)====
Tiberio, dunque, si trovò ancora una volta, all'età di 64 anni, privo di un erede, perché i gemelli di Druso, nati nel [[19]], erano troppo giovani, ed uno di loro era morto poco dopo il padre. Scelse allora di proporre come suoi successori i giovani figli di Germanico, che erano stati adottati da Druso e che Tiberio pose sotto la tutela dei senatori. Seiano ebbe, allora, un potere sempre maggiore, tanto da poter sperare di divenire imperatore egli stesso dopo la morte di Tiberio, e iniziò una serie di persecuzioni prima contro i figli e la moglie di Germanico, Agrippina,<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 12.</ref> poi verso gli amici dello stesso Germanico; molti di loro furono infatti costretti all'esilio, o scelsero di darsi la morte per evitare una condanna.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 18-20.</ref>
 
Tiberio, addolorato per la morte del figlio ed esasperato per l'ostilità del popolo di Roma, nel [[26]] decise di ritirarsi prima in [[Campania]] e l'anno successivo a Capri su consiglio dello stesso Seiano, per non fare mai più ritorno nell'Urbe.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 67.</ref><ref name="Scarre32"/> Egli aveva già sessantasette anni e sembra che il piano di allontanarsi da Roma lo accarezzasse già da diverso tempo. Si racconta che dopo aver visto il figlio morire agonizzante, avesse parlato di dimettersi. Non poteva più sopportare di vedere intorno a sé gente che gli ricordava Druso, senza dimenticare che la vicinanza della madre Livia era divenuta per lui insopportabile. Una malattia che gli sfigurava il viso ne aveva, infine, aumentato la sucettibilità e l'ombrosità del carattere. Ma il suo ritiro fu un errore molto grave, sebbene Tiberio non avesse diminuito la cura con cui affrontava i problemi dell'Impero dalla villa di Capri.<ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', p.300.</ref>
 
Il prefetto del pretorio, intanto, godendo della totale fiducia dell'imperatore,<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 134.</ref> prese il controllo di tutte le attività politiche, divenendo rappresentante incontrastato del potere imperiale.<ref name="Scarre32"/> Egli era riuscito, inoltre, a convincere il ''princeps'' a concentrare tutte le nove [[guardia pretoriana|coorti pretorie]], in precedenza distribuite tra Roma ed altre città italiche, nell'''[[Roma|Urbe]]'' (presso il [[Castro Pretorio]]) a sua totale disposizione, ora che Tiberio aveva lasciato Roma.<ref name="Grant26">M.Grant, ''Gli imperatori romani'', p.26.</ref>
 
Tiberio, invece, si impegnò a mantenersi informato sulla vita politica di Roma, e riceveva regolarmente missive che lo informavano delle discussioni intraprese in senato; egli stesso, grazie all'istituzione di un vero e proprio servizio postale, poteva esprimere il proprio parere, ed era anche in grado di impartire ordini ai suoi emissari nell'Urbe.<ref name="Spinosa_146">Antonio Spinosa, ''Tiberio,'' p. 146</ref> L'allontanamento di Tiberio da Roma portò, comunque, a una progressiva esautorazione del senato, a tutto vantaggio dell'imperatore stesso e di Seiano.<ref name="Spinosa_146" />
 
Il prefetto del pretorio, infatti, iniziò a perseguitare i proprio oppositori accusandoli di lesa maestà ed eliminandoli, dunque, dalla scena politica; grande credito acquisirono i delatori, ovvero coloro che fungevano da accusatori, e permettevano la condanna dell'imputato.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 153.</ref> Una tale situazione portò alla creazione di un clima di generale sospetto, che, a sua volta, fomentò ulteriormente le voci sul coinvolgimenti dell'imperatore nei numerosi processi politici intentati da Seiano e dai suoi collaboratori.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 152.</ref> Nel [[29]], quando Livia Drusilla, che con il suo carattere autoritario aveva sempre influenzato il governo,<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 165-167.</ref> morì all'età di ottantasei anni, il figlio si rifiutò di far ritorno a Roma per le esequie e proibì la sua divinizzazione.<ref>Tacito, ''Annales'', V, 1.</ref><ref name="Scarre32"/> Seiano, allora, poté procedere indisturbato<ref>Tacito, ''Annales'', V, 3.</ref> in una serie di azioni contro Agrippina maggiore e il suo figlio primogenito [[Nerone Cesare|Nerone]]:<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 59.</ref> contro il giovane furono riversate numerose accuse infamanti, tra cui quella di tentata sovversione, ed egli fu dunque condannato al confino sull'isola di [[Ponza]], dove morì nel [[30]] patendo la fame.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 169.</ref> Agrippina, invece, accusata di adulterio, fu deportata nell'isola Pandataria dove morì nel [[33]].<ref name="Scarre32"/><ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 168.</ref>
 
[[Immagine:Sejanus Damnatio Memoriae.jpg|thumb|200px|[[Moneta]] di Tiberio recante sul rovescio una legenda da cui è stato abraso il nome di [[Seiano]], colpito da ''[[damnatio memoriae]]''. La moneta risale al quinto [[console (storia romana)|consolato]] di Tiberio e reca la dicitura: <small>TI CAESAR DIVI AVGVSTI F AVGVSTVS</small> e <small>MVN AGVSTA BILBILIS TI CAESARE V L. AELIO SEIANO COS</small>, cioè "Tiberio Cesare Augusto figlio del Divo Augusto" e "[Coniata] nel [[Municipio (storia)|Municipio]] di [[Calatayud|Augusta Bilbilis]] [essendo] consoli Tiberio Cesare [per la] V [volta] e Lucio Elio Seiano".]]
 
Nei progetti di [[Seiano]] rientrava appunto il proposito di assicurarsi la successione nel ruolo di imperatore. Eliminati i discendenti diretti di Tiberio, il prefetto era ormai l'unico candidato alla successione: dopo aver già tentato inutilmente di imparentarsi con l'imperatore sposando la vedova di Druso minore Claudia Livilla,<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 39-40.</ref> iniziò ad aspirare al conferimento della ''tribunicia potestas'', che avrebbe formalmente sancito la sua successiva nomina ad imperatore, rendendo la sua persona sacra e inviolabile, e ottenne, intanto, nel [[31]] il consolato assieme allo stesso Tiberio.<ref name="Scarre32"/><ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 174.</ref> Contemporaneamente, però, la vedova di Druso maggiore, [[Antonia minore]], facendosi portavoce dei sentimenti di gran parte della classe senatoriale, comunicò in una lettera a Tiberio tutti gli intrighi e i fatti di sangue di cui Seiano, che stava ordendo una cospirazione ai danni dello stesso imperatore, era responsabile;<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 172.</ref> Tiberio, allertato decise allora di destituire il potente prefetto, e organizzò un'abile manovra con l'aiuto del [[prefetto dell'Urbe]] [[Macrone]].<ref name="Scarre32"/>
 
Per non destare sospetti, l'imperatore nominò Seiano [[pontefice (storia romana)|pontefice]], promettendo di conferirgli al più presto la ''tribunicia potestas''; contemporaneamente, però, lasciò anticipatamente la carica di console, costringendo così anche il collega a rinunciarvi. Il [[17 ottobre]] del [[31]], infine, Tiberio, nominato segretamente prefetto del pretorio il [[prefetto dell'Urbe]] e capo delle [[coorti urbane]] [[Macrone]], lo inviò a Roma con l'ordine di accordarsi con [[Grecinio Lacone]], prefetto dei ''[[Vigiles]]'', e col nuovo console designato [[Memmio Regolo]], affinché convocasse per il giorno successivo il senato nel tempio di Apollo, sul [[Palatino]]. In tal modo Tiberio, garantendosi il sostegno delle coorti urbane e dei vigili, si era premunito contro un'eventuale reazione dei pretoriani in favore di Seiano.
 
Quando Seiano giunse in Senato, venne informato da Macrone dell'arrivo di una lettera di Tiberio annunciante il conferimento della potestà tribunizia.<ref name="Spinosa_175">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 175.</ref> Così, mentre questi prendeva giubilante il proprio posto tra i senatori, Macrone, rimasto fuori dal tempio, allontanò i pretoriani di guardia facendoli sostiuire dai vigili di Lacone. Poi, consegnata la lettera di Tiberio al console perché la leggesse al Senato, raggiunse i ''[[castra praetoria]]'' per annunciare la propria nomina a prefetto del pretorio.<ref name="Spinosa_175" /> Nella lettera, volutamente molto lunga e vaga, Tiberio trattava di vari argomenti, di tanto in tanto intessendo le lodi di Seiano, a volte muovendogli qualche critica; solo alla fine, l'imperatore accusava all'improvviso il prefetto di [[tradimento]], ordinandone la destituzione e l'[[arresto]].<ref name="Spinosa_175" /> Seiano, sbigottito per l'inatteso voltafaccia venne immediatamente condotto via in catene dai ''vigiles'' e poco dopo sommariamente processato dal Senato riunito nel [[tempio della Concordia]]: fu [[pena di morte|condannato a morte]]<ref>C.Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', pp. 32-33.</ref><ref name="Spinosa_175" /> e alla ''[[damnatio memoriae]]''.<ref>Tacito, ''Annales'', V, 9.</ref><ref name="Spinosa_177">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 177.</ref>
 
La sentenza venne eseguita nella stessa notte nel [[Carcere Mamertino]] per [[strangolamento]], e il corpo esanime del prefetto fu poi lasciato al popolo, che ne fece scempio trascinandolo per le strade dell'Urbe.<ref name="Spinosa_177" /> A seguito dei provvedimenti che Seiano aveva preso contro Agrippina e la famiglia di Germanico, infatti, la plebe aveva sviluppato una forte avversione nei confronti del prefetto.<ref>Tacito, ''Annales'', V, 4.</ref> Il Senato dichiarò il [[18 ottobre]] festa pubblica, ordinando l'innalzamento di una statua alla [[Libertà (divinità)|Libertà]] con la seguente dedica:
 
{{quote|''Alla salute del perpetuo Augusto e alla Libertà del popolo romano, per la Provvidenza di Tiberio Cesare, figlio di Augusto, per l'eternità della gloria di Roma, [essendo stato] eliminato il pericolosissimo nemico.|Dedica del [[Senato (storia romana)|Senato]] a Tiberio.|''Saluti perpetuae Augustae Libertatique populi romani Providentia Ti. Caesaris Augusti nati ad aeternitatem romani nominis, sublato hoste perniciosissimo''|lingua=La}}
 
Pochi giorni più tardi furono brutalmente strangolati nel Carcere Mamertino i tre giovani figli del prefetto;<ref name="Spinosa_177" /> la sua ex-moglie, [[Apicata]], si suicidò, dopo aver inviato una lettera a Tiberio rivelando le colpe di Seiano e Claudia Livilla in occasione della morte di Druso minore.<ref name="Spinosa_179">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 179.</ref> Livilla fu dunque processata, e, per evitare una sicura condanna, si lasciò morire di fame.<ref name="Spinosa_179" /> Alla morte di Seiano e dei suoi familiari seguirono poi una serie di processi contro gli amici e i collaboratori del defunto prefetto, che furono condannati a morte o costretti al suicidio.<ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', pp.330.</ref>
 
[[Immagine:JPaul Laurens The Death of Tiberius.jpg|thumb|left|''Morte di Tiberio'', [[Jean Paul Laurens]].]]
 
====Gli ultimi anni: un nuovo esilio (31-37)====
Tiberio, intanto, trascorse l'ultima parte del suo regno sull'isola di [[Capri]], circondato da uomini di studio, giuristi, lettarati ed anche astrologi:<ref name="Scullard335">Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.335.</ref> lì fece costruire dodici ville, per poi risiedere in quella che preferiva, la [[Villa Jovis]]. Tacito e Svetonio raccontano che a Capri Tiberio poté lasciare libero sfogo ai suoi inenarrabili vizi, abbandonandosi alla gola e alla sfrenata libidine; sembra tuttavia più verosimile che Tiberio abbia mantenuto la sua consueta riservatezza, evitando gli eccessi come aveva sempre fatto, <ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 186.</ref> non trascurando i propri doveri nei confronti dello Stato e continuando a lavorare nel suo interesse.<ref name="Scullard335"/>
 
Dopo la caduta di Seiano si riaprì la questione della successione, e nel [[33]] anche [[Druso Cesare]], il maggiore dei figli di Germanico rimasti in vita, morì di inedia dopo essere stato condannato al confino nel [[30]] con l'accusa di aver cospirato contro Tiberio.<ref name="Spinosa_213">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 213.</ref> Quando Tiberio, nel [[35]], depositò il suo testamento, potendo scegliere tra tre possibili eredi, incluse nel testamento il nipote [[Tiberio Gemello]], figlio di Druso minore, e il nipote collaterale [[Caligola|Gaio]], figlio di Germanico. Restò dunque escluso dal testamento il fratello dello stesso Germanico, [[Claudio (imperatore romano)|Claudio]], che era considerato del tutto inadatto al ruolo di ''princeps'', in quanto debole di corpo e di dubbia sanità mentale.<ref name="Spinosa_213" /> Il favorito nella successione apparve da subito il giovane Gaio di venticinque anni, meglio noto come Caligola, poichè Tiberio Gemello, peraltro sospettato di essere in realtà figlio di Seiano (per le relazioni adulterine con la moglie di Druso minore, Claudia Livilla<ref name="Spinosa_214">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 214.</ref>), aveva dieci anni di meno: due ragioni sufficienti per non lasciargli il [[Principato]].<ref name="Scarre35">C.Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', p.35.</ref> Il prefetto del pretorio Macrone, infatti, dimostrò da subito la sua simpatia per Gaio, guadagnandosene con ogni mezzo la fiducia.<ref name="Spinosa_214"/>
 
Nel [[37]], Tiberio lasciò Capri, come aveva già fatto in precedenza, forse con l'idea di rientrare finalmente in Roma per trascorrervi i suoi ultimi giorni; intimorito però dalle reazioni che il popolo avrebbe avuto, si fermò a sole sette miglia dall'Urbe, e decise di tornare indietro verso la Campania.<ref name="Spinosa_214"/> Qui fu colto da malore, e trasportato nella villa di [[Lucio Licinio Lucullo|Lucullo]] a [[Miseno]]; dopo un iniziale miglioramento, il [[16 marzo]] cadde in uno stato di delirio e fu creduto morto. Mentre molti già si apprestavano a festeggiare l'ascesa di Caligola, Tiberio si riprese ancora una volta, suscitando scompiglio tra coloro che avevano già acclamato il nuovo imperatore; il prefetto Macrone, tuttavia, mantenendo la lucidità, ordinò che Tiberio fosse soffocato tra le coperte.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 50.</ref><ref name="Spinosa_217">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 217.</ref> Il vecchio imperatore, debole e incapace di reagire, spirò all'età di settantasette anni.<ref name="Scarre35"/>
 
La plebe romana reagì con grande gioia alla notizia della morte di Tiberio, festeggiandone la scomparsa. Molti monumenti che celebravano le imprese dell'imperatore furono distrutti, così come numerose statue che lo raffiguravano. In molti tentarono di far cremare il corpo di Tiberio a Miseno, ma fu comunque possibile trasportarlo a Roma, dove fu cremato nel Campo Marzio e sepolto, tra le ingiurie, nel [[Mausoleo di Augusto]] il [[4 aprile]], presidiato dai pretoriani.<ref name="Scarre35"/><ref>Antonio Spinosa, 'Tiberio'', p. 220.</ref> Mentre l'imperatore defunto riceveva queste modeste onoranze funebri il [[29 marzo]], Caligola era già stato acclamato ''princeps'' dal senato.
 
==== Politica interna ====
[[Immagine:Curia Iulia.JPG|thumb|right|La ''[[Curia Iulia]]'' nel [[Foro Romano]], dove si riuniva abitualmente il senato.]]
 
Tiberio non si distinse mai per nessuna tendenza al rinnovamento. Durante il suo regno dimostrò, anzi, un rigido rispetto per la tradizione augustea, cercando di osservare tutte le istruzioni di Augusto. Suo scopo era quello di salvaguardare l'Impero, assicurandone la tranquillità interna ed esterna, oltre a consolidare il nuovo ordinamento evitando, tuttavia, che esso assumesse le caratteristiche di un [[dominato]].<ref name="Mazzarino_134">Santo Mazzarino, ''L'impero romano'', p. 134.</ref><ref name="Cambridge310">Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', p.310.</ref> Per mettere in atto questo suo piano utlilizzò quali collaboratori e consiglieri personali molti di quegli ufficiali che lo avevano seguito nel corso delle lunghe e numerose campagne militari, durate quasi quarant'anni.<ref name="Syme155"/> Vi è da aggiungere che l'amministrazione dello stato durante i primi anni di principato fu riconosciuta da tutti ottima per buon senso e moderazione. Lo stesso Tacito apprezzò le capacità del nuovo ''princeps'' almeno fino alla morte del figlio Druso avvenuta nel [[23]].<ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', pp.327 e 330; Tacito, ''Annales'', IV, 6.</ref>
 
La stessa cosa dicasi nelle relazioni tra Tiberio e la ''nobilitas'' senatoriale, che furono, tuttavia, diverse da quelle instauratesi con Augusto.<ref name="Mazzarino_134" /> Il nuovo imperatore, infatti, appariva, per meriti ed ascendenze, diverso dal patrigno, che aveva posto fine alle guerre civili, riportato la pace all'impero, e ottenuto di conseguenza una grandissima autorevolezza.<ref>Santo Mazzarino, ''L'impero romano'', p. 135.</ref> Tiberio dovette quindi basare il rapporto tra ''princeps'' e nobiltà senatoriale su una ''moderatio'' che accresceva il potere di entrambi, sovrapponendolo a quello del tradizionale ordine gerarchico;<ref name="Mazzarino_144">Santo Mazzarino, ''L'impero romano'', p. 144.</ref> stabilì, inoltre, una netta distinzione tra gli onori che andavano tributati agli imperatori viventi e il culto di quelli defunti divinizzati.<ref name="Mazzarino_144" /> Nonostante questi provvedimenti, che contribuivano a mantenere in vita la "finzione repubblicana",<ref>Tacito, ''Annales'', III, 60.</ref> non mancarono, accanto agli adulatori, esponenti della classe senatoriale che osteggiarono fortemente l'opera di Tiberio.<ref name="Mazzarino_144" /> Tuttavia nei primi anni Tiberio, seguendo il modello augusteo, cercò sinceramente una cooperazione con il senato, partecipando sovente alle sue sedute e rispettandone la libertà di discussione, consuldandolo anche su questioni che era in grado di risolvere da solo ed ampliandone le stesse funzioni amministrative. Egli sostenava infatti che il buon ''princeps'' deve servire il senato (''bonum et salutarme principem senatui servire debere'').<ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.328.</ref>
 
Le magistrature conservarono, comunque, la loro dignità, e il senato, che Tiberio consultava spesso prima di prendere decisioni in qualsiasi ambito, fu favorito mediante più provvedimenti:<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 6, 2.</ref>
 
* sebbene fosse consuetudine che l'imperatore segnalasse alcuni candidati alle magistrature, le elezioni avevano continuato a svolgersi, almeno formalmente, nell'assemblea dei [[comizi centuriati]]. Tiberio decise di porre fine alla consuetudine, e assegnò ai senatori il compito di eleggere i magistrati;<ref>Tacito, ''Annales'', I, 15.</ref>
* allo stesso modo, Tiberio decise di assegnare ai senatori il compito di giudicare i senatori stessi o i cavalieri di alto rango che si fossero macchiati di reati particolarmente gravi, come l'omicidio o il tradimento;<ref name="Senato_processo">Si veda, a tal proposito, il suddetto processo a Pisone.</ref>
* i senatori furono anche incaricati di giudicare, senza l'intervento dell'imperatore, l'operato dei governatori di provincia;<ref name="Senato_processo" />
* al senato, infine, fu assegnata la giurisdizione in campo religoso e sociale su tutta l'Italia.<ref name="Tacito_culti" />
 
Durante il periodo della sua permanenza a Capri, tuttavia, Tiberio, per evitare che il senato prendesse provvedimenti a lui non graditi, soprattutto nell'ambito dei numerosi processi di lesa maestà condotti da Seiano, stabilì che ogni decisione approvata dal senato dovesse essere applicata soltanto dieci giorni più tardi, in modo da avere egli stesso la possibilità di controllare, nonostante la lontananza da Roma, l'attività dei senatori.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 160.</ref>
 
Il principe si consultava spesso con il senato tramite i ''[[senatoconsulto|senatus consulta]]'', talvolta su questioni fuori della sua competenza, ad esempio sulle questioni di carattere religioso, ambito nel quale Tiberio mostrò una particolare avversione per i culti orientali: nel [[19]] furono infatti resi illegali i culti [[caldei]] e [[Ebraismo|giudaici]], e coloro che li professavano furono costretti all'arruolamento o espulsi dall'Italia.<ref name="Tacito_culti">Tacito, ''Annales'', II, 85, 4.</ref> Ordinò di bruciare ogni paramento e oggetto sacro adoperato per i culti in questione, e, mediante l'arruolamento, poté inviare i giovani di religione ebraica nelle regioni più lontane e malsane, in modo da infliggere un duro colpo alla diffusione del culto.<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 36.</ref>
 
Tiberio riformò almeno in parte l'ordinamento augusteo contro il celibato, incentrato sulla ''lex Papia Poppea'': egli, pur senza abolire le disposizioni del patrigno, nominò una commissione che si occupò di riformare l'ordinamento e di rendere meno severe le pene da comminare ai celibi, o a coloro che, pur sposati, non avevano figli;<ref>Tacito, ''Annales'', III, 28.</ref> furono, tuttavia, ugualmente presi dei provvedimenti che tenessero a freno il lusso e garantissero la moralità dei costumi.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 85, 1-3;</br>Svetonio, ''Tiberio'', 33.</ref>
 
Tra i provvedimenti più importanti rientra, poi, l'approvazione della ''lex de maiestate'', che prevedeva che fossero perseguibili e passibili di condanna tutti coloro che avessero recato offesa alla maestà del popolo romano. Sulla base di una legge tanto vaga poteva ritenersi colpevole sia chi si fosse reso responsabile di una sconfitta militare o di una sedizione, sia chi avesse male amministrato lo stato. La legge, che tornava in vigore dopo essere stata abrogata, divenne presto uno strumento nelle mani dell'imperatore, del senato, e soprattutto del prefetto Seiano, per incriminare gli oppositori politici.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 72.</ref> Tiberio, tuttavia, si mostrò più volte contrario alle sentenze politiche, evitando che i processi fossero determinati da raccomandazioni e incitando più volte i magistrati ad agire in totale onestà.<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 33.</ref>
 
====Amministrazione finanziaria e provinciale====
[[Immagine:Tiberio 14 - 37dC jpg.jpg|400px|left|thumb|L'impero di Tiberio (14-37).]]
 
Tiberio risultò eccellente nella gestione finanziaria, tanto da lasciare alla sua morte un avanzo memorabile nelle casse dello stato: per fare solo pochi esempi, i beni del re [[Archelao]] di [[Cappadocia]] divennero proprietà imperiale, come pure alcune miniere della Gallia della moglie Giulia, una miniera d'argento tra i [[Ruteni]], una d'oro di un certo Sesto Mario in Spagna confiscata nel [[33]], ed altre ancora.<ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', pp.313-314.</ref> Affidò l'amministrazione del patrimonio dello stato a funzionari particolarmente oculati, il cui incarico durava spesso fino alla vecchiaia;<ref name="Tacito_patrimonio" /> fu sempre pronto e generoso nell'intervento in ogni circostanza interna difficile, come durante le carestie che la plebe urbana patì o come quando nel [[36]] costituì un sussidio, in seguito ad un incendio sull'[[Aventino]], di cento milioni di sesterzi. Nel [[33]], dopo aver preso alcuni provvedimenti contro l'usura, riuscì ad attenuare una grave crisi agraria e finanziaria provocata da una riduzione della circolazione monetaria, istituendo con il proprio patrimonio personale un fondo di prestito di altri cento milioni di sesterzi, dal quale i debitori potevano attingere per tre anni senza interessi, purché possedessero, a garanzia, terreni di valore doppio rispetto alla somma chiesta in prestito.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 17.</ref><ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 183.</ref><ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', pp.314.</ref> Egli, appena possibile, cercò di razionalizzare la spesa pubblica per gli spettacoli riducendo le paghe degli attori e diminuendo il numero delle coppie di [[gladiatore|gladiatori]] che partecipavano ai giochi;<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 34.</ref> ridusse di conseguenza dall'1% allo 0,5% l'impopolare tassa sulle vendite, e lasciò, alla sua morte, 2.700 milioni di sesterzi nelle casse del Tesoro. Ai governatori provinciali che lo invitavano a imporre nuove imposte, egli si oppose fermamente, rispondendo che ''è compito del buon pastore tosare le pecore, non scorticarle''.<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 32.</ref>
 
Seppe scegliere, inoltre, degli amministratori competenti e curò in modo particolare il governo delle province. I governatori che avevano ottenuto buoni risultati e che si erano dunque distinti per onestà e abilità poterono, infatti, spesso ricevere delle proroghe al mandato. Tacito, tuttavia, vide in quest'uso la volontà da parte dell'indeciso Tiberio di allontanare da sé la preoccupazione del governo delle province e di evitare che più persone potessero godere dei benefici che derivavano dall'aver ricoperto un'alta magistratura.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 80, 1.</ref> La riscossione delle imposte nelle province fu affidata ai [[cavalieri]], che si organizzavano in apposite società d'appalto; Tiberio evitò in ogni modo l'imposizione di nuove tasse ai provinciali, e scongiurò in questo modo il pericolo di rivolte.<ref name="Tacito_patrimonio">Tacito, ''Annales'', IV, 6, 3.</ref><ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', pp.315-317.</ref> Fece, infine, costrurire strade in [[Africa (provincia romana)|Africa]], in [[Spagna romana|Spagna]] soprattutto nella parte nord-ovest, in [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]] e [[Mesia (provincia romana)|Mesia]] fino alle ''[[Porte di ferro]]'' lungo il [[Danubio]], ed altre furono riparate come in [[Gallia Narbonense]].<ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', pp.318.</ref>
 
====Politica estera e militare====
Tiberio si mantenne fedele al ''consilium coercendi intra terminos imperii'' di Augusto, ovvero alla decisione di mantenere i confini dell'impero invariati, cercando di salvaguardare i territori interni e di assicurarne la tranquillità ed operò soltanto i cambiamenti necessari per la sicurezza.<ref name="Mazzarino_140">Santo Mazzarino, ''L'impero romano'', p. 140.</ref> Egli riuscì ad evitare guerre o spedizioni militari inutili, con le conseguenti spese, riponendo una fiducia maggiore nella diplomazia. Allontanò i re clienti e i governatori che si erano rivelati inadatti al loro ruolo, e cercò di garantire un sistema amministrativo più efficiente. Le uniche modifiche territoriali interessarono, infatti, il solo Oriente, quando alla morte dei re clienti, Cappadocia, Cilicia e Commagene furono incorporate nei [[limes romano|confini imperiali]].<ref name="Scullard332"/> Tutte le rivolte che si susseguirono nel suo lungo principato, durato 23 anni, furono soffocate nel sangue dai suoi generali, come quella di [[Tacfarinas]] e dei suoi [[Musulami]] dal [[17]] al [[24]], o in [[Gallia]] di [[Giulio Floro]] e [[Giulio Sacroviro]] nel [[21]], o in [[Tracia]] tra i re clienti degli [[Odrisi]] attorno al [[21]].<ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', pp.310-312.</ref>
 
Durante l'impero di Tiberio, le forze militari erano dislocate con la seguente disposizione: la tutela dell'Italia era affidata a due [[flotta|flotte]], quella di [[Ravenna]] e quella di [[Capo Miseno]], e Roma, in particolare, era difesa dalle nove [[guardia pretoriana|coorti pretorie]], che [[Lucio Elio Seiano|Seiano]] fece riunire in un accampamento alle porte dell'Urbe, e da tre [[coorti urbane]]. Il nordovest dell'Italia era invece presidiato da un'ulteriore flotta, all'ancora sulle coste della Gallia, costituita dalle navi rostrate che Augusto aveva catturato ad [[Battaglia di Azio|Azio]]. Le restanti forze erano stanziate nelle province, con l'obiettivo di salvaguardare i confini e reprimere eventuali rivolte interne: otto legioni erano schierate nella zona del Reno a protezione dalle invasioni germaniche e dalle rivolte galliche, tre legioni si trovavano in Spagna, e due tra le province dell'[[Egitto (provincia romana)|Egitto]] e dell'[[Africa (provincia romana)|Africa]], dove Roma poteva anche contare sull'aiuto del [[regno di Mauretania]]. Ad Oriente, quattro legioni erana stanziate tra la [[Siria (provincia romana)|Siria]] e il fiume [[Eufrate]]. Nell'Europa orientale, infine, due legioni erano stanziate in [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]], due in [[Mesia]], a protezione del [[limes romano|confine]] [[Danubio|danubiano]], e due in [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]]. Dislocati ovunque sul territorio, in modo da poter intervenire dove ce ne fosse bisogno, erano altre piccole flotte di [[trireme|triremi]], battaglioni di [[cavalleria]] e gruppi di [[truppe ausiliarie dell'esercito romano|ausiliari]] reclutati tra gli abitanti delle province.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 5.</ref>
 
=====In Germania=====
{{vedi anche|Spedizione germanica di Germanico}}
Riguardo alla politica estera lungo i confini settentrionali, Tiberio seguì il principio di mantenere e consolidare una barriera contro i Germani lungo la linea del Reno, ponendo fine dopo pochi anni dalla salita al trono alle operazioni militari improduttive e pericolose che [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]] aveva intraprese negli anni [[14]]-[[16]].<ref name="Mazzarino_140" /> Tacito che ammirava Germanico, ed aveva poca simpatia per Tiberio, imputò la decisione del ''princeps'' alla sola invidia per i successi raggiunti dal nipote. Tiberio che gli riconosceva il merito di aver ridato lustro al prestigio romano tra i [[Germani]], ritenne al contrario ed a ragione, che un nuovo tentativo di stabilire il confine sull'[[Elba (fiume)|Elba]] avrebbe implicato un allontanamento dalla politica di Augusto, considerata da Tiberio come un ''praeceptum'', oltre a comportare un notevole aumento della spesa militare e l'obbligo di condurre poi una successiva campagna in [[Boemia]] contro [[Maroboduo]], re dei [[Marcomanni]]. Tiberio, inoltre, non lo reputava né utile né necessario. I dissensi interi delle tribù germaniche podussero di lì a poco una guerra tra [[Catti]] e [[Cherusci]], una successiva tra [[Arminio]] e Maroboduo, fino a quando quest'utlimo fu esiliato nel [[19]], mentre il primo assassinato (nel [[21]]).<ref name="Cambridge310"/> Scullard ritiene, infatti, che tale decisione fu motivata oltreché saggia.<ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.326.</ref>
 
Nel 14, mentre era in corso la [[Tiberio Claudio Nerone#Nell'area Illirico-balcanica|rivolta delle legioni in Pannonia]],<ref>Tacito, ''Annales'', I, 46, 1.</ref> anche gli uomini stanziati lungo il confine germanico si ribellarono ai loro comandanti, dando inizio ad un'efferata serie di violenze e massacri. Germanico, allora, che era a capo dell'esercito stanziato in Germania e godeva di grande prestigio,<ref>Tacito, ''Annales'', I, 33-34.</ref> si incaricò di riportare alla calma la situazione, confrontandosi personalmente con i soldati in rivolta. Essi chiedevano, come i loro compagni Pannoni, la riduzione della durata del servizio militare e l'aumento della paga: Germanico decise di concedere loro il congedo dopo venti anni di servizio e di inserire nella riserva tutti i soldati che avevano combattuto per oltre sedici anni, esonerandoli così da ogni obbligo ad eccezione di quello di respingere gli assalti nemici; raddoppiò allo stesso tempo i lasciti a cui, secondo i testamento di Augusto, i militari avevano diritto.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 36, 3.</ref> Le legioni, che avevano da poco appreso della recente morte di Augusto, arrivarono addirittura a garantire il proprio appoggio al generale se avesse desiderato impadronirsi del potere con la forza, ma egli rifiutò dimostrando allo stesso tempo grande rispetto per il padre adottivo Tiberio e una grande fermezza.<ref>Tacito, ''Annali'', 35;</br>Svetonio, ''Caligola'', 1.</ref> La rivolta, che aveva attecchito tra molte delle legioni di stanza in Germania, risultò comunque difficile da reprimere, e si concluse con la strage di molti legionari ribelli.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 48-49.</ref> I provvedimenti presi da Germanico per soddisfare le esigenze delle legioni furono poi ufficializzati in un secondo momento da Tiberio, che assegnò le stesse indennità anche ai legionari pannoni.<ref name="Tacito_1_52">Tacito, ''Annales'', I, 52, 3.</ref>
 
[[Immagine:Germania 15 Germanico jpg.jpg|thumb|right|450px|La spedizione del 15 di Germanico in Germania.]]
 
Ripreso il controllo della situazione, Germanico decise di organizzare una spedizione contro le popolazioni germaniche che, venute a conoscenza delle notizie della morte di Augusto e della ribellione delle legioni, avrebbero potuto decidere di lanciare un nuovo attacco contro l'impero. Assegnata, dunque, parte delle legioni al luogotenente [[Aulo Cecina Severo]], attaccò le tribù di [[Bructeri]], [[Tubanti]] e [[Usipeti]], sconfiggendole nettamente e compiendo numerose stragi;<ref>Tacito, ''Annales'', I, 51.</ref> attaccò, poi, i [[Marsi]], ottenendo nuove vittorie e pacificando così la regione ad ovest del Reno: poté in questo modo progettare per il [[15]] una spedizione ad est del grande fiume, con la quale avrebbe potuto vendicare Varo e frenare ogni volontà espansionistica dei Germani.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 56.</ref>
 
Nel 15, dunque, Germanico attraversò il Reno assieme al luogotenente Cecina Severo, che sconfisse nuovamente i Marsi,<ref>Tacito, ''Annales'', I, 56, 5.</ref> mentre il generale ottenne una netta vittoria sui [[Catti]].<ref>Tacito, ''Annales'', I, 56, 2-3.</ref> Il principe dei [[Cherusci]] [[Arminio]], che aveva sconfitto Varo a Teutoburgo, incitò allora tutte le popolazioni germaniche alla rivolta, invitandole a combattere contro gli invasori romani;<ref>Tacito, ''Annales'', I, 60, 1.</ref> si formò, tuttavia, anche un piccolo partito filoromano, guidato dal suocero di Arminio, [[Segeste]], che offrì il proprio aiuto a Germanico.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 57-59.</ref> Questi si diresse verso Teutoburgo, dove poté ritrovare una delle [[aquilifer|aquile legionarie]] perdute nella battaglia di sei anni prima, e rese gli onori funebri ai caduti le cui ossa erano rimaste insepolte.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 61-62.</ref> Decise, poi, di inseguire Arminio per affrontarlo in battaglia; il principe germanico, però, attaccò gli squadroni di cavalleria che Germanico aveva mandato in avanscoperta sicuro di poter cogliere il nemico impreparato, e fu dunque necessario che l'intero esercito legionario intervenisse per evitare una nuova disastrosa sconfitta.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 63-64.</ref> Germanico, allora, decise di tornare ad ovest del Reno assieme ai suoi uomini; mentre si trovava sulla strada del ritorno presso i cosiddetti ''pontes longi'', Cecina fu attaccato e sconfitto da Arminio, che lo costrinse a retrocedere all'interno dell'accampamento. I Germani, allora, convinti di poter avere la meglio sulle legioni, assaltarono l'accampamento stesso, ma furono a loro volta duramente sconfitti, e Cecina poté condurre le legioni sane e salve ad ovest del Reno.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 67-68.</ref>
 
Nonostante avesse riportato una sostanziale vittoria, Germanico era cosciente che i Germani erano ancora in grado di riorganizzarsi, e decise, nel [[16]], di condurre una nuova campagna che avesse l'obiettivo di annientare definitivamente le popolazioni tra il Reno e l'Elba.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 5.</ref> Per giungere indisturbato nelle terre dei nemici, decise di approntare una flotta che conducesse le legioni fino alla foce del fiume ''[[Ems|Amisia]]'': in tempi rapidi furono approntate oltre mille navi agili e veloci, in grado di trasportare numerosi uomini ma dotate anche di macchine da guerra per la difesa.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 6.</ref> Non appena i Romani sbarcarono in Germania, le tribù del luogo, riunite sotto il comando di Arminio, si prepararono a fronteggiare gli invasori e si riunirono a battaglia presso [[Battaglia di Idistaviso|Idistaviso]];<ref>Tacito, ''Annales'', II, 12; 16.</ref> gli uomini di Germanico, ben più preparati dei loro nemici,<ref>Tacito, ''Annales'', II, 14.</ref> fronteggiarono allora i Germani, e riportarono una schiacciante vittoria.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 17.</ref> Arminio e i suoi si ritirarono presso il ''Vallo [[Angrivari|Angirvariano]]'', ma subirono un'altra durissima sconfitta da parte dei legionari romani:<ref>Tacito, ''Annales'', II, 20-21.</ref> le genti che abitavano tra il Reno e l'Elba erano così state debellate.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 22.</ref> Germanico ricondusse dunque i suoi in Gallia, ma, sulla strada del ritorno, la flotta romana fu dispersa da una tempesta e costretta a subire notevoli perdite;<ref>Tacito, ''Annales'', II, 23-24.</ref> l'inconveniente occorso ai Romani diede nuovamente ai Germani la speranza di poter ribaltare le sorti della guerra, ma i luogotenenti di Germanico poterono facilmente avere la meglio sui loro nemici.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 25.</ref> Sebbene Roma non fosse dunque riuscita ad espandere la sua area d'influenza, il confine stabilito dal Reno era, così, protetto da altre eventuali rivolte germaniche; a segnare in modo ancora più netto la fine delle ribellioni delle genti del luogo intervenne, nel [[19]], la morte di Arminio, che, dopo aver sconfitto in guerra il re filoromano dei [[Marcomanni]], [[Maroboduo]], fu tradito e ucciso dai suoi compagni quando aspirava ormai al regno.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 88.</ref>
 
=====In Oriente=====
[[Immagine:Germanicus.jpg|thumb|left|Busto di Germanico (copia romana in marmo di un busto realizzato nel [[4]] in occasione dell'adozione di Germanico da parte di Tiberio, [[Parigi]], [[Museo del Louvre]].]]
Ad Oriente la situazione politica, dopo un periodo di relativa tranquillità successivo agli accordi tra Augusto e i sovrani partici, tornò a farsi conflittuale: a causa delle lotte intestine, [[Fraate IV]] e i suoi figli morirono mentre a Roma regnava ancora Augusto, e i Parti chiesero dunque che [[Vonone I di Partia|Vonone]], figlio di Fraate inviato tempo prima come ostaggio, potesse tornare in Oriente, per salire al trono in qualità di unico membro ancora in vita della [[Arsacidi|dinastia arsacide]].<ref>Tacito, ''Annales'', II, 2.</ref> Il nuovo sovrano, però, estraneo alle tradizioni locali, risultò inviso ai Parti stessi, e fu quindi sconfitto e scacciato da [[Artabano II]], e costretto a rifugiarsi in Armenia. Qui i re imposti sul trono da Roma erano morti, e Vonone fu dunque scelto come nuovo sovrano; tuttavia, ben presto Artabano fece pressione su Roma perché Tiberio destituisse il nuovo re armeno, e l'imperatore, per evitare di dover intraprendere una nuova guerra contro i Parti, fece arrestare Vonone dal governatore romano di [[Siria (provincia romana)|Siria]].<ref>Tacito, ''Annales'', II, 4.</ref>
 
A turbare la situazione orientale intervennero anche le morti del re della [[Cappadocia]] [[Archelao di Cappadocia|Archelao]], che era venuto a Roma a rendere omaggio a Tiberio, di [[Antioco III di Commagene|Antioco III]], re di [[Commagene]], e di [[Filopatore di Cilicia|Filopatore]], re di [[Cilicia]]: i tre stati, che erano vassalli di Roma, si trovavano in una situazione di instabilità politica, e si acuivano i contrasti tra il partito filoromano e i fautori dell'autonomia.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 42.</ref>
 
La difficile situazione orientale rendeva necessario un intervento romano, e Tiberio nel [[18]] inviò il figlio adottivo, [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]], che fu nominato [[console (storia romana)|console]] e insignito dell'''imperium proconsolaris maius'' su tutte le province orientali. Contemporaneamente l'imperatore nominò un nuovo governatore per la provincia di [[Siria (provincia romana)|Siria]], [[Gneo Calpurnio Pisone]], che era stato suo collega durante il consolato del [[7 a.C.]]<ref>Tacito, ''Annales'', II, 43.</ref> Giunto in Oriente, Germanico, con il consenso dei Parti, incoronò ad [[Artaxata]] un nuovo sovrano d'Armenia: il regno, infatti, dopo la deposizione di Vonone era rimasto privo di una guida, e Germanico conferì la carica di re al giovane [[Artaxias III|Zenone]], figlio del sovrano del [[Ponto (geografia)|Ponto]] [[Polemone I del Ponto|Polemone I]].<ref>Tacito, ''Annales'', II, 56, 1-3.</ref> Stabilì, inoltre, che Commagene ricadesse sotto la giurisdizione di un pretore,pur mantenendo la propria formale autonomia, che la Cappadocia fosse istituita come [[Cappadocia (provincia romana)|provincia]] a sé stante, e che la Cilicia entrasse invece a far parte della provincia di Siria.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 56, 4.</ref> Germanico aveva così brillantemente risolto tutti i problemi che avrebbero potuto far temere l'accendersi di nuove situazioni di conflitto nella regione orientale. Ricevette, intanto, un'ambasceria da parte del re dei Parti Artabano, che era intenzionato a confermare e rinnovare l'amicizia e l'allenza dei due imperi: in segno di omaggio alla potenza romana Artabano decise di recarsi in visita da Germanico in riva al fiume Eufrate, e chiese che in cambio Vonone fosse scacciato dalla Siria, dov'era rimasto dal momento del suo arresto, poiché fomentava nuove discordie;<ref>Tacito, ''Annales'',II, 58, 1.</ref> Germanico accettò di rinnovare l'amicizia con i Parti, e acconsentì dunque all'allontanamento dalla Siria di Vonone, che aveva stretto un legame di amicizia con il governatore Pisone.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 58, 2.</ref> L'ex-re dell'Armenia fu dunque confinato nella città di [[Soli|Pompeiopoli]] in Cilicia, e morì poco tempo dopo, ucciso da alcuni cavalieri romani mentre tentava la fuga.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 68.</ref> Nel [[19]] anche Germanico morì,<ref>Tacito, ''Annales'', II, 72; Svetonio, ''Caligola'', 1.</ref> dopo aver evitato con oculati provvedimenti che una carestia sviluppatasi in [[Egitto (provincia romana)|Egitto]] avesse conseguenze catastrofiche per la provincia stessa.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 59.</ref>
 
La sistemazione dell'Oriente approntata da Germanico garantì la pace fino al [[34]]: in quell'anno il re Artabano II di Partia, convinto che Tiberio, ormai vecchio, non avrebbe opposto resistenza da Capri, pose il figlio [[Arsace]] sul trono di Armenia dopo la morte di Artaxias.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 31.</ref> Tiberio, allora, decise di inviare [[Tiridate III di Armenia|Tiridate]], discendente della dinastia arsacide tenuto in ostaggio a Roma, a contendere il trono partico ad Artabano, e sostenne l'insediamento di [[Mitridate di Armenia|Mitridate]], fratello del re di [[Iberi|Iberia]], sul trono di Armenia.<ref>Tacito, ''Annales'' VI, 32.</ref><ref name="Scullard332">Howard H. Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.332.</ref> Mitridate, con l'aiuto del fratello Farasmane, riuscì ad impossessarsi del trono di Armenia: i servi di Arsace, corrotti, uccisero il loro padrone, gli Iberi invasero il regno e sconfissero, alleatisi con i popoli locali, l'esercito dei Parti guidato da Orode, figlio di Artabano.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 33.</ref> Artabano, temendo un nuovo massiccio intervento da parte dei Romani, rifiutò di inviare altre truppe contro Mitridate, e abbandonò le proprie pretese sul regno di Armenia.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 36.</ref> Contemporaneamente, gli odi che Roma fomentava tra i Parti contro Artabano costrinsero il re a lasciare il trono e a ritirarsi, mentre il controllo del regno passava all'arsacide Tiridate.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 37.</ref> Poco tempo più tardi, tuttavia, quando Tiridate era sul trono da circa un anno, Artabano, radunato un grosso esercito, marciò contro di lui; l'arsacide inviato da Roma, impaurito, fu costretto a ritirarsi, e Tiberio dovette accettare che lo stato dei Parti continuasse ad essere governato da un sovrano ostile ai Romani.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 44.</ref>
 
=====In Africa=====
Nel [[17]], il [[Numidia|numida]] [[Tacfarinas]], che aveva servito come [[truppe ausiliarie dell'esercito romano|ausiliario]] nell'[[esercito romano]], iniziò a raccogliere attorno a sé numerosi briganti, ma divenne poi guida dell'intero popolo dei [[Musulami]], nomadi che abitavano le zone vicine al deserto del [[Sahara]]. Organizzato un esercito con il quale compiere razzie e tentare di intaccare il dominio romano, Tacfarinas attirò dalla sua parte i [[Mauri]] guidati da [[Mazippa]]; il [[proconsole]] d'[[Africa (provincia romana)|Africa]] [[Marco Furio Camillo (proconsole 17)|Marco Furio Camillo]], allora, si affrettò a marciare contro Tacfarinas e i suoi alleati, nel timore che i ribelli rifiutassero di ingaggiare battaglia, e li sconfisse nettamente, meritandosi anche le insegne trionfali.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 52.</ref>
 
L'[[18|anno successivo]], Tacfarinas riprese le ostilità, iniziando una serie di attacchi e razzie contro villaggi e accumulando un grosso bottino; cinse infine d'assedio una [[coorte]] dell'esercito romano, e riuscì a sconfiggerla duramente.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 20.</ref> Allora, il nuovo proconsole, che era succeduto a Camillo, inviò il corpo dei veterani contro Tacfarinas, che fu sconfitto. Il numida, allora, intraprese una tattica di guerriglia contro i Romani, ma, dopo alcuni successi iniziali, fu nuovamente sconfitto, e ricacciato nel deserto.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 21.</ref>
 
Dopo alcuni anni di pace, nel [[22]] Tacfarinas inviò ambasciatori presso Tiberio a Roma, affinché chiedessero per lui e per i suoi uomini la possibilità di risiedere stabilmente all'interno dei territori romani; se Tiberio non avesse accettato le condizioni, il numida minacciava di scatenare una nuova guerra che avrebbe protratto ad oltranza. L'imperatore, tuttavia, considerò la minaccia di Tacfarinas come un oltraggio al potere di Roma, e ordinò di condurre una nuova offensiva contro i ribelli numidi.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 73.</ref> Il comandante dell'esercito romano, Bleso, decise di adottare una strategia simile a quella che Tacfarinas aveva a sua volta adottato nel 18: egli divise il suo esercito in tre colonne, con le quali poté attaccare ripetutamente i nemici e costringerli alla ritirata. Il successo sembrò essere definitivo, tanto che Tiberio acconsentì alla proclamazione ad ''imperator'' di Bleso.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 74.</ref>
 
La guerra contro Tacfarinas ebbe fine soltanto nel [[24]]: nonostante le sconfitte sofferte fino ad allora, il ribelle numida continuava a restistere, e decise di condurre ancora un'offensiva contro i Romani.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 23.</ref> Cinse dunque d'assedio una piccola cittadina, ma fu subito attaccato dall'esercito romano e costretto a retrocedere; molti capi ribelli, tuttavia, furono catturati e uccisi. All'inseguimento dei fuggiaschi si lanciarono i battaglioni di cavalleria e le coorti leggere, rinforzate anche dagli uomini inviati dal re [[Tolomeo di Mauretania]], che alleato dei Romani, aveva deciso di scendere in guerra contro Tacfarinas, che aveva danneggiato anche il suo regno.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 24.</ref> Raggiunti, i ribelli numidi diedere nuovamente battaglia, ma furono duramente sconfitti; Tacfarinas, certo dell'inevitabilità di una sconfitta definitiva, si gettò nel mezzo delle schiere nemiche, e cadde trafitto dai colpi. Con la morte dell'uomo che l'aveva saputa organizzare, la rivolta ebbe fine.<ref>Tacito, ''Annales'', IV, 25.</ref>
 
=====In Gallia=====
Nel [[21]] gli abitanti della Gallia, oppressi dalla richiesta di esosi tributi ed imposte, si ribellarono spinti da [[Giulio Floro]] e [[Giulio Sacroviro]]. I due organizzatori della rivolta, uno membro della tribù dei [[Treviri]], l'altro di quella degli [[Edui]], godevano della [[cittadinanza romana]], che i loro antenati avevano ricevuto per i servigi prestati allo stato, e conoscevano il sistema politico e militare romano.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 40.</ref> Per avere maggiori speranze di successo, decisero di estendere la ribellione a tutte le tribù della Gallia, e intrapresero dunque numerosi viaggi, guadagnando alla propria causa anche i [[Belgi]].<ref>Tacito, ''Annales'', III, 41.</ref> Tiberio tentò di evitare un intervento diretto di Roma, ma quando i Galli arruolati nelle [[Truppe ausiliarie dell'esercito romano|milizie ausiliarie]] iniziarono a defezionare, le legioni marciarono contro Floro e lo sconfissero presso la [[Ardenne|selva ''Arduenna'']].<ref>Tacito, ''Annales'', III, 42.</ref> Il capo dei Treviri, vedendo che per il suo esercito non v'era alcuna via di fuga, decise di uccidersi; per i suoi, rimasti senza una guida autorevole, ebbe dunque fine la ribellione.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 42, 3.</ref> Sacroviro assunse allora il comando generale della ribellione, radunando attorno a sé tutte le tribù ancora disposte a combattere contro Roma;<ref>Tacito, ''Annales'', III, 44.</ref> presso ''[[Autun|Augustodunum]]'' fu attaccato dall'esercito romano e, dopo aver dato prova di notevole valore, fu sconfitto.<ref>Tacito, ''Annales'', III, 46.</ref> Anch'egli, per non finire nelle mani dei nemici, decise di togliersi la vita assieme ai suoi più fedeli collaboratori;<ref>Tacito, ''Annales'', III, 46, 4.</ref> morti coloro che l'avevano saputa organizzare, la ribellione delle Gallie finì, senza che si fosse ottenuta nessuna riduzione delle gravose imposte che gli abitanti del territorio dovevano pagare.<ref>Tacito, ''Annales'', 47.</ref>
 
=====Nell'area Illirico-balcanica=====
Nel [[14]], non appena le legioni stanziate nella regione dell'Illirico vennero a conoscenza della notizia della morte di Augusto, scoppiò una rivolta fomentata dai legionari Percennio e Vibuleno.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 16.</ref> Essi speravano infatti di poter scatenare una nuova guerra civile da cui trarre notevoli guadagni e, allo stesso tempo, intendevano migliorare le condizioni in cui si trovavano tutti i militari: chiedevano infatti che si riducessero gli anni di servizio militare, e che il loro salario giornaliero venisse portato ad un [[denario]].<ref>Tacito, ''Annales'', I, 17.</ref> Tiberio, da poco salito al potere, rifiutò di intervenire personalmente, e inviò presso le legioni il figlio [[Druso minore|Druso]] assieme ad alcuni cittadini romani e due [[coorte|coorti]] [[Guardia pretoriana|pretorie]] assieme a [[Lucio Elio Seiano]], figlio del [[prefetto del pretorio]] [[Seio Strabone]].<ref>Tacito, ''Annales'', I, 24.</ref> Druso pose fine alla rivolta uccidendo i capi Percennio e Vibuleno<ref>Tacito, ''Annales'', I, 29, 4.</ref> e attuando ulteriori repressioni contro i ribelli;<ref>Tacito, ''Annales'', I, 30.</ref> ai legionari non furono fatte sul momento particolari concessioni, ma essi poterono poi beneficiare delle stesse indennità che Germanico concesse più tardi alle legioni di Germania.<ref name="Tacito_1_52" />
 
Nell'area dell'ex-[[Illiria|Illirico]], Tiberio dispose nel [[15]] che le province senatorie di [[Acaia (provincia romana)|Acaia]] e [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]] fossero unite alla provincia imperiale di [[Mesia]], prorogando l'incarico del governatore [[Gaio Poppeo Sabino]] (che rimase in carica 21 anni dal [[15]] al [[36]]<ref>C.Scarre, ''Chronicle of the roman Emperors'', p.34.</ref><ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.333.</ref>) e dei suoi successori.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 80.</ref>
 
Anche in Tracia la situazione di tranquillità dell'epoca augustea si ruppe alla morte del re [[Remetalce I]], alleato di Roma: il regno fu diviso in due parti, che furono assegnate al figlio e al fratello del re defunto, [[Cotys V]] e [[Rescuporide]]. A Cotys spettò la regione vicina alla costa e alle colonie greche, a Rescuporide quella selvaggia e incolta dell'interno, esposta agli attacchi degli ostili popoli confinanti.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 64, 2.</ref> Rescuporide, allora, deciso a impossessarsi delle terre spettate al nipote, iniziò a condurre contro il suo regno una serie di azioni violente;<ref>Tacito, ''Annales'', II, 64, 3.</ref> nel [[19]], Tiberio, nel tentativo di evitare lo scoppio di una nuova guerra che avrebbe probabilmente richiesto l'intervento di truppe romane, inviò emissari ai due re traci, favorendo l'avvio delle trattative di pace.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 65, 1.</ref> Rescuporide, tuttavia, non desistette dal suo proposito, ma fece anzi imprigionare Cotys impossessandosi del suo regno,<ref>Tacito, ''Annales'', II, 65, 3.</ref> e chiese poi che Roma riconoscesse la sua sovranità su tutta la Tracia. Tiberio invitò allora lo stesso Rescuporide a raggiungere l'Urbe per giustificare l'arresto di Cotys,<ref>Tacito, ''Annales'', II, 65, 4-5.</ref> ma il re trace si rifiutò e uccise il nipote.<ref>Tacito, ''Annales'', II, 66.</ref> Tiberio inviò allora da Rescuporide il governatore della Mesia Pomponio Flacco, che, vecchio amico del re trace, lo convinse a recarsi a Roma;<ref>Tacito, ''Annales'', II, 67, 1.</ref> ivi Rescuporide fu processato e condannato al confino per l'uccisione di Cotys, e morì più tardi mentre si trovava ad [[Alessandria d'Egitto|Alessandria]].<ref>Tacito, ''Annales'', II, 67, 2.</ref> Il regno di Tracia fu diviso tra [[Remetalce III]], figlio di Rescuporide che aveva apertamente osteggiato i piani del padre, e i giovanissimi figli di Cotys, in nome dei quali fu nominato reggente l'ex-pretore [[Trebelleno Rufo]].<ref>Tacito, ''Annales'', II, 67, 3.</ref>
 
==Titolatura imperiale==
[[Immagine:Tiberius&Livia Aureus.jpg|thumb|200px|Moneta raffigurante Tiberio e sul retro la madre [[Livia Drusilla]].]]
Ottenne nel corso degli anni:
*il titolo di ''Pontifex Maximus'' dal marzo del [[15]],<ref name="Scarre29"/> ma rifiutando per ben due volte quello di ''Pater Patriae'';<ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.329.</ref>
*il consolato per 5 volte: nel [[13 a.C.]],<ref name="Svetonio_9" /><ref name="Spinosa_42" /> [[7 a.C.]],<ref name="Dione_6_5" /> [[18|18 d.C.]] (insieme a [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]]),<ref>Tacito, ''Annales'', II, 53.</ref> [[21]] (con il figlio [[Druso minore|Druso]]) e [[31]] (con [[Seiano]]<ref name="Scarre29"/>);
*l'acclamazione ad ''Imperator'' per 8 volte: nel [[9 a.C.]] la prima,<ref name="Dione_Onori" /><ref>R.Syme, ''L'Aristocrazia augustea'', p.106.</ref> poi nell'[[8 a.C.]],<ref name="Dione_6_4" /> [[6]] d.C., [[8]], <ref name="Dione_51_17" /> [[9]],<ref name="Svetonio_17">Svetonio, ''Tiberio'', 17.</ref><ref name="Dione_51_17" /> [[11]], [[13]] e [[16]];<ref>Tacito, ''Annales'', II, 18.</ref>
*la ''[[Tribuno della plebe|Tribunicia Potestas]]'' per 38 anni: dal [[26 giugno]] del [[6 a.C.]] al [[25 giugno]] dell'[[1 a.C.]],<ref name="Svetonio_9" /><ref name="Dione_Tribunicia" /><ref name="Mazzarino_Tribunicia_potestas">Mazzarino, ''L'impero romano'', p.79.</ref><ref name="Scarre29"/> e poi dal [[26 giugno]] del [[4|4 d.C.]] al [[37]].<ref name="Mazzarino_Tribunicia_potestas" /><ref name="Scarre29"/>
 
Gli fu più volte offerto il titolo di Padre della Patria (''Pater Patriae''), ma lui lo rifiutò.<ref>Tacito, ''Annales'', I, 72.</ref>
 
== Tiberio nella storiografia==
 
La tradizione storiografica antica, rappresentata in primo luogo da [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]] e [[Publio Cornelio Tacito|Tacito]], finì spesso per dimenticare le imprese militari che Tiberio aveva compiuto sotto Augusto e i provvedimenti politici che prese nel primo periodo del suo principato, registrando invece tutte le critiche e le calunnie che i nemici riversarono su Tiberio, e fornendone dunque una descrizione fondamentalmente negativa. Tiberio, d'altro canto, non si adoperò per allontanare da lui critiche e sospetti, probabilmente infondati, a causa della sua personalità chiusa, malinconica e sospettosa. Egli, tuttavia, riuscì ad impedire, con il suo governo fermo, ordinato e rispettoso delle regole poste da Augusto, che l'opera di quest'ultimo avesse un carattere di provvisorietà ed andasse perduta. Egli, infatti, riuscì nel corso del suo regno a dare quella continuità indispensabile al sistema del [[principato (storia romana)|principato]], ed evitare che la situazione degenerasse in nuove guerre civili, rimettendo ancora tutto in discussione e modificando nuovamente il modo di governare Roma e le sue province, come era accaduto ai tempi delle guerre civili tra [[Gaio Mario|Mario]] e [[Silla]], [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] e [[Marco Antonio|Antonio]] ed Ottaviano.
 
=== Nella storiografia antica ===
[[Immagine:Tiberius NyCarlsberg01.jpg|thumb|left|Busto di Tiberio conservato alla [[Ny Carlsberg Glyptotek]] di [[Copenaghen]].]]
 
Tiberio viene descritto da [[Publio Cornelio Tacito]] (''[[Annales di Tacito|Annales]]'') come un tiranno che incoraggiava la delazione come sistema, e ricompensava i delatori, anche se si erano impegnati a sostenere il falso, con favori di ogni genere. Gli ultimi anni del governo di Tiberio vengono descritti da Tacito come anni bui, in cui si poteva finire sotto processo anche semplicemente per aver parlato male dell'imperatore persino in casa propria, se in presenza di qualcuno che potesse testimoniarlo. Ancora a livello politico, Tacito critica fortemente l'indolenza che caratterizzò la politica estera degli ultimi anni dell'impero di Tiberio: l'imperatore, infatti, accettò a suo parere l'affronto recatogli dai Parti, e si rifiutò di espandere l'autorità di Roma sul grande impero orientale.<ref>Tacito, ''Annales'', VI, 31-44.</ref> Questo è il giudizio complessivo che Tacito pronuncia dopo il racconto della morte di Tiberio:
{{quote|Anche i suoi costumi mutarono nel tempo: finché rimase un privato cittadino o fu agli ordini di Augusto fu esemplare per il suo stile di vita, e guadagnò una bella fama; finché furono in vita Germanico e Druso si comportò in modo subdolo e ipocrita, simulando virtù; allo stesso modo, fino alla morte della madre, la sua vita fu una mescolanza di bene e di male; fu detestato per la crudeltà ma si preoccupò di mantere nascoste le proprie passioni fino a quando predilesse e temette Seiano. Infine, abbandonato il pudore assieme ad ogni paura, si lasciò andare a delitti ed atti infamanti.|Tacito, ''Annales'', VI, 51.|[...] morum quoque tempora illi diversa: egregium vita famaque quoad privatus vel in imperiis sub Augusto fuit; occultum ac subdolum fingendis virtutibus donec Germanicus ac Drusus superfuere; idem inter bona malaque mixtus incolumi matre; intestabilis saevitia sed obtectis libidinibus dum Seianum dilexit timuitve: postremo in scelera simul ac dedecora prorupit, postquam remoto pudore et metu suo tantum ingenio utebatur.|lingua=la}}
 
Il giudizio di Tacito su Tiberio è comunque considerato poco affidabile:<ref name="Spinosa_212">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 212</ref> lo storico sente il bisogno di spiegare ogni azione dell'imperatore mediante la voglia di dissimulare le proprie intenzioni, e attribuisce il merito delle abili azioni di Tiberio ai suoi collaboratori.<ref name="Spinosa_212" /> Quello di Tacito è d'altronde lo spirito dello scrittore che denuncia il sistema del principato<ref>Tacito, ''Agricola'', 3.</ref> tornando a rimpiangere il defunto sistema repubblicano. A Tacito si deve, comunque, anche un icastico ritratto fisico di Tiberio nell'età della vecchiaia: nel denunciare la dissolutezza dell'imperatore, che si abbandona alla libidine sfrenata, lo storico ne delinea brevemente l'aspetto:
{{quote|C'era anche chi credeva che nella vecchiezza del corpo [Tiberio] si vergognasse del suo aspetto: era infatti di alta statura, curvo ed esilissimo, calvo; il suo volto, ricoperto di pustole, era il più delle volte cosparso di medicamenti.|Tacito, ''Annales'', IV, 57.|[...] erant qui crederent in senectute corporis quoque habitum pudori fuisse: quippe illi praegracilis et incurva proceritas, nudus capillo vertex, ulcerosa facies ac plerumque medicaminibus interstincta; [...]|lingua=la}}
 
Anche [[Gaio Svetonio Tranquillo]] fornisce, nel libro terzo delle sue ''[[Vite dei Cesari]]'', un ampio ritratto di Tiberio, che viene complessivamente giudicato in modo negativo. Poco spazio si dedica alle sue imprese giovanili, che vengono riassunte in pochi capitoli, mentre grande rilievo acquisice la narrazione del periodo che va dall'ascesa al potere fino alla morte di Tiberio. Svetonio, come di consueto, analizza minuziosamente il comportamento dell'imperatore, e ne riferisce prima le virtù:
{{quote|[27] Fu a tal punto avverso alle adulazioni da non permettere mai a nessun senatore di avvicinarsi alla sua lettiga né perchè gli rendesse omaggio, né perché trattasse di qualche affare; e se in un discorso o in un'orazione ufficiale si diceva qualcosa su di lui in modo troppo lusinghiero, non esitava ad interromperlo e rimproverarlo, facendogli cambiare immediatamente discorso. [...] [28] Si dimostrò particolarmente paziente nella sopportazione di voci, testi satirici e infamanti accuse che venivano rivolte a lui e ai suoi, ripetendo più volte che in una città libera dovevano essere parimenti libere la lingua e l'intelletto. [...]|Svetonio, ''Vite dei Cesari'', ''Tiberio''.|[27] Adulationes adeo auersatus est, ut neminem senatorum aut officii aut negotii causa ad lecticam suam admiserit; [...] atque etiam, si quid in sermone uel in continua oratione blandius de se diceretur, non dubitaret interpellare ac reprehendere et commutare continuo. [...] [28] Sed et aduersus conuicia malosque rumores et famosa de se ac suis carmina firmus ac patiens subinde iactabat in ciuitate libera linguam mentemque liberas esse debere; [...]|lingua=la}}
 
Ben più numerosi appaiono, tuttavia, i difetti che il biografo imputa a Tiberio:
{{quote|Nel segreto dell'isolamento, lontano dagli sguardi del popolo, [Tiberio] si abbandonò contemporaneamente a tutti quei vizi che fino a quel momento aveva tentato di dissimulare: parlerò di ognuno di essi nella sua interezza. Da giovane, durante il servizio militare, era chiamato Biberio invece che Tiberio, Caldio piuttosto che Claudio e Merone<ref>Era ''merus'' il vino puro, assunto senza che fosse mescolato ad acqua.</ref> al posto di Nerone a causa del suo smodato amore per il vino. [...] [43] Durante il periodo del suo ritiro a Capri fece arredare con divani una stanza apposita, che divenne il luogo dove dava sfogo alla sua segreta libidine. Lì, infatti, requisiti da ogni dove gruppi di ragazze e invertiti, assieme a quelli che lui chiamava "spintrie", che inventavano mostruose forme di accoppiamento, li costringeva ad unirsi a tre a tre e a prostituirsi tra loro in ogni modo, per eccitare la sua virilità di uomo ormai in declino. [...] [44] Si rese colpevole anche di azioni ancora più turpi e infamanti, che a mala pena si possono riferire e ascoltare, o addirittura credere. [...] [46] Fu parco e avaro nell'elargire denaro, e non assegnò mai un salario a coloro che lo accompagnavano in viaggi e spedizioni, ma soltanto il cibo necessario al loro sostentamento. [...] [57] Non nascose la sua natura tenace e crudele neppure nell'infanzia; [...] [61] In seguito, però, si lasciò andare a qualsiasi genere di crudeltà, e non gli mancarono le persone da colpire: perseguitò dapprima i familiari e gli amici di sua madre, poi quelli dei nipoti e della nuora, infine quelli di Seiano. Dopo la morte di quest'ultimo divenne ancora più crudele; in questo modo, dunque, apparve chiaro che non era stato spinto verso la crudeltà da Seiano, ma che il prefetto gli aveva soltanto fornito le occasioni che Tiberio cercava. [...]|Svetonio, ''Vite dei Cesare'', ''Tiberio''.|[42] Ceterum secreti licentiam nanctus et quasi ciuitatis oculis remotis, cuncta simul uitia male diu dissimulata tandem profudit: de quibus singillatim ab exordio referam. In castris tiro etiam tum propter nimiam uini auiditatem pro Tiberio "Biberius," pro Claudio "Caldius," pro Nerone "Mero" uocabatur. [...] [43] Secessu uero Caprensi etiam sellaria excogitauit, sedem arcanarum libidinum, in quam undique conquisiti puellarum et exoletorum greges monstrosique concubitus repertores, quos spintrias appellabat, triplici serie conexi, in uicem incestarent coram ipso, ut aspectu deficientis libidines excitaret. [...] [44] Maiore adhuc ac turpiore infamia flagrauit, uix ut referri audiriue, nedum credi fas sit. [...] [46] Pecuniae parcus ac tenax comites peregrinationum expeditionumque numquam salario, cibariis tantum sustentauit. [...] [57] Saeua ac lenta natura ne in puero quidem latuit; [...] [61] Mox in omne genus crudelitatis erupit numquam deficiente materia, cum primo matris, deinde nepotum et nurus, postremo Seiani familiares atque etiam notos persequeretur; post cuius interitum uel saeuissimus extitit. Quo maxime apparuit, non tam ipsum ab Seiano concitari solitum, quam Seianum quaerenti occasiones sumministrasse. [...]|lingua=la}}
 
La crudeltà e i vizi di Tiberio furono stigmatizzati in alcuni versi satirici particolarmente diffusi a Roma.<ref>Svetonio, ''Tiberio'', 59.</ref> Sulla crudeltà di Tiberio si mormorava: ''Crudele e violento, vuoi che lo dica in breve?/Che io muoia, se tua madre ti può amare''; sui numerosi fatti di sangue in cui si sospettava l'intervento di Tiberio: ''Hai messo fine al secolo d'oro di Saturno, o Cesare:<ref>Cesare era l'appellativo con cui i Romani usavano rivolgersi abitualmente all'imperatore.</ref>/finché tu sarai in vita, vivremo sempre nell'età del ferro''; sullo stesso argomento: ''Ora non gradisce più il vino, perché ormai ha sete solo di sangue:/infatti ne beve con avidità, nella misura in cui prima beveva il vino senza mescerlo''. Svetonio fornisce anche un ritratto fisico di Tiberio, simile a quello di Tacito, ma più ampio e dettagliato:
{{quote|Era di corporatura grande e robusta, e la sua statura superava quella normale; le spalle ed il torace erano larghi, e tutte le altre membra erano ben proporzionate tra loro, fino ai piedi; la sua mano sinistra era particolarmente agile e forte, e il dito così robusto che poteva con esso tagliare una mela intera appena colta o ferire alla testa un bambino o un giovane solo toccandolo. Era di carnagione candida, e i capelli, come succedeva anche nei suoi antenati, gli scendevano dalla testa fino a coprirgli il collo; il suo volto era di nobile aspetto, ma tuttavia vi comparivano improvvisamente foruncoli e pustole; i suoi occhi erano molto grandi, e, cosa da notare, capaci di vedere anche di notte e al buio, ma per breve tempo e solo nel momento in cui lui si destava dal sonno; poi tutto tornava normale. Camminava con il collo rigido e dritto, e con il volto teso; il più delle volte taceva o parlava pochissimo con chi gli stava vicino, con estrema lentezza e gesticolando mollemente con le dita. [...]|Svetonio, ''Tiberio'', 68.|Corpore fuit amplo atque robusto, statura quae iustam excederet; latus ab umeris et pectore, ceteris quoque membris usque ad imos pedes aequalis et congruens; sinistra manu agiliore ac ualidiore, articulis ita firmis, ut recens et integrum malum digito terebraret, caput pueri uel etiam adulescentis talitro uulneraret. Colore erat candido, capillo pone occipitium summissiore ut ceruicem etiam obtegeret, quod gentile in illo uidebatur; facie honesta, in qua tamen crebri et subiti tumores, cum praegrandibus oculis et qui, quod mirum esset, noctu etiam et in tenebris uiderent, sed ad breue et cum primum e somno patuissent; deinde rursum hebescebant. Incedebat ceruice rigida et obstipa, adducto fere uultu, plerumque tacitus, nullo aut rarissimo etiam cum proximis sermone eoque tardissimo, nec sine molli quadam digitorum gesticulatione. [...] Ualitudine prosperrima usus est, tempore quidem principatus paene toto prope inlaesa, quamuis a tricesimo aetatis anno arbitratu eam suo rexerit sine adiumento consilioue medicorum.|lingua=la}}
 
Mentre anche [[Cassio Dione]] fornisce di Tiberio un quadro complessivamente negativo, altri autori, tra cui [[Velleio Patercolo]], [[Flavio Giuseppe]], [[Plinio il Giovane]], [[Valerio Massimo]], [[Seneca]], [[Filone]], [[Strabone]] e [[Tertulliano]], ne danno un giudizio positivo, o non accennano comunque alle scelleratezze a cui l'imperatore si sarebbe lasciato andare durante il ritiro di Capri.<ref name="Spinosa_critica">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 188-190.</ref>
 
===Nel Vangelo e nella tradizione religiosa===
[[Immagine:Tizian 019.jpg|thumb|right|''Incoronazione di spine'', opera di [[Tiziano]] (conservata a [[Parigi]], [[Museo del Louvre]]). A destra, in alto, è visibile il busto di Tiberio e l'iscrizione <small>TIBERIVS CAESAR</small>, a memoria del fatto che l'arresto e la crocifissione di Gesù avvennero sotto il regno dell'imperatore.]]
 
Nel ''[[Nuovo Testamento]]'', Tiberio è menzionato solo una volta, al capitolo {{Passo biblico|Lc|3,1}} del [[Vangelo secondo Luca]], in cui si afferma che [[Giovanni Battista]] cominciò la sua predicazione pubblica nel quindicesimo anno del regno di Tiberio; tuttavia nei Vangeli ci si riferisce a ''Cesare'' (o all'''Imperatore''), senza ulteriori specificazioni, per indicare l'imperatore romano regnante. Il rapporto tra Tiberio e la religione cristiana è però oggetto di una recente indagine storiografica: alcune fonti, infatti, riferiscono di un presunto messaggio inviato da [[Ponzio Pilato]] a Tiberio riguardo la [[crocifissione]] di [[Gesù]], e l'imperatore avrebbe di seguito discusso la questione al Senato e proposto la promulgazione di una legge che vietasse le persecuzioni dei seguaci di Gesù.<ref name="Spinosa_209">Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 209.</ref> Sebbene non esistano fonti dell'epoca che provino queste teorie, che invece furono sostenute da Tertulliano, l'invio di un messaggio a Tiberio da parte di Pilato e una conseguente discussione in senato possono sembrare plausibili;<ref name="Spinosa_209" /> tuttavia non si sa nulla di certo sull'atteggiamento dell'imperatore verso i cristiani: a riguardo non fu preso alcun provvedimento ufficiale, ma è certo che i seguaci di Gesù non furono mai perseguitati sotto l'impero di Tiberio.<ref name="Spinosa_209" />
 
Tiberio, comunque, tollerante verso tutti i culti ad eccezione di quelli caldei e giudaici, non ebbe mai fiducia nella religione, mentre si dedicò più volte all'astrologia e alla previsione del futuro.<ref name="Spinosa_209" /> A proposito Svetonio scrive:
{{quote|Riguardo agli dei e alla religione si comportò in modo indifferente, poiché, dedito agli studi di astrologia, riteneva che tutto dipendesse dal destino. [...]|Svetonio, ''Tiberio'', 69.|Circa deos ac religiones neglegentior, quippe addictus mathematicae plenusque persuasionis cuncta fato agi [...]|lingua=la}}
 
===Nella storiografia moderna e contemporanea===
La storiografia moderna ha riabilitato la figura di Tiberio, denigrata dai principali storici a lui contemporanei, mancando di quella comunicativa propria del suo predecessore Augusto, e pur essendo di indole torva, tenebrosa e sospettosa.<ref>M.Grant, ''Gli imperatori romani'', pp.27-29.</ref> Questo suo riserbo, unitamente all'innata timidezza, certamente non gli giovarono. E così pure il costante disagio provato dal disinteresse dimostrato da Augusto nei suoi confronti fino agli ultimi anni della sua vita, gli diedero l'impressione di essere stato adottato solo quale ripiego. E così quando divenne ''[[Princeps]]'', era ormai disincantato, inasprito e deluso.<ref name="Scullard324"/>
 
All'imperatore si riconosce la grande abilità dimostrata in gioventù al servizio di Augusto: Tiberio mostrò di possedere una grande intelligenza politica nella risoluzione di molti conflitti, e riuscì ad ottenere numerosi successi in campo militare, dimostrando parimenti una notevole abilità strategica.<ref name="Spinosa_critica" /> Allo stesso modo, si riconosce la validità delle scelte che prese nei primi anni del suo impero, fino al momento del ritiro a Capri e della successiva morte di Seiano. Tiberio seppe evitare di impegnare le forze romane in guerre dall'esito incerto oltre i confini, ma riuscì ugualmente a creare un sistema di stati vassalli che garantissero la sicurezza del ''limes'' da pressioni esterne.<ref name="Spinosa_critica" /> In politica economica, seppe attuare una saggia politica di contenimento delle spese che portò al risanamento del ''deficit'' dello stato senza che si rendesse necessaria l'imposizione di nuove tasse ai provinciali. Egli diede, pertanto, prova di essere anche un abile amministratore con indubbie capacità organizzative, aderendo perfettamente ed in modo quasi maniacale alla politica del [[Augusto|suo predecessore]]. Il suo dramma fu quello di essere stato trascinato a ricoprire un ruolo a lui inadatto, per quel suo innato senso del dovere, in una situazione che probabilmente non aveva cercato e che, al contrario, esigeva doti differenti dalle sue. La sua tragedia fu quella di essersene reso conto ormai troppo tardi.<ref>Howard H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.336.</ref><ref>Cambridge Ancient History, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', pp. 319.</ref>
 
Più controversa resta l'analisi del comportamento di Tiberio durante il lungo ritiro a Capri, e non esiste ancora a riguardo una linea universalmente condivisa:<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 202.</ref> le notizie riportate da Tacito e Svetonio appaiono generalmente come distorte, o comunque non corrispondenti alla realtà.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 212.</ref><ref name="Grant26"/> Resta possibile che l'imperatore abbia dato sfogo ai suoi vizi durante la permanenza sull'isola, ma è tuttavia improbabile che, dopo essersi a lungo distinto per il comportamento morigerato,<ref>Svetonio (''Tiberio'', 52) evidenzia la differenza tra il comportamento di Druso minore, che viene descritto come dedito a una vita molle e spesso oziosa, e quello del morigerato Tiberio.</ref> si sia poi abbandonato agli eccessi descritti dagli storici.<ref>Antonio Spinosa, ''Tiberio'', p. 186-188.</ref> Vi è accordo nel ritenere che la demonizzazione di Tiberio, la cui figura acquisisce in Svetonio e Tacito una connotazione mostruosa tanto a livello comportamentale quanto puramente fisico, sia determinata in primo luogo dalla scarsa adesione alla realtà da parte dei due storici: l'uno, Svetonio, mosso dalla volontà di raccontare ogni dettaglio scabroso, l'altro, Tacito, dal rimpianto del sistema repubblicano.<ref name="Spinosa_critica" />
 
Tra gli studiosi che nelle loro opere hanno riabilitato la figura di Tiberio si segnalano [[Amedeo Maiuri]], [[Santo Mazzarino]], [[Antonio Spinosa]], [[Axel Munthe]], [[Paolo Monelli]], [[Giovanni Papini]] e [[Maxime Du Camp]]. Anche il filosofo [[Voltaire]] commentò in modo positivo l'opera dell'imperatore.<ref name="Spinosa_critica" />
 
== Note ==
{{<references|3}}/>
 
== Voci correlate ==
;Principali personaggi contemporanei
*Le gens Claudia e le parentele di Tiberio • ''[[Augusto]]'' · ''[[Marco Vipsanio Agrippa|Agrippa]]'' · ''[[Caligola]]'' · ''[[Claudio (imperatore romano)|Claudio]]'' · ''[[Dinastia giulio-claudia]]'' · ''[[Druso maggiore]]'' · ''[[Druso minore]]'' · ''[[Gaio Cesare]]'' · ''[[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]]'' · ''[[Giulia maggiore|Giulia maggiore]]'' · ''[[Gens Iulia]]'' · ''[[Livia Drusilla|Livia]]'' · ''[[Lucio Cesare]]'' · ''[[Marco Claudio Marcello (nipote di Augusto)|Marcello]]''
*Principali personaggi romani dell'Impero (30 a.C.-14 d.C.) (in ordine di ''[[Gens]]'') • ''[[Aulo Cecina Severo]]'' · ''[[Lucio Elio Seiano]]'' · ''[[Marco Lollio (console 21 a.C.)|Marco Lollio]]'' · ''[[Publio Quintilio Varo]]'' · ''[[Gaio Senzio Saturnino (console 19 a.C.)|Gaio Senzio Saturnino]]'' · ''[[Publio Silio Nerva]]''
*Personaggi stranieri: principi e re •''[[Arminio]]'' · ''[[Fraate IV]]'' · ''[[Fraate V]]'' · ''[[Maroboduo]]''
 
;Carriera politica e campagne militari
*Campagne militari: ''[[Occupazione romana della Germania sotto Augusto|Occupazione della Germania Magna (12 a.C. - 9 d.C.)]]'' · (''[[Battaglia della foresta di Teutoburgo]]'') · ''[[Rivolta dalmato-pannonica del 6-9]]'' · ''[[Spedizione germanica di Germanico]]''
 
==Bibliografia==
===Fonti primarie===
* [[Cassio Dione Cocceiano]], ''Storia romana'', libri LIII-LIX.
* [[Floro]], ''Epitome di storia romana''.
* [[Strabone]], ''[[Geografia (Strabone)|Geografia]]''.
* [[Svetonio]], ''[[Vite dei Cesari]]'': ''Augusto'', ''Tiberio'', ''Caligola'', ''Claudio''.
* [[Publio Cornelio Tacito|Tacito]], ''[[Annales di Tacito|Annales]]'', libri I-X.
* [[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', ''Epitome''.
* [[Velleio Patercolo]], ''Storia di Roma''.
 
===Letteratura storiografica===
*{{cita libro|cognome= AAVV|titolo=Cambridge Ancient History. L'impero romano da Augusto agli Antonini|anno= 1975|città= Milano|pagine=Vol. VIII}}
*{{cita libro|autore= [[Charles Ernest Beulé]]|titolo=Tibère et l'héritage d'Auguste|anno= 1868|città= Parigi|lingua= francese}}
*{{cita libro|cognome= Chénier|nome=Marie-Joseph|titolo=Tibère|anno= 1817|città= Parigi|lingua= francese}}
*{{cita libro|cognome= Fraschetti|nome=Augusto |titolo=Roma e il Principe|anno= 1990|editore= Laterza|città= Bari|id= ISBN 88-420-3695-1}}
*{{cita libro|cognome=Grant |nome=Michael |titolo=Gli imperatori romani |anno= 1984|editore=Newton & Compton |città= Roma|id= ISBN 88-7819-224-4}}
*{{cita libro|autore= [[Santo Mazzarino]] |titolo=L'Impero romano|anno= 1976|editore= Laterza|città= Bari|id= ISBN 88-42-02401-5|pagine= Vol. I}}
*{{cita libro|cognome=Scarre |nome= Chris|titolo=Chronicle of the Roman Emperors|anno= 1995|città= Londra|lingua= inglese|id= ISBN 0-500-05077-5}}
*{{cita libro|cognome=Scullard |nome= Howard |titolo= Storia del mondo romano|anno= 1992|editore= Rizzoli|città= Milano|id= ISBN 88-17-11903-2}}
*{{cita libro|cognome=Spinosa |nome=Antonio|titolo=Augusto. Il grande baro|anno= 1996|editore= Mondadori|città= Milano|id= ISBN 88-04-41041-8}}
*{{cita libro|cognome=Spinosa |nome=Antonio|titolo=Tiberio. L'imperatore che non amava Roma|anno= 1991|editore= Mondadori|città= Milano|id=ISBN 88-04-43115-6}}
*{{cita libro|cognome=Storoni Mazzolani |nome=Lidia|titolo= Tiberio o la spirale del potere|anno= 1992|editore= Rizzoli|città= Milano|id=ISBN 88-17-12554-7}}
*{{cita libro|cognome=Syme |nome=Ronald|titolo= L'aristocrazia augustea|anno= 1992|editore= Rizzoli|città= Milano|id=ISBN 88-17-11607-6}}
*{{cita libro|cognome=Syme |nome=Ronald|titolo= The Roman Revolution|anno= 2002|città= Oxford|lingua=inglese|id=ISBN 0-19-280320-4}}
*{{cita libro|cognome=Wells |nome= Colin M.|titolo= L'impero romano|anno=1995|editore= Il Mulino|città= Bologna|id=ISBN 88-15-04-7565}}
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Tiberius|s=la:Vita Tiberi}}
 
{{Box successione
|carica = [[Imperatori romani|Imperatore romano]]
|immagine= SPQRomani.svg
|periodo = [[14]] - [[37]]
|precedente = [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]]
|successivo = [[Caligola]]
}}
{{S-inizio}}
{{S-prima|prima=[[Marco Licinio Crasso Frugi]],<br /> [[Gneo Cornelio Lentulo l'Augure]]}}
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (33 a.C.-192)|Console romano]] |anni=[[13 a.C.]] |reggente1=[[Publio Quintilio Varo]]}}
{{S-dopo|dopo=[[Marco Valerio Messalla Barbato Appiano]],<br /> [[Publio Sulpicio Quirinio]]}}
 
{{S-inizio}}
{{S-prima|prima=[[Gaio Marcio Censorino]],<br /> [[Gaio Asinio Gallo]]}}
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (33 a.C.-192)|Console romano]] |anni=[[7 a.C.]] |reggente1=[[Gneo Calpurnio Pisone]]}}
{{S-dopo|dopo=[[Decimo Lelio Balbo]],<br /> [[Gaio Antistio Vetere (console 6 a.C.)|Gaio Antistio Vetere]]}}
 
{{S-prima|prima=[[Lucio Pomponio Flacco]],<br /> [[Gaio Celio Rufo]]}}
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (33 a.C.-192)|Console romano]] |anni=[[18]] |reggente1=[[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico]] II}}
{{S-dopo|dopo=[[Marco Giunio Silano Torquato (console 19)|Marco Giunio Silano Torquato]],<br /> [[Lucio Norbano Balbo]]}}
 
{{S-prima|prima=[[Marco Valerio Messalla]],<br /> [[Marco Aurelio Cotta Massimo Messalino]]}}
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (33 a.C.-192)|Console romano]] |anni=[[21]] |reggente1=[[Druso Giulio Cesare]] II}}
{{S-dopo|dopo=[[Decimo Aterio Agrippa]],<br /> [[Gaio Sulpicio Galba]]}}
 
== Altri progetti ==
{{S-prima|prima=[[Marco Vinicio (console 30)|Marco Vinicio]],<br /> [[Gaio Cassio Longino (console 30)|Gaio Cassio Longino]]}}
{{interprogetto|commons=Category:Vientiane|voy}}
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (33 a.C.-192)|Console romano]] |anni=[[31]] |reggente1=[[Seiano|Lucio Elio Seiano]]}}
{{S-dopo|dopo=[[Gneo Domizio Enobarbo (console 32)|Gneo Domizio Enobarbo]],<br /> [[Lucio Arrunzio Camillo Scriboniano]]}}
{{S-fine}}
 
== Collegamenti esterni ==
{{Imperatori romani}}
*{{cita web|http://www.flickr.com/photos/tags/vientiane|Foto di Vientiane}}
{{Portale|Antica Roma|Età augustea|biografie}}
*{{cita web|http://www.ecotourismlaos.com/images/map/vientiane/vte_bg.jpg|Mappa della città}}
{{vetrina|10|ottobre|2008|Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Tiberio}}
 
{{Capitali dell'Asia}}
[[Categoria:Claudii|Nerone, Tiberio]]
 
{{Controllo di autorità}}
{{Link AdQ|de}}
{{Link AdQportale|trAsia}}
 
[[Categoria:Vientiane| ]]
[[als:Tiberius]]
[[an:Tiberio]]
[[ar:تيبريوس]]
[[az:Tiberi]]
[[be:Тыберый]]
[[be-x-old:Тыберый]]
[[bg:Тиберий]]
[[br:Tiber]]
[[bs:Tiberije]]
[[ca:Tiberi]]
[[cs:Tiberius]]
[[cy:Tiberius]]
[[da:Tiberius]]
[[de:Tiberius]]
[[en:Tiberius]]
[[eo:Tiberio]]
[[es:Tiberio]]
[[et:Tiberius]]
[[eu:Tiberio]]
[[fi:Tiberius]]
[[fr:Tibère]]
[[gl:Tiberio]]
[[he:טיבריוס]]
[[hi:टैबीरियस]]
[[hr:Tiberije]]
[[hu:Tiberius]]
[[is:Tíberíus]]
[[ja:ティベリウス]]
[[ka:ტიბერიუსი]]
[[ko:티베리우스]]
[[la:Tiberius (imperator)]]
[[lt:Tiberijus Cezaris Augustas]]
[[lv:Tibērijs]]
[[mk:Тибериј]]
[[mr:तिबेरियस]]
[[nds:Tiberius]]
[[nl:Tiberius Claudius Nero (zoon)]]
[[nn:Tiberius av Romarriket]]
[[no:Tiberius]]
[[oc:Tibèri]]
[[pl:Tyberiusz]]
[[pt:Tibério]]
[[rm:Tiberius]]
[[ro:Tiberius]]
[[ru:Тиберий]]
[[scn:Tibberiu]]
[[sh:Tiberije]]
[[simple:Tiberius]]
[[sk:Tiberius]]
[[sl:Tiberij]]
[[sr:Тиберије]]
[[sv:Tiberius]]
[[tl:Tiberius]]
[[tr:Tiberius]]
[[uk:Тиверій]]
[[vi:Tiberius]]
[[zh:提庇留]]